Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6233 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 05 Giugno 2007, n. 13164. Est. Schirò.


Contratti in genere - Contratti collegati - Collegamento negoziale - Nozione - Effetti - Accertamento riservato al giudice di merito - Incensurabilità in sede di legittimità - Limiti - Fattispecie in tema di collegamento tra preliminare di cessione di quote sociali e patto parasociale di opzione.



Il collegamento negoziale, il quale costituisce espressione dell'autonomia contrattuale prevista dall'art. 1322 cod. civ., è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico complesso, che viene realizzato non già per mezzo di un autonomo e nuovo contratto, ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è concepito, funzionalmente e teleologicamente, come collegato con gli altri, sì che le vicende che investono un contratto possono ripercuotersi sull'altro, seppure non necessariamente in funzione di condizionamento reciproco, ben potendo accadere che uno soltanto dei contratti sia subordinato all'altro, e non anche viceversa, e non necessariamente in rapporto di principale ad accessorio. Accertare la natura, l'entità, le modalità e le conseguenze del collegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto correttamente motivata la sentenza impugnata, la quale, pur ravvisando un collegamento negoziale tra il contratto preliminare di cessione delle quote sociali, concluso tra i soci di maggioranza di una società ed un terzo, anche per persona da nominare, ed un patto parasociale con cui il terzo si era impegnato ad accettare l'opzione di cessione delle quote di un socio di minoranza, aveva ritenuto che tale obbligo non fosse venuto meno per il fatto che le quote di maggioranza erano state intestate ad un soggetto diverso dal promittente acquirente, in quanto il patto parasociale costituiva un regolamento contrattuale autonomo e distinto dal preliminare, che individuava l'obbligato all'acquisto proprio nella persona del promittente). (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOSAVIO Giovanni - Presidente -
Dott. RORDORF Renato - rel. Consigliere -
Dott. PANZANI Luciano - Consigliere -
Dott. SCHIRÒ Stefano - Consigliere -
Dott. SALVATO Luigi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
HOCHSTATTER HELMUT GEORG, elettivamente domiciliato in Roma, via F. Confatomeli 5, presso l'avv. Manzi Luigi, che lo rappresenta e difende, insieme con l'avv. Reinhart Volgger, del Foro di Bolzano, per procura in atti;
- ricorrente -
contro
CATTONI GIOVANNI, elettivamente domiciliato in Roma, via Ceresio 24, presso l'avv. Carlo Acquaviva, rappresentato e difeso dall'avv. Fuganti Giorgio, del Foro di Rovereto, per procura in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte di appello di Trento n. 377/03 in data 19 luglio 2003, notificata il 15 ottobre 2003.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23 febbraio 2007 dal relatore, cons. Dr. Stefano Schirò;
uditi, per il ricorrente, l'avv. Emanuele Coglitore, per delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso, e, per il controricorrente, l'avv. Giorgio Fuganti, che ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso;
udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, Dott. CAFIERO Dario, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con atto notificato il 20 aprile 2000 Giovanni Cattoni conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Rovereto Helmut Georg Hochstatter, chiedendo che si accertasse e si dichiarasse la conclusione, in data 12 dicembre 1998, del contratto di vendita delle quote societarie della s.r.l. Kemper, da parte dell'attore in favore del convenuto, al prezzo di L. 13.000.000 al punto percentuale e di conseguenza si condannasse l'Hochstatter a pagargli la somma complessiva di L. 260.000.000, oltre a interessi legali dal 12 dicembre 1998, con vittoria di spese.
A fondamento della domanda, l'attore esponeva che:
a) con scrittura del 13 dicembre 1996 Elio Morelli, Dallaserra Giovanni, Deanna Dallaserra e Mavi Bottesi, nella qualità di soci della s.r.l. Kemper, avevano promesso in vendita all'Hochstatter, per sè o per persona da nominare, le loro quote societarie, costituenti complessivamente il 54% dell'intero capitale sociale;
b) l'Hochstatter si era a sua volta obbligato ad acquistare dette quote al prezzo di L. 702.000.000, pari al L. 13.000.000 per punto percentuale, mentre soci di minoranza erano rimasti Zanella Vittorio, con la quota del 26%, e Giovanni Cattoni, con la quota del 20%;
c) nella stessa scrittura "parte promittente acquirente" aveva riconosciuto ed accettato "le richieste avanzate dal socio di minoranza Giovanni Cattoni e riportate nell'allegato A)";
d) con tale atto, denominato "Proposta di patti parasociali a tutela del socio Giovanni Cattoni", datato 12 dicembre 1996 e sottoscritto, oltre che dallo stesso Cattoni, dall'Hochstatter e dallo Zanella, egli aveva chiesto l'impegno del socio di maggioranza ad accettare l'opzione di cessione della propria partecipazione al 20% del capitale sociale, da esercitarsi in qualsiasi momento, entro un periodo massimo di due anni, al prezzo prefissato, pari al valore base di cessione di cui all'accordo preliminare (L. 13.000.000 per punto percentuale);
e) le quote di Morelli, Dallaserra e Bottesi erano state quindi intestate alla società Kellershoff Gmbh di Hennef, per cui la nuova compagine sociale della s.r.l. Kemper era risultata così costituita:
Kellershoff Gmbh di Hennef, socio di maggioranza con il 54% del capitale sociale, Vittorio Zanella con il 26% e l'esponente Cattoni con il 20%;
f) con atto notificato il 12 dicembre 1998 egli aveva manifestato al convenuto la volontà di concludere il contratto, fissando per il pagamento del prezzo il termine di giorni 60 dalla ricezione dell'atto, ma l'iniziativa non aveva sortito alcun effetto. 2. Costituitosi il contraddittorio con l'Hochstatter, che eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice italiano e, nel merito, chiedeva il rigetto della domanda, con sentenza del 30 gennaio 2001 il Tribunale di Rovereto accertava l'avvenuto trasferimento del 20% delle quote sociali della s.r.l. Kemper dall'attore al convenuto, in forza dell'accettazione notificata dal Cattoni il 12 dicembre 1998, e condannava l'Hochstatter a pagare al Cattoni l'importo di L. 280.000.000, pari ad Euro 144.607,93, oltre agli interessi legali dal 12 dicembre 1998 al saldo ed alle spese di lite.
3. Avverso tale Sentenza proponeva appello l'Hochstatter insistendo nelle originarie conclusioni, a cui resisteva il Cattoni, che chiedeva che la somma a lui dovuta fosse rideterminata in L. 260.000.000, pari ad Euro 134.278,79, Con sentenza n. 377/03 del 19 luglio 2003 la Corte di appello di Trento respingeva l'appello, confermando la sentenza impugnata, del cui dispositivo ordinava però la Correzione materiale, sostituendo alla somma di L. 280.000.000, erroneamente indicata, quella esatta di L. 200.000.000; con condanna dell'appellante al pagamento delle spese processuali del grado. A fondamento della sentenza, la Corte territoriale, ribadita la giurisdizione del giudice italiano contestata dall'appellante, affermava che, diversamente da quanto affermato dall'impugnante, l'impegno ad accettare l'opzione del Cattoni di cessione della partecipazione pari al 20% del capitale sociale risultava "essere radicato in capo alla persona dell'Hochstatter", in quanto l'espressione "socio di maggioranza" di cui al punto 7 della scrittura del 12 dicembre 1996 (di proposta di patti parasociali a tutela del socio di minoranza Giovanni Cattoni) indicava proprio la persona fisica del predetto, che con la firma dell'accordo preliminare di cessione delle quote sarebbe arrivato a detenere il 54% del capitale sociale della s.r.l. Kemper.
4. Per la cassazione di tale sentenza ricorre l'Hochstatter, sulla base di due motivi. Resiste con controricorso il Cattoni. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Rileva preliminarmente il collegio che il Cattoni, diversamente da quanto risulta dall'epigrafe del proprio atto difensivo (denominato "controricorso e ricorso incidentale"), non ha proposto ricorso incidentale avverso la citata sentenza n. 337/03 della Corte di appello di Trento, limitandosi a contrastare, con controricorso, i motivi di censura sollevati dal ricorrente ed a chiedere il rigetto del ricorso per cassazione dell'Hochstatter, con vittoria di spese. 2. Con il primo motivo il ricorrente - premesso che il ricorso per cassazione non intende censurare quella parte della sentenza impugnata in cui si è affermata la giurisdizione del giudice italiano - denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367, 1371 e 1353 c.c., nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, e censura la decisione della Corte territoriale per avere i giudici di appello rigettato l'eccezione di difetto di legittimazione passiva dell'Hochstatter, affermando, da un lato, che il contesto negoziale di riferimento sarebbe costituito solamente dalla proposta di patti parasociali e non anche dal contenuto del contratto preliminare, e, dall'altro, che il termine "socio di maggioranza", di cui al punto 7 della scrittura relativa ai menzionati patti parasociali, indicherebbe comunque la persona fisica dell'Hochstatter, che con la firma del preliminare sarebbe arrivato a detenere il 54% del capitale sociale, con implicita dichiarazione di irrilevanza della circostanza che lo stesso Hochstatter non ha mai detenuto il 54% del capitale sociale della s.r.l. Kemper, ne' è mai stato socio di detta società.
2.1. A tale riguardo il ricorrente deduce che la motivazione della sentenza si pone in aperto contrasto con le regole ermeneutiche e con i principi che regolano la condizione contrattuale sospensiva o la presupposizione contrattuale. In particolare, secondo l'Hochstatter, la sentenza impugnata viola apertamente i criteri di interpretazione letterale, sistematica e di buona fede dei contratti, in quanto:
a - il collegamento negoziale tra preliminare di vendita e proposta di patti parasociali è fin troppo evidente, se non altro perché i patti parasociali hanno ragion d'essere solo tra soci e tenuto conto che il patto parasociale di cui trattasi, su cui il Cattoni fonda la sua azione, costituisce allegato del contratto preliminare di cessione delle quote;
b - il patto parasociale contiene tutta una serie di clausole (quelle di cui ai nn. 2, 3, 4, 5 e 6) che hanno ragion d'essere solo nei confronti dell'effettivo futuro socio di maggioranza, ovvero della parte promissaria acquirente che in concreto fosse diventata socio di maggioranza e che, già nel preliminare, si era impegnata a rispettare la proposta di patto parasociale; e - se, in ossequio alla norma di cui all'art. 1367 c.c., si volesse conservare un effetto giuridico alle suddette clausole, si dovrebbe, a maggior ragione - anche per effetto del chiaro e preciso significato letterale delle clausole stesse - ritenere che comune intenzione delle parti era quella di regolamentare il rapporto tra il Cattoni, quale socio di minoranza, e il futuro socio di maggioranza e non tra il Cattoni, quale socio di minoranza, e il signor Hochstatter in persona;
d - anche con riferimento alle regole d'interpretazione del contratto secondo buona fede (art. 1366 c.c.) o in funzione dell'equo contemperamento degli interessi delle parti (art. 1371 c.c.), l'attribuzione all'Hochstatter stesso dell'obbligo derivante dal patto d'opzione "costituisce un'operazione ermeneutica ... incomprensibile";
e - su tale questione la sentenza impugnata è pertanto incorsa in evidente violazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367 e 1371 c.c., motivando in modo incongruo e del tutto contraddittorio;
f - sulla base del contratto preliminare di compravendita, il futuro socio di maggioranza, ossia la società Kellershof di Hennef, era obbligato al rispetto del patto di opzione e delle altre clausole contenute nel patto parasociale e ciò anche perché, essendo il preliminare di vendita firmato anche dal Cattoni, gli obblighi che dal medesimo scaturivano, compresi quelli di cui al patto parasociale, non potevano essere risolti senza il consenso del Cattoni stesso (art. 1411 c.c., comma 2).
Il ricorrente deduce infine, in via subordinata, che l'obbligazione prevista nel patto parasociale era condizionata al fatto, futuro e incerto, che l'Hochstatter in persona diventasse effettivamente socio di maggioranza della Kemper, oppure che detta circostanza di fatto costituiva imprescindibile presupposto della volontà negoziale delle parti, la cui mancanza avrebbe comportato la caducazione del contratto, secondo il principio della presupposizione contrattuale. 2.2. Il motivo è infondato.
La Corte di appello di Trento ha ritenuto che l'obbligo di accettare l'opzione di cessione della quota sociale del Cattoni gravasse sull'Hochstatter in persona, in quanto ha interpretato le scritture contrattuali dedotte a fondamento della pretesa di parte attrice nel senso, da un lato, che i patti parasociali costituissero un regolamento contrattuale "autonomo e distinto" dal contratto preliminare di cessione delle quote sociali e, dall'altro, che l'espressione "socio di maggioranza" contenuta nella clausola di cui al punto 7 dei patti parasociali (nella quale detto socio di maggioranza si impegnava ad accettare l'opzione di cessione della quota del Cattoni) indicava proprio la persona fisica dell'Hochstatter, qualificato nelle premesse della scrittura del 12 dicembre 1996 come colui che, con la firma dell'accordo preliminare, sarebbe arrivato a detenere il 54% del capitale sociale della Kemper. 2.3. Tale motivazione, che appare sorretta da congrue argomentazioni, immuni da vizi logici e conformi ai principi fissati dalle regole legali d'interpretazione dei contratti, si sottrae alle censure sollevate dal ricorrente, il quale, in particolare ha insistito sul collegamento negoziale esistente tra il preliminare di cessione delle quote sociali e la proposta di patti parasociali e sulla destinazione di tale proposta nei confronti della parte promissaria acquirente che in concreto fosse diventata socio di maggioranza.
2.4. Rileva infatti il collegio che i giudici di appello, nell'affermare l'autonomia della proposta di patti parasociali dal contratto preliminare di cessione delle quote sociali, non hanno escluso l'esistenza di un collegamento tra i due negozi - collegamento a cui la Corte territoriale ha fatto evidente riferimento nella parte narrativa della sentenza (pag. 4), nella quale si è dato atto che nel contratto preliminare ""parte promittente acquirente" riconosceva ed accettava "le richieste avanzate dal socio di minoranza Gianni Cattoni e riportate nell'allegato A)" ... denominato "Proposta di patti parasociali a tutela del socio Giovanni Cattoni" - ma ha valutato il collegamento esistente tra i due negozi come avente carattere meramente unilaterale e tale da non pregiudicare l'autonomia della proposta dei patti parasociali, nel senso che dei due negozi collegati solo il preliminare di cessione delle quote sociali - al quale è stata allegata la proposta di patti parasociali a tutela del socio Cattoni, il cui contenuto, in particolare per quel che riguarda le richieste avanzate dallo stesso Cattoni, ha costituito oggetto di specifica accettazione da parte del promissario acquirente delle quote - è stato influenzato nel proprio contenuto dall'altro negozio. 2.5. È noto infatti che il collegamento negoziale, quale espressione dell'autonomia contrattuale indicata nell'art. 1322 c.c. è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico complesso, che viene realizzato non per mezzo di un autonomo e nuovo contratto, ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è concepito, funzionalmente e teleologicamente, come collegato con gli altri, sì che le vicende che investono un contratto possono ripercuotersi sull'altro, seppure non necessariamente in funzione di condizionamento reciproco, ben potendo accadere che uno soltanto dei contratti sia subordinato all'altro, e non anche viceversa (Cass. 6 settembre 1991, n. 9388; 8 luglio 2004, n. 12567), e non necessariamente in rapporto di principale ad accessorio (Cass. 28 giugno 2001, n. 8844). Accertare la natura, l'entità, le modalità e le conseguenze del collegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cass. 28 giugno 2001, n. 8844; Cass. 12 luglio 2005, n. 14611).
2.6. In tale quadro di argomentazioni e tenuto conto che nelle premesse dei patti parasociali - come riportate nello stesso ricorso per cassazione (pag. 9) - l'Hochstatter è indicato proprio come il futuro socio di maggioranza della menzionata società, appare sorretta da logica e idonea motivazione l'affermazione dei giudici di appello, secondo i quali la scrittura relativa ai patti parasociali va considerata come autonoma dal contratto preliminare e indica quale futuro socio di maggioranza proprio la persona dell'Hochstatter, il quale, per tale ragione, deve essere considerato come il soggetto su cui si è radicato l'obbligo di accettare l'opzione di cessione della quota del Cattoni.
2.7. Alla stregua dell'interpretazione fornita dai giudici di appello e per le considerazioni fin qui svolte, non risultano violate ne' le regole ermeneutiche attinenti al senso letterale delle parole ed alla comune intenzione delle parti (art. 1362 c.c.), ne' quelle relative all'interpretazione secondo buona fede (art. 1366 c.c.), alla conservazione del contratto (art. 1367 c.c.) e all'equo contemperamento degli interessi delle parti (art. 1371 c.c.), non essendo dubitabile che, proprio nel regolamento pattizio (come descritto nel ricorso per Cassazione) inerente alla proposta di patti parasociali, l'Hochstatter - indicato come il soggetto che, con la firma del preliminare di cessione delle quote sarebbe arrivato a detenere il 54% del capitale della società Kemper - si è personalmente obbligato in proprio nei confronti del Cattoni. Alla stessa stregua non risultano violati neppure i principi che regolano la condizione contrattuale sospensiva o la presupposizione contrattuale, non rinvenendosi nel contenuto della proposta di patti parasociali, sulla base dell'interpretazione contrattuale fornita dai giudici di appello, elementi idonei a configurare gli estremi di una condizione sospensiva o una situazione di presupposizione, in relazione alla circostanza che l'Hochstatter in persona diventasse effettivamente socio di maggioranza della società Kemper. 3. Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1335 c.c., censura la sentenza impugnata perché i giudici di appello - sul presupposto che l'atto di esercizio del diritto di opzione, nella specie notificato il 12 dicembre 1998, costituiva atto unilaterale recettizio, produttivo di effetti solo al momento in cui il destinatario ne avesse avuto la conoscibilità e che in base all'art. 1335 c.c., doveva presumersi conosciuto nel momento in cui era giunto all'indirizzo del destinatario - hanno affermato che la notificazione dell'esercizio dell'opzione di vendita da parte del Cattoni era stata tempestivamente conosciuta dall'Hochstatter in quanto, nel rispetto della data pattiziamente prevista, essa era pervenuta nella sede della società Kemper, che costituiva luogo di normale frequentazione da parte dell'Hochstatter medesimo, nella sua qualità di presidente del consiglio di amministrazione, e sottoposto in concreto alla sua sfera di controllo, così da apparire idoneo a consentirgli la ricezione dell'atto e la cognizione del relativo contenuto. 3.1. A fondamento della doglianza,il ricorrente deduce che: a) per luogo di normale frequentazione deve intendersi quello in cui si verifica un controllo di fatto, possibile solo per effetto di una normale presenza quotidiana nel luogo medesimo, e non, come ritenuto dalla Corte di merito, quello in cui si esercitano meramente i poteri direttivi; b) nella specie i poteri direttivi dell'Hochstatter che la sentenza impugnata ipotizza erano limitati alla presidenza di rare riunione del consiglio di amministrazione della Kemper, mentre la gestione quotidiana era affidata al direttore, con la conseguenza che il costante collegamento tra persona e luogo sarebbe ravvisabile, nella specie, nella situazione di reciproca reperibilità esistente tra l'Hochstatter e il soggetto addetto alla direzione operativa della società Kemper;
c) tuttavia ipotizzare che il criterio della reperibilità tra soggetti distanti sia sufficiente a individuare quale indirizzo dell'uno il luogo di presenza dell'altro, significherebbe snaturare il concetto stesso di indirizzo come luogo geograficamente individuabile, con la conseguenza che sarebbe possibile avere tanti indirizzi quanti sono gli incarichi in concreto ricoperti dal destinatario della comunicazione, ovvero le strutture organizzative sulle quali egli esercita un certo potere direttivo. 3.2. La censura del ricorrente è inammissibile.
La Corte territoriale - richiamato il principio che, in base all'art. 1335 c.c., "le dichiarazioni unilaterali ricettizie si presumono (iuris tantum) conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario" -con accertamento di fatto, sorretto da esauriente motivazione immune da vizi logici, ha ritenuto che la sede della società Kemper potesse qualificarsi, al momento della notifica dell'atto di esercizio dell'opzione da parte del Cattoni, come indirizzo dell'Hochstatter, che di detta società era presidente del consiglio di amministrazione e che quindi su detta sede, in relazione ai poteri direttivi conferitegli, che gli imponevano un costante collegamento con la medesima, esercitava un potere di controllo che gli consentiva la ricezione dell'atto e la cognizione del relativo contenuto.
3.3. Il ricorrente, nel prospettare la violazione dell'art. 1335 c.c., ha in realtà contrastato l'accertamento di fatto compiuto dai giudici di appello, deducendo inammissibilmente differenti e nuove circostanze di fatto - quali l'essere i poteri direttivi dell'Hochstatter limitati alla presidenza di rare riunioni del consiglio di amministrazione della Kemper, mentre la gestione quotidiana della società era affidata al direttore - ritenute idonee a fondare un diverso convincimento sulla coincidenza dell'indirizzo dell'Hochstatter con la sede della società da lui presieduta. Assume rilievo a tale riguardo il principio, più volte affermato da questa Corte e pienamente condiviso dal collegio, che i vizi della sentenza posti a base del ricorso per Cassazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito (Cass. 25 agosto 2003, n. 12467), o consistere in censure che investano la ricostruzione della fattispecie concreta (Cass. 4 giugno 2001, n. 7476) o che siano attinenti al difforme apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte (Cass. 7 agosto 2003, n. 11918).
3.4. Inoltre ne' dal ricorso per cassazione, ne' dalla sentenza di appello impugnata in questa sede risulta che l'Hochstatter, nel corso del giudizio di merito, abbia mai dedotto la questione relativa all'ampiezza e alle modalità di esercizio dei poteri direttivi a lui spettanti quale presidente del consiglio di amministrazione della società Kemper, nel senso prospettato per la prima volta nel presente giudizio di legittimità, ossia che detti poteri direttivi "erano limitati alla presidenza delle assai rare riunioni del C.d.A. della Kemper srl, mentre la gestione quotidiana della società era affidata al direttore, sig. Scarteri", con la conseguenza che il costante collegamento del presidente con la società doveva intendersi soltanto come "reciproca reperibilità tra il sig. Hochstateer e la direzione operativa della Kemper srl". A tale riguardo va rilevato che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d'inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione che postulino accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito. Pertanto il ricorrente, qualora proponga dette questioni in sede di legittimità e al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. 15 marzo 2006, n. 5620; 12 luglio 2005, n. 14599).
4. Le considerazioni che precedono conducono al complessivo rigetto del ricorso e le spese del giudizio di Cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, che si liquidano in Euro 5.100,00 (cinquemilacento/00), di cui Euro 5.000,000 (cinquemila/00) per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge. Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2007.
Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2007