Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 3607 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 17 Dicembre 2010, n. 25571. Est. Cultrera.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Effetti - Sugli atti pregiudizievoli ai creditori - Azione revocatoria fallimentare - Atti a titolo oneroso, pagamenti e garanzie - In genere - "Eventus damni" - Oggetto - Lesione della "par condicio creditorum" - Presunzione legale assoluta - Configurabilità - Conseguenze - Pagamento di un credito privilegiato generale - Revocabilità - Fondamento.



Nella revocatoria fallimentare di debiti liquidi ed esigibili, prevista dall'art. 67, secondo comma, legge fall., l'"eventus damni" è "in re ipsa" e consiste nel fatto stesso della lesione della "par condicio creditorum", ricollegabile, per presunzione legale assoluta, all'atto di disposizione patrimoniale posto in essere dal fallito, con la conseguenza che sul curatore grava soltanto l'onere di provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell'"accipiens", mentre la circostanza che il pagamento (come nella specie) sia stato effettuato per soddisfare un credito assistito da privilegio generale non esclude tale possibile lesione, né fa venir meno l'interesse all'azione da parte del curatore, poiché è solo in seguito alla ripartizione dell'attivo che può verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che potrebbero insinuarsi anche successivamente all'esercizio dell'azione revocatoria. (massima ufficiale)


Massimario, art. 67 l. fall.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi - Presidente -
Dott. CULTRERA Maria Rosaria - rel. Consigliere -
Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere -
Dott. DI VIRGINIO Adolfo - Consigliere -
Dott. MERCOLINO Guido - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 14880-2005 proposto da:
RIZ SERVICE SOCIETÀ COOPERATIVA (C.F. *02450340969*), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SIMON BOCCANEGRA 8, presso l'avvocato GIULIANI FABIO, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio ANDREA FABI di ERBA - Rep. n. 107399 del 26-5-5;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO MESSAGGERIA COMASCA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F. *02450340969*), in persona del Curatore Dott. CATANIA CARMELO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GRAMSCI, 16, presso l'avvocato PANDOLFO FRANCO, rappresentato e difeso dagli avvocati BARELLI GIANFRANCO, MOSCATI ENRICO, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 456/2005 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 18/02/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/11/2010 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato FABIO GIULIANI che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l'Avvocato ENRICO MOSCATI che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per il rigetto del ricorso con compensazione delle spese.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 3.6.1999, il curatore del fallimento della società Messaggeri Comasca s.r.l. ha adito il Tribunale di Como per ottenere la revoca, a mente dell'art. 67, comma 2, L. Fall., dei pagamenti eseguiti dalla società fallita in complessive L. 36.682.882 a favore della società Service Società Cooperativa a r.l. in periodo sospetto e ricevuti dalla creditrice nella consapevolezza dello stato di dissesto della debitrice. Ritualmente instauratosi il contraddittorio, il Tribunale con sentenza dell'11 marzo 2001, ha respinto la domanda. Impugnata dal curatore fallimentare innanzi alla Corte d'appello di Milano, la decisione è stata riformata con sentenza n. 456 depositata il 18 febbraio 2005 e notificata il 5 aprile 2005.
Avverso questa statuizione la società Service ha proposto il presente ricorso per cassazione affidato a due mezzi resistiti dall'intimato con controricorso. entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva ai sensi dell'art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo denuncia violazione dell'art. 100 c.p.c., dell'art. 67, comma 2, L. Fall., e dell'art. 2697 c.c., pone la questione di diritto se esista l'interesse ad agire in revocatoria da parte del curatore fallimentare in relazione a pagamento estintivo di un credito assistito da privilegio generale e se tale interesse, della cui dimostrazione è onerato il curatore stesso, debba essere verificato in sede di riparto dell'attivo ovvero al momento dell'introduzione della domanda. Se ne deduce che, nel caso di specie, il giudice di merito avrebbe dovuto respingere la domanda per difetto d'interesse del curatore, atteso che questi non aveva assolto all'onere di provare che i crediti di pari grado non avrebbero ricevuto soddisfazione in sede di riparto, per incapienza dell'attivo, dunque non aveva provato il pregiudizio arrecato alla massa dal pagamento credito privilegiato oggetto della revocatoria fallimentare.
Il controricorrente deduce l'infondatezza del mezzo, rilevando che i precedenti invocati da controparte non trovano applicazione nel caso di specie in cui il credito soddisfatto con il pagamento in discussione è assistito da privilegio generale, che preclude qualsiasi previsione circa l'incapienza dell'attivo, potendo esercitarsi su tutti i beni mobili acquisiti alla massa. Il motivo è infondato.
La Corte territoriale ha respinto la preliminare eccezione di carenza d'interesse ad agire della procedura, formulata dalla convenuta società cooperativa di lavoro - in ragione dell'indiscussa natura privilegiata dei crediti estinti mediante i pagamenti controversi. Ha sostenuto che, dal momento che il pagamento in discussione beneficia di privilegio generale, non è possibile "a priori" postularsi con certezza il futuro soddisfacimento del credito cui esso afferisce e degli altri crediti ammessi fruenti di privilegio di pari grado. Questa decisione è corretta.
Il consolidato orientamento giurisprudenziale, confermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 7028/2006 ed ulteriormente affermato con successive pronunce n. 24046/2006 e n. 4785/2010, sostiene che nella revocatoria fallimentare avente ad oggetto il pagamento di debiti liquidi ed esigibili ai sensi dell'art. 67, comma 2, L. Fall. "l'eventus damni è in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par condicio creditorum, ricollegabile, per presunzione legale ed assoluta, all'atto di disposizione patrimoniale da parte del fallito, con la conseguenza che sul curatore grava soltanto l'onere di provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell'accipiens, mentre la circostanza che il pagamento sia stato effettuato per soddisfare un credito assistito da privilegio non esclude la possibile lesione della par condicio, ne' fa venir meno l'interesse all'azione da parte del curatore, poiché è solo in seguito alla ripartizione dell'attivo che potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che potrebbero in tesi insinuarsi anche successivamente all'esercizio dell'azione revocatoria".
L'interesse del curatore all'esercizio dell'azione revocatoria sussiste dunque a prescindere dalla prova che la ricorrente assume ineludibile. È vero, al contrario, che l'azione in esame implica una presunzione di danno che spetterebbe al convenuto eventualmente contrastare con specifica prova, e che la natura privilegiata del credito, sia esso assistito da privilegio speciale ovvero generale, non esclude affatto. Il corollario comporta che l'interesse ad agire del curatore fallimentare per la revoca di un pagamento estintivo di un credito assistito da prelazione prescinde dalla prova del danno per la massa desumibile dalla circostanza che il credito soddisfatto col pagamento controverso non avrebbe trovato capienza, in tutto od in parte, sul ricavato del bene sul quale grava il privilegio, se speciale, ovvero in caso di privilegio generale sull'intero ricavato della liquidazione dei beni mobili, in ragione della insufficienza del ricavato medesimo ovvero della concorrenza su di esso aventi grado poziore.
La censura in esame, che richiama opposta costruzione esegetica, ormai definitivamente superata, deve perciò essere rigettata. 2.- Col secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'art. 67 comma 2, L. Fall., e vizio di carenza e contraddittorietà della motivazione. Prospetta errore di diritto ravvisabile nel passaggio logico della decisione impugnata nel quale si valorizza, ai fini della prova della scientia decotionis, la levata del protesti senza tener conto della data della loro pubblicazione, circostanza che la Corte territoriale non ha delibato benché rappresenti il dato rilevante e decisivo per ritenere la conoscenza dei protesti. Siffatto vizio inficia il complessivo contesta: indiziario, che non era perciò utilizzabile per desumerne la conoscenza effettiva dello stato di dissesto della debitrice.
La controricorrente deduce l'infondatezza anche di questo motivo. Il motivo è infondato.
Pacifico in tesi che la conoscenza da parte del creditore dello stato d'insolvenza del debitore, seppur debba essere effettiva e non meramente potenziale, può tuttavia essere provata in via indiretta anche attraverso elementi indiziari attinenti alla conoscibilità dello stato anzidetto, occorre rilevare che, come si sostiene nell'orientamento consolidato di questa Corte e proprio in relazione all'ipotesi in esame (cfr. Cass. n. 16831/2003, n. 17596/2003, n. 14244/2003, n. 15737/2004), l'apprezzamento condotto dal giudice di merito sulle fonti di prova resta affidato al suo potere discrezionale istituzionalmente demandatogli, e la valutazione circa la concludenza ed idoneità in ordine alla ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza, richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione è sottratto al controllo di legittimità laddove risultino esplicate le ragioni per le quali le circostanze di fatto, apprezzate nel loro insieme, provino che la banca non fosse in condizione di conoscere effettivamente lo stato di dissesto della sua cliente. Ciò purché risulti adeguatamente illustrato il "necessario" (Cass. n. 154/2006) legame causale tra i fatti noti e quello ignoto, che lascia apparire l'esistenza di quest'ultimo come una conseguenza ragionevolmente probabile degli altri, secondo regole di esperienza che convincano di ciò sia pure con qualche margine di opinabilità (cfr. Cass. n. 3646/2004, di recente n. 14978/2007).
Di tale enunciato la Corte territoriale ha fatto buon governo. Il percorso argomentativo che ne sorregge l'approdo rende conto della pluralità degli elementi di valutazione considerati che ha indicato non solo nella levata dei protesti, ma altresì nel mancato pagamento di una ricevuta bancaria in ritardo saldata, in nuovo insoluto del *maggio 1997*, nell'esposizione debitoria maturata nei mesi di *maggio e giugno 1997* in L. 70.000.000, nella diffida a saldo. Ne ha precisato la gravità - per il grado di convincimento che ciascuno di tali fatti è idoneo a produrre, la precisione - nel senso che ha giustificate il ragionamento probabilistico - e la concordanza - siccome univocamente convergenti nella dimostrazione del fatto ignoto. Ha quindi esposto la sintesi conclusiva tratta dal loro esame, ritenendo che la società creditrice fosse in condizione d'avere contezza dello stato d'insolvenza della società debitrice, stato non potenziale ma concreto ed effettivo.
La tecnica argomentativa con cui si critica questo iter logico sulla base della lettura atomistica delle circostanze riferite non è legittima. La ricorrente enuclea dal complessivo bagaglio probatorio apprezzato il solo dato, a suo avviso non adeguatamente sintomatico, proponendo una rivisitazione dell'indagine sul contesto indiziario in cui si colloca errata ed inammissibile. Errata perché segmenta gli elementi indiziari secondo canone contrario al dettato dell'art. 2729 c.c. in forza del quale i dati sintomatici devono essere valutati sicuramente in maniera analitica, per verificarne la rilevanza perché muniti dei caratteri della precisione e della gravità, ma anche e soprattutto in collegamento, in modo che la loro combinazione consenta valida prova presuntiva che probabilmente non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni degli elementi indiziari che, nella sintesi con gli altri fatti apprezzati, acquistano valore sintomatico. La frammentazione prospettata circoscrive l'ambito del controllo sollecitato al solo momento della verifica analitica, ex se non esaustiva poiché quel dato indiziario contestato, che singolarmente considerato potrebbe risultare privo di sintomaticità, è stato correttamente vagliato nella convergenza globale di tutte le circostanze esaminate, accertandone all'esito e per l'effetto la pregnanza conclusiva. Inammissibile perché rimette in discussione, per contestarne, la specifica efficacia di fonte indiretta di prova, quel singolo dato indiziario, tra i molteplici indizi che i giudici di merito hanno analiticamente considerato e valutato nella loro convergenza, per sollecitarne apprezzamento nel merito in questa sede precluso. Tutto ciò premesso il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidandole in Euro 3.000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori legge.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2010