Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6488 - pubb. 01/08/2010

.

Cassazione civile, sez. II, 08 Settembre 1998, n. 8853. Est. Pontorieri.


Società - Di capitali - Società a responsabilità limitata - Scioglimento - In genere - Liquidazione - Liquidatori - Potere di rappresentanza giudiziale della società in epoca successiva all'approvazione del bilancio finale - Sussistenza - Legittimazione al compimento degli altri atti necessari alla definizione dei rapporti pendenti dopo la cancellazione - Sussistenza - Provvedimenti autorizzatori specifici - Necessità - Esclusione.



Il liquidatore di una società di capitali è legittimato a rappresentare in giudizio l'ente anche dopo l'approvazione del bilancio finale di liquidazione, ed è altresì abilitato al compimento degli atti necessari alla definizione dei rapporti pendenti anche dopo la cancellazione della società, senza necessità di particolari provvedimenti autorizzativi. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Vincenzo BALDASSARRE - Presidente -
Dott. Franco PONTORIERI rel. - Consigliere -
Dott. Antonio VELLA "
Dott. Alfredo MENSITIERI "
Dott. Enrico SPAGNA MUSSO "
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto
da
LEDERMAN s.r.l. già PARMA CENTRO s.r.l., elettivamente domiciliata in ROMA, via Eleonora d'Arborea 30 presso lo studio dell'Angelo SIBILIO e rappresentata e difesa dalle avv. Vittorio BLARZINO, giusta procura in atti
=RICORRENTE=
contro
SALVARANI BOLSI Dolores, SALVARANI Rossella e SALVARANI Alberto, elettivamente domiciliati in ROMA v.le Parioli 180 presso lo studio delle avv. Francesco BRASCHI che li rappresenta e difende unitamente al prof. avv. Giorgio PAGLIARI, giusta procura in atti =CONTRORICORRENTI=
per la cassazione della sentenza della Corte d'Appello di BOLOGNA emessa il 9 giugno 1995, dep. Il 19 settembre 1995, n. 983;
udita, alla pubblica udienza del 7 maggio 1998, la relazione del consigliere dott. Franco PONTORIERI;
udito, per i controricorrenti, l'avv. Francesco BRASCHI che ha concluso per l'inammissibilità e/o il rigetto del ricorso;
sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Dario CAFIERO che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale il Presidente del Tribunale di PARMA le aveva intimato di pagare a SALVARANI Gianni la somma di 60.000.000 oltre agli interessi dal dovuto al saldo, a titolo di restituzione della caparra versata, essendo decorso infruttuosamente il termine utile per la consegna dell'immobile oggetto di una compravendita, la S.r.l. PARMA CENTRO, dedusse che la somma richiesta non era dovuta in quanto il contratto di compravendita dello stabile sito in PARMA, Borgo del NAVIGLIO, che si era impegnata ad alienare, doveva considerarsi risolto per inadempimento dell'opposto e chiese che, revocato il decreto ingiuntivo, emesso peraltro illegittimamente in difetto di accertamento della risoluzione del contratto, tale risoluzione venisse dichiarata, in via riconvenzionale, per inadempimento del SALVARANI con condanna di questi al risarcimento dei danni. Il SALVARANI, costituitosi, insistette nella sua domanda e contestando tutti gli assunti dell'opponente, chiese il rigetto dell'opposizione e, in via riconvenzionale, la dichiarazione di risoluzione del contratto per inadempimento dell'opponente a norma degli artt. 1453 e 1455 cod. civ., con condanna al risarcimento dei danni subiti.
Ammessa ed espletata una prova testimoniale e costituitisi volontariamente in giudizio gi eredi di SALVARANI Gianni, nelle more deceduto, SALVARANI BOLSI Dolores, SALVARANI Rossella e SALVARANI Roberto, con sentenza del 20 febbraio 1992 il Tribunale di PARMA, ritenuto provato il inadempimento della s.r.l. PARMA CENTRO rigettò l'opposizione; dichiarò inammissibile la domanda di risarcimento danni proposta dai SALVARANI e compensò per metà le spese processuali.
Avverso tale sentenza propose appello la s.r.l. PARMA CENTRO deducendo l'erroneità della decisione di primo grado per non avere accolto la sua eccezione di nullità del decreto opposto, reso senza preventiva dichiarazione di risoluzione del contratto, e disatteso la sua domanda di risoluzione per inadempimento della controparte. Instauratosi il contraddittorio anche in tale grado del giudizio, i SALVARANI, costituendosi, conclusero per il rigetto dell'appello e, proponendo impugnazione incidentale, chiesero l'accoglimento della domanda riconvenzionale proposta in primo grado.
La Corte d'appello di BOLOGNA, con sentenza del 19 settembre 1995, rigettò entrambi gli appelli compensando per metà le spese del giudizio.
Avverso tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso per Cassazione la LEDERMAN s.r.l. (nuova denominazione della PARMA CENTRO) con tre motivi integrati da memoria e documenti debitamente notificati alla controparte.
I SALVARANI hanno presentato controricorso e depositato memoria. MOTIVI DECISIONE
Va anzitutto esaminata l'eccezione sollevata dai controricorrenti secondo cui, essendo stato già approvato il bilancio finale di liquidazione, non vi sarebbe più un soggetto legittimato ad agire;
il che renderebbe improcedibile il ricorso.
L'eccezione è da disattendere.
Invero, il liquidatore è legittimato a rappresentare in giudizio la società anche dopo l'approvazione del bilancio finale di liquidazione (Cfr.: Cass. 11 feb. 1988 n.1473) ed è comunque abilitato al compimento degli atti necessari alla definizione dei rapporti pendenti anche dopo la cancellazione della società senza la necessità di particolari provvedimenti che a ciò lo autorizzino o lo legittimino (Cfr.: Cass. 2 aprile 1975 n. 1185).
Passando, quindi, all'esame dei motivi del ricorso, va osservato che con il primo mezzo di impugnazione si denunzia violazione degli artt. 112 e 633 c.p.c. nonché dell'art. 1454 cod. civ., in relazione al n. 3 dell'art. 360 c.p.c., e si deduce che il decreto ingiuntivo emesso dal presidente del tribunale di PARMA del 16.01.1987 doveva essere dichiarato nullo perché il credito non era esigibile in quanto non poteva esser presupposto che fosse implicita nella domanda l'istanza di risoluzione, essendo stata questa riservata ad altra sede e poi formulata in via di subordine nel giudizio di opposizione. Si aggiunge, inoltre, che il SALVARANI, per dimostrare la ritenzione "sine titulo" della caparra, ha fatto riferimento al decorso del termine fissato nella diffida ad adempiere del 2 dicembre 1986, in applicazione di quanto prevede l'art. 1454 cod. civ., ma sarebbe stato necessario aver chiesto prima, ed ottenuto poi, l'accertamento della non scarsa importanza dell'inadempimento.
Il rilievo non è da accogliere.
Dalla lettura del ricorso e della svolgimento del processo riportato nella sentenza impugnata non si coglie che il SALVARANI, nel richiedere il decreto ingiuntivo, abbia riservato ad altra sede la richiesta di risoluzione, sicché esattamente la Corte distrettuale ha ritenuto che la richiesta di restituzione della caparra di cui alla istanza di decreto ingiuntivo, conteneva, sia pure per implicito, ma non per questo meno chiaramente, il accertamento dell'avvenuta risoluzione di diritto del contratto. L'avere poi, il SALVARANI, espressamente richiesto in sede di opposizione la dichiarazione di risoluzione non ha comportato un'integrazione della domanda ma soltanto la sua esplicitazione.
Nè conta che ai fini della risoluzione di diritto a seguito della diffida ad adempiere era necessario accertare che l'inadempimento non fosse stato di scarsa importanza in quanto è l'opposizione che investe il giudice del potere-dovere di statuire sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione e sulle eccezioni contro di essa proposte anche se il decreto sia stato emesso fuori dai casi stabiliti dalla legge secondo le normali regole di ripartizione dell'onere della prova, sicché può dichiararsi la nullità del decreto solo ove, per ragioni pregiudiziali, manchi la possibilità di emettere una pronuncia di merito (Cfr.: Cass., 26 ottobre 1992 n.11613).
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione dell'art 246 c.p.c. in relazione al n. 5 dell'art. 360 c.p.c. e si deduce che sia stato ritenuto che il teste SCACCIA Rosolino non avesse un interesse attuale incompatibile con la capacità a testimoniare senza darne alcuna motivazione.
Ora, pur senza omettere di rilevare che non basta, come sostiene i corrente, che il geom. CATTABIANI abbia svolto trattative con lo SCACCIA perché debba ritenersi che questi sia rimasto interessato nella controversia tra i SALVARANI e la società fino al punto da poter legittimare la sua partecipazione al giudizio, è da osservare che anche ove fosse stato assunto come testimone un soggetto avente un interesse attuale e concreto (il che la Corte distrettuale ha negato) che valesse a renderlo incapace a testimoniare, la decisione data dal giudice del merito non sarebbe egualmentè invalida ove, come nella fattispecie, espressamente risulti che, nella valutazione delle prove secondo il suo prudente apprezzamento, il giudice abbia fondato il suo convincimento sulle deposizioni di altri testimoni nel caso: REVERBBERI e SALVARANI) e sulle ammissioni provenienti dalla parte (VALENTI, legale rappresentante della PARMA CENTRO), come è dato leggere in sentenza.
Con il terzo motivo, denunziando violazione degli artt. 1455, 1385, 2727, 2729 cod. civ. in relazione al n.3 dell'art. 360 c.p.c., la ricorrente deduce che la Corte avrebbe errato nel ritenere l'inadempimento di non scarsa importanza.
Il motivo è da disattendere.
Va anzitutto precisato che la valutazione del giudice di merito relativa alla gravità dell'inadempimento, implicando la risoluzione di questioni di fatto, non è sindacabile in sede di legittimità ove sia immune da vizi logici e giuridici. Orbene, l'analisi compiuta dalla Corte d'Appello è non soltanto corretta sotto il profilo logico ma anche sorretta da argomentazioni giuridiche ineccepibili. Ha affermato, infatti, che l'inadempimento da parte del promittente venditore dell'obbligazione espressamente assunta di consegnare l'immobile libero e sgombro da persone e da cose entro il 15 giugno 1986, mentre ancora nel dicembre successivo era sia pure parzialmente occupato, debba ritenersi di non scarsa importanza avuto riguardo all'interesse del SALVARANI di ristrutturare immediatamente l'immobile per cui aveva già proposto domanda di concessione. In tal modo la Corte ha espressamente indicato l'impegno, non certamente di poco conto, cui il promittente venditore è venuto per lungo tempo meno, ed ha altresì espresso le ragioni per le quali doveva considerarsi di non scarsa importanza il inadempimento avuto riguardo all'interesse della controparte. Ha così compiutamente osservato l'obbligo di una corretta motivazione e giustificato la sua decisione di risoluzione del rapporto.
Alla stregua delle suesposte considerazioni il ricorso va interamente rigettato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida in favore dei controricorrenti in lire 180.100, oltre lire 3.000.000 per onorario. Così deciso in Roma, il 7-5-1998
Depositato in Cancelleria il 8 settembre 1998