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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6473 - pubb. 01/08/2010.

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Cassazione civile, sez. IV, lavoro, 11 Agosto 2004. Est. Balletti.

Procedimenti speciali - Procedimenti in materia di lavoro e di previdenza - Impugnazioni - Appello - In genere - Rapporto di lavoro relativo a società in nome collettivo - Azione in giudizio proposta contro il socio quale titolare di una ditta individuale - Eccezione di difetto di legittimazione passiva - Proposizione in appello - Ammissibilità - Responsabilità personale del socio - Accertamento - Chiamata in giudizio del medesimo quale socio - Necessità - Fattispecie.


Il socio accomandatario di una società in accomandita semplice che, in relazione ad un rapporto di lavoro subordinato di cui sia parte la società, venga convenuto in giudizio quale titolare di un'inesistente ditta individuale, indicata quale parte di tale rapporto obbligatorio, può eccepire anche in appello, nonostante il regime di decadenze e preclusioni vigente nel rito del lavoro, il proprio difetto di legittimazione passiva, poiché è in discussione, in tal caso, il merito della controversia, e la presenza di tutti gli elementi costitutivi della domanda vanno accertati anche d'ufficio; ne', ai fini del rigetto della deduzione difensiva in questione, può rilevare la responsabilità illimitata del socio accomandatario per i debiti della società, poiché l'accertamento di tale responsabilità presuppone pur sempre la chiamata in giudizio del socio come tale, anche per consentirgli di far valere in sede esecutiva il beneficio della previa escussione del patrimonio sociale. (In applicazione del principio sopra riportato, la S.C. ha cassato per vizi di motivazione la sentenza di merito che aveva affermato la responsabilità per oneri previdenziali relativi a un dipendente di un soggetto, sul presupposto che questi fosse socio di una snc, presso cui il dipendente aveva lavorato per alcuni mesi in un periodo successivo, benché il convenuto datore di lavoro fosse stato evocato in giudizio dall'ente previdenziale quale titolare di ditta individuale, riferibile invece esclusivamente al padre). (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERCURIO Ettore - Presidente -
Dott. MAZZARELLA Giovanni - Consigliere -
Dott. PICONE Pasquale - Consigliere -
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere -
Dott. BALLETTI Bruno - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BUONO CUSTODIO, rappresentato e difeso dall'avv. Ciro Falanga ed elettivamente domiciliato in Roma alla via Flaminia 16, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
RUOTOLO ITALIA, rappresentata e difesa dall'avv. Michele Grieco ed elettivamente domiciliata in Roma al viale Mazzini n. 131, presso avv. I. SERRA giusta procura in calce al controricorso;
- controricorrente -
ESPOSITO ROSA (non costituita);
- intimata -
e
RUOTOLO GAETANO (non costituito);
- intimato -
RUOTOLO VINCENZO (non costituito);
- intimato -
e
I.N.P.S., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, (non costituito);
- intimato -
avverso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata-Sezione Lavoro n. 1743/00 del 17 ottobre 2000 (resa nel giudizio di appello avente Un. di r.g. 1433/1998).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18 maggio 2004 dal consigliere Bruno Balletti;
Udito l'avv. Ciro Falanga;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NAPOLETANO Giuseppe, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 414 c.p.c. al Pretore-Giudice del Lavoro di Torre Annunziata Esposito Rosa (in proprio e quale legale rappresentante dei figli minori Ruotolo Gaetano e Ruotolo Vincenzo) e Ruotolo Italia - nella qualità di eredi di Ruotolo Giovanni - convenivano in giudizio Buono Custodio e l'I.N.P.S. per ottenere il pagamento della somma di L. 58.363.657 e la condanna del versamento, a favore dell'I.N.P.S., dei contributi previdenziali non versati in relazione al rapporto di lavoro subordinato intercorso tra il loro dante causa e il convenuto per il periodo dal 1 gennaio 1986 al 10 novembre 1992. Si costituiva in giudizio Buono Custodio che eccepiva il difetto di legittimazione passiva, mentre non si costituiva l'I.N.P.S.. L'adito Giudice del Lavoro accoglieva parzialmente la domanda attorea, ritenendo sussistente la legittimazione passiva di Buono Custodio, e condannava lo stesso al pagamento della somma di L. 30.000.000 (oltre agli interessi legali, rivalutazione monetaria e spese di giudizio); e - su appello "principale" del Buono e appello "incidentale" degli originari ricorrenti e costituitosi l'I.N.P.S il Tribunale di Torre Annunziata (quale Giudice del Lavoro di secondo grado) così provvedeva: "a) rigetta l'appello avverso la sentenza n. 995/98 del Pretore di Torre Annunziata, che conferma; b) in accoglimento dell'appello incidentale condanna Buono Custodio alla ricostruzione della posizione previdenziale del proprio dipendente Ruotolo Giovanni dal 1^ gennaio 1986 all'11 ottobre 1992; c) compensa per intero le spese di giudizio".
Per quello che rileva in questa sede il Giudice d'appello ha rimarcato che: a) "se è ben vero che il resistente veniva evocato in giudizio quale titolare dell'omonima ditta individuale, nel costituirsi in giudizio egli confessava che il Ruotolo Giovanni aveva lavorato alle dipendenze della 'Falegnameria Buono s.n.c. di Buono Custodio e Buono Basilio", costituita da se medesimo con il fratello Basilio', solamente dal 10 gennaio 1992 al 5 ottobre 1992, con il che rifiutava il contraddittorio 'in proprio', precisandosi a seguito della sua costituzione unicamente la causa petendi, nel senso che la sua responsabilità 'in proprio' deriva dalla sua qualità di socio quantomeno per il periodo lavorativo riconosciuto dal gennaio all'ottobre 1992; ancora da tale sua qualità per il periodo anteriore, in applicazione della normativa di cui all'art. 2112 cod. civ., per il caso di trasferimento di azienda individuale ad una società"; b) "in buona sostanza l'eccezione di carenza di legittimazione passiva,nel mentre risultava infondata ed irrilevante relativamente al primo periodo, quello anteriore alla costituzione della s.n.c., risultava certamente contraddittoria e mal posta relativamente al periodo successivo a tale costituzione" c) "anche l'elemento della subordinazione emergeva in via diretta ed esplicita dalle testimonianze, oltre ad essere desumibile in via indiretta e d'interpretazione da tutti gli altri elementi acquisiti (sede, orario, retribuzione, mansioni, ecc.)"; d) "a conferma che l'eccezione di difetto di legittimazione passiva è stata mal posto, giacché, volendosi sostenere che Buono Custodio era stato evocato in giudizio 'in proprio' (e, quindi, nei suoi confronti non poteva svolgersi un processo nel quale ora risultava parte nella sua qualità di socio di una s.n.c.), doveva essere formulata non già un'eccezione di carenza di legittimazione passiva (in entrambe le pospettazioni evocate in giudizio, infatti, era il soggetto fisico Buono Custodio il cui personale patrimonio si intendeva aggredire) bensì un'eventuale eccezione inerente la causa petendi e ciò perché evocato in giudizio 'in proprio' per prestazioni lavorative ricevuto 'in proprio' veniva a svolgersi il processo sempre nei suoi confronti 'in proprio' (chiamato a rispondere con il proprio patrimonio personale), ma limitatamente al periodo a causa di una diversa causa petendi, di una diversa sua responsabilità derivante dalla circostanza di fatto costituita dall'essere stato egli socio illimitatamente responsabile di una s.n.c. per il periodo in cui quest'ultimo soggetto, la s.n.c. appunto, si era ricevuto prestazioni lavorative subordinate"; e) "in sintesi, il contraddittorio veniva a svolgersi pur sempre con il Buono Custodio in proprio, ma, per il secondo periodo, non già 'nella qualita'', bensì esattamente per la sua 'qualita' di sociò".
Per la cassazione di tale sentenza Buono Custodio ha proposto ricorso assistito da tre motivi.
L'intimata Ruotolo Italia resiste con controricorso. All'udienza del 28 gennaio 2003 questa Corte - rilevato che il ricorso per Cassazione era stato notificato in unica copia a Ruotolo Italia - ne disponeva con ordinanza ex art. 291 c.p.c., la notifica a tutti gli intimati e il ricorrente ha adempiuto a quanto disposto con la cennata ordinanza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 -. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente - denunciando "vizi di motivazione, nonché violazione degli artt. 99, 101 e 112 c.p.c." - rileva che "non è stata mai formulata una qualsivoglia domanda che abbia investito Custodio Buono, nella sua qualità di socio della s.n.c. 'Falegnameria Buono di Buono Custodio e Buono Basilio'" e addebita al Giudice di appello la violazione delle cerniate norme in quanto "laddove il convenuto venga coinvolto nella assunta veste di datore di lavoro, l'indagine del magistrato, dinanzi alla eccezione ritualmente proposta riguardante la mancanza di tale specifica qualità in capo al convenuto, non può procedere di ufficio alla ricerca di diverse ipotesi di supposta responsabilità, per evidente mutazione del petitum e della causa petendì".
Con il secondo motivo il ricorrente - denunciando "vizi di motivazione, nonché violazione degli artt. 2266, 2267, 2268 e 2304 cod. civ." - censura la sentenza impugnata per non avere il Tribunale di Torre Annunziata preso atto "della inesistenza hi capo al sig. Custodio Buono della posizione di imprenditore individuale, nonché di quella di datore di lavoro del sig. Giovanni Ruotolo, (disapplicando così) il principio secondo cui 'il socio illimitatamente responsabile di una societa' di persone non ha la qualità di imprenditore commerciale, poiché anche in tali società, che sono prive di personalità giuridica, la titolarità dell'impresa spetta non ai singoli soci, ma alla società, quale centro unitario di imputazione degli atti e delle attività compiute dagli amministratorì".
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente - denunciando "vizi di motivazione, nonché violazione degli artt. 2112 cod. civ. e 115 c.p.c." - addebita al Giudice di appello "di aver ritenuto applicabile alla fattispecie la disposizione dell'art. 2112 cod. civ. (quando) non un solo elemento è stato fornito dagli eredi del sig. Ruotolo a pretesa dimostrazione della esistenza di un trasferimento dell'azienda da Buono Renato alla s.n.c. 'Falegnameria Buono'"; per cui mancavano tutti i presupposti perché potesse assumersi un trasferimento di azienda alla società in nome collettivo; ciò evidentemente a prescindere dalla carenza di legittimazione passiva e dalla circostanza che, in ogni caso, tale eventuale accertamento doveva svolgersi tra i soggetti legittimati".
2 -. I cennati motivi di ricorso debbono essere valutati congiuntamente in quanto intrinsecamente connessi. Ma, prima di tale disamina, occorre rilevare che la preliminare eccezione di nullità - proposta dalla controricorrente - per c.d. "inesistenza del ricorso data la notifica di una unica copia del ricorso per Cassazione presso il difensore costituito" resta superata a seguito dell'avvenuta regolare notifica del ricorso a tutti gli intimati (come indicati nell'intestazione della sentenza impugnata) che è stata curata dal ricorrente a seguito dell'ordinanza ex art. 291 cod. proc. civ. assunta da questa Corte all'udienza del 28 gennaio 2003.
Del tutto infondata è, poi, l'ulteriore eccezione - sempre preliminare - di "nullità o inammissibilità del ricorso per l'assenza di valida procura in atti nonché per la generica indeterminata indicazione dell'elezione di domicilio di cui all'intestazione dell'atto", in quanto, ai fini dell'ammissibilità del ricorso per Cassazione, è sufficiente che la procura al difensore sia apposta - come nella specie - a margine dell'originale del ricorso (così come la sottoscrizione del difensore esista soltanto sull'originale) e che di essa vi sia menzione nella copia notificata (arg. ex Cass. n. 11478/2002) e patimenti l'indicazione dell'elezione di domicilio "in Roma alla via Flaminia 16" contenuta nell'intestazione nel ricorso è assolutamente specifica e rituale. È, altresì, infondata l'eccezione preliminare di "nullità del ricorso per la sua assoluta genericità" perché, anche in questo caso, si pone in evidente contrasto con il contenuto del ricorso per Cassazione che, come si è dinanzi evidenziato riportandone sintetim i motivi di impugnativa, consta di specifiche e dettagliate censure. Appare, infine infondata l'eccezione, sempre preliminare, di "inammissibilità e/o improponibilità del ricorso in quanto tendente ad introdurre quale formale motivo quello denominato "carenza di legittimazione passiva" assolutamente non proposto nell'atto di appello" atteso che dalla sentenza impugnata si evince che Buono Custodio si è costituito nel giudizio di primo grado "eccependo il difetto di legittimazione passiva" e nel giudizio di appello "ha riproposto l'eccezione di difetto di legittimazione passiva". Questo anche se il difetto di legitimatio ad causam, investendo la titolarità del potere di promuovere un giudizio o del dovere di subirlo, è rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del processo giacché attiene alla regolarità del contraddittorio (Cass. n. 3005/1994, Cass. n. 1188/1995); in ogni caso (e quale ratio alternativa dello statuito rigetto) l'eccezione di difetto di legittimazione passiva non soggiace alle preclusioni previste dall'art. 437 cod. proc. civ. trattandosi di una mera argomentazione difensiva attinente ad un fatto integrativo dell'azionata pretesa (Cass. n. 11364/1993, Cass. n. 10740/1996).
3 -. Passando ora alla disamina delle censure proposte dal ricorrente, vale evidenziare che dalla sentenza impugnata emerge che:
a) Giovanni Ruotolo è stato dipendente della "ditta individuale BUONO RENATO" (padre di Buono Custodio) fino al luglio 1989; b) la "s.n.c. Falegnameria di Buono Custodio e Buono Basilio" è stata costituita con atto del 22 dicembre 1988; c) Giovanni Ruotolo è stato dipendente di detta soc. s.n.c. dal 10 gennaio 1992 al 5 ottobre 1992.
Appare, pertanto, del tutto contraddittoria rispetto alla situazione fattuale - precisata (ripetesi) all'impugnata sentenza - la statuizione conclusiva del Tribunale di Torre Annunziata secondo cui "il contraddittorio veniva a svolgersi pur sempre con il Buono Custodio in proprio per il primo periodo, ma, per il secondo periodo, non già "nella qualità", bensì esattamente nella "qualità di socio", rilevando la distinzione tra condanna "in proprio" del Buono Custodio per essere stato datore di lavoro sub specie di imprenditore individuale e condanna dello stesso "in proprio" e per la sua qualità di socio della s.n.c. unicamente ai fini della opponibilità del beneficium escussionis in sede esecutiva".
Tale statuizione si pone, di conseguenza, in assoluto contrasto - mediante una motivazione viziata da evidente illogicità e contraddittorietà - con i fatti così come accertati dallo stesso Tribunale in relazione ai quali: a) il Ruotolo, in un primo periodo, è stato dipendente della "ditta individuale BUONO RENATO" e non della "ditta individuale BUONO CUSTODIO" (che, pertanto, non era "imprenditore individuale"); b) non vi è stato, comunque, trasferimento di azienda dalla "ditta individuale Buono Custodio" alla s.n.c. "Falegnameria Buono Custodio e Buono Basilio", poiché alla data della costituzione di detta società (22 dicembre 1988) il Ruotolo prestava lavoro alle dipendenze della "ditta individuale Buono Renato" ed ha continuato a prestarvi servizio fino al luglio 1989 per poi (solo in data 10 gennaio 1992) instaurare un rapporto di lavoro con la cennata società.
L'operazione valutativa siccome erroneamente compiuta dal Giudice di appello nel relativo percorso motivazionale si pone in violazione - in riferimento alle specifiche censure addotte in merito dal ricorrente - con quanto sancito dall'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. anche perché del tutto immotivatamente il Tribunale di Torre Annunziata ha disatteso il principio secondo cui il socio di una società in nome collettivo (che, alla pari del socio accomandatario di una società in accomandita semplice, risponde solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali) può fondatamente eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva (cfr. Cass. n. 10740/1996 che precisa testualmente: "il socio accomandatario di una società in accomandita semplice che, in relazione ad un rapporto di lavoro subordinato di cui sia parte la società, venga convenuto in giudizio quale titolare di un'inesistente ditta individuale, indicata quale parte di tale rapporto obbligatorio, può eccepire anche in appello, nonostante il regime di decadenza e preclusioni vigenti nel rito del lavoro, il proprio difetto di legittimazione passiva, poiché è in discussione, in tal caso, il merito della controversia, e la presenza di tutti gli elementi costitutivi della domanda vanno accertati anche d'ufficio; ne', ai fini del rigetto della deduzione difensiva in questione, può rilevare la responsabilità illimitata del socio accomandatario per i debiti della società, poiché l'accertamento di tale responsabilità presuppone pur sempre la chiamata in giudizio del socio come tale, anche per consentirgli di far valere in sede esecutiva il beneficio della previa escussione del patrimonio sociale").
4 -. In definitiva, alla stregua delle considerazioni svolte, i summenzionati vizi ed i riscontrati difetti di motivazione e di valutazione si risolvono in carenze decisive della sentenza impugnata, sicché - in accoglimento del ricorso proposto da Buono Custodio - la decisione del Tribunale di Torre Annunziata deve essere cassata e la causa rinviata ad altro giudice che provvederà al riesame della controversia tenendo conto di quanto dinanzi statuito e dando, poi, corretta e completa motivazione del decisum. Il Giudice del rinvio - che si designa nella Corte di Appello di Napoli - provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 18 maggio 2004.
Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2004