Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6831 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione Sez. Un. Civili, 23 Ottobre 2006, n. 22659. Est. Morelli.


Società - Di capitali - Società cooperative - Capitale sociale - Partecipazione dei soci - Liquidazione della quota o rimborso delle azioni del socio uscente - Esigibilità - Condizioni - Liquidazione del patrimonio o della quota - Esistenza di un residuo attivo in bilancio - Posizione del socio in epoca anteriore alla liquidazione - Natura giuridica - Mera aspettativa - Conseguenze - Esclusione del socio fallito - Efficacia "ex nunc" - Anteriorità del credito rispetto alla dichiarazione di fallimento - Esclusione - Compensabilità con crediti della società - Esclusione.

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Effetti - Per i creditori - Debiti pecuniari - Compensazione - Requisiti - Anteriorità del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte - Necessità - Conseguenze - Società cooperativa - Esclusione del socio fallito - Diritto alla liquidazione della quota - Compensazione con crediti della società - Esclusione - Fondamento.



In tema di società, la costituzione del rapporto societario e l'originario conferimento, pur rappresentando il presupposto giuridico del diritto del socio alla quota di liquidazione, non rilevano come fatto direttamente genetico di un contestuale credito restitutorio del conferente, configurandosi la posizione di quest'ultimo come mera aspettativa o diritto in attesa di espansione, destinato a divenire attuale soltanto nel momento in cui si addivenga alla liquidazione (del patrimonio della società o della singola quota del socio, al verificarsi dei presupposti dello scioglimento del rapporto societario soltanto nei suoi confronti), ed alla condizione che a tale momento dal bilancio (finale o di esercizio) risulti una consistenza attiva sufficiente a giustificare l'attribuzione "pro quota" al socio stesso di valori proporzionali alla sua partecipazione. Pertanto, il credito relativo alla quota di liquidazione vantato dal socio di una cooperativa escluso dalla società per effetto della dichiarazione di fallimento (ovvero, ai sensi dell'art. 2533 n. 5 cod. civ., nel testo introdotto dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, a seguito della delibera di esclusione che è in facoltà della società adottare in caso di fallimento del socio) nasce o comunque diviene certo esclusivamente nel momento in cui interviene quella dichiarazione (o quella delibera), con la conseguenza che, non potendosi considerare detto credito anteriore al fallimento, viene a mancare il presupposto necessario, ai sensi dell'art. 56 della legge fallimentare, per la compensabilità dello stesso con i contrapposti crediti vantati dalla società nei confronti del socio. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente aggiunto -
Dott. DUVA Vittorio - Presidente di sezione -
Dott. VITTORIA Paolo - Presidente di sezione -
Dott. VITRONE Ugo - Consigliere -
Dott. MORELLI Mario Rosario - rel. Consigliere -
Dott. GRAZIADEI Giulio - Consigliere -
Dott. SETTIMJ Giovanni - Consigliere -
Dott. MERONE Antonio - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
BANCA POPOLARE DI FONDI S.C.A.R.L., in persona del Presidente pro- tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E. GIANTURCO 5, presso lo STUDIO CARBONI, rappresentato e difeso dall'avvocato SOTIS ERMETE, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO LOMBARDI VINCENZO E PEZONE NICOLA S.N.C., in persona del Curatore pro tempore, FALLIMENTO DEI SOCI LOMBARDI VINCENZO E PEZONE NICOLA IN PROPRIO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OSLAVIA 39/F, presso lo studio dell'avvocato CARLONI EMANUELE, rappresentati e difesi dall'avvocato BALSAMO IGNAZIO, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 193/01 della Corte d'Appello di ROMA, depositata il 22/01/01;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica Udienza del 28/09/06 dal Consigliere Dott. MORELLI Mario Rosario;
udito l'Avvocato Ermete SOTIS;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MACCARONE Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Banca Popolare di Fondi soc. coop. r.l. impugna per cassazione la sentenza in data 22 gennaio 2001 della Corte di appello di Roma confermativa della sentenza del Tribunale di Latina che, in accoglimento della domanda nei suoi confronti proposta dalla Curatela del Fallimento di Vincenzo Lombardi e Nicola Perone s.n.c. e dei due soci in proprio, l'ha condannata a restituire alla Curatela la somma di Euro 43.400,00, corrispondente al valore di liquidazione di 350 certificati azionari della Banca stessa in titolarità degli intimati (alla data della deliberata loro esclusione, in quanto falliti, dalla compagine sociale) e che la Banca aveva trattenuto in compensazione, L. Fall. ex art. 56 del maggior credito da essa vantato nei confronti dei medesimi.
Al ricorso resiste la Curatela.
Con ordinanza interlocutoria n. 6006 del 18 marzo 2005, la Sezione 1^ di questa Corte - previamente respinte le eccezioni di estinzione del giudizio e (subordinata) di inammissibilità della impugnazione formulata dalla resistente - ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione, che questi ha poi disposto, del ricorso alle Sezioni unite, per ravvisata difformità di decisioni in ordine alla questione - risolta in senso negativo con la sentenza della Corte di merito e per tal profilo appunto censurata con i due connessi motivi dell'odierno ricorso (in termini, rispettivamente, di violazione di legge e di vizio di motivazione) - sulla retrodatabilità, o meno, al momento della sottoscrizione di ciascuna quota azionaria, del credito, per la correlativa liquidazione, del socio escluso in ragione del suo fallimento, al riferito effetto di compensabilita del predetto credito del socio con contrapposti suoi debiti verso la medesima società.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Precede l'esame delle eccezioni pregiudiziali formulate dalla Curatela, di asserita intervenuta estinzione del giudizio o di inammissibilità, in subordine, della impugnazione, per erroneità sia della prima notifica del ricorso che della seconda sua notifica, rinnovata in prevenzione, in quanto entrambe effettuate, nei confronti del procuratore domiciliatario del Fallimento della società e dei soci, "sempre in unica copia".
Al riguardo va comunque confermata la delibazione preliminare di cui alla citata ordinanza n. 6006/05 della Sezione semplice, nel senso appunto della infondatezza di tali eccezioni.
Secondo, infatti, il consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, l'invalidità della notifica del ricorso per cassazione, eseguita mediante consegna di un'unica copia al difensore domiciliatario di una pluralità di parti, comporta l'eventuale inammissibilità del ricorso solo in caso di mancata costituzione dei soggetti intimati (cfr. ex multis, Sez. 1^, 17.7.2003, n. 11174, rv. 565176). Nel caso di specie la curatela del Fallimento sociale e dei soci il proprio ha ritualmente, invece, resistito con controricorso, con ciò quindi evidenziando l'assoluta irrilevanza delle modalità della notifica in ordine alla regolarità del contraddittorio. 2. Può, quindi, passarsi all'esame della questione, oggetto di contrasto, sulla compensabilità, o meno, in sede fallimentare del credito avente ad oggetto la liquidazione della quota del socio di una società (nella specie, cooperativa), fallito o comunque escluso dalla compagine sociale dopo la declaratoria del suo fallimento, con i contrapposti pregressi crediti della società nei confronti del fallito medesimo, ai sensi della L. Fall. art. 56 (non attinto dal recente D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, di riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma della L. 14 maggio 2005, n. 80, art. 1, comma 5 di conversione in Legge del D.L. 14 marzo 2005, n. 35):
2.1. La riferita questione non coinvolge - ed assume anzi in premessa - il principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, condiviso anche dalla sentenza impugnata e dalla banca ricorrente, e da cui non v'è, comunque, motivo di discostarsi, per cui in materia di compensazione dei reciproci crediti vantati dal fallito e dal terzo in bonis non rileva il momento in cui l'effetto compensativo si produce ed occorre soltanto, perché possa invocarsi la compensazione in forza della L. Fall., art. 56 che il fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte sia anteriore alla dichiarazione di fallimento, restando irrilevante il fatto che il credito vantato (in questo caso) dal fallito sia divenuto liquido ed esigibile dopo il fallimento (S.U. 16.11.1999, n. 775; S.U. 2.11.1999, n. 755 e successivamente Cass. n. 15779/2004;
Cass. 10861/03; Cass. 8042/2003; Cass. 11288/2001; Cass. 9678/2000). 2.2. È in relazione proprio a tale premessa che si pone, infatti, il quesito se il "fatto genetico del credito per liquidazione di quota sociale del fallito possa, a quegli effetti, considerarsi - o non - anteriore al fallimento o, comunque (trattandosi di società cooperativa), alla data della correlata delibera di esclusione. 2.2.1. Al riguardo, la giurisprudenza, rappresentata dalle sentenze appena citate (da Sez. un. n. 775/99 a Sez. 1^ 15779/04) si è sin qui espressa nel senso che il credito di liquidazione della quota del socio fallito "trova il suo fondamento nello stesso fatto costitutivo del vincolo sociale" e dunque in una situazione appunto anteriore alla dichiarazione di fallimento (sia che si ricolleghi l'esclusione del socio al fallimento in se, sia invece che si faccia riferimento alla delibera di esclusione). Si è affermato, infatti, che "il socio con la costituzione del vincolo sociale acquista uno status che comprende, tra gli altri diritti, quello alla liquidazione della quota", il quale, "se diviene liquido ed esigibile nel momento dell'esclusione del fallito, ove sia tale evento a far cessare il suo rapporto con la società, trova fondamento e radice causale nella costituzione del vincolo sociale".
Da qui, pertanto, l'anteriorità di detto credito rispetto al fallimento di socio e la coevità dello stesso, a quel momento, con eventuali contrapposti pregressi crediti della stessa società, nei di lui confronti, agli effetti della reciproca compensabilità, in coerenza alle riferite premesse interpretative della norma di cui alla L. Fall., art. 56.
2.2.2. Tali conclusioni sono state, però, rimesse in discussione da una più recente sentenza della stessa 1^ Sezione civile, n. 20169 del 12 ottobre 2004.
Tale pronuncia - pur mantenendo espressamente fermo il principio (SS.UU. 1999/775), condiviso dalla prevalente dottrina, per il quale "la disposizione contenuta nella L. Fall., art. 56 rappresenta una deroga al concorso, a favore dei soggetti che si trovino ad essere al contempo creditori e debitori del fallito, non rilevando il momento in cui l'effetto compensativo si produce e ferma restando l'esigenza dell'anteriorità del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte", ossia l'ammissibilità della compensazione anche con un credito del fallito non ancora liquido o esigibile, purché sorto prima della declaratoria di fallimento - ha, con specifico riferimento alla liquidazione della quota del socio di cooperativa escluso dalla società proprio per effetto della declaratoria di fallimento (art. 2288 c.c., comma 1, e art. 2527, comma 1, cod. civ., previg. e oggi art. 2533 c.c., comma 1, n. 5), consapevolmente mutato in senso restrittivo il precedente orientamento giurisprudenziale di legittimità in ordine al momento genetico del diritto del socio alla liquidazione della quota sociale, posticipandolo rispetto al precedente indirizzo, che lo aveva individuato in quello di costituzione del vincolo sociale. Alla conclusione dell'inoperatività della compensazione fallimentare la pronuncia è pervenuta ritenendo ,anche in linea con l'orientamento espresso da questa Corte in tema di diritto all'utile societario, che, pur non essendo contestabile che il diritto alla liquidazione della quota sociale abbia tra i suoi presupposti il rapporto di società e l'originario conferimento da cui discende la stessa qualità di socio, ciò non equivalga in alcun modo a dire che con il contratto di società nasca in capo a ciascun socio una posizione giuridica soggettiva qualificabile in termini di diritto di credito ed avente ad oggetto la restituzione del conferimento o, comunque, la percezione dell'equivalente in denaro di una quota proporzionale del patrimonio sociale, in quanto, finché il vincolo societario permane il socio non ha diritto ne' ad una quota di liquidazione ne' alla liquidazione della sua quota, cosicché il credito per liquidazione della quota è privo del requisito di certezza.
Per cui, al riguardo, di null'altro il socio potrebbe dirsi titolare che di una mera aspettativa, legata all'eventualità che, al momento dello scioglimento del rapporto sociale, il patrimonio della società abbia consistenza attiva sufficiente a giustificare l'attribuzione pro quota al socio stesso di valori proporzionali alla sua partecipazione.
Nel che è appunto l'elemento di dissonanza, evidenziato dalla Sezione semplice, tra le due riassunte prospettazioni interpretative, per il profilo ed agli effetti della ammessa (nel primo caso) od esclusa (nel secondo) compensabilità, L. Fall., ex art. 56 in ragione della ritenuta, o meno sua anteriorità al fallimento, del credito liquidatorio di quota del socio fallito con suoi debiti verso la medesima società.
3. Non ci si trova, per altro, di fronte, nella specie, ad un contrasto sincronico di giurisprudenza, bensì più propriamente al cospetto della revisione - come detto - di un precedente indirizzo esegetico da parte di una pronunzia successiva (n. 20169/04 cit.). Revisione comunque consapevole e meditata, le cui argomentazioni e conclusioni anche queste Sezioni unite ritengono di condividere, in tal senso, quindi, componendo il contrasto (potenziale) tra i due riferiti indirizzi.
4. La costituzione del rapporto societario e l'originario conferimento, da cui discende la stessa qualità di socio, costituiscono, per vero, il necessario antecedente logico, il presupposto giuridico, o per così dire la causa remota del diritto del medesimo va una parte proporzionale... del patrimonio netto risultante dalla liquidazione" (come testualmente recita l'art. 2350 cod. civ., in parte qua non modificato dal D.Lgs. n. 6 del 2003), ma non rilevano come fatto direttamente genetico di un contestuale credito restitutorio del conferente (come nel caso invece, ad esempio, di un finanziamento concesso dal socio alla società al momento della stipulazione del contratto sociale), poiché quel conferimento non è certo effettuato con riserva dell'eventuale esclusione del socio o dello scioglimento della società, bensì come mezzo al fine dello svolgimento e di un positivo risultato della attività sociale.
Il socio ha diritto invece, in prospettiva, ad ottenere una quota proporzionale - come detto - del patrimonio societario netto, quale "risultante dalla liquidazione", ma è questo all'evidenza un diritto potenziale o comunque In attesa di espansione destinato a divenire attuale solo al momento in cui si addivenga ad una liquidazione (del patrimonio della società o della singola quota del socio, al vetrificarsi dei presupposti dello scioglimento del rapporto societario nei soli suoi confronti) e alla condizione che, a tal momento, dal bilancio (finale o di esercizio) risulti una consistenza attiva sufficiente a giustificare l'attribuzione pro quota al socio stesso di valori proporzionali alla sua partecipazione. E ciò non diversamente da quanto accade per il "diritto agli utili netti" (cui pure fa riferimento il citato art. 2350 c.c.), con riguardo al quale è principio acquisito che esso, pur essendo (come il diritto ad una quota di liquidazione o alla liquidazione della propria quota) insito nello status di socio, non acquista in realtà natura e sostanza di vero e proprio "diritto di credito" se non in quanto il bilancio d'esercizio faccia effettivamente registrare l'esistenza di utili e l'assemblea sociale ne deliberi la distribuzione ai soci, ond'è che solo da quel momento un simile diritto può dirsi acquisito al patrimonio del socio (cfr. Cass. 28 maggio 2004, n. 10271; ed 11 marzo 1993 n. 2959).
4.1. Con riferimento al momento anteriore a quello liquidatorio e con riguardo, appunto, al credito relativo (alla quota di liquidazione o) alla liquidazione della sua quota, la citata sentenza del 2004 riconosce pertanto al socio la titolarità di una mera aspettativa. Questa configurazione - che ha valenza più che altro descrittiva di una posizione creditoria non attuale e priva, allo stato, oltre che dei requisiti di liquidità ed esigibilità,anche di un connotato di certezza è solo apparentemente contraddetta dalla successiva sentenza della stessa Sezione 1^, n. 15721 del 2005.
La quale, nell'escludere che, prima dello scioglimento della società, il socio abbia una mera aspettativa, non ha inteso con ciò riferirsi ad una anticipata individuabilità del suo credito alla quota, ma più specificamente (e correttamente) affermare che, con la stipula del contratto societario, il socio già comunque acquista diritti strumentali, come "Il diritto alla durata tendenzialmente illimitata della società ed alla propria partecipazione al libero svolgimento dell'attività negoziale di essa, senza termini ed eventi interrottivi che la pregiudichino posti dall'esterno, quindi il diritto alla correttezza dei comportamenti nell'ambito societario, nonché al regolare svolgimento delle operazioni sociali, e, per quanto qui specificamente interessa, il diritto alla instaurazione della liquidazione alle condizioni e con le modalità previste dall'art. 2448 c.c. e segg., in guisa da non pregiudicare la positiva determinazione della quota, ove un attivo sussista, dopo il pagamento dei debiti sociali.
Con il che detta ultima sentenza non ha quindi contraddetto, ma ha anzi confermato, a sua volta, il carattere meramente potenziale del diritto alla quota, ritogliente societate; e ha solo precisato che la posizione del socio non si esaurisce in quella aspettativa di credito, ma consta, appunto, ab initio, di quegli altri strumentali diritti che - ai fini della soluzione della diversa e specifica questione in quel caso sul tappeto - giustificano la soluzione, ad essa data dalla Corte, nel senso che "la qualità di soci dei ricorrenti ne implica l'inclusione fra i soggetti legittimati ad insorgere contro i fatti illeciti (dolosi o colposi) dei terzi incidenti sul mantenimento in vita della società, e sulla loro qualità di soci, e/o che possano comportare un depauperamento del patrimonio sociale suscettibile di risolversi nella diminuzione del valore dei diritti di partecipazione all'ente societario". 4.2. Tornando, quindi, alla fattispecie che ne occupa, va conclusivamente enunciato in relazione alla stessa il seguente principio: il socio di una società cooperativa diviene titolare di diritto alla quota di liquidazione e del relativo credito soltanto allorché si verifica una causa di scioglimento del rapporto sociale e, anteriormente, vanta esclusivamente una mera aspettativa legata all'eventualità che, all'atto del verificarsi di detta causa, il patrimonio della società abbia una consistenza tale da permettere l'attribuzione "pro quota" di valori proporzionali alla sua partecipazione; pertanto, il credito relativo alla quota di liquidazione vantato dal socio escluso a seguito della dichiarazione di fallimento ovvero ora, ex art. 2533 c.c., n. 5, nuovo testo, a seguito della delibera di esclusione che è in facoltà della società di adottare in ragione del suo fallimento nasce - o comunque diviene certo - esclusivamente per effetto di quella dichiarazione o di quella delibera e, conseguentemente, va esclusa la sussistenza del presupposto (di anteriorità) necessario per ritenere detto credito compensabile, L. Fall., ex art. 56, con i contrapposti crediti vantati dalla società nei suoi confronti.
5. La sentenza impugnata - che ha deciso in conformità al riferito principio - resiste quindi alle censure avverso di essa formulate con il ricorso della Banca, che va, pertanto, respinto.
6. La corrispondenza della tesi interpretativa sostenuta in ricorso con l'orientamento, a quella data, della giurisprudenza di questa Corte, giustifica la compensazione integrale, tra le parti, delle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni unite, respinge il ricorso e compensa le spese. Così deciso in Roma, il 28 settembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2006