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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6437 - pubb. 01/08/2010.

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Cassazione civile, sez. IV, lavoro, 12 Aprile 2010. Est. Mammone.

Società - Di persone fisiche - Società in nome collettivo - Scioglimento - In genere - Scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio - Cessione della quota - Responsabilità per le obbligazioni sociali - Opponibilità della cessione ai terzi - Regime di cui agli artt. 2290 e 2300 cod. civ. - Applicabilità alle sole obbligazioni di carattere negoziale - Esclusione - Fattispecie in materia di responsabilità solidale del socio nei confronti dell'INPS per i debiti derivanti dall'inottemperanza degli oneri contributivi della società.


Il regime di cui agli artt. 2290 e 2300 cod. civ., in forza del quale il socio di una società in nome collettivo che ceda la propria quota risponde, nei confronti dei terzi, delle obbligazioni sociali sorte fino al momento in cui la cessione sia stata iscritta nel registro delle imprese o fino al momento (anteriore) in cui il terzo sia venuto a conoscenza della medesima, è di generale applicazione, non riscontrandosi alcuna disposizione di legge che ne circoscriva la portata al campo delle obbligazioni di origine negoziale con esclusione di quelle che trovano la loro fonte nella legge, quale, nella specie, l'obbligazione di versamento dei contributi previdenziali all'INPS. Ne consegue che deve ritenersi inopponibile all'istituto previdenziale la scrittura privata di cessione della quota sociale da parte di un socio, posto che la responsabilità solidale dei soci per debiti derivanti dall'attività sociale prescinde dai rapporti interni dei soci stessi, e lo scioglimento del rapporto sociale, valido tra le parti, è inefficace nei confronti dei terzi. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCIARELLI Guglielmo - Presidente -
Dott. CURCURUTO Filippo - Consigliere -
Dott. NOBILE Vittorio - Consigliere -
Dott. MAMMONE Giovanni - rel. Consigliere -
Dott. CURZIO Pietro - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 25475-2006 proposto da:
GUIDI DOMENICO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PIRENEI 1, presso lo studio dell'avvocato GENTILE ALFONSO, rappresentato e difeso dall'avvocato POMENTI ANNA MARIA;
- ricorrente -
contro
INPS, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso lo studio dell'avvocato COSSU BENEDETTA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati CORRERA FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA;
- resistente -
avverso la sentenza n. 5850/2005 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 30/09/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/02/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MAMMONE;
udito l'Avvocato CALIULO LUIGI, per delega COSSU;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al giudice del lavoro di Latina l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) chiedeva decreto ingiuntivo nei confronti della Edil Immobiliare Gidas s.n.c. e dei soci Aiuti Salvatore e Guidi Domenico per il pagamento di L. 417.408.275 a titolo di contributi previdenziali non versati per il periodo 1.5.90 - 30.11.92.
Concesso il decreto, Guidi proponeva opposizione sostenendo di essere cessato dalla qualità di socio dal 1983 e di aver trasferito la sua quota ad Aiuti, che era pertanto divenuto titolare di tutte le quote e che indebitamente aveva speso il nome di esso Guidi per il periodo successivo.
Rigettata l'opposizione, Guidi proponeva appello sostenendo che la posizione assicurativa intestata alla società era stata aperta dal solo Aiuti, nonostante l'atto costitutivo prevedesse che l'amministrazione della società imponesse la firma congiunta di entrambi i soci.
Rimasto contumace l'TNPS, la Corte d'appello di Roma con sentenza 15.7-30.9.05 rigettava l'impugnazione rilevando che, non essendo oggetto di impugnazione la circostanza, accertata dal primo giudice, dell'inopponibilità all'INPS della scrittura privata di cessione della quota sociale da Guidi ad Aiuti, lo scioglimento del rapporto sociale, pur valido tra le parti, non era efficace nei confronti dei terzi.
Quanto ai poteri di rappresentanza della società, il giudice di merito rilevava che dall'atto costitutivo (e dal certificato della Camera di commercio in atti) risultava che solo per l'amministrazione straordinaria era richiesta la firma congiunta di entrambi i soci, mentre per quella ordinaria era possibile la firma disgiunta. Riteneva, invece, inammissibile la questione circa la validità nei confronti dei terzi del contenuto della nota di trascrizione dell'atto costitutivo (dalla quale risultava che anche per l'amministrazione ordinaria era chiesta la firma congiunta), trattandosi di questione sollevata solo in appello. Le contestazione circa la titolarità dei poteri di amministrazione erano ritenute comunque irrilevanti, in quanto l'obbligazione contributiva nasceva dalla circostanza che la società aveva impiegato lavoratori dipendenti nell'esercizio della sua attività produttiva, il che, ai sensi dell'art. 2291 c.c. faceva scattare la responsabilità solidale dei soci anche per gli oneri contributivi. Avverso questa sentenza propone ricorso Guidi. L'INPS ha depositato procura.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso non è fondato.
Con il primo motivo è dedotta violazione dell'art. 345 c.p.c. e vizio di motivazione, sostenendo il ricorrente di aver dedotto fin dall'atto introduttivo che l'obbligazione assicurativa non poteva gravare su di lui in quanto la posizione assicurativa era stata aperta solo da Aiuti, nonostante l'atto costitutivo anche per l'ordinaria amministrazione prevedesse la firma congiunta dei due soci. Pertanto, non poteva ritenersi tardiva la questione della prevalenza nei confronti dei terzi (e quindi dell'INPS) della nota di trascrizione dell'atto costitutivo rispetto allo statuto, che avrebbe dovuto essere dunque trattata dal giudice di merito. Con il secondo motivo è dedotta violazione degli artt. 2291 e 1393 c.c., nonché vizio di motivazione a proposito dell'affermazione della responsabilità solidale, essendo indimostrato che la società avesse impiegato dipendenti non assicurati. Era stato, infatti, contestato che sussistesse per il Guidi l'obbligazione sociale, non avendo egli assunto le obbligazioni relative, nonostante la previsione statutaria dell'amministrazione congiunta, conosciuta dall'INPS, che aveva esso stesso prodotto in giudizio copia dell'atto costitutivo della società.
Procedendo a trattazione congiunta dei due mezzi di impugnazione, deve preliminarmente rilevarsi che la Edil Immobiliare Gidas era società in nome collettivo, per la quale vale il principio generale che tutti i soci rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali, senza che il patto contrario abbia effetto nei confronti dei terzi (art. 2291 c.c.). Nel caso di scioglimento della società il socio che ceda la propria quota risponde, nei confronti dei terzi, delle obbligazioni sociali sorte fino al momento in cui la cessione sia stata iscritta nel registro delle imprese o fino al momento (anteriore) in cui il terzo sia venuto a conoscenza della medesima (artt. 2290 e 2300 c.c.).
Questi principi sono di generale applicazione, atteso che nessuna disposizione di legge ne circoscrive la portata al campo delle obbligazioni di origine negoziale e non anche a quelle che trovano la loro fonte nella legge. Di conseguenza il socio, ai sensi dell'art. 2291 c.c., risponde solidalmente nei confronti dell'INPS dei debiti nascenti dall'inottemperanza agli oneri contributivi della società conseguenti all'esercizio della sua attività.
Nel caso di specie, avendo l'INPS chiesto decreto ingiuntivo nei confronti della società per il pagamento di contributi previdenziali omessi per l'esercizio di attività edilizia nel periodo 1.5.90- 30.11.92, il giudice di appello ha dato per scontata la circostanza, accertata dal primo giudice, dell'inopponibilità all'INPS della scrittura privata di cessione della quota sociale da Guidi ad Aiuti, e che lo scioglimento del rapporto sociale, pur valido tra le parti, non era efficace nei confronti dei terzi.
Il ricorrente ha sostenuto in sede di legittimità che l'atto costitutivo prevedeva tuttavia per tutte le iniziative sociali, attinenti tanto l'amministrazione ordinaria che straordinaria società, richiestela la firma congiunta di entrambi i soci e che, essendo stata l'attività edilizia cui si riferiscono i contributi omessi intrapresa solo da Aiuti, solo su costui avrebbero dovuto ricadere le conseguenze dell'omissione. A prescindere dalla tempestività dell'introduzione di tale questione - che parte ricorrente assume dedotta fin dal ricorso introduttivo, senza fornire peraltro riscontro testuale al suo assunto e dunque con sostanziale violazione del requisito dell'autosufficienza - deve rilevarsi che tale questione è del tutto irrilevante atteso che ad essere azionata dall'Istituto di previdenza è la responsabilità solidale dei soci per i debiti derivanti dall'attività sociale, che prescinde dai rapporti interni dei soci stessi.
Quanto alla questione ulteriore, adombrata nella prima parte del secondo motivo, che sarebbe indimostrato che i dipendenti impiegati dalla società non fossero assicurati, deve rilevarsi che la censura risulta inammissibilmente proposta per la prima volta in sede di legittimità.
Il ricorso è, dunque, infondato e deve essere rigettato. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono limitate alla sola attività svolta in udienza, avendo l'INPS solo depositato procura. P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese che liquida in Euro 10,00 per esborsi ed in Euro 1.500 per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.
Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2010