Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6264 - pubb. 01/08/2010

.

Cassazione civile, sez. I, 09 Settembre 1997, n. 8784. Est. Milani.


Società - Di persone fisiche - Società in nome collettivo - Rapporti tra soci - In genere - Quote di partecipazione - Trasferimento di quote da parte di uno dei soci - Consenso da parte degli altri soci - Natura e funzione rispetto al negozio di cessione - Conseguenze - Impugnazione della cessione per simulazione - Da parte di un terzo creditore del socio alienante - Litisconsorzio necessario tra tutti i soci - Necessità - Esclusione.

Procedimento civile - Litisconsorzio - Necessario - In genere - Quote di partecipazione - Trasferimento di quote da parte di uno dei soci - Consenso da parte degli altri soci - Natura e funzione rispetto al negozio di cessione - Conseguenze - Impugnazione della cessione per simulazione - Da parte di un terzo creditore del socio alienante - Litisconsorzio necessario tra tutti i soci - Necessità - Esclusione.



Rispetto al negozio di cessione delle quote societarie stipulato dal socio di una società in nome collettivo con un terzo, il consenso degli altri soci, pur necessario per l'efficacia dell'atto nei confronti della società, non incide su perfezionamento e sulla validità della cessione, operando, rispetto a questo, esclusivamente come "condicio iuris" ai fini dell'opponibilità del trasferimento alla compagine sociale. Ne consegue che i soci estranei alla cessione non assumono, in nessun momento, le vesti di "parti" del relativo negozio (tali essendo, in via esclusiva, il cedente ed il cessionario), e non possono, pertanto, rivestire la qualità di litisconsorti necessari in un giudizio instaurato dal creditore del socio alienante per l'accertamento della simulazione assoluta del negozio di cessione. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Michele CANTILLO - Presidente -
Dott. Alessandro CRISCUOLO - Consigliere -
Dott. Laura MILANI - Rel. Consigliere -
Dott. Giuseppe SALMÈ - Consigliere -
Dott. Salvatore DI PALMA - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
LUCCIOLA MARINA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA PARIGI 11, presso l'avvocato CARLO SANTAGATA, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
R.T.B.L. Srl in liquidazione, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA V.LE G. CESARE 223, presso l'avvocato M. DE LUCA, rappresentato e difeso dall'avvocato ANGELO PIETROSANTI, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
OPTOVIDEO Snc, LUCCIOLA GIORGIO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 3218/94 della Corte d'Appello di ROMA, depositata il 22/11/94;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/04/97 dal Relatore Consigliere Dott. Laura MILANI;
udito per il ricorrente, l'Avvocato Santagata, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo GAMBARDELLA che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 31.8/1.9.1989 la s.r.l. R.T.B.L., premesso che con sentenza 22.5.1989, provvisoriamente esecutiva, il Tribunale di Latina aveva condannato i coniugi Salvatore Caruso e Marina Lucciola al pagamento a suo favore della somma di L. 20.800.000 oltre interessi, esponeva che, avendo proceduto - dopo la notifica del precetto - al pignoramento della quota, pari al 50%, della s.n.c. Optovideo, di cui Marina Lucciola era titolare (appartenendo l'altra quota del 50% al fratello Bruno Lucciola), aveva appreso che, con atto 1.7.1989, la Lucciola aveva ceduto la sua quota all'altro fratello Giorgio Lucciola per la somma dichiarata di L. 61.600.000. Tanto premesso, la società attrice conveniva dinanzi al Tribunale di Latina Marina e Giorgio Lucciola, nonché la s.n.c. Optovideo di Bruno Lucciola e C., per sentir dichiarare l'indicato atto di cessione simulato, ovvero inefficace nei suoi confronti ex art. 2901 c.c. Si costituivano Marina e Giorgio Lucciola, mentre restava contumace la s.n.c. Optovideo. Con sentenza 24.3.1992, il Tribunale di Latina, ritenuto sussistente il presupposto dell'esperibilità dell'azione, individuandosi il pregiudizio del creditore nell'avere la vendita reso più incerto e difficile il soddisfacimento del suo credito, dichiarava la nullità per simulazione assoluta dell'atto di cessione, ravvisando quali elementi a sostegno di tale simulazione, tra l'altro: la prossimità temporale rispetto alla pronuncia di condanna, lo stretto rapporto di parentela tra cedente e cessionario, l'inferiorità del prezzo dichiarato in confronto al valore della quota, la mancanza di prova circa l'effettiva corresponsione del prezzo suddetto. La decisione era confermata, con sentenza 7.6-22.11.1994, dalla Corte d'appello di Roma, la quale: a) escludeva la necessità di partecipazione al giudizio di Bruno Lucciola, che non era stato parte contraente dell'atto di cessione, al quale aveva soltanto prestato il proprio consenso come socio, ai fini dell'efficacia del trasferimento nei confronti della società; b) ribadiva l'esperibilità dell'azione di simulazione, in ragione del pregiudizio arrecato dalla vendita al soddisfacimento del credito della società attrice, reso più incerto e difficile; c) confermava la validità delle prove presuntive indicate dal Tribunale, idonee a dimostrare, nella loro valutazione globale, l'inesistenza dell'apparente cessione.
Avverso tale sentenza propone ricorso Marina Lucciola. Resiste la s.r.l. R.T.B.L., ora in liquidazione, con controricorso corredato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente, deducendo violazione dell'integrità del contraddittorio, lamenta nuovamente la mancata partecipazione al giudizio di Bruno Lucciola, sostenendo che nei confronti del medesimo si configura un'ipotesi di litisconsorzio necessario, derivante sia dalla sua presenza all'atto di cessione, che dalla necessità del suo consenso per il perfezionamento del negozio di trasferimento della quota.
La doglianza è infondata.
Nel giudizio avente ad oggetto l'azione di simulazione, sussiste litisconsorzio necessario tra tutti i partecipi dell'accordo simulatorio, poiché l'accertamento del negozio effettivamente voluto, o non voluto, dalle parti deve fare stato e spiegare i suoi effetti nei confronti di tutti soggetti che hanno concorso a porre in essere la situazione giuridica, apparente e reale. Ciò comporta, ad esempio, nell'ipotesi di simulazione relativa per interposizione fittizia di persona, la necessaria partecipazione al giudizio non solo dell'interponente e dell'interposto, ma anche dell'altro contraente, parte dell'accordo simulatorio.
Nella specie, tuttavia, l'azione promossa concerne la simulazione assoluta della cessione, cioè la mera apparenza del negozio, in realtà non voluto dalle parti contraenti, che non intesero porre in atto alcun trasferimento della quota. In tale situazione, litisconsorti necessari sono esclusivamente cedente e cessionario, quali parti del negozio che si deduce posto in essere solo apparentemente, senza alcuna reale intenzione di voler attuare il trasferimento.
Nè la società creditrice ha mai sostenuto che esistesse una terza parte dell'accordo simulatorio: in particolare, non è mai stato dedotto che l'altro socio della s.n.c. Optovideo, Bruno Lucciola, fosse consapevole e consenziente alla mera apparenza della cessione, non volendo - come cedente e cessionario - che si operasse alcun trasferimento della quota.
La ricorrente assume che la necessità della partecipazione al giudizio di Bruno Lucciola deriverebbe dalla corrispondente parallela necessità del consenso dello stesso, richiesto, ai sensi dell'art. 2252 c.c., per l'ingresso del nuovo socio nella compagine sociale.
Ora, se è vero che, nelle società di persone, il consenso degli altri soci è necessario per l'efficacia della cessione della quota nei confronti della società, tale consenso non incide peraltro sul perfezionamento e sulla validità del negozio di cessione, ma opera come una "condicio iuris" per l'opponibilità del trasferimento della quota sociale alla società (Cass. 2055/79). Il trasferimento quindi si perfeziona tra le parti con la prestazione del reciproco consenso, restando il consenso degli altri soci un elemento esterno al negozio, che può essere variamente manifestato ed anche desunto da fatti o comportamenti concludenti (Cass. 2860/84). Deriva da questi presupposti la non qualificabilità degli altri soci come "parti" del negozio di cessione, del quale sono parti soltanto il cedente ed il cessionario, configurandosi il consenso degli altri soci esclusivamente come condizione di opponibilità della cessione nei confronti della società.
Ciò posto, deve escludersi che, impugnato per simulazione assoluta il negozio di cessione, gli altri soci debbano ritenersi litisconsorti necessari del giudizio di simulazione, non rivestendo gli stessi la qualità di "parti" dell'accordo simulatorio. Nè la circostanza che nella specie Bruno Lucciola sia di fatto intervenuto di persona all'atto di cessione vale a rendere il medesimo litisconsorte necessario, trattandosi di presenza non essenziale, ma meramente occasionale, intesa a prestare un consenso non volto al perfezionamento della cessione, ma esterno al negozio, che avrebbe potuto assumere anche altra forma ed essere espresso in altra sede, non necessariamente contestuale.
2. Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo violazione delle norme in materia di legittimazione ed interesse ad agire in simulazione e di regime della quota di società personali, contesta la ravvisabilità del presupposto dell'esperibilità dell'azione. Premesso che la Corte d'appello aveva invertito l'onere della prova, erroneamente ritenendo incombente alla convenuta il compito di dimostrare la sufficiente capienza del proprio patrimonio, la ricorrente sostiene l'insussistenza, in concreto, di pregiudizio per il creditore, essendo - da un lato - le proprietà immobiliari di Marina Lucciola più che adeguate per la soddisfazione del credito della R.T.B.L., e palesandosi - d'altro lato - irrilevante la cessione nei confronti del creditore, attesa la inespropriabilità "durante societate", ai sensi dell'art. 2270 c.c., della quota di partecipazione in una società di persone.
Anche tale censura si rivela infondata.
La Corte d'appello ha dettagliatamente analizzato le proprietà immobiliari di Marina Lucciola, considerando il valore dell'appartamento di cui risultava proprietaria esclusiva e quello degli altri immobili (un altro appartamento ed un terreno agricolo) di cui era comproprietaria, con diritto di usufrutto a favore di altri soggetti, ed è pervenuta alla conclusione che, valutato l'importo raggiunto, a causa del cumulo degli interessi, dal debito della Lucciola, il soddisfacimento del credito della società attrice non poteva essere assicurato con tranquillità dal patrimonio immobiliare della debitrice, per l'insufficienza dell'immobile di proprietà esclusiva e la problematica possibilità di esecuzione sugli immobili in comproprietà, per di più gravati da usufrutto. Tale argomentata e logica conclusione, basata su accertamenti di fatto incensurabili in questa sede, fornisce la motivazione della ritenuta sussistenza dell'interesse del creditore, presupposto per l'esperibilità dell'azione di simulazione.
Motivazione che di per sè appare adeguata, non inficiata da alcune inesattezze ravvisabili in altre parti del contesto. Come l'onere della prova, erroneamente addebitato alla parte convenuta, o l'affermazione dell'aggredibilità coattiva della quota di una società in nome collettivo.
Sotto il primo profilo, l'inesatta affermazione che sarebbe spettato alla debitrice dimostrare la sufficiente capienza del proprio patrimonio immobiliare non invalida la positiva conclusione di incapienza comunque successivamente raggiunta in base all'analisi di dati di fatto puntualmente accertati.
Sotto il secondo profilo, se è vero che "durante societate" non è possibile sottoporre ad espropriazione la quota di partecipazione in una società di persone, è peraltro vero che, ai sensi dell'art. 2270 c.c., il creditore particolare del socio, oltre a poter far valere i suoi diritti sugli utili di pertinenza del suo debitore, è autorizzato a compiere atti conservativi sulla quota al medesimo spettante nella liquidazione della società, ed infine, se gli altri beni sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, a chiedere la liquidazione della quota del suo debitore.
Tutto ciò indubbiamente configura l'interesse del creditore al mantenimento in capo al proprio debitore della titolarità della quota, e, conseguentemente, l'interesse a far valere la simulazione della cessione della quota stessa.
3. Con il terzo motivo la ricorrente, deducendo insufficienza e contraddittorietà di motivazione, lamenta che la Corte d'appello, nel considerare gli elementi presuntivi incidenti sulla dedotta simulazione, abbia omesso di valutare circostanze decisive, quali l'effettiva prestazione lavorativa personale di Giorgio Lucciola nella Optovideo (comportante anche gravosi impegni finanziari per garanzie nei confronti delle banche e spese per l'acquisto di attrezzature tecniche ed arredamento di nuovi locali) e l'insussistenza, alla luce degli accertamenti eseguiti dall'amministrazione finanziaria, della ritenuta sproporzione tra il valore della quota ed il prezzo della cessione.
La censura è priva di fondamento.
La Corte d'appello ha messo in evidenza vari elementi di natura indiziaria che, globalmente valutati nel loro complesso, consentivano di accertare come assolutamente simulata la cessione della quota da Marina a Giorgio Lucciola.
Alcuni tra i più significativi di questi elementi, come la mancanza di una qualsiasi prova delle effettive modalità di corresponsione del prezzo (che nell'atto di cessione si dichiarava precedentemente regolato), l'immediatezza della cessione rispetto alla sentenza di condanna, lo stretto rapporto di parentela tra cedente e cessionario, non formano oggetto di critica da parte della ricorrente, che si sofferma sulla mancata considerazione dell'apporto sia personale che finanziario dato da Giorgio Lucciola nella gestione della Optovideo e sull'asserita erroneità della determinazione del valore della quota oggetto di cessione (accertato dal c.t.u. in misura quasi doppia rispetto a quella dichiarata). Quest'ultimo punto è stato preso in considerazione nella sentenza impugnata, che ha chiarito come la documentazione prodotta fosse ininfluente ai fini della presente causa, attinendo alla valutazione, da parte dell'ufficio del registro di Formia, dell'azienda conferita da Marina Lucciola all'atto della costituzione della Optovideo, con riferimento, cioè, ad un bene diverso e ad epoca anteriore.
Le circostanze, poi, non espressamente prese in esame nella sentenza impugnata appaiono, così come enunciate, prive di valore decisivo, non costituendo indice della sussistenza del rapporto societario l'assunzione di garanzie bancarie o la prestazione di attività lavorativa ed erogazioni finanziarie a favore della società. Conclusivamente, i giudici di merito risultano aver esattamente apprezzato le singole presunzioni sia individualmente che nel loro complesso, considerando ogni elemento indiziante di per sè e nel concorso con gli altri, e fornendo infine una valutazione globale che appare giuridicamente corretta e logicamente valida:
motivazione che si sottrae alle censure mosse in questa sede, inerenti a circostanze già esaminate o comunque prive di decisività. Il ricorso deve dunque essere respinto, con la condanna del la ricorrente alle spese della presente fase del giudizio. P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in L. 7.204.000 di cui L. 7.000.000 per onorari.
Così deciso in Roma il 30 aprile 1997.