Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6656 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 06 Agosto 1998, n. 7693. Est. Graziadei.


Società - Di capitali - Società per azioni - In genere (nozione, caratteri, distinzioni) - Compravendita di azioni - Stato di dissesto della società e conseguente elisione del capitale sociale - Conseguenze - Invalidità della compravendita - Esclusione - Fondamento.



La compravendita di azioni di una SpA non è priva di oggetto, ne' ha un oggetto impossibile, per il solo fatto che la società risulti in condizione di dissesto finanziario tale da elidere, di fatto, l'intero capitale sociale, poiché la perdurante esistenza in vita dell'ente conferisce, di per sè, natura di beni commerciabili ai relativi titoli di partecipazione, mentre il rischio o la probabilità di un insuccesso economico possono spiegare influenza sotto profili diversi da quelli della validità dell'atto (aleatorietà dell'operazione, sproporzione del prezzo, eventuale annullabilità per errore o rescindibilità per lesione), senza che la dichiarata consapevolezza delle parti contraenti in ordine a quella condizione di crisi ponga, inoltre, detta alienazione in una posizione di incompatibilità con le norme imperative dettate dal codice a presidio dell'integrità del capitale, in quanto le relative disposizioni si traducono in un coacervo di doveri per gli organi sociali e, quindi, non risultano violate o eluse da un negozio il cui unico effetto è quello di operare una sostituzione di un soggetto ad un altro nella qualità di socio. (massima ufficiale)


Massimario, art. 217 l. fall.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

composta dai magistrati
Michele Cantillo presidente
Ugo Vitrone consigliere
Mario Rosario Morelli "
Giulio Graziadei rel. "
Laura Milani "
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Hermes Garlasco, elettivamente domiciliato in Roma, viale Angelico, 97, presso l'avv. Aurelio Leone, che lo difende per procura a margine del ricorso;
ricorrente
contro
S.p.a. Uap Italiana di Assicurazioni e Riassicurazioni, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, via del Corso n. 525, presso l'avv. Giovanni Cascino, che, con l'avv. Gianmaria Scofone, la difende per procura a margine del controricorso;
resistente
ed inoltre contro
Claudio Capitanio, Nicola Grassi e Giuseppe Scalise;
intimati
per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Genova n. 1260 del 13 ottobre/22 novembre 1994;
sentiti
il cons. Graziadei, che ha svolto la relazione della causa;
l'avv. Cascino, per la resistente;
il Pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Stefano Schirò, il quale ha concluso per il rigetto dei primi quattro motivi del ricorso e l'inammissibilità degli altri motivi, o, in subordine, per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del 17 aprile 1991, su istanza di Nicola Grassi, il Presidente del Tribunale di Genova ha ingiunto ad Hermes Garlasco ed alla S.p.a. Uap Italiana il pagamento di lire 80.000.000, quale corrispettivo dovuto, nelle rispettive vesti di acquirente e di garante in forza di polizza fideiussoria, per il trasferimento di azioni della Società Ornavi; trasferimento stipulato con contratto del 12 ottobre 1989, cui avevano anche partecipato, per la cessione di altri "pacchetti" azionari della medesima Società, Angela Cantinella ed Anna Maria Tirrò, in qualità di venditrici, nonché, in qualità di compratori, Alessandra Gualco, Mauro Beni, Renato Martinucci, Giuseppe Scalise, la S.r.l. Invest e la S.r.l. Agenzia marittima Cambiase e Risso.
Il Tribunale di Genova, con sentenza del giugno 1992, ha respinto le opposizioni degli intimati; ha respinto le domande di manleva che il Garlasco aveva proposto contro la Uap, ed inoltre contro lo Scalise e Claudio Capitanio; in accoglimento poi di domanda della Uap, ha affermato l'obbligo solidale del Garlasco, dello Scalise, del Capitanio, della Gualco, del Beni e del Martinucci di tenerla indenne, in conformità d'impegno assunto con appendice a detta polizza, di quanto avrebbe dovuto sborsare per effetto della polizza medesima.
La Corte d'appello di Genova, disattendendo i gravami del Garlasco e della Uap, ha confermato le statuizioni del Tribunale, fra l'altro osservando:
- che non determinava invalidità della cessione delle azioni, sotto il profilo della mancanza o dell'impossibilità dell'oggetto, l'eventuale inesistenza del patrimonio sociale all'epoca del contratto, perché questo, stipulato con l'espressa accettazione del rischio di carenza di attivo, aveva trasferito la posizione di socio ed i diritti ad essa connessi;
- che l'indicata polizza aveva reso la Uap fideiussore per le somme dovute al Grassi;
- che la Ornavi non aveva acquistato proprie azioni, ma si era soltanto impegnata a promuovere l'acquisto da parte di terzi dei titoli ceduti al Garlasco, e, quindi, non aveva violato i divieti di cui agli artt. 2357 e 2357 ter cod. civ.;
- che il Garlasco non poteva pretendere di essere sollevato dal Capitanio e dallo Scalise, in base a scrittura privata dell'aprile 1990, perché il Capitanio aveva disconosciuto la sottoscrizione dell'atto, senza che il producente avanzasse tempestiva richiesta di verificazione, e perché inoltre la mancanza di analogo disconoscimento da parte dello Scalise (rimasto contumace) non era influente, dato che quest'ultimo era stato chiamato in causa in proprio, mentre aveva firmato il documento come amministratore della Ornavi.
Il Garlasco, con atto notificato il 21 luglio/15 settembre 1995 al Grassi, al Capitanio, allo Scalise ed alla Uap, ha chiesto la cassazione della sentenza d'appello, formulando sette motivi d'impugnazione.
La Uap ha replicato con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la prima e la seconda censura il Garlasco torna a sostenere la nullità della cessione di azioni. Ad integrazione delle deduzioni già svolte sul punto nelle precedenti fasi processuali, e richiamando gli artt. 1374, 1418, 2327, 2354, 2457 cod. civ., nonché gli artt. 216 e 217 della legge fallimentare, afferma che è in contrasto con tali norme e con l'esigenza di certezza del capitale sociale la compravendita di azioni in cui si dia atto
dell'inesistenza o del pericolo d'inesistenza del capitale stesso. I motivi sono infondati.
La compravendita di azioni non è priva di oggetto, ne' ha un oggetto impossibile per il fatto che la società sia in condizione di dissesto ancorché tale da elidere il capitale; l'esistenza in vita della società conferisce di per sè la natura di beni al titoli implicanti partecipazione ad essa ed alla sua attività d'impresa, mentre il rischio o la probabilità d'insuccesso economico restano influenti sotto profili diversi (quali l'aleatorietà dell'operazione, la sproporzione del prezzo, l'eventuale annullabilità per errore o rescindibilità per lesione). La dichiarata consapevolezza delle parti contraenti in ordine a quella condizione di crisi non pone il trasferimento in conflitto con le norme imperative dettate a presidio dell'integrità del capitale, in quanto le relative disposizioni si traducono in doveri per gli organi sociali, e, quindi, non sono eluse da un negozio esclusivamente inerente alla, sostituzione di un soggetto all'altro nella qualità di socio.
Con il terzo ed il quarto motivo del ricorso, denunciando la erronea ricostruzione delle domande ed il difetto di motivazione, il Garlasco addebita alla Corte di Genova di non aver esaminato tutte le questioni attinenti ai propri rapporti con la Uap, e di aver trascurato l'istanza di riapertura dell'istruttoria, per metterlo in grado di offrire prova orale sulla circostanza che aveva acquistato le azioni del Grassi non in proprio, ma in veste di fiduciario dello Scalise e del Capitanio.
I motivi vanno respinti.
Le doglianze del ricorrente, ove riguardano la mancata estensione dell'indagine a quesiti inclusi nel dibattito processuale, sono generiche, non specificando la problematica che sarebbe stata in concreto pretermessa e comunque quali elementi accertati in causa avrebbero potuto portare ad una diversa definizione dei rapporti in contestazione; nella parte poi inerente alla mancata ammissione di prova testimoniale, evidenziano a carico della sentenza impugnata un'omissione non decisiva, tenendosi conto che i capitoli di detta prova, secondo il contenuto riportato nel ricorso, riguardano accordi anteriori o coevi al contratto dell'ottobre 1989, e così incorrono nel divieto di cui all'art. 2722 cod. civ..
Con il quinto motivo il ricorrente deduce che la responsabilità dello Scalise e del Capitanio, circa il pagamento del prezzo delle azioni, era desumibile dalla menzionata scrittura privata del 1990 anche sotto il profilo della promessa del fatto della Società Ornavi, ovvero della stipulazione del relativo contratto in nome e per conto della Società medesima senza una conforme procura; insiste nell'affermare che si era nella sostanza verificato un acquisto di azioni proprie da parte della Ornavi; critica inoltre la sentenza impugnata per non aver rilevato la possibilità di chiedere la verificazione della scrittura disconosciuta anche in grado d'appello. Il motivo è infondato.
La Corte d'appello, come sopra ricordato, ha ritenuto che la scrittura in discorso non era opponibile al Capitanio, per effetto di disconoscimento non seguito da istanza di verificazione, e non poteva essere allegata a base di obbligazioni personali dello Scalise, che vi aveva partecipato quale rappresentante della Società. Tali rilievi non vengono efficacemente contrastati dal Garlasco, il quale si limita ad osservare che la verificazione poteva essere domandata in appello, senza sostenere di aver effettivamente avanzato la relativa istanza o comunque indicare gli atti processuali che la conterrebbero, e poi mette in dubbio detta qualità dello Scalise in via meramente enunciativa, e del resto per la prima volta in questa fase del processo.
Rimane di conseguenza ultronea ogni questione
sull'interpretazione e la portata della predetta scrittura. Il sesto ed il settimo motivo attengono alla condanna del Garlasco a tenere indenne la UAP dagli effetti della sua esposizione fideiussoria.
Il ricorrente rileva che la menzionata polizza costituiva distinte ed autonome obbligazioni di garanzia per ognuno dei trasferimenti azionari pattuiti con il contratto dell'ottobre 1989, e, pertanto, poteva assoggettarlo all'azione di rivalsa del fideiussore non per l'intero importo dell'operazione (lire 306.000.000), ma solo per il prezzo da lui stesso dovuto al Grassi (lire 80.000.000); inoltre assume che il Grassi si era rivolto per Il pagamento alla Uap dopo più di un anno dal contratto, e che ciò implicava, sulla scorta di espressa clausola, la riduzione della garanzia fideiussoria (e quindi della rivalsa del fideiussore) all'importo di lire 40.000.000.
Anche tali motivi vanno disattesi.
L'uno non trova collegamento con la sentenza impugnata, la quale, confermando la decisione del Tribunale, ha fatto obbligo al Garlasco (ed agli altri firmatari dell'appendice di polizza) di tenere indenne la Uap degli effetti dell'impegno fideiussorio che sono stati investiti dalla presente causa, e, cioè, quelli invocati dal Grassi con la domanda di pagamento di lire 80.000.000 (restando su un piano soltanto argomentativo ed estraneo al decisum il rilievo della verificabilità di analoghi riflessi per gli altri crediti garantiti dalla fideiussione ma non fatti valere in giudizio). L'altro pone questioni che non risultano sollevate in sede di merito, e che non possono essere innnovativamente introdotte nel giudizio di cassazione, anche perché abbisognanti di accertamenti di fatto.
In conclusione, il ricorso va respinto, con la conseguenziale condanna del soccombente al pagamento delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso proposto da Hermes Garlasco, e lo condanna al rimborso, in favore della S.p.a. Uap Italiana, delle spese del presente giudizio, liquidandole nella complessiva misura di lire 3.174.930, di cui lire 3.000.000 per onorari.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 1998
Depositato in Cancelleria il 6 agosto 1998