Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6583 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 22 Novembre 1991, n. 12573. Est. Pannella.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Concordato preventivo - Provvedimenti immediati - Dichiarazione di fallimento - Azioni revocatorie - Proposizione - Termini - Decorrenza - Riferimento temporale.

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Apertura (dichiarazione) di fallimento - In genere - Effetti della dichiarazione di fallimento - Decorrenza - Riferimento temporale.



Qualora il fallimento venga dichiarato nel corso della procedura di concordato preventivo non andata a buon fine, i termini per la proposizione delle azioni revocatorie decorrono dalla data del provvedimento di ammissione alla procedura concorsuale, così retrodatandosi l'accertamento giudiziale dello stato di insolvenza, senza che possa riconoscersi rilievo al diverso momento della proposizione della domanda di ammissione alla procedura concorsuale minore, neanche nel caso in cui questa sia stata "ab origine" respinta. (massima ufficiale)

Gli effetti della dichiarazione di fallimento si producono non già dalla data di deliberazione della sentenza, costituente solo una fase del procedimento di formazione di questa, bensì da quella della pubblicazione, che attribuisce alla sentenza stessa giuridica esistenza nel mondo esterno. (massima ufficiale)


Massimario, art. 12 l. fall.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Alessandro FALCONE Presidente
" Domenico MALTESE Consigliere
" Pietro PANNELLA Rel. "
" Vincenzo BALDASSARRE "
" M. Rosario VIGNALE "
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
Sul ricorso proposto
da
BARBI FERRUCCIO nella qualità di curatore del fallimento di Massari Attilio, elett. dom. in Roma, V. Tigrò; 37 c-o l'Avv. Francesco Caffarelli che lo rappresenta e difende con l'Avv. Luciano Chiarini, giusta delega del margine del ricorso.
Ricorrente
contro
S.P.A. BANCA CREDITO AGRARIO BRESCIANO in pers. del Pres. p.t., elett; dom. in Roma V. Cosseria, 5 c-o l'Avv. Enrico Romanelli che la rappresentano e difende con l'Avv. Pompeo Anelli, giusta delega a margine c-ricorso.
c-ricorso
Avverso la sentenza della C.A. di Brescia del 27.10.1986. Sono presenti per il ric. l'avv. F. Caffarelli;
Per il res. l'avv. E. Romanelli:
Sentito il P.M. in persona del Dr. Fabrizio Amirante che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 4 giugno 1985 il Credito Agrario Bresciano proponeva opposizione allo stato passivo del fallimento di Massari Attilio, dichiarato dal Tribunale di Brescia con sentenza deliberata il 25.1.85 e pubblicata il 21 febbraio successivo, dolendosi che il proprio credito di Lire 5.847.624, in forza di decreto ingiuntivo e di ipoteca iscritta il e febbraio 1984, fosse stato ammesso in via chirografaria per sole Lire 5.439.624, con la motivazione "escluse spese iscrizione per la revocabilità dell'ipoteca infrannuale", anziché per l'intera somma come credito munito di ipoteca, costituita oltre l'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento. Instauratosi il contraddittorio il Tribunale di Brescia, con sentenza 22 marzo 1986, rigettava l'opposizione, sulla considerazione che, essendo la sentenza venuta ad esistenza al momento della decisione: 25.1.85, l'ipotetica era stata iscritta entro l'anno (3.2.84) anteriore alla dichiarazione di fallimento e, quindi era soggetta a revoca (art. 67 n. 4 l. fall.).
Proposto gravame dalla s.p.a. Credito Agrario Bresciano, La Corte d'Appello di Brescia, con sentenza del 27 ottobre 1986, in riforma della decisione impugnata, riconosceva al credito di L. 5.247.624 della S.P.A. Banca di Credito Agrario Bresciano il diritto di prelazione ipotecario.
La Corte riteneva innanzitutto, che gli effetti della dichiarazione di fallimento si producono non già dalla data di deliberazione; costituente solo una fase del procedimento formativo della sentenza, bensì da quella di pubblicazione che attribuisce alla sentenza giuridica nel mondo esterno. Sicché, aggiungeva la Corte, essendo stata l'ipoteca giudiziale "de qua" iscritta oltre l'anno da tale data, essa si sottraeva alla revoca prevista per le garanzie infraannuali dal primo comma n. 4 dell'art. 67 L.F. La Corte negava, poi, che, ai fini della revoca predetta, dovesse tenersi conto della domanda di ammissione al concordato preventivo presentato in cancelleria il 13 novembre 1984 e non accolta (anticipazione degli effetti del provvedimento di ammissione sanciti dall'art. 168 L.F.): sia perché la ipoteca era stata iscritta prima che tale domanda venisse, proposta, sia perché alla domanda stessa non era seguito il decreto di ammissione alla procedura di concordato, ne' si era avuta conversione del concordato in fallimento.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il fallimento di Massari Attilio, deducendo due motivi di censura. Resiste, con controricorso illustrato da memoria, la s.p.a. Banca Credito Agrario Bresciano.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col 1 motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 133 c.p.c.; 12 e 67 R.D. 16.3.42 n. 267 nonché insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo riguardante la decorrenza degli effetti della dichiarazione di fallimento: decorrenza che - secondo la tesi di eso ricorrente - va collegata alla data della deliberazione e non della pubblicazione di essa.
A sostegno di tale assunto si indicano le diverse espressioni usate nella legge fallimentare (art. 42: data della sentenza; art. 67: dichiarazione di fallimento) con l'aggiunta considerazione che la diversità terminologiche, significando e postulando situazioni giuridiche distinte, inducono a conseguire effetti giuridici diversi. Così: - conclude il ricorrente - quando l'art. 67 L. fall. testualmente recita: dalla dichiarazione di fallimento, anziché dalla data della sentenza, chiaramente mostra di volere privilegiare una data di decorrenza degli effetti, cui li ricollega, di natura particolare qual è quella della deliberazione della sentenza: ciò allo scopo di dar prevalenza all'esigenza di tutelare la "par condicio creditorum" rispetto all'opposto interesse personale di terzi.
La censura, esposta con sottile argomento, anche se richiama a sostegno del proprio assunto decisioni di questa Suprema Corte, non va condivisa.
Va premesso che la distinzione fra le varie espressioni, usate nei diversi articoli della legge fallimentare (come innanzi esposti), non può introdurre una diversità di date di decorrenza di effetti collegabili alla pronuncia del fallimento. Sicché, rinvenire una tale volontà, riguardo ad espressioni sostanzialmente equipollenti, con l'introduzione di una "ratio legis" individuata acriticamente dell'interprete, significherebbe creare scompiglio in una materia tanto delicata, relativa al momento dell'esistenza giuridica della sentenza, i cui criteri di chiarificazione van fatti valere per ogni tipo o categoria di sentenze.
La giurisprudenza di questa Corte in epoca mano recente con la sent. SS.UU. 1246-59 - sent. 2785-69 - sent. 5392-79, cui si è ricollegata la sentenza più recente delle SS.UU. 2432-83, non ha esitato ad affermare che la sentenza viene a giuridica esistenza nel momento della decisione. Altre sentenza, invece, hanno ritenuto che solo con la pubblicazione - deposito la sentenza assurge a giuridica esistenza (sent. 1689-74 sent. 1043-75 - sent. 4434-81 - sent. 4571-80).
Ebbene, a prescindere dalla particolarità dei casi concreti influenti - nelle sentenze suindicate - sulla soluzione del dilemma,. occorre riflettere sulla duplice valenza giuridica di una pronuncia giurisdizionale: come atto fra gli "interna corporis" del giudice (non ancora reso pubblico) e come atto fra gli "externa corporis":
pubblicato mediante il deposito in cancelleria ex art. 133 c.p.c. Quando trattasi di sentenza collegiale, la minuziosa procedura prevista dalla legge processuale disciplina il comportamento dei giudici, destinatari delle relative norme giuridiche, le quali - in quanto volte a regolare un procedimento interno simile a quello di natura amministrativa - non attribuisce a terzi possibilità di interferenze diverse e di là da quella unica "potestà": di far valere il diritto soggettivo pubblico alla adozione e pubblicazione della decisione.
Da tale procedura si evince che, adottata la decisione collegiale, l'estensore è tenuto a consegnare la minuta al Presidente, che - con la opera del cancelliere - ne sorveglia la dattilografia, la collazione e quindi, dopo le sottoscrizioni, la pubblicazione mediante il deposito.
È evidente, allora, che sin dalla decisione della causa in camera di consiglio tale decisione acquista esistenza limitatamente agli effetti riguardanti gli "interna corporis" desumibili dagli artt. 132 c.p.c. e 118 e 119 disp. c.p.c., sicché non è escluso che la medesima decisione possa essere dal medesimo Collegio riveduta, corretta ed anche totalmente modificata sino a quando non avrà avuto il crisma dell'irretrattabilità ed immodificabilità mediante l'atto di pubblicazione, previsto dall'art. 133 c.p.c.
È ancor più evidente allora che solo la "pubblicazione" - atto amministrativo di particolare rilevanza - attribuisce forza, autonomia ed imperatività nel mondo esterno alla sentenza, idonea - solo a decorrere da tale data - a produrre gli effetti giuridici propri del comando giurisdizionale.
Consegue che non vi è dubbio che la sentenza dichiarativa di fallimento - al pari di ogni altra sentenza - solamente con la pubblicazione - deposito acquista la "efficacia" di imperativo giuridico, idoneo a produrre gli effetti voluti dalla legge. Sicché ogni altro ragionamento, volto ad attribuire rilevanza alla data della decisione della sentenza, per farne discendere la produzione di taluni effetti pur sempre collegati naturalmente alla suindicata "efficacia", è di certo illusorio.
Col 2 motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 168 e 67 R.D. 16.3.43 n. 267 nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., si duole che la Corte del merito abbia ritenuto che la ipoteca, iscritta dalla Banca Credito Agrario Bresciano s.p.s. sui beni del fallito Massari in data 3.2.84 e cioè oltre l'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento avvenuta il 21.2.85, si sottrae alla revoca prevista dall'art. 67, 1 co. n. 4 l. fall., senza tener conto che, nella specie, essendo stata, dal Massari, presentata al Tribunale di Brescia domanda si ammissione al concordato preventivo in data 13.11.84, bisogna calcolare il termine annuale, previsto dall'indicato n. 4 del 1 comma dell'art. 67 l. fall., iniziando a ritroso da quest'ultima data (anziché da quella della dichiarazione di fallimento), in applicazione del principio dell'anticipazione degli effetti prevista dall'art. 168 l. fall.
Aggiunge - inoltre - il ricorrente che se è vero che
l'imprenditore, con la domanda di ammissione al concordato preventivo riconosce e confessa il proprio stato d'insolvenza, coerentemente taluni effetti della successiva dichiarazione di fallimento di lui, collegati allo stato d'insolvenza, vanno fatti retroagire alla data di presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, come appunto nell'ipotesi delle revocatorie fallimentari. La censura è priva di fondamento.
È indirizzo giurisprudenziale di questa Corte Suprema che, qualora il fallimento venga dichiarato nel corso della procedura di concordato preventivo (o di amministrazione controllata) non andata a buon fine, i termini per la proposizione delle azioni revocatorie decorrono dalla data del "provvedimento" di ammissione alla procedura concorsuale minore, attesa la necessaria consecutività delle procedure concorsuali e, pertanto, la retrodatazione dell'accertamento dello stato d'insolvenza sin dalla data di tal provvedimento giurisdizionale (sent. 1624-66 - sent. 1839-72 - sent. 4216-76 - sent. 3614-79 - sent. 3757-85).
È evidente allora che la retrodatazione suindicata, ai fini delle "revocatorie", non può prescindere dal decreto del Tribunale, che implicitamente accerti uno stato di decozione economica (reversibile o irreversibile che si presenti al momento), essendo esso dalla legge considerato l'unico strumento determinativo di certezza di situazioni giuridiche.
Consegue che, nella presente fattispecie, la domanda di ammissione alla procedura di concordato del Massari (data 13.11.84), non essendo stata accolta sin dalla sua originaria presentazione, non poteva sortire ne' gli effetti di cui all'art. 168 l. fall., ne' quello di accertamento dello stato d'insolvenza di lui in sostituzione del provvedimento giurisdizionale del giudice.
Quanto esposto, di pieno suffragio alle argomentazioni sul punto svolte dalla Corte Bresciana, induce a respingere anche il secondo motivo del ricorso.
In definitiva, il ricorso va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e dell'onorario, in favore della resistente Banca, nella misura di cui al dispositivo. P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nella misura di L. 52.800 oltre a L. 1.000.000 per onorario.
Roma, 19.6.90