Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6290 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. II, 01 Ottobre 1997, n. 9558. Est. Elefante.


Società - Di persone fisiche - Società in nome collettivo - Rapporti con i terzi - Rappresentanza della società - Spettanza - A ciascun socio disgiuntamente - Azione di un socio dinanzi a giudice straniero e di altro socio dinanzi a giudice nazionale - Diritto, spettante a ciascuno di essi, di far valere gli effetti nascenti dall'uno o dall'altro giudizio - Sussistenza.



Nelle società in nome collettivo, in base al combinato disposto degli artt. 2293, 2266, 2257 cod. civ., la rappresentanza, sostanziale e processuale, dell'ente spetta, disgiuntamente, a ciascun socio, ed è, pertanto, irrilevante che, in un primo giudizio innanzi ad un giudice straniero, abbia agito uno di essi, mentre, in altro giudizio innanzi al giudice nazionale, si sia costituito un socio diverso. Ne consegue che ciascuno dei predetti soci potrà, del tutto legittimamente, far valere (nei limiti in cui ciò sia consentito) gli effetti nascenti dall'uno o dall'altro giudizio e, in particolare, l'effetto interruttivo del termine di prescrizione relativo al rapporto sostanziale, nascente dalla proposizione della domanda giudiziale. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Mauro SAMMARTINO - Presidente -
Dott. Giuseppe BOSELLI - Consigliere -
Dott. Giovanni PAOLINI - Consigliere -
Dott. Antonino ELEFANTE - Rel. Consigliere -
Dott. Sergio CARDILLO - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso iscritto al n. 7274/94 proposto da:
MARTELLINI NICOLÒ, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Mazzini n. 27 presso lo studio dell'Avv. Alessandro Sperati, che unitamente e disgiuntamente agli Avv.ti Fulvio Marelli e Roberto Bartolozzi lo difende come da procura in calce al ricorso. - ricorrente -
contro
GEORGE KALITZERIS & C.
PANAGIOTOPULOS ANDREAS
- intimati -
per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Genova n. 223/94 del 14.1/10.3.1994.
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19.2.1997 dal Consigliere Dott. Antonino Elefante. Sentito l'Avv. Alessandro Sperati.
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Carlo De Gregorio ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione 18.5.1985, la ditta Nicolò Martellini, premesso che aveva corrisposto l'intero prezzo di una partita di frutta acquista presso la ditta George Kalitzeris & C. corrente in Atene e che al momento della consegna la merce (albicocche) era risultata in parte marciscente, come accettato, tra l'altro, alla presenza del rappresentante greco della venditrice, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Genova la George Kalitzeris & C. al fine di sentirla condannare alla restituzione della somma di L. 28.789.800, detratto il prezzo ricavato da una partita non avariata. La convenuta eccepiva preliminarmente la decadenza e la prescrizione ex art. 1495 c.c.; nel merito, assumendo che il Martellini si era autoridotto il prezzo convenuto accampando una caduta del mercato ma senza pagare niente, chiedeva, in via riconvenzionale, la condanna del Martellini al pagamento della somma di L. 17.575.000 per fornitura di albicocche non pagate.
Nel giudizio interveniva volontariamente Andreas Panagiotopulos, titolare della ditta Panfruit, chiedendo la condanna dello stesso Martellini al pagamento della somma di L. 18.012.000, quale prezzo di altra fornitura di albicocche, anch'essa non pagata per le stesse pretese accampate nei confronti della Kalitzeris.
Il Tribunale rigettava sia la domanda del Martellini; sia la domanda avanzata dalle altre parti.
Con sentenza 14.1/9.2.1994, la Corte di Appello di Genova accoglieva la domanda sia della George Kalitzeris & C. sia del Panagiotopulos e condannava il Martellini al pagamento in favore della prima della somma di L. 14.060.000 e in favore del secondo della somma di L. 18.012.000, oltre al maggior danno ex art. 1224 c.c.; rigettava l'appello incidentale del Martellini, che condannava al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
Osservava la Corte di Appello che l'eccezione di prescrizione sollevata reciprocamente dalle parti era superata dalla lettera, allegata e prodotta via fax, del 4.12.1989 dalla quale emergeva che la causa pendente ad Atene tra le stesse parti era stata definita con sentenza, così salvaguardando tutte le parti in causa in quanto la domanda proposta dinanzi ad un giudice straniero era atto idoneo ad interrompere la prescrizione. Riteneva che la domanda riconvenzionale della Kalitzeris per il pagamento di una partita di merce non era stata formulata in via subordinata per il caso di accoglimento della domanda principale del Martellini, ne' l'accoglimento delle sue eccezioni pregiudiziali di prescrizione e decadenza implicava rinuncia a detta domanda. Questa era fondata per aver ammesso, lo stesso Martellini, una fornitura non pagata, di cui alla fattura del 10.6.1981, di kg 18.500 di albicocche, per un prezzo complessivo di L. 14.060.000, al pagamento della cui somma il Martellini andava condannato, oltre gli accessori. Riteneva che altrettanto era a dirsi per la fornitura effettuata dal Panagiotopulos in data 27.6.1981 per complessive L. 18.012.000 non pagate. Riteneva infondato l'appello incidentale del Martellini in punto risarcimento danno per avaria della merce, perché questi non aveva provato ne' l'esistenza dei lamentati vizi ne' la tempestiva denuncia degli stessi, in ordine ai quali era stata eccepita la decadenza ex art. 1495 c.c., dato che non era credibile che prodotti destinati al consumo alimentare, provenienti dall'estero, non fossero stati, se mai conservati o avariati, bloccati alla dogana, nè era credibile che un commerciante all'ingrosso, quale era il Martellini, non facesse constatare i lamentati vizi ai vigili sanitari e si fosse limitato a semplici contestazioni telefoniche. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Nicolò Martellini in base a quattro motivi.
Gli intimati George Kalitzeris & C. e Andreas Panagiotopulos non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c.; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio ex art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione agli artt. 230-231-232 c.p.c. anche ai lini di cui all'art. 2733 c.c. Era stato ammesso l'interrogatorio formale del Kalitzeris e del Panagiotopulos, ma questi non si erano presentati a renderlo. La Corte di Appello non ne ha tratto le dovute conseguenze ex art. 232 c.p.c., ne' ha motivato alcunché al riguardo.
Con il secondo motivo si assume omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione alla domanda riconvenzionale avanzata in primo grado dalla ditta Kalitzeris rispetto all'autonoma domanda del Panagiotopulos. Al riguardo si sostiene che giustamente il Tribunale aveva ritenuto la riconvenzionale della ditta Kalitzeris subordinata all'accoglimento di quella principale del Martellini, mentre erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto l'inesistenza di tale subordinazione, procedendo ad accomunare la riconvenzionale della ditta Kalitzeris a quella del Panagiotopulos, mentre soltanto quest'ultimo in realtà ha proposto la sua domanda (riconvenzionale) senza subordinazione alcuna (a quella principale). Con il terzo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. nonché omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 n. 5 c.p.c. anche in relazione agli artt. 100-105 primo comma c.p.c. e 2967 c.c. rispetto all'intervento volontario di Andreas Panagiotopulos.
Erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto avvenuta la salvaguardia della prescrizione nei confronti di tutte le parti, mentre invece la domanda proposta dal Panagiotopulos dinanzi all'autorità greca è diversa da quella proposta dinanzi al giudice italiano, tanto più che in quel giudizio risulta quale attrice una società denominata F.Ili Panagiotopuli s.n.c. e il predetto Panagiotopulos non ha giustificato i suoi poteri di rappresentanza di essa. E ciò nonostante che il Martellini avesse rilevato ed eccepito la diversità tra i due soggetti.
Pertanto, in difetto di prova dell'identità tra essi, la Corte di Appello avrebbe dovuto accogliere l'eccezione di prescrizione, non potendosi considerare interruttivo il procedimento dinanzi al giudice greco iniziato da altro soggetto.
Con il quarto motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c.; omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia ex art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione agli artt. 1494 e 2697 c.c. e 230-231-232 c.p.c.
Erroneamente la Corte di Appello ha respinto la domanda di risarcimento danni avanzata dal Martellini, assumendo che questi non aveva fornito la prova della denuncia dei vizi nel termine perentorio di otto giorni dalla scopetta (art. 1495 c.p.c.). La Corte di appello non ha considerato che l'eccezione di decadenza ex art. 1495 c.p.c. dove essere provata dal venditore e che qualsiasi modalità deve ritenersi idonea ai lini della denuncia dei vizi. Il teste Vercelli ha confermato che la denuncia dei vizi è avvenuta per telefono e a tal fine anche la mancata risposta all'interrogatorio deferito al Kalitzeris è rilevante. Inoltre vi è stato riconoscimento di detto vizio allorché il venditore venne a Genova (testi Vercelli e Papajoannou) sì che la contestazione era solo sul quantum, ma al riguardo è nuovamente rilevante la mancata risposta all'interrogatorio. Il primo motivo è inammissibile.
Il ricorrente per cassazione che denuncia vizio o carenza di motivazione su un punto decisivo della controversia per mancato esame dell'interrogatorio non reso e sue conseguenze, ha l'obbligo, se non di trascrivere nell'atto di impugnazione il contenuto dell'interrogatorio stesso, almeno di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto dedotte che formavano oggetto di tale mezzo di prova, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sè tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della sussistenza della decisività del mezzo di prova, non essendo sufficiente al riguardo il mero richiamo degli atti difensivi o propositivi del pregresso giudizio di merito (Cass. 2.2.1994 n. 1037; 8.8.1994 n. 6456).
Nel caso in esame il ricorrente non solo non ha trascritto ma non ha neppure provveduto a specificare il contenuto dell'interrogatorio, e, quindi dei fatti da lui allegati sui quali intendeva costringere l'avversario a pronunciarsi; ed è evidente che in difetto di tale specificazione, senza la quale non è possibile esercitare il suddetto controllo onde verificare se la dedotta omissione abbia influito sulla decisione del giudice, la doglianza è inammissibile. Il secondo motivo è infondato.
Dalla comparsa di risposta e precisazione delle conclusioni rassegnate in primo grado (atti il cui esame diretto è consentito, in questa sede di legittimità, essendo stato dedotto un vizio "in procedendo") risulta chiaramente che la domanda riconvenzionale della ditta Kalitzeris, diretta ad ottenere la condanna del Martellini a corrispondere il prezzo della partita di merce (albicocche) non pagata, era stata avanzata autonomamente e non in via condizionata ovvero subordinata all'ipotesi di accoglimento della domanda principale del Martellini, onde correttamente i giudici di appello, ritenuta l'inesistenza di detta subordinazione, hanno proceduto all'esame della riconvenzionale indipendentemente dall'esito della domanda principale.
Invero nell'indagine diretta all'individuazione del contenuto della domanda giudiziale, occorre accertare la sostanziale portata della pretesa, desumibile, oltre che dal tenore delle deduzioni svolte nell'atto introduttivo e nei successivi scritti difensivi, anche dallo scopo cui la parte mira con la sua richiesta e tenuto conto altresì delle eventuali modifiche e trasformazioni che la domanda ha subito nel corso del giudizio.
Il terzo morivo è destituito di fondamento.
Poiché nelle società in nome collettivo, in base al combinato disposto degli artt. 2293, 2266 e 2257 c.c., la rappresentanza spetta disgiuntamente a ciascun socio, non ha importanza che in un giudizio (davanti al giudice straniero) abbia agito un socio e in altro giudizio (davanti al giudice nazionale) abbia agito un socio diverso, con la conseguenza che ciascuno di essi può far valere, nei limiti in cui ciò sia consentito, gli effetti, in particolare quelli dell'interruzione della prescrizione, nascenti dall'uno o dall'altro giudizio.
Nel caso specifico, correttamente l'impugnata sentenza, dopo aver accertato, con indagine di fatto non censurabile in questa sede di legittimità, che davanti al giudice greco si era concluso. con sentenza, il giudizio relativo agli stessi fatti instaurato dalla società in nome collettivo F.lli Panagiotopuli, ha ritenuto che il Panagiotopulos, socio di detta società, poteva avvalersi di tale giudizio, ancorché proposto da altro socio, spettante il potere di rappresentanza disgiuntamente a ciascun socio, ed atteso che la domanda proposta (anche in via riconvenzionale) davanti al giudice straniero costituisce atto idoneo ad interrompere la prescrizione. Il quarto motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata ha spietato perché la domanda del Martellini diretta ad ottenere il risarcimento del danno per avaria della merce non poteva essere accolta, in base a due fondamentali ragioni. La prima perché il Martellini, come emergeva dalle risultanze processuali, non aveva fornito la prova dell'esistenza e quantità delle lamentate avarie (vizi della merce); la seconda perché non aveva fornito la prova di aver denunciato detti presunti vizi nel termine perentorio di otto giorni dalla scoperta (ex art. 1495 c.c.).
Trattasi, all'evidenza, di due autonome ragioni, ciascuna sufficiente da sola a sorreggere la decisione.
Secondo costante orientamento di questo Supremo Collegio, qualora la decisione adottata si fonda su due autonome "rationes decidendi" ciascuna delle quali è sufficiente a sorreggere la decisione stessa, è inammissibile, per difetto di interesse, la censura del ricorrente che investa una sola delle addotte ragioni (Cass. 14.3.1990 n. 2078;
25.10.1988 n. 5778; 23.11.1983 n. 7007;
16.3.1981 n. 1510), atteso che, anche in caso di accoglimento della censura proposta, la pronuncia impugnata resterebbe ferma, in base alla ratio decidendi non impugnata e, quindi, non sindacabile. Nel caso specifico, poiché la censura è diretta solo contro la seconda delle suddette due ragioni autonome su cui si basa la decisione, è evidente che essa non può essere utilmente avanzata. Il ricorso va, quindi, rigettato.
Nulla in ordine alle spese processuali perché gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Nulla in ordine alle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2 Sezione Civile, il 19 febbraio 1997.