Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6398 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. III, 17 Settembre 2002, n. 13571. Est. Amatucci.


Società - Di persone fisiche - Società semplice - Scioglimento - Liquidazione - Liquidatori - Nomina - Provvedimento giurisdizionale - Efficacia - Conferimento di una qualità giuridica - Eventuale pregiudizio dei diritti del terzo dipendente dal conferimento della qualifica in altro processo - Rimedi - Intervento nel giudizio di appello ovvero opposizione di terzo - Possibilità di contestare le modalità del conferimento della qualità nel giudizio introdotto dal liquidatore - Esclusione.



Poiché il conferimento con provvedimento giudiziale della qualifica di liquidatore (nella specie, di una società semplice) integra una "qualità giuridica" assimilabile allo "status" agli effetti funzionali della sua efficacia "erga omnes", il terzo che ritenga di aver subito un pregiudizio da tale nomina può far valere le sue ragioni intervenendo nel giudizio di impugnazione ex art. 344 cod. proc. civ. o spiegando opposizione di terzo avverso il provvedimento di nomina, ma, ove non abbia sperimentato tali rimedi, non può poi contestare le modalità di acquisizione della qualità di liquidatore nel giudizio nel quale sia stato convenuto dal liquidatore medesimo. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITO GIUSTINIANI - Presidente -
Dott. LUIGI FRANCESCO DI NANNI - Consigliere -
Dott. ANTONIO SEGRETO - Consigliere -
Dott. ALBERTO TALEVI - Consigliere -
Dott. ALFONSO AMATUCCI - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CIPRIANO GABRIELLA, QUARTERO MICHEL, elettivamente domiciliati in ROMA PLE CLOD 10 32, presso lo studio dell'avvocato LIDIA CIABATTINI, che li difende unitamente all avvocato STEFANO CAPPA, giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
SOCIETÀ semplice I TRE liq.re avv. MESCIS, ROMA PZZA NAVONA 49, presso lo studio dell'avvocato PIZZOLI GIANCARLO (STUDIO PALANDRI), difesa dall'avvocato FERNANDO NESCIS, giusta delega in atti;
- controricorrente -
contro
QUARTERO LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ZANARDELLI 20, presso lo studio dell'avvocato FABIO LAIS, che lo difende unitamente all'avvocato FRANCESCO BOVERIO, giusta delega in atti;
- controricorrente -
nonché contro
QUARTERO CHRISTIANI, in qaulità di procuratore speciale di Angela Ferraris e di Cesare Gaudio;
avverso la sentenza n. 402/99 del Tribunale di CASALE MONFERRATO, emessa il 6/10/99 depositata il 21/10/99; RG. 544/98, udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/02/02 dal Consigliere Dott. Alfonso AMATUCCI;
udito l'Avvocato LIDIA CIABATTINI;
udito l'Avvocato FRANCESCO BOVERIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ennio Attilio SEPE che ha concluso per l'accoglimento del 1^ motivo, inammissibile il 2^, rigetto degli altri.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il tribunale di Casale Monferrato, nel corso del procedimento instaurato da Luigi Quartero per lo scioglimento della società semplice "I Tre G", di cui erano soci egli stesso e la moglie Gabriella Cipriano e nella quale era stato conferito l'immobile sito in vignale Monferrato, via Roma n. 2, angolo piazza del popolo n. 10, in accoglimento della richiesta dell'attore, con ordinanza ex art. 700 c.p.c. del 4.2.1998, nominò l'avvocato Giulio Nescis liquidatore giudiziale per la custodia e la conservazione dei beni della società in attesa della definizione della causa di merito, allo scopo di non pregiudicare il diritto del Quartero alla liquidazione della società alle condizioni esistenti al momento della proposizione della domanda giudiziale. Con ordinanza del 14.7.1998 il tribunale preciso che i compiti ed i poteri del liquidatore "comprendono quello di impedire tutte le attività che abbiano come risultato la trasformazione dell'immobile e quindi di impedire la prosecuzione dei lavori diretti a modificare in modo irreversibile lo status quo esistente". 2. Con atto di citazione notificato il 27.4.1998 l'avvocato Nescis, nella dichiarata qualità, convenne in giudizio innanzi al pretore Gabriella Cipriano, Michel Quartero, Angela Ferraris e Cesare Gaudio per sentir dichiarare nullo o inefficace, ovvero per sentir annullare (perché concluso dal rappresentante in conflitto di interessi col rappresentato) il contratto di locazione portante la data 8.4.1996 con il quale Gabriella Cipriano, nella qualità di legale rappresentante della società "I Tre G", aveva locato ad uso commerciale agli altri tre convenuti la porzione del palazzo De Tullio prospiciente Via Roma in Vignale Monferrato. Nella causa intervenne volontariamente Luigi Cipriano, che aderì alla domanda, cui i convenuti resistettero.
L'adito pretore di Casale Monferrato, con sentenza n. 389 del 1998 - recante la data del 16 ottobre 1998 ma depositata in cancelleria il giorno precedente (15.10.1998) - dichiarò, per quanto in questa sede ancora interessa, la nullità del contratto di locazione per indeterminabilità del corrispettivo, ordinò l'immediato rilascio dell'immobile al liquidatore giudiziale della società locatrice e condannò solidalmente i convenuti alle spese, che liquidò in oltre L. 17.000.000 a favore della società attrice ed in oltre L. 10.000.000 a favore dell'intervenuto Luigi Quartero, oltre al compenso al "custode" giudiziario, liquidato in L. 4.120.000.
3. Con sentenza n. 402 del 1999 il tribunale di Casale
Monferrato ha rigettato gli appelli di Gabriella Cipriano e Michel Quartero e gli appelli incidentali di Angela Ferraris e Cesare Gaudio (gli ultimi due in persona del procuratore Christian Quartero), cui avevano resistito Luigi Quartero e la società "I Tre G", rappresentata dal liquidatore avv. Nescis.
4. Avverso detta sentenza ricorrono per cassazione Gabriella Ciprano e Michel Quartero affidandosi a cinque motivi, cui resistono con distinti controricorsi la società semplice "I Tre G" e Luigi Quartero. I ricorrenti e la controricorrente società hanno anche depositato memorie illustrative.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. Col primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 90, 99, 100 e 112 c.p.c. e 1394 c.c., in punto di difetto di legittimazione passiva di Gabriella Cipriano, del principio di soccombenza e del principio della domanda, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Rappresenta la Cipriano di aver tempestivamente eccepito l'inammissibilità della propria vocatio in ius in quanto il contratto di locazione impugnato era intervenuto tra la società "I Tre G" (locatrice) ed i conduttori Michel Quatrero, Ferraris e Gaudio, e si duole che il tribunale abbia disatteso l'assunto col quale ella aveva sostenuto che non avrebbe potuto essere evocata in giudizio neppure quale rappresentante in addotto conflitto di interessi con la società rappresentata, parte del contratto. Afferma che, infatti, la domanda non era stata formulata nei suoi confronti; che l'interveniente aveva precisato di costituirsi nei soli confronti dei tre conduttori e non della Cipriano; che era del tutto irrilevante che ella avesse contestato nel merito la domanda nel corso della procedura cautelare per (non concesso) sequestro giudiziario; che dunque aveva errato il tribunale laddove aveva ritenuto che ella fosse passivamente legittimata quantomeno in relazione alla domanda di annullamento per conflitto di interessi e che, comunque, l'eccezione fosse tardiva in quanto ella aveva accettato il contraddittorio difendendosi nel merito. Si duole, conseguentemente, anche della propria condanna al pagamento delle spese processuali in favore sia della società che dell'intervenuto.
1.2. Il motivo è fondato.
Il difetto di legittimazione passiva ad processi del rappresentante che abbia concluso il contratto in conflitto di interessi col rappresentato, in ordine alla domanda di annullamento del contratto proposta dal rappresentato ai sensi dell'art. 1394 c.c., è collegato alla caratteristica, tipica della rappresentanza, della produzione degli affetti del negozio esclusivamente nella sfera giuridica del rappresentato, ai sensi dell'art. 1388 c.c.. Alla produzione di tali affetti il rappresentante è del tutto estraneo, con la conseguenza che - esclusa l'ipotesi (non ricorrente nella specie) nella quale il rappresentato agisca per il risarcimento dei danni nei confronti del procurato che abbia abusato dei suoi poteri rappresentativi - agli è privo dell'interesse a contraddire, ex art. 100 c.p.c., alla domanda volta alla caducazione degli affetti del contratto tra rappresentato e terzo.
Poiché, inoltre, la carenza di interessa ad agire ad a contraddire va apprezzata in relazione alla domanda ad è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, è del tutto irrilevante che il convenuto si sia difeso nel marito, posto che la sussistenza o la mancanza dell'interesse va apprezzata in relazione al rapporto di utilità oggettiva tra la lezione del diritto affermata e la tutela giurisdizionale domandata, e non anche all'opinione della parte.
2.1. Col secondo motivo anche Michel Quartero si duole - denunciando violazione o falsa applicazione degli artt. 2272 e 2275 c.c., 81, 99, 100, 102 e 295 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo - della ravvisata proponibilità della domanda nei propri confronti, nell'assunto che essa fosse invece improponibile per non essere stato egli evocato in giudizio (benché socio della "I Tre G" per aver acquistato parte delle quote della madre Cipriano il 22.10.96) nella causa promossa da Luigi Quartero per lo scioglimento della società; con la conseguenza che la qualità di liquidatore dell'avv. Nescis non gli era opponibile, non essendo egli tale nei suoi confronti. Ciò in quanto, ovviamente, egli fosse effettivamente socio. Il che era peraltro controverso in altri procedimenti pendenti, sicché il giudizio avrebbe dovuto essere necessariamente sospeso ex art. 295 c.p.c. fino alla definizione delle cause pregiudiziali.
2.2. Il motivo è privo di pregio.
La qualifica (di liquidatore) conferita con provvedimento giudiziale integra una "qualità giuridica" ansimilabile allo status agli affetti funzionali della sua officacia erga comes. Il pregiudizio dei diritti del terzo connesso al conforimento della qualifica in altro processo potrebbe, tutt'al più, nella ipotetica ricorrenza dei presupposti di legge, essere fatto valere mediante il ricorso agli istituti di cui agli artt. 344 o 404 c.p.c.;
e non può camere invece addotto (mediante la contestazione della modalità di acquisizione della qualità di liquidatore da parte di chi ha poi agito come rappresentante della società) nel presente giudizio, nel quale il ricorrente è stato convenuto quale conduttore.
Il che elide in radice anche ogni questione di pregiudizialità. 3.1. Col terzo motivo la sentenza è censurata per violazione e falsa applicazione degli artt. 699 (ma, recte, 669) decies e 700 c.p.c., nonché per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia costituito dal potere o legittimazione del liquidatore ad impugnare il contratto di locazione.
Premesso che i compiti del liquidatore erano limitati e circoscritti all'impedimento delle attività della Cipriano che, dopo la nomina del liquidatore, avrebbero potuto comportare la trasformazione dell'immobile sociale, i ricorrenti sostengono che non rientrava tra i poteri del liquidatore quello di impedire attività di terzi, da questi dovute sulla base di contratti o impegni sorti prima della nomina del liquidatore o addirittura dell'inizio della causa. Il liquidatore avv. Nescis avrebbe dunque potuto opporsi ad atti nuovi compiuti dalla Cipriano, ovvero impugnarli, ma non era investito del potere di impugnare un atto concluso più di un anno prima della sua nomina.
L'iniziativa del liquidatore non concerneva inoltre un'attività della Cipriano, ma mirava ad impedire ai terzi conduttori l'attività materiale di ristrutturazione dell'immobile cui si erano obbligati col contratto di locazione. Eppure - concludono i ricorrenti sul punto - il tribunale aveva precisato a pagina 3 dell'ordinanza 4.2.1998, resa anni dopo la stipula del contratto, che con la nomina del liquidatore non si intendeva in alcun modo recare pregiudizio ai terzi.
Affermano ancora i ricorrenti che la nomina del liquidatore trae origine, oltre che dal provvedimento di urgenza, dalla transazione conclusa dalla Ciprano e dal Quartero, con la quale si era convenuta la cessione delle quote o la divisione del bene. Il tribunale (nell'altra causa) aveva dunque nominato il liquidatore sul presupposto che il Quartero avesse diritto a pretendere la divisione, quindi tenendo conto della transazione, nella quale le parti avevano dichiarato di tenere fermi i contratti, congelando la situazione di quelli in essere ed impegnandosi a non far assumere ulteriori impegni alla società se non congiuntamente.
Di siffatta argomentazione il tribunale non aveva tenuto conto, così incorrendo nel vizio di omessa motivazione; ed aveva inoltre riconosciuto al liquidatore poteri più ampi di quelli assegnatigli con l'ordinanza collegiale del 4.2.98, così violando gli artt. 700 e 669 decies c.p.c., giacché per un verso i provvedimenti emessi in sede di tutela cautelare atipica vanno rigorosamente interpretati e, per altro verso, essi sono modificabili solo nell'ambito del procedimento di merito cui si riferiscono e solo se si verificano mutamenti nelle circostanze.
3.2. Va immediatamente chiarito che sia l'originario provvedimento di nomina del liquidatore (4.2.1998) che quello col quale ne furono precisati i poteri sono stati emessi in altro procedimento, sicché non è proponibile nel presente alcuna doglianza concernente le modalità di conferimento dei poteri assegnati al liquidatore.
L'unico aspetto in questa sede rilevante attiene alla motivazione della sentenza gravata nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il liquidatore della società fosse stato investito (col provvedimento emesso in altro procedimento) del potere di impugnare il contratto di locazione del quale è stata (in questa causa) dichiarata la nullità.
La sentenza ha osservato che con ordinanza del 14.7.1998 (emessa nel procedimento nel quale fu emesso il provvedimento cautelare) il tribunale preciso che i compiti ed i poteri del liquidatore "comprendono quello di impedire tutte le attività che abbiano come risultato la trasformazione dell'immobile e quindi di impedire la prosecuzione dei lavori diretti a modificare in modo irreversibile lo status quo esistente".
Ora, non è contestato che gli unici lavori diretti a modificare lo stato dell'immobile fossero quelli oggetto del contratto di locazione, sicché l'esclusivo riferimento della sentenza gravata al contenuto dei provvedimenti che definivano i poteri del liquidatore appare sufficiente a sorreggere la decisione in punto di interpretazione del provvedimento in esame.
4.1. Col quarto motivo è dedotta violazione e falsa
applicazione degli artt. 1322, 1325, 1362, 1363, 1367, 1418, 1571 e 1657 c.c. in ordine alla dichiarata nullità del contratto per indeterminabilità del corrispettivo, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia. Dopo aver correttamente rilevato - affermano i ricorrenti - che le parti avevano stabilito che i conduttori, anziché pagare un canone di locazione, avrebbero provveduto alla ristrutturazione A fabbricato secondo il progetto approvato dal Comune di Vignale, il tribunale aveva ritenuto il corrispettivo insufficientemente precisato in quanto il progetto in questione era solo un progetto di massima, indicante le caratteristiche volumetriche e di facciata, senza specificare i lavori interni che avrebbero dovuto essere realizzati e dei materiali da utilizzare.
Ritengono tale motivazione contraddittoria in quanto l'art. 3 del contratto contiene l'indicazione di un canone base di locazione di L. 500.000 mensili, l'art. 4 stabilisce che in caso di rinnovo per il secondo novennio le parti avrebbero rivisto le condizioni di pagamento le parti avevano inoltre convenuto che se nel corso del primo novennio il costo della ristrutturazione avesse superato l'importo di L. 500.000 mensili, il contratto si sarebbe rinnovato automaticamente ed il canone di locazione da corrispondere in denaro per il secondo novennio sarebbe stato determinato sulla base del costo delle opere di ristrutturazione, dovendo essere pari a quello del primo periodo. Sostengono che, dunque, il canone era determinato anche per il secondo periodo, per il quale dovevano solo concordarsi le modalità dell'adempimento (termini, periodicità, ecc.), giacché il costo sarebbe stato oggetto di consuntivo all'esito del primo novennio di durata della locazione, in modo da poter determinare il corrispettivo per il secondo periodo.
Era dunque irrilevante che, per il primo periodo, il valore dei lavori fosse indeterminato, giacché quel che contava era la determinabilità dei lavori la cui esecuzione costituiva il corrispettivo della locazione.
Ciò senza contare che le opere da eseguirsi erano state minutamente descritte ed apprezzate (per un valore complessivo di L. 1.500.000.000) nella relazione dell'arch. Monteforte in data 3.6.96, che il tribunale aveva erroneamente ritenuto irrilevante perché successiva alla conclusione del contratto (8.4.96) e da questo non richiamata, così omettendo di considerare:
- che il contratto era stato registrato il 26.6.96;
- che era quella l'unica data certa cui far riferimento;
- che le stesse controparti avevano più volte sottolineato la falsità della data dell'8.4.96;
- che il contratto non poteva ritenersi perfezionato quel giorno, essendo altrimenti logicamente inspiegabile il richiamo alla concessione edilizia rilasciata dal comune di Vignale il 25.6.96;
- che, dunque, il contratto si era necessariamente perfezionato il 25 o il 26.6.96, con la conseguenza che le parti erano consapevoli delle opere da eseguire e del loro valore al momento in cui l'avevano concluso.
La giurisprudenza - continuano i ricorrenti - ha del resto chiarito che l'oggetto del contratto è validamente determinabile anche attraverso fatti storici addirittura successivamente alla sua conclusione (è citata Cass. 10.6.1991, n. 6570).
Erano state conseguentemente disattese le regole ermeneutiche di cui agli artt. 1362 (comune intenzione) e 1367 c.c. (principio di conservazione) e si era violato l'art. 1346 che non vieta la determinazione della prestazione successiva alla conclusione del contratto.
Neppure aveva considerato il tribunale che (come pure era stato rappresentato nel corso dell'udienza di discussione) si verteva in ipotesi di contratto misto di appalto e di locazione, in quanto, a fronte della realizzazione di una ristrutturazione, era stata pattuita la concessione in godimento del bene ristrutturato, con la conseguente applicabilità della disciplina del contratto prevalente (appalto), nel quale la mancata determinazione del corrispettivo non è causa di nullità, potendo la determinazione avvenire a posteriori (è citata Cass., 28.8.93, n. 9129).
Insomma, le parti avevano stabilito un corrispettivo di L. 500.000 mensili per il primo anno, avevano fissato un obbligazione di facere in luogo del pagamento, avevano convenuto che avrebbero conteggiato a conclusione dei lavori il relativo costo e sulla base del risultato avrebbero determinato il canone per il secondo novennio.
4.2. Il motivo è infondato.
La corte d'appello ha conclusivamente ritenuto "che le parti non avevano idea del costo delle opere" in quanto nel contratto era stato pattuito (il periodo che segue è virgolettato in sentenza e riproduce dunque il testuale tenore del contratto) che "ove, l'ammontare dei costi, documentati relativi a detti lavori costituisca un onere eccessivo rispetto alla prestazione da adempiere da parte dei conduttori medesimi (calcolando come base un canone di locazione di lire 500.000 mensili con l'aggiornamento di cui si dirà in seguito), detta locazione automaticamente e senza bisogno di nuovo contratto si prorogherà di uguale termine (altri nove anni), rivedendo al riguardo le parti le condizioni contrattuali relative al pagamento del canone". Ciò dopo aver, tra l'altro, osservato che "manca poi nel contratto, contrariamente alla tesi degli appellanti, un espresso richiamo alla relazione dell'architetto Monteforte del 3.6.96 (doc. 12 avv. Cappa), richiamo peraltro impossibile in quanto la stessa è successiva alla conclusione della locazione (avvenuta, come già detto, l'18.4.96)". Ed ha per tali ragioni concluso nel senso della nullità del contratto per indeterminabilità del corrispettivo ai sensi dell'art. 1418, comma 2, in relazione all'art. 1325, n. 3, c.c..
Ora i ricorrenti assumono, allegando contraddittorietà della motivazione, che il tribunale abbia per un verso ritenuto che le parti avessero inteso far riferimento alla concessione edilizia del 25.6.1996 e che abbia per altro verso affermato che era impossibile il richiamo della relazione Monteforte del 3.6.96 in quanto il contratto era stato concluso in data 8.4.96.
L'argomento è logicamente inoppugnabile, ma non è tuttavia determinante, posto che il tribunale ha comunque rilevato che difettava un espresso richiamo della relazione Monteforte. Pur ammesso dunque - ai soli fini del controllo di logicità della motivazione - che la relazione esistesse alla data alla quale (prima della registrazione e dopo la data nominale del contratto) le parti avevano definitivamente suggellato l'accordo, sta il fatto che essa non era richiamata (come appunto affermato dal tribunale) e che non appare in via logica sostenibile (come prospettano i ricorrenti) che le parti avessero inteso fare riferimento a costi già noti, in quanto non avrebbero altrimenti convenuto che, "nell'ipotesi" in cui i costi fossero stati eccessivi, la locazione si sarebbe prorogata alle nuove condizioni che avrebbero pattuito.
Ne consegue che il riferimento del tribunale all'omesso richiamo della relazione Monteforte è in se stesso idoneo a sorreggere la decisone, al di là della rilevata discrasia.
Va anche osservato che gli assunti dei ricorrenti in punto di esclusiva riferibilità delle condizioni contrattuali da rivedere alle sole modalità del pagamento del canone sono del tutto apodittiche. Chè se, invece, si assumesse che il tribunale abbia recepito l'espressione secondo il suo significato proprio, è ineludibile il corollario che le parti avevano previsto un nuovo accordo, in sè incompatibile con la determinabilità del corrispettivo in base ad elementi esterni già prestabiliti. E che questa sia la corretta lettura della sentenza è rivelato dalla drasticità dell'espressione usata dal tribunale per escludere la consapevolezza delle parti in ordine ai costi finali ("non avevano idea"), in una con la lettera dell'accordo negoziale, che prevede l'automaticità del solo rinnovo e non contempla invece (pag. 10 della sentenza) la previsione di un meccanismo prefissato per la determinazione del corrispettivo nel secondo novennio di durata del rapporto.
Risultano assorbite dalle considerazioni svolte tutte le altre osservazioni dei ricorrenti, esclusa soltanto quella relativa alla sussistenza di un contratto a causa mista, che però si afferma prospettata solo in sede di discussione, sicché non è neppure configurabile un vizio di motivazione sul punto.
5.1. Col quinto motivo - denunciando omessa ed insufficiente motivazione in relazione al capo della sentenza relativo alle spese, nonché violazione e falsa applicazione delle norme in materia di individuazione del valore della causa e delle tariffe forensi - i ricorrenti si dolgono che il tribunale abbia respinto il motivo di appello col quale essi avevano censurato la decisione del pretore, che aveva liquidato oltre L. 17.000.000, di cui L. 9.000.000 per onorari, a favore dell'attore, e L. 10.000.000, di cui L. 9.000.000 per onorari, a favore dell'interveniente.
Sostengono che, a fronte di un canone di L. 6.000.000 annui, gli onorari non avrebbero potuto superare la somma di L. 3.305.000 in relazione ad un valore di L. 42.000.000, che i diritti avrebbero dovuto essere regolati in base allo scaglione corrispondente, che anche in appello era stata impropriamente liquidata una somma complessiva senza specificazioni, che inadeguata era stata pure la motivazione in ordine alla inopportunità della compensazione per la "mancanza di obiettiva controvertibilità delle questioni poste", mentre invece la causa presentava numerose problematiche di indubbia complessità.
5.2. Il motivo di ricorso è assorbito in riferimento alla posizione di Gabriella Cipriano, che non avrebbe potuto essere evocata in giudizio.
Per quanto concerne il rapporto processuale instaurato nei confronti di Michel Cipriano il motivo è:
a) infondato in riferimento alle spese di primo grado, giacché andava applicato lo scaglione tariffario tra i cento ed i duecento milioni di lire, con la conseguenza che le somme liquidate dal pretore non eccedono i valori massimi;
b) inammissibile con riguardo a quelle di secondo grado, in quanto i ricorrenti non assumono che siano stati ecceduti i massimi tariffari, sicché non è dato apprezzare il loro interesse alla doglianza;
c) infondato per quanto attiene al prospettato vizio di motivazione sul mancato esercizio del potere di compensazione delle spese processuali, perché il giudice non è tenuto a motivare le ragioni per le quali non si sia avvalso di un potere discrezionale in deroga al principio generale di cui all'art. 91 c.p.c.. 6. In conclusione, accolto il primo motivo di ricorso e rigettati gli altri, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto in relazione alla posizione di Gabriella Cipriano, la causa va decisa con la declaratoria di inammissibilità della domanda proposta nei suoi confronti e di nullità della sentenza di primo grado quanto al rapporto processuale che la riguarda. A tanto consegue la condanna della società "I TRE G" a rimborsarle le spese dei due gradi, che per il primo grado si liquidano in complessive L. 16.000.000, di cui L. 9.900.000 per onorari, L. 4.352.000 per diritti ed il resto per spese, oltre accessori, e, per il secondo grado, in L. 6.000.000, di cui L. 4.000.000 per onorari, L. 1.500.000 per diritti ed il resto per spese, oltre accessori.
Si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione, considerato anche che i ricorrenti Gabriella Cipriano e Michel Quartero hanno presentato un ricorso congiunto e sono l'una totalmente vittoriosa e l'altro totalmente soccombente.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta gli altri, cassa in relazione la sentenza impugnata, dichiara inammissibile la domanda della società "I Tre G" nei confronti di Gabriella Cipriano e la nullità della sentenza di primo grado quanto al relativo rapporto processuale, condanna la società "I Tre G" a rimborsare a Gabriella Cipriano le spese dei due gradi che liquida in euro 8263,31 per il primo grado, oltre accessori, ed in euro 3098,74 per il giudizio di appello, oltre accessori;
compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione. Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2002.
Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2002