Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6638 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 02 Dicembre 2003, n. 18380. Est. Di Amato.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Liquidazione coatta amministrativa - Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi - In genere - Amministrazione controllata - Amministrazione straordinaria - Consecuzione - Conto corrente bancario - Scoperto preesistente alla prima procedura - Pagamento nel corso della prima o della seconda procedura - Revocabilità ex art. 67 legge fall. - Esclusione - Inefficacia nei confronti della massa ex art. 44, legge fall. - Sussistenza - Fattispecie anteriore al D.lgs. n. 270 del 1999.

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Effetti - Sugli atti pregiudizievoli ai creditori - Azione revocatoria fallimentare - In genere - Amministrazione straordinaria susseguente ad amministrazione controllata - Conto corrente bancario - Scoperto preesistente alla prima procedura - Pagamento nel corso della prima o della seconda procedura - Revocabilità ex art. 67 legge fall. - Esclusione - Inefficacia nei confronti della massa ex art. 44, legge fall. - Sussistenza - Fattispecie anteriore al D.lgs. n. 270 del 1999.



Nel caso di assoggettamento dell'imprenditore alla procedura di amministrazione controllata, alla quale sia seguita l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, il pagamento dei debiti preesistenti alla data del decreto di ammissione alla prima procedura per scoperto di conto corrente bancario - contratto che non è sciolto dall'apertura di detta procedura concorsuale, non essendo a questa applicabile l'art. 72, legge fall. - non può costituire oggetto di azione revocatoria fallimentare (art. 67, legge fall.), in quanto detto pagamento deve ritenersi inefficace nei confronti della massa dei creditori, in virtù dei principi ricavabili dall'art. 188, legge fall., nel caso in cui sia effettuato nel corso della prima procedura, e, in forza dell'art. 44, legge fall., applicabile ex art. 1, D.L. n. 26 del 1979, e degli artt. 200 e 201, legge fall., qualora avvenga nel corso della seconda procedura.(Nell'enunciare siffatto principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, a fronte della domanda diretta ad ottenere la dichiarazione di inefficacia delle rimesse aventi carattere solutorio effettuate nel corso della seconda procedura, aveva limitato il proprio esame alle rimesse anteriori all'apertura della procedura, ritenendole peraltro revocabili ex art. 67, legge fall., anziché inefficaci). (massima ufficiale)


Massimario, art. 200 l. fall.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MUSIS Rosario - Presidente -
Dott. PLENTEDA Donato - Consigliere -
Dott. GRAZIADEI Giulio - Consigliere -
Dott. CELENTANO Walter - Consigliere -
Dott. DI AMATO Sergio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
IMTAP INDUSTRIA MANIFATTURIERE TESSILI A. PAOLETTI SPA IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona del Commissario straordinario "pro tempore" elettivamente domiciliato in ROMA VIA F. CONFALONIERI 5, presso l'avvocato LUIGI MANZI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato EUGENIO ROTINI, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
BANCA POPOLARE BARI S.C.A.R.L., in persona del legale rappresentante "pro tempore" elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 180, presso l'avvocato PIERO BIASIOTTI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIUSEPPE GIANNELLI, GIANVITO GIANNELLI, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sent. n. 1874/00 della Corte d'Appello di FIRENZE, depositata il 15 novembre 2000 e n. 586 depositata il 5 giugno 1993 della stessa Corte;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5 giugno 2003 dal Consigliere Dott. Sergio DI AMATO;
udito per il ricorrente l'Avvocato Coglitore per delega dall'Avvocato Manzi, depositata in udienza che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito per il resistente l'Avvocato Biasiotti che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ennio Attilio SEPE che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Banca Popolare di Bari s.c. a r.l. proponeva opposizione allo stato passivo della I.M.T.A.P. s.p.a. in amministrazione straordinaria, deducendo di vantare, in relazione al saldo passivo del conto corrente intrattenuto dalla società, un credito di importo maggiore rispetto a quello ammesso dal commissario straordinario. La procedura si costituiva contestando la fondatezza dell'opposizione e chiedendo in via riconvenzionale la declaratoria di inefficacia delle rimesse sul conto corrente registrate a proprio credito e corrispondenti a somme incassate dalla Banca dopo la procedura di amministrazione controllata che aveva preceduto quella di amministrazione straordinaria e portate in parziale compensazione dello scoperto. Il Tribunale di Grosseto, con sentenza del 30 novembre 1990, rigettava sia l'opposizione che la domanda riconvenzionale osservando, per quanto qui ancora interessa, che la I.M.T.A.P. s.p.a. aveva ottenuto una apertura di credito in conto corrente assistita dalla cessione, tramite girata piena e salvo buon fine, di cambiali il cui incasso veniva accreditato su un distinto conto, denominato "conto cessioni indisponibili", e poi girato sul conto ordinario, salvo l'addebito degli insoluti e degli interessi;
pertanto, poiché l'apertura di credito era collegata alla cessione dei crediti cambiari, si doveva escludere nella fattispecie un mandato all'incasso, con la conseguenza che la cedente doveva ritenersi estranea ai rapporti di credito, cui si riferivano i pagamenti delle cambiali scadute dopo l'ammissione della società alla prima procedura, e che, quindi, l'azione revocatoria avrebbe dovuto investire le cessioni dei crediti e non gli accreditamenti e le compensazioni effettuate dalla banca.
Avverso detta sentenza la I.M.T.A.P. s.p.a. proponeva appello, deducendo che con la girata delle cambiali era stata trasferita soltanto la legittimazione all'incasso e che, dopo l'ammissione della società alla procedura di amministrazione controllata, la banca non avrebbe potuto destinare le somme incassate alla estinzione di crediti, anteriori alla procedura, vantati nei confronti della mandante. La Corte di appello di Firenze, con sentenza non definitiva del 5 giugno 1993, affermava, per quanto qui interessa, la revocabilità delle rimesse affluite sul conto corrente ordinario della Banca Popolare di Bari s.c. a r.l., poiché la girata dei titoli, benché piena, era diretta soltanto a rendere possibile l'incasso da parte della banca, come risultava dai documenti contrattuali, nei quali si parlava espressamente di mandato all'incasso, nonché dal collegamento tra i due conti, atteso che l'accredito degli importi delle cambiali sul conto indisponibile aveva solo la ragione di consentire alla banca di recuperare le somme anticipate con l'affidamento del conto ordinario. Il mandato in questione, inoltre, attraverso il conferimento della facoltà di utilizzare le somme incassate per estinguere un debito, aveva non solo una funzione di garanzia, ma anche e soprattutto una funzione solutoria in quanto si risolveva nella predisposizione di un sicuro mezzo di pagamento per il mandatario in relazione ai finanziamenti da erogare al mandante. Nella specie, pertanto, ricorreva una ipotesi di pagamento con mezzi anormali, suscettibile di revoca. La Corte di appello rimetteva, quindi la causa sul ruolo per l'individuazione delle rimesse che avevano avuto un effetto solutorio e non di mero ripristino della provvista. Avverso detta sentenza entrambe le parti formulavano riserva di ricorso in cassazione.
Con sentenza del 15 novembre 1999, la Corte di appello di Firenze, premesso di essere vincolata alle statuizioni della sentenza non definitiva, individuava, sulla base di una consulenza tecnica ed alla stregua del criterio dei saldi giornalieri disponibili, in L. 23.143.101 l'importo delle rimesse revocabili, avvenute tra l'ammissione alla procedura di amministrazione controllata e l'ammissione alla successiva procedura di amministrazione straordinaria, condannando la Banca Popolare di Bari s.c. a r.l. al pagamento della detta somma, oltre interessi legali dalla domanda. Avverso questa sentenza la I.M.T.A.P. s.p.a., in amministrazione straordinaria, propone ricorso per cassazione, deducendo due motivi illustrati anche con memoria. La Banca Popolare di Bari s.c. a r.l. resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. nonché degli artt. 42, 44 e 56 L. fall. (R.D. n. 267 del 1942), lamentando che la Corte di appello, dopo avere accertato che le parti avevano stipulato un mandato per l'incasso e non una cessione di credito, aveva affermato la revocabilità delle rimesse successive all'inizio della procedura di amministrazione controllata, che aveva preceduto l'amministrazione straordinaria, violando così il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato, da leggersi assieme al principio "iura novit curia". Infatti, la I.M.T.A.P. s.p.a., in amministrazione straordinaria, aveva chiesto la declaratoria di inefficacia e la restituzione in relazione alle somme che la banca aveva incassato per crediti scaduti dopo l'assoggettamento della debitrice a procedura concorsuale ed in relazione alle quali era esclusa la possibilità di compensazione ai sensi dell'art. 56 L. fall.; pertanto, la Corte di appello aveva erroneamente qualificato come azione revocatoria l'azione diretta alla declaratoria di inefficacia degli accrediti, con condanna della convenuta alla restituzione delle somme ed aveva erroneamente limitato il proprio esame al periodo anteriore alla data di assoggettamento della I.M.T.A.P. s.p.a. alla procedura di amministrazione straordinaria.
Il motivo è fondato. Risulta dalla stessa sentenza impugnata che la procedura aveva chiesto la declaratoria di inefficacia delle rimesse successive alla ammissione alla procedura di amministrazione controllata. Pertanto, poiché il principio di consecuzione delle procedure comporta l'individuazione del c.d. periodo sospetto, ai fini dell'esercizio della revocatoria fallimentare, a far tempo a ritroso dalla prima delle procedure, è erronea l'applicazione della disciplina dettata dall'art. 67 L. fall. agli atti posti in essere in un momento successivo. Una volta accertato, come nella specie non è più in discussione, che l'"accipiens" ha incassato i titoli perché legittimato da un mandato all'incasso e non da una cessione di crediti, si devono tenere distinti il periodo relativo alla amministrazione controllata e quello relativo alla amministrazione straordinaria. Quanto al primo periodo, la disciplina applicabile è quella dettata desumibile dai principi che regolano, ex art. 188 L. fall., la procedura di amministrazione controllata ed in virtù dei quali con l'ammissione del debitore alla detta procedura si verifica la cristallizzazione della massa passiva a tutela della "par condicio creditorum". Pertanto, i pagamenti di debiti preesistenti, eseguiti dal debitore dopo l'ammissione alla procedura, sono inefficaci nei confronti della massa dei creditori ammessi al passivo del consecutivo fallimento. in proposito, infatti, non rileva che l'art. 167, secondo comma, richiamato dall'art. 188, secondo comma, della legge stessa, non menzioni i pagamenti dei debiti precedentemente contratti dal debitore tra gli atti che, se compiuti senza l'autorizzazione del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori alla procedura; il divieto di eseguire i pagamenti anzidetti deriva dal sistema relativo alla procedura concorsuale della amministrazione controllata e non può quindi essere derogato neppure con l'autorizzazione del giudice delegato: di talché i pagamenti medesimi non possono essere compresi fra gli atti consentiti, neppure se autorizzati dal giudice delegato (Cass. 9 novembre 1982, n. 5883; Cass. 2 agosto 1977, n. 3421). Pertanto, considerato anche che il contratto di conto corrente resta in vita, poiché l'ammissione alla procedura di amministrazione controllata non produce gli effetti sui rapporti pendenti previsti dagli artt. 72 ss. L. fall., l'inefficacia degli atti solutori posti in essere nel periodo considerato deve essere affermata per i pagamenti di scoperti di conto corrente preesistenti alla procedura e non maturati nel corso di essa.
Quanto al periodo successivo alla ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, l'inefficacia dei pagamenti discende dagli artt. 44 e 56 L. fall., applicabili alla amministrazione straordinaria in virtù del richiamo dell'art. 1 del D.L. 30 gennaio 1979, n. 26, alla disciplina della liquidazione coatta amministrativa ed in virtù dell'ulteriore richiamo, ivi dettato dagli artt. 200 e 201 L. fall. Pertanto, erroneamente ed evidentemente vincolata e condizionata dalle statuizioni della sentenza non definitiva che aveva affermato la sussistenza dei presupposti dell'azione revocatoria fallimentare, a fronte di una domanda di declaratoria di inefficacia delle rimesse relative anche al periodo della amministrazione straordinaria, la Corte di Appello ha limitato il proprio esame alle rimesse anteriori all'apertura della detta procedura.
Con il secondo motivo la ricorrente chiede, sulla base delle risultanze delle consulenze tecniche espletate nella fase di merito e in applicazione del disposto dell'art. 384, primo comma, c.p.c., la condanna della Banca Popolare di Bari al pagamento della somma di L. 81.216.662, corrispondente all'ammontare delle rimesse illegittimamente compensate. La richiesta di pronunzia nel merito, impropriamente presentata come motivo di ricorso, non contenendo censure alla sentenza impugnata, non può essere accolta non essendo consentito a questa Corte l'accertamento, sia pure attraverso la già espletata consulenza tecnica, delle rimesse a carattere solutorio avvenute nel periodo in contestazione.
Per quanto sopra le sentenze impugnate devono essere cassate con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze, che farà applicazione dei principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; cassa le sentenze impugnate e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione ad altra Sezione della Corte di Appello di Firenze.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 giugno 2003. Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2003