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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6373 - pubb. 01/08/2010.

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Cassazione civile, sez. I, 12 Settembre 2003. Est. Celentano.

Società - Di persone fisiche - Società semplice - Rapporti con i terzi - Della società - In genere - Controversie giudiziarie - Contraddittorio - Instaurazione - Presenza di tutti i soci - Sufficienza.


Nei giudizi instaurati nei confronti di una società di persone (nella specie, s.n.c.) è sufficiente, ai fini della rituale instaurazione del contraddittorio, la presenza in giudizio di tutti i soci, non essendo configurabile un interesse della società (intesa come autonomo soggetto giuridico) che non si identifichi con la somma degli interessi dei soci medesimi. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRIECO Angelo - Presidente -
Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo - Consigliere -
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Consigliere -
Dott. CELENTANO Walter - rel. Consigliere -
Dott. MARZIALE Giuseppe - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MILANIN MARISA, CALÌ FRANCESCO GIUSEPPE, CALÌ ALESSANDRO, elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA DEL PARADISO 55, presso l'avvocato NICOLA STAFFA, rappresentati e difesi dall'avvocato PAOLO FERRARI, giusta mandato a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
CALÌ ANTONINO JUNIOR, CALÌ RENATO, CALÌ SALVATORE, CALÌ ROBERTO, domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato ETHEL LAVENIA, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 571/99 della Corte d'Appello di CATANIA, depositata il 08/09/99;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/03/2003 dal Consigliere Dott. Walter CELENTANO;
udito per il ricorrente l'Avvocato Ferrari che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito per il resistente l'Avvocato Lavenia che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Maurizio VELARDI che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 2 e 7.6.1982 da Marisa Milanin in proprio, quale usufruttuaria ex lege, nonché in nome e per conto dei figli minori Calì Francesco Giuseppe e Alessandro, propose giudizio di divisione dei beni relitti da Giuseppe Calì in favore dei figli, tra i quali Filippo Calì, coniugo di essa attrice e padre dei minori, e gli altri germani Antonino, Renato, Salvatore e Roberto Calì. Nei confronti di questi ultimi, rimasti nella gestione dei beni ereditari, l'attrice richiese anche il rendimento dei conti. Si costituirono in giudizio tutti i convenuti, dichiarando di voler mantenere indivise le quote di proprietà ad essi spettanti. L'attrice introdusse nel giudizio la domanda di liquidazione della quota spettante ai figli minori sul patrimonio della società in nome collettivo Fratelli Calì, costituita tra tutti i germani Calì per l'esercizio di un'impresa commerciale di distilleria di vini. Il giudizio proseguì per l'istruttoria anche in relazione e tale domanda.
Con sentenza non definitiva in data 30.09.1991, l'adito tribunale di Catania dichiarò che la Milanin quale usufruttuaria e i minori Calì quali eredi del genitore avevano diritto alla quinta parte dei beni eredi tari; ordinò lo scioglimento della comunione ereditaria e approvando il progetto di divisione predisposto dal consulente tecnico, attribuì minori la quota loro spettante, individuata come quota A) e ai convenuti le restanti quattro quote; condannò i convenuti a corrispondere agli attori la somma corrispondente alla quinta parte del valore della società "Fratelli Calì" a titolo di liquidazione della quota spettante al defunto Filippo Calì, attribuendo una provvisionale di lire 35 milioni; dispose per l'ulteriore istruttoria in relazione al rendiconto e alla determinazione del valore della quota sociale.
La sentenza fu gravata di appello da entrambe le parti; dagli attori in via principale e dai convenuti in via incidentale. Con sentenza emessa in data 8.9.1999 la Corte di Catania ritenne di pronunciare in via definitiva sulla domanda avente ad oggetto la liquidazione della quota della società collettiva, spettante agli eredi del socio Filippo Calì, disponendo per la prosecuzione del giudizio di gravame in ordine alla domanda di divisione ereditaria. Rilevò la Corte che detta domanda di liquidazione era stata introdotta tardivamente, nel corso del giudizio di primo grado, ma con piena accettazione del contraddittorio da parte dei convenuti, così respingendo l'eccezione proposta dagli appellati. La stessa Corte ha tuttavia rilevato che in relazione a tale domanda, proposta dagli attori nei confronti dei restanti quattro soci della società collettiva, la legittimazione passiva spettava alla società come autonomo soggetto di diritto. E con tale motivazione, incentrata sul difetto di legittimazione dei soci convenuti, la Corte, riformando la sentenza del tribunale, ha respinto la domanda. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione la Milanin e i figli, divenuti maggiori di età, Francesco Giuseppe e Alessandro Calì.
Resistono con controricorso le controparti, già convenuti ed appellati, Antonino, Renato, Salvatore e Roberto Calì. MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorrenti censurano la sentenza impugnata con quattro mezzi, come segue rubricati e svolti.
1^ - violazione e falsa applicazione dell'art. 2284 c.c.;
2^ - violazione dell'art. 2291 c.c.
3^ - violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 101, 112 c.p.c. e 2289 cod.civ..
Tali motivi investono il punto decisivo della legittimazione passiva rispetto alla domanda di liquidazione della quota in conseguenza dello scioglimento del rapporto sociale, nella società di persone, limitatamente ad uno dei soci.
I ricorrenti, anche richiamandosi ad alcune pronunce di questa Corte, prospettano l'errore di diritto in cui sarebbe incorsa la Corte di merito nel trascurare sia la lettera dell'art. 2284 c.c., secondo il quale la liquidazione della quota è dovuta dagli altri soci, sia il profilo della responsabilità solidale ed illimitata dei soci della società collettiva, sia infine la circostanza che rispetto alla domanda in questione i convenuti rappresentavano la totalità dei soci e che gli stessi si erano difesi nel merito proprio in relazione a tale domanda quali soci superstiti della società.
La conclusione che essi indicano è che la società Fratelli Calì era presente e costituita nel giudizio, sicché la Corte di Appello avrebbe dovuto ritenere ritualmente proposta la domanda di liquidazione della quota nei confronti tanto dei consoci debitori solidali quanto della società.
4^ - violazione e falsa applicazione dell'art. 2289 comma 4^ e degli artt. 1219, 1221, 1223 e 1224 per l'omessa pronuncia della Corte di merito sul punto della rivalutazione monetaria della somma dovuta a titolo di liquidazione della quota sociale.
I primi tre motivi del ricorso investono tutti, seppur sotto diversi profili, il punto della legittimazione passiva rispetto alla domanda di liquidazione della quota ex art. 2289 c.c.
Detta censura, nei termini in cui è stata formulata con il terzo motivo, è fondata (fatta eccezione, tuttavia, per il concetto espresso dalla formula "consoci debitori solidali", per la possibilità che essa alluda ad una - invero inesistente - diretta obbligazione solidale dei soci della collettiva per la liquidazione della quota al socio rispetto al quale il rapporto sociale è venuto a scioglimento).
La questione proposta è dibattuta nella dottrina (parte della quale nega la soggettività giuridica delle società personali, individuando per tale tipo di società, segnatamente per la collettiva, non più che una forma di imputabilità unitaria dei rapporti giuridici in funzione dell'esercizio collettivo dell'attività commerciale destinata a venire in rilievo come autonomia patrimoniale) ma nella giurisprudenza di questa Corte non è controversa l'affermazione di tale soggettività come titolarità di un patrimonio autonomo, donde si trae la conseguenza che l' azione volta alla liquidazione della quota, nei casi di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio (artt. 2284, 2285 e 2286 c.c.), deve essere proposta nei confronti della società e non dei singoli soci (Cass. n. 1027 del 1993, n. 3773 del 1994, n. 1403 e n. 5757 del 1998, n. 12833 del 1999, n. 642 del 2000, conformi a S.U. n. 291 del 2000) atteso che la relativa domanda giudiziale fa valere un'obbligazione non degli altri soci, bensì della società. Tuttavia ciò non esclude che ("mentre sul piano sostanziale non può configurarsi, nei rapporti interni, una volontà o interesse della società distinto e potenzialmente antagonista a quello dei soci") sul piano processuale, è sufficiente, ai fini di una rituale instaurazione del contraddittorio nei confronti della società, la presenza in giudizio di tutti i soci, facendo poi stato la pronuncia emessa nei confronti di questi anche nei confronti della società" (Cass. n. 1799 e n. 7663 del 1990 e le altre in esse richiamate) e ciò non soltanto per la ragione che non è configurabile un interesse della società di persone, come autonomo soggetto giuridico, che non si identifichi con la somma degli interessi dei soci medesimi, ma anche in base alla considerazione che, se è vero che la società sta in giudizio "in persona dei soci che ne hanno la rappresentanza" (art. 2266 e 2295, 2298 c.c.), la presenza nel giudizio di tutti i soci fa si che nel giudizio stesso sia validamente instaurato il contraddittorio nei confronti della società.
Ora nel caso di specie, la Corte di merito ha dato atto della presenza in giudizio di tutti i (restanti) soci della società collettiva "Fratelli Calì" - ossia di Antonino, Renato, Salvatore e Roberto Calì - i quali, secondo la sentenza, avevano accettato il contraddittorio sulla domanda di liquidazione della quota sociale introdotta dagli attori, ma di tale rilievo la Corte stessa non ha tenuto conto nella decisione sul punto, rilevato d'ufficio, della legittimazione passiva, statuendo, invece, in contrasto con il suddetto principio di diritto di cui alla dinanzi richiamata sentenza n. 1799/99.
Rispetto alla domanda proposta dagli attori ex art. 2289 c.c., il contraddittorio nei confronti della società era dunque validamente instaurato in conseguenza della presenza in giudizio di tutti i restanti soci della società collettiva "Fratelli Calì" così che ne restava superata la stessa questione del difetto (sussistente per quanto dinanzi si è detto) di legittimazione passiva dei singoli medesimi soci.
Accolto tale motivo, la sentenza va cassata con rinvio. Restano assorbiti gli altri motivi di ricorso.
Il giudice del rinvio provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Catania. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 18 marzo 2003.
Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2003