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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 35 - pubb. 01/07/2007.

Norme imperative e nullità


Tribunale di Ferrara, 25 Febbraio 2005. Est. Guernelli.

Intermediazione finanziaria – Norme a tutela dell’investitore e dell’integrità dei mercati – Natura imperativa – Violazione – Nullità – Sussistenza.


Le norme di cui agli artt. 21 e 23 del T.U.I.F. e quelle contenute negli artt. da 26 a 30 del reg. Consob n. 11522/98 hanno carattere imperativo in quanto poste a tutela del risparmio, bene di sicuro rilievo costituzionale. Esse e costituiscono il contenuto specifico dei comportamenti esigibili e degli obblighi inderogabili da parte di chi offre servizi di investimento, operatori professionali "abilitati" cui si richiede alta competenza specifica e una maggiore (rispetto a quella comune del "buon padre di famiglia") diligenza, correttezza e trasparenza nei rapporti contrattuali. (Il Tribunale ha quindi dichiarato la nullità degli ordini di negoziazione di obbligazioni Parmalat 98/05 FR EU e 5,5% 09 EUR avendo la banca intermediaria violato la citata normativa). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Segnalazione dell'Avv. Antonio Baldari e dell'Avv. Marisa F. Costelli

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 20-25.5.2004 B.L. esponeva di essere cliente di vecchia data della CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA S.P.A.; di essere stato indotta e sollecitata da un funzionario della stessa ad investire, nel gennaio, aprile e maggio 2003, Euro 5.732,40=, 8.604,70=, 49.211,84= e 49.149,39= in obbligazioni Parmalat 98/05 FR EU e 5,5% 09 EUR, pur avendo specificato di non voler investire in prodotti finanziari rischiosi e di non voler mettere a repentaglio il capitale, e su conforme assicurazione del funzionario; che successivamente mai era stata avvertita dell'incrementarsi del rischio e quindi dell'opportunità di disinvestire, sino al default dei titoli del gruppo nel dicembre 2003, quando su sua sollecitazione le fu consigliato di vendere solo una parte dei titoli (Euro 65.000) ricavandone Euro 33.281,00 con un danno quindi di Euro 80.080, 23.

Rilevava la nullità dei predetti contratti e operazioni concluse con la banca per assenza del prescritto prospetto informativo nella sollecitazione all'investimento, e per inosservanza degli obblighi di diligenza, correttezza, trasparenza (informazione) nella fase precontrattuale, contrattuale, e successiva (assenza di qualsivoglia informazione sulla rischiosità dell'investimento, anzi assicurazioni contrarie), nonché più in generale, in violazione di precise norme imperative poste a tutela del risparmio e di cui al d.leg. 58198 (artt. 21 e 23, con relativa inversione dell'onere della prova) e artt. 26, 27, 28, 29, 30 reg. Consob 11522/98, con le conseguenti restituzioni.

In subordine chiedeva l'annullamento dei contratti di "compravendita" dei titoli, essendo stato ottenuto il consenso per errore essenziale e riconoscibile, e qualora fosse accertato un conflitto di interessi per avere la banca venduto titoli di sua proprietà, ed accertarsi altresì la ricorrenza di "truffa contrattuale", con conseguente condanna al risarcimento del danno patrimoniale e morale.

La convenuta si costituiva con comparsa 6.10.2004 in cui eccepiva preliminarmente esser stato promosso il giudizio nelle forme ordinarie e non ex d. lgs. 5/03; in cui respingeva gli assunti avversari e rilevava che la cliente aveva investito per lungo tempo somme di gran lunga superiori in titoli ugualmente rischiosi; che nessuna sollecitazione gli era stata nel caso di specie rivolta, ma anzi era stata la cliente a voler concentrare in pochi titoli il proprio portafoglio; che nessuna negligenza era imputabile alla banca, essendosi la stessa attenuta alle formalità tutte richieste dalla vigente normativa, ed essendosi sempre la cliente pervicacemente rifiutata di fornire il suo profilo di rischio (che peraltro la banca aveva comunque potuto desumere dagli investimenti e dai colloqui effettuati); che la stessa banca non disponeva in portafoglio dei titoli ma li aveva acquistati appositamente per l'attrice, essendo le avvertenze ex art. 27 superflue se l'ordine, come nella specie, proveniva spontaneamente dal cliente; che il successivo default era al momento dell'acquisto imprevedibile, e che comunque le domande avversarie non tenevano conto delle cedole incassate e del valore residuo delle obbligazioni; chiedeva, previo mutamento del rito, il rigetto della domanda, anche per carenza di prova sull'an e il quantum, ovvero tenendo conto del concorso colposo della attrice nell'omissione delle cautele necessarie per evitare il danno; il tutto con vittoria di spese. Cancellata la causa dal ruolo con ordinanza del G.I. del 7.10.04, la stessa era riassunta dall'attrice con memoria ex art. 6 d. lgs. 5/03 il 5.11.2004, in cui si contestava di aver rifiutato di fornire le informazioni richieste ex art. 28 reg. Consob 11522, e comunque di avere il "profilo" di investimento assunto dalla banca; di non aver voluto comprare inizialmente obbligazioni Parmalat (ma A.T. & T) nel maggio 2003, poi essendo stata avvertita dal funzionario del diverso acquisto (con correzione materiale del relativo ordine); la Cassa replicava con memoria notificata il 20.12.2004 in cui negava quanto asserito ex adverso.

Con istanza notificata il 7.1.2005 l’attore chiedeva fissarsi udienza ex art. 9 d. lgs. 5/03; il giudice relatore nominato fissava per la discussione - con decreto 4.2.2005 - l'udienza del 25.2.2005, in cui il Collegio dopo la discussione, si riservava il deposito della sentenza nel termine di legge.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In particolare ritiene il Collegio di dover partire dalla considerazione per la quale le norme invocate dall'investitore (art. 21 e 23 d. lgs. 58/98, artt. da 26 a 30 reg. Consob 11522/98, di diretta derivazione dall' art. 6, 3° co. d. lgs. 58/98) hanno carattere imperativo, essendo poste a tutela del risparmio, bene di sicuro rilievo costituzionale, e costituiscono il contenuto specifico dei comportamenti esigibili e degli obblighi inderogabili da parte di chi offre servizi di investimento, operatori professionali "abilitati" da cui si richiede alta competenza specifica e una superiore (rispetto a quella comune del "buon padre di famiglia") diligenza, correttezza e trasparenza nei rapporti contrattuali.

Sulla predetta linea sembra attestarsi la più recente giurisprudenza di merito citata anche dall'attore (cfr. Trib. Mantova 18 marzo 2004; Trib. Firenze 30 maggio 2004; Trib. Taranto 27 ottobre 2004; cfr. Cass. 3272/2001 sul rilievo pubblicistico della normativa previgente) che questo Tribunale condivide. Sulla particolare diligenza e correttezza richiesta nella particolare materia dell'investimento, e comunque al "bonus argentarius" nei rapporti con il cliente, anche la giurisprudenza di legittimità è poi ormai consolidata: si veda in particolare Cass. 426/2000 citata dall'attore, nonché Cass. 97/108 sui doveri informativi, 98/5659, 99/2284 in motivazione.

Nel caso concreto invece non risulta:

a) che la banca abbia mai, prima della (eventuale) stipulazione del contratto relativo alla prestazione di servizi di investimento o prima della prestazione del relativo servizio, chiesto all'investitore notizie circa la sua esperienza e situazione finanziaria, obiettivi di investimento e che le stesse siano state ottenute, ovvero rifiutate per iscritto (né la banca ha provato od offerto di provare alcunché in proposito, avendo capitolato solo sulla possibilità di "profilare" la cliente indipendentemente dall' obbligo comunque gravante sull' istituto) ex art. 28, 1 co. lett. a) reg, 11522/98, essendo stata la relativa allegazione specificamente contestata dalla attrice;

b) che la banca abbia mai fornito informazioni (specifiche) adeguate sulle obbligazioni de quibus prima delle operazioni (specifiche) per cui è causa, ex art. 28 2° co. cit. (né la banca ha offerto di provare alcunché in proposito, capitolando solo sull'avvertenza relativa alla rischiosità della concentrazione su uno solo o pochi titoli, che è concetto diverso dalla informazione sull'emittente o sullo specifico titolo);

c) che la banca abbia mai stipulato per iscritto con il cliente un contratto avente le caratteristiche ed il contenuto di cui agli artt. 23, 1° co. d. lgs. 58/98 e 30 reg. 11522/98 (né la banca ha offerto di provare alcunché in proposito), posto che i documenti offerti dalla banca sub 10 sono semplici ordini di compravendita o di acquisto di titoli;

d)    che la banca, eseguendo operazioni in contropartita diretta (e quindi vendendo titoli di proprietà, sia pure acquistati per rivenderli al cliente, come la stessa assume) e fuori dai mercati regolamentati, abbia ottemperato alla necessità di ottenere un espresso e preventivo assenso del cliente ex art. 27 reg. Consob cit. (la "spontaneità" dell'ordine o la precedente o contemporanea spiegazione sulla "contropartita diretta" sono circostanze non documentalmente dimostrate dalla Cassa, contrariamente a quanto richiede lo stesso art. 27).

Cautele tutte (e ciascuna) poste ad evidente tutela dell'investitore ai fini dell'effettuazione di un investimento consapevole, e la cui omissione si riverbera in una palese nullità delle operazioni stesse (nella specie, sembra, di compravendita; la conclusione non muterebbe tuttavia - salvo che per il precedente punto sub (d) - se si fosse in presenza di contratti di mandato, in cui la proprietà dei titoli fosse stata acquisita per opera del mandante in nome e per conto del mandatario).

Alla luce di. quanto sopra, appaiono irrilevanti le prove tutte richieste dalle parti; appaiono viceversa assorbite tutte le ulteriori domande e le considerazioni dell'attore su una omessa informativa successiva alla conclusione delle operazioni (non senza osservare in proposito che fatti successivi non comporterebbero nullità o annullabilità dei contratti, bensì un inadempimento, fonte di risoluzione e/o risarcimento del danno; ovvero un illecito extracontrattuale ugualmente fonte di risarcimento; mentre i comportamenti sopra descritti specificamente, da un punto di vista diverso da quello della nullità potrebbero comunque costituire fonte di responsabilità contrattuale o precontrattuale, con simmetriche conseguenze, peraltro mai tratte dall'attore con le conseguenti domande in citazione; l'unica ipotesi risarcitoria avanzata dall'attore riguarda invece una indeterminata "truffa contrattuale", a cui sola formalmente si applicherebbe l'invocata regola processuale ex art. 23, 6° co. d. lgs. 58/98. Solo nella memoria conclusionale si richiede del tutto genericamente un "risarcimento danni" anche in ogni ipotesi di nullità , annullabilità ecc.).

Alla declaratoria di nullità dei contratti consegue la condanna della convenuta alla restituzione della somma a suo tempo utilizzata per l'acquisto dei titoli (nei minori limiti richiesti dalla stessa attrice) oltre interessi legali sino al saldo, e respinta ogni altra domanda, anche subordinata della convenuta, nonché della attrice, inerenti pretese risarcitorie di quest'ultima (per la quale non è provato alcun danno ulteriore, né si tratta di debito di valore).

Non va disposta la restituzione dei titoli alla banca, nessuno avendo formulato la relativa richiesta. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Definitivamente decidendo, ogni diversa e contraria domanda, azione ed eccezione disattesa, dichiara la nullità degli "ordini di compravendita titoli " e di "acquisto di valore mobiliare" 15,1.2003, 28.4.2003 e 2.5.2003 intercorsi fra l'attore e la convenuta, e conseguentemente condanna quest'ultima alla restituzione all'attore della somma complessiva di Euro 80.080,23 oltre interessi legali sino al saldo.

Condanna la convenuta alla rifusione delle spese di lite dell'attore, liquidate in Euro 3.500 per onorari, 700 per diritti, 830 per spese, oltre 12,5%, IVA e CI'.

Così deciso in Ferrara, in Camera di Consiglio il 25 febbraio 2005