Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 7487 - pubb. 01/07/2010

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Cassazione civile, sez. I, 15 Luglio 2004, n. 13120. Est. Piccininni.


Impugnazioni civili - Cassazione (ricorso per) - Provvedimenti dei giudici ordinari (impugnabilità) - In genere - Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza - Provvedimento della Corte di Appello sul reclamo avverso il decreto del Tribunale che dispone l'apertura della procedura o dichiara il fallimento - Ricorso straordinario per Cassazione - Ammissibilità.



Il provvedimento con cui la corte di appello provvede, ai sensi dell'art. 33 D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270 sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, sul reclamo avverso il decreto motivato del tribunale che, ai sensi dell'art. 30 del medesimo D.Lgs., dispone l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria o, in alternativa, dichiara il fallimento, è - pur non avendo forma di sentenza - ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost., avendo carattere decisorio, in quanto incide sul diritto soggettivo dell'imprenditore all'apertura della procedura di amministrazione straordinaria, e definitivo, in quanto non è altrimenti impugnabile. (massima ufficiale)



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MUSIS Rosario - Presidente -
Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo - Consigliere -
Dott. CELENTANO Walter - Consigliere -
Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere -
Dott. PICCININNI Carlo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:


SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SISAS SOCIETÀ ITALIANA SERIE ACETICA SINTETICA S.P.A. in fallimento, in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA TOSCANA 10, presso l'avvocato ANTONIO RIZZO, rappresentata e difesa dall'avvocato ROBERTO PINCIONE, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO SISAS - SOCIETÀ ITALIANA SERIE ACETICA SINTETICA S.P.A., in persona del Curatore Avvocato Vittorio Ottolenghi, elettivamente domiciliata in ROMA VIA ORTI DELLA FARNESINA 126, presso l'avvocato GIORGIO STELLA RICHTER, rappresentata e difesa dall'avvocato ANGELO CASTAGNOLA, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
MINISTERO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE E COMPETITIVITÀ;
- intimato -
e sul 2^ ricorso n. 23361/01 proposto da:
MINISTERO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO SISAS - SOCIETÀ ITALIANA SERIE ACETICA SINTETICA s.p.a., in persona del Curatore Avvocato Vittorio Ottolenghi, elettivamente domiciliata in ROMA VIA ORTI DELLA FARNESINA 126, presso l'avvocato GIORGIO STELLA RICHTER, rappresentata e difesa dall'avvocato ANGELO CASTAGNOLA, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
e contro
SOCIETÀ SISAS ITALIANA SERIE ACETICA SINTETICA S.P.A.;
- intimata -
avverso il decreto della Corte d'Appello di MILANO, depositato il 21/06/01;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 11/02/2004 dal Consigliere Dott. Carlo PICCININNI;
udito per la ricorrente Soc. SISAS l'Avvocato PINCIONE che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito per il resistente Fallimento l'Avvocato CASTAGNOLA che ha chiesto l'inammissibilità o il rigetto dei ricorsi;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto che ha concluso per l'inammissibilità o in subordine il rigetto del ricorso n. 20225/01 e l'inammissibilità del ricorso n. 23361/01.
LA CORTE
osserva quanto segue.
Con sentenza dal 21 - 22.12.2000 il Tribunale di Milano dichiarava lo stato di insolvenza dalla SISAS s.p.a., ammettendola alla procedura di amministrazione straordinaria.
Acquisita la relazione del commissario giudiziale ed una sua successiva integrazione il Tribunale, con decreto del 18.4.2001, rilevava la mancanza dei presupposti necessari per formulare una prognosi positiva circa le prospettive di recupero dell'equilibrio economico della società, e conseguentemente ne dichiarava il fallimento.
Contro il detto decreto veniva proposto reclamo sia dalla SISAS che dal Ministero dell'Industria, reclami che venivano respinti dalla Corte di Appello di Milano con provvedimento del 13-16.6.2001. In particolare la Corte di merito disattendeva le questioni relative al lamentato difetto di contraddittorio, che era stata sollevata per la mancata comunicazione al Ministero del supplemento di relazione, ed alla pretesa - e asseritamente non consentita - dilatazione delle indagini istruttorie. Quanto al presupposto delle "concrete prospettive" di riequilibrio dell'impresa, ne rilevava l'insussistenza in ragione del fatto che il commissario giudiziale aveva escluso la possibilità della ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, mentre interesse all'acquisto era stato manifestato soltanto da due società (Credit Suisse e Interchim Austria), che però non avevano dato ulteriore corso ai primi contatti ed il cui comportamento faceva anzi ritenere che il detto interesse non fosse più attuale.
Avverso il decreto proponevano ricorso per Cassazione sia la SISAS che il Ministero delle Attività Produttive.
In particolare la prima, dopo aver dedotto preliminarmente l'ammissibilità dell'impugnativa anche sotto l'aspetto del rispetto dei termini di impugnazione, con tre distinti motivi denunciava violazione di legge e vizio di motivazione, lamentando sostanzialmente l'eccessiva lunghezza della fase procedimentale antecedente al decreto del Tribunale; l'avvenuto superamento del parere del commissario dal supplemento istruttorie del quale per di più non era stata data alcuna notizia al Ministero; la illegittimità dello sfavorevole "giudizio prognostico" emesso dapprima dal Tribunale, e quindi dalla Corte di Appello, che invece si sarebbero dovuti limitare a considerare la sussistenza dei requisiti minimali per l'apertura della procedura al fine di consentirne i successivi sviluppi; l'assenza di rilievo riconosciuta al parere favorevole del Ministero dell'Industria, che avrebbe dovuto invece essere oggetto di analitica argomentazione contraria prima di essere disatteso.
Analoga denuncia di violazione di legge e vizio di motivazione proponeva poi il Ministero, che con tre distinti motivi di impugnazione lamentava l'erroneità della decisione nella parte in cui era stata esclusa la dedotta violazione del contraddittorio per la mancata richiesta di parere sul supplemento di relazione del commissario giudiziale; l'inesatta interpretazione del dettato normativo per quanto riguarda la prima fase del procedimento, che comporterebbe unicamente un'attività valutativa in ordine all'esistenza delle condizioni esplicitate nell'art. 27 D.Lgs. 99/270; l'omessa considerazione di parte delle doglianze formulate con il reclamo, nonché la contraddittorietà delle argomentazioni svolte a proposito delle manifestazioni di interesse della Credit Suisse e dell'Interchim Austria.
Resisteva con controricorso il Fallimento SISAS s.p.a., che sosteneva sotto vari e diversi profili l'inammissibilità dei ricorsi, dei quali deduceva comunque l'infondatezza.
Tutte la parti depositavano memorie.
La controversia veniva quindi decisa all'esito dell'udienza pubblica dell'11.2.2004.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In ossequio all'art. 335 c.p.c. va innanzitutto disposta la riunione dei ricorsi, dei quali il fallimento SISAS ha pregiudizialmente rilevato l'inammissibilità sotto vari riflessi.
Più precisamente, prendendo dapprima in considerazione quello del Ministero delle Attività Produttive, si osserva che è stato eccepito un primo profilo di inammissibilità per tardività dell'impugnazione, per il fatto che questa sarebbe stata proposta oltre il termine di quaranta giorni dalla data di notifica del primo ricorso per Cassazione.
Il rilievo è fondato.
Il decreto della corte di Appello in esame è stato infatti dapprima impugnato dalla SISAS s.p.a. con ricorso per Cassazione, notificato il 31.7.2001 sia al fallimento SISAS che al Ministero delle Attività Produttive.
Da ciò consegue, per il principio di unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza, che i ricorsi successivi avrebbero dovuto essere proposte in via incidentale nello stesso processo (art. 333 c.p.c.), con controricorso (art. 371 c.p.c.). In mancanza, non potendosi considerare essenziale tale modalità formale, gli eventuali ricorsi successivi, pur se proposti con atti a sè stanti, si convertono in ricorsi incidentali, ma la loro ammissibilità resta comunque condizionata al rispetto del termine fissato per la notifica del controricorso. Tenuto dunque conto del combinato disposto degli artt. 370, primo comma, e 369, primo comma, c.p.c. detto termine è di quaranta giorni dell'avvenuta notifica del ricorso principale (in tal senso la giurisprudenza di questa Corte, fra le cui decisioni si richiamano C. 1999/8906, C. 1999/6400, C. 1997/5993) e poiché nella specie, come detto, la notifica del ricorso della SISAS è stata eseguita il 31.7.2001, ne discende che il Ministero, a pena di decadenza, avrebbe dovuto proporre il ricorso per Cassazione entro il 9.9.2001.
Detto ricorso è stato invece notificato il 19.9.2001, e risulta quindi tardivo.
Nè potrebbe in senso contrario invocarsi il mancato decorso del termine di impugnazione per effetto della relativa sospensione nel periodo 1.8/15.9 ai sensi della l. 1969/742. in proposito giova invero ricordare, in via generale, che il legislatore ha espressamente previsto una deroga per le cause di dichiarazioni e revoca dei fallimenti (artt. 3 l. 743 cit. e 92 l. 1941/12) e, più specificamente, che l'art. 93 D.Lgs. 1999/270 esclude l'applicabilità della disciplina sulla sospensione dei termini processuali al procedimento per l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria ed all'eventuale procedimento di reclamo.
Per quanto riguarda poi il ricorso della SISAS, l'eccepita inammissibilità è stata dedotta sotto un triplice aspetto, vale a dire per il fatto che il decreto in esame non avrebbe contenuto decisorio e non sarebbe in esso configurabile il profilo della definitività; per la carenza di interesse ad agire del ricorrente, non avendo questi chiesto la rimessione degli atti al Tribunale, o analoghe determinazioni; per l'impossibilità giuridica del provvedimento richiesto, essendo stata sollecitata la Corte adita all'ammissione della ricorrente alla procedura di amministrazione straordinaria.
I rilievi sono infondati.
In ordine al primo profilo prospettato si osserva che, incontestata la proponibilità del ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. anche in presenza di provvedimenti che non rivestono la forma di sentenza quando abbiano i requisiti della decisorietà, e cioè vengano emessi nella risoluzione di una controversia con incidenza su diritti soggettivi, e della definitività, vale a dire quando non vi siano diversi rimedi, è da ritenere che nella specie i detti requisiti siano concretamente configurabili.
Ed infatti il legislatore non ha subordinato l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria all'esercizio di un potere discrezionale da parte del Tribunale, una volta verificata l'insolvenza dell'impresa, ma al contrario ha stabilito un obbligo in tal senso, ove ricorrenti le condizioni di cui agli artt. 2 e 27 D.Lgs. 270/99.
D'altra parte, indipendentemente dall'obiettivo primario perseguito dal legislatore con l'emanazione del citato provvedimento normativo, obiettivo certamente individuabile nel superamento della logica della eliminazione dal mercato delle strutture deboli nel tentativo di salvaguardare il bene impresa a fronte di dissesti particolarmente allarmanti, la disciplina attribuisce per alcuni versi una condizione di maggior favore rispetto al fallimento anche per l'imprenditore, al quale va dunque riconosciuto un diritto soggettivo all'apertura della procedura di amministrazione straordinaria, a condizione che ne ricorrano i presupposti, attesa la situazione di vincolatività del Tribunale nella scelta della procedura concorsuale adottabile una volta verificata l'esistenza di questi ultimi.
È sufficiente in proposito invero rilavare cha nel citato decreto non è richiamato il pubblico registro dei falliti (art. 50 l.f.), sicché l'imprenditore sottoposto alla procedura di amministrazione straordinaria, a differenza di quello fallito, non "è soggetto alle incapacità stabilite dalla legge - (art. 30, comma 3, l.f.); che, diversamente dal fallimento, l'apertura della procedura non comporta automaticamente lo spossessamento dell'imprenditore (artt. 8, 19, 33 D.Lgs. 270/99); che i termini di definizione del programma di risanamento sono predeterminati e significativamente contenuti (art. 27 del citato decreto); che le modalità di alienazione dei beni nella procedura in esame sono più agili (art. 62) e più favorevoli per l'imprenditore cedente (art. 63, che per la vendita di aziende introduce il parametro della redditività, anche se negativa, all'epoca della stima e nel biennio successivo).
Non sembra dunque contestabile, alla luce delle svolte considerazioni, che con la richiesta di apertura di amministrazione straordinaria ed il successivo reclamo la società ricorrente abbia agito esercitando anche un proprio diritto soggettivo, per la cui tutela non vi sono ulteriori rimedi all'infuori di quello esercitato e che pertanto sono riscontrabili nel decreto impugnato entrambi i requisiti dalla decisorietà e della definitività sopra richiamati (non rilevano in senso contrario le ipotesi di conversione disciplinate dagli artt. 69 e 70 del decreto legislativo, essendo queste correttamente evocabili nella diversa situazione in cui, dopo una delibazione sulla esistenza delle condizioni legittimanti l'apertura della procedura, siano emersi elementi che inducano - "ex post" - ad una revisione del precedente giudizio).
Privi di pregio risultano anche gli altri due dedotti profili di inammissibilità. Per il secondo va infatti precisato che il ricorrente ha denunciato vizi nell'interpretazione del D.Lgs 270 chiedendo la cassazione dell'impugnato decreto e per tale verso la richiesta va certamente esaminata, essendo ininfluente al riguardo ogni valutazione in ordine alla correttezza della richiesta consequenziale nell'ipotesi di accoglimento dell'impugnazione, effetti determinabili ai sensi di legge; per il terzo è sufficiente rilevare che l'interesse ad agire è astrattamente configurabile per le ragioni indicate a proposito del primo profilo di inammissibilità mentre, ove interpretata l'affermata impossibilità in relazione alla carenza del potere da parte di questa Corte di dichiarare aperta la procedura di amministrazione straordinaria, la doglianza risulta assorbita dalla considerazioni sopra svolte a proposito del secondo profilo di inammissibilità denunciato.
Passando quindi all'esame dei singoli motivi di ricorso, si rileva preliminarmente che il fallimento resistente ne ha eccepito l'inammissibilità, eccezione che va accolta limitatamente al terzo. Ed invero, premesso che il ricorso in esame è stato proposto ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost. e che con il motivo in esame è stata denunziata violazione di legge e vizio di motivazione sotto il profilo della insufficienza e della contraddittorietà, si osserva che quest'ultima censura sarebbe astrattamente proponibile soltanto nel caso di assoluta mancanza o di mera apparenza, ipotesi non ricorrente nella specie, mentre la prima, denunciata essenzialmente in relazione alla inadeguata valenza che sarebbe stata attribuito al ruolo dal Ministero ed al difforme giudizio negativo in ordine alle prospettive di recupero che era stato emesso, è formulata genericamente e si risolve comunque in valutazioni in fatto che, in quanto tali, si sottraggono al sindacato di questa Corte. Per quanto riguarda gli altri due motivi la dedotta eccezione, incentrata sulla novità delle censure processuali prospettate che non sarebbero state fatte valere in sede di reclamo, non può invece trovare accoglimento poiché, sia pur con formulazione dal tutto generica, la SISAS in sede di reclamo aveva censurato il decreto del Tribunale di Milano rilevandone l'erroneità, oltre che per ragioni di merito, per la decisione adottata dal Tribunale di assoggettare l'imprenditore al fallimento in una fase antecedente a quella in cui sarebbe dovuta intervenire, implicitamente dolendosi pertanto dell'inosservanza delle scansioni temporali e procedimentali che sarebbero state previste dal legislatore e denunciando in tal modo, pur come detto con la genericità cui si è fatto cenno, l'inesatta applicazione della normativa dettata in proposito. Venendo dunque al relativo esame, si osserva che con il primo motivo la società ricorrente ha denunciato violazione degli artt. 27 - 29 D.Lgs. 1999/270 in relazione ai seguenti aspetti: inosservanza, da parte del Tribunale, del termine per l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria, fissato in trenta giorni dal deposito della relazione del commissario giudiziale; superamento dell'unico parere previsto dalla legge (quello cioè del Ministero delle Attività Produttive), per effetto dell'istruttoria irritualmente compiuta dal Tribunale; omesso inoltro di richiesta di nuovo parere al detto Ministero, in relazione all'esito del disposto "supplemento" di istruttoria.
Le censure sono prive di pregio, quanto al primo profilo, poiché si tratta di termine ordinatorio (art. 152 c.p.c.), il cui mancato rispetto non incide sulla validità del provvedimento, in ordine al secondo, in ragione del fatto che all'evocato parere del Ministero non e attribuita una valenza gerarchicamente sovraordinata agli altri elementi ritenuti rilevanti al fine dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, in riferimento al terzo, in quanto non è prevista una richiesta di parere da parte del Tribunale sui dati acquisiti nel corso del procedimento antecedente all'apertura della procedura (osservazioni dei creditori e dell'imprenditore - art. 29, esito degli eventuali ulteriori accertamenti - art. 30) e non sono quindi configurabili conseguenze derivanti dalla relativa omissione. Con il secondo motivo, infine, la SISAS ha denunciato violazione dell'art. 30 del decreto legislativo in esame lamentando sostanzialmente una sottovalutazione del parere del Ministero, che contrariamente a quanto vetrificatosi non avrebbe potuto essere disatteso senza specifica argomentazione, nonché una incongrua interpretazione della normativa vigente relativamente all'oggetto del giudizio demandato al Tribunale, che si sarebbe dovuto limitare a considerare la sussistenza dei requisiti minimali per lo sviluppo della procedura secondo le modalità indicate dall'art. 27 D.Lgs. 1999/270, anziché formulare giudizi prognostici non ancorati su una serie di elementi rilevanti.
Entrambi i profili considerati risultano inconsistenti poiché il parere del Ministero, come detto, è uno dei veri elementi sui quali il Tribunale deve fondare il suo convincimento e non ha una più pregnante efficacia probatoria rispetto agli altri; quanto all'individuazione dell'oggetto della decisione del Tribunale, il citato art. 30 subordina l'emanazione del decreto di apertura della procedura di amministrazione straordinaria alla sussistenza delle condizioni indicate dall'art. 27, da apprezzare tenendo conto del parere e delle osservazioni depositati, nonché degli ulteriori accertamenti eventualmente disposti, ipotesi per l'appunto verificatasi nel caso di specie, in cui il Tribunale ha emesso un giudizio negativo sulle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali. Conclusivamente il ricorso della SISAS va quindi rigettato, con compensazione delle spese di lite avuto riguardo alla delicatezza ed oggettiva opinabilità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi, rigetta quello della SISAS, dichiara inammissibile quello del Ministero. Compensa fra tutte le parti intervenute le spese processuali sostenute nel presente giudizio. Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2004.
Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2004