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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 76 - pubb. 01/07/2007.

Obbligazioni Cirio e nullità del contratto


Tribunale di Palermo, 17 Gennaio 2005. Est. Giulia Malsano.

Intermediazione finanziaria – Violazione degli obblighi di informazione – Tutela di interessi pubblici – Nullità – Sussistenza.

Intermediazione finanziaria – Profilo di rischio – Valutazione – Pregressa operatività in titoli di maggior rischio – Irrilevanza.

Intermediazione finanziaria – Obblighi informativi – Prospetto sui rischi generali di investimento – Presunzione di consapevolezza – Esclusione.

Intermediazione finanziaria – Danno subito dall’investitore – Liquidazione equitativa – Profilo di rischio – Rilevanza.

Intermediazione finanziaria – Danno subito dall’investitore – Diligenza dell’intermediario – Onere dalla prova.


La violazione di tali obblighi contrattuali imposti all’intermediario di prodotti finanziari comporta la nullità dell’operazione eseguita. La sanzione non è posta espressamente dalla norma, ma si ricava agevolmente proprio in considerazione degli interessi pubblicistici, anche di rango costituzionale (art. 47 Cost.) che l’impianto normativo mira a tutelare, identificabili nella tutela dei risparmiatori uti singuli, del risparmio pubblico come elemento di valore dell'economia nazionale, della stabilità del sistema finanziario, dell’efficienza del mercato dei valori mobiliari, con vantaggi per le imprese e per la economia pubblica.

Il profilo a carattere conservativo ed a basso rischio dell’investitore risultante dalla compilazione della scheda informativa nonché dalla pregressa operatività in titoli del debito pubblico italiano con l’obiettivo - dichiarato - di costituire la provvista necessaria all’acquisto di una abitazione, non può ritenersi cambiato per il solo fatto che poco tempo prima dell’acquisto dei titoli dei quali lamenti l’eccessiva rischiosità e quindi l’inadeguatezza abbia negoziato, con esito favorevole, obbligazioni di un paese emergente connotati da un elevato grado di rischio.

L’obbligo dell’intermediario di informare l’investitore non può ritenersi assolto con la consegna del prospetto sui rischi generali di investimento, consegna che, nelle intenzioni del legislatore, pur avendo lo scopo di colmare il divario tra il bagaglio informativo delle parti, non può di certo comportare una presunzione di consapevolezza da parte del consumatore.

Ove l’investitore non dimostri l’entità del danno effettivamente patito, il giudice può procedere alla liquidazione equitativa stesso, ritenendo che un soggetto con bassa propensione al rischio si sarebbe indirizzato verso impieghi prudenti finalizzati precipuamente alla conservazione del capitale investito.

L’onere della dimostrazione dell’aver agito con la specifica diligenza richiesta è addossato dall’art. 23, 4° comma T.U.F. al soggetto abilitato all’esercizio dell'attività che sia stato convenuto in giudizio dal cliente per il risarcimento dei danni risentiti nello svolgimento dei servizi di investimento ed accessori.

Segnalazione dell'Avv. Gaia Matteini

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato a XXX il giorno 4.6.2004, e depositato presso la cancelleria del Tribunale di Palermo, unitamente al fascicolo ed alla nota di iscrizione a ruolo, nel termine prescritto dall’art. 3 comma I D.Lgs n. 5/03, S.A. esponeva di aver acquistato, su suggerimento di un promotore finanziario dell’istituto di credito convenuto, sig. XXX XXX, il quale si era fatto garante della sicurezza e del buon rendimento dell'investimento, obbligazioni Cirio Del Monte al 6,625% con scadenza nel maggio dell’anno 2006, per un controvalore di € 10.000.

Deduceva che gli era stato fatto intendere che l’emissione obbligazionaria provenisse da una solida impresa nazionale e che, avendo manifestato la propria indisponibilità ad investimenti rischiosi, gli fosse stato assicurato il recupero, alla scadenza, del capitale investito.

Lamentava la mancata consegna del documento informativo sui rischi generali correlati agli investimenti finanziari, del contratto di apertura del dossier titoli, della scheda relativa al profilo di rischio dell’investitore.

Rappresentava che, ricevuta copia dell’ordine di acquisto e poi del fissato bollato, si era avveduto che questa era stata eseguita da XXXX in contropartita diretta, ovvero tramite cessione di titoli già presenti nel proprio paniere.

Proseguiva riferendo che nel novembre 2002 una società di trustee inglese aveva dapprima dichiarato il default della emittente i titoli – la quale, si apprendeva solo allora, non aveva sede in Italia, ma in altro paese europeo, il Lussemburgo – in quanto resasi inadempiente alla restituzione dei prestiti alla scadenza, e poi il cross default in relazione ad altri prestiti obbligazionari emessi da società facenti parte del gruppo Cirio e parimenti inadempiuti.

Fallito l’investimento e compromessa non solo la possibilità di percepire gli interessi, ma addirittura di recuperare il capitale investito, l’attore chiedeva la

condanna dell’istituto di credito alla restituzione dell’importo riversato nell’acquisto, al risarcimento dei danni conseguenti, alla ripetizione, infine, degli indebiti prelievi per spese di custodia dei titoli.

Censurava, invero, sotto diversi angoli visuali il contegno della banca che assumeva contrario alle disposizioni di legge (D.Lgs n, 24.2.1998 n. 58, c.d. TUF) e regolamentari (delibera Consob 1.7.1998 n.11522) disciplinanti la materia con pari forza imperativa, in quanto poste a presidio di interessi generali, taluni di rango costituzionale, facendone discendere il corollario dell’invalidità ed inefficacia del contratto concluso.

Imputava, in particolare, alla banca:

di non aver raggiunto un apprezzabile livello di conoscenza dei prodotti finanziari compravenduti;

di aver contravvenuto agli obblighi preliminari alla prestazione dei servizi di investimento proponendo ad un risparmiatore inesperto -senza renderlo edotto del rischio connesso all'investimento, senza segnalargli l’inadeguatezza dell’operazione rispetto alle sue propensioni ed anzi fornendogli dolosamente dichiarazioni fuorvianti- l’acquisto di titoli emessi da una società straniera in uno stato estero ove non vigevano gli stringenti limiti all’emissione di prestiti obbligazionari dettati dal codice civile italiano a garanzia della restituzione, non quotati nei mercati regolamentati e negoziati solo neî servizi di scambi organizzati, privi di prospetto informativo in quanto destinati ad un pubblico di investitori professionali, non assistiti da alcuna valutazione circa il merito di credito della società emittente;

di avere agito in conflitto di interessi, cedendo al cliente strumenti finanziari già in suo possesso, senza informarne per iscritto l’investitore e senza acquisirne il consenso;

di non avere informato il risparmiatore della precipitosa riduzione del valore dei titoli e dunque del patrimonio investito.

Ritualmente costituitasi, con comparsa notificata il 16.9.2004 e depositata il successivo 23 settembre, contenente istanza di fissazione di udienza, XXX  chiedeva il rigetto delle domande.

Confutava, documentalmente, talune affermazioni dell’attore, evidenziando come dal contratto da costui sottoscritto il 14/2/2001 emergesse non solo la eseguita rilevazione del profilo dell’investitore, la sua situazione finanziaria, le sue esperienze, il grado di propensione al rischio e dei suoi obiettivi di investimento, ma anche l’avvenuta consegna del documento esplicativo dei rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, ed ancora come l’ordine di acquisto del 22/1/2002 – una copia del quale era stata consegnata al cliente – questi era stato reso edotto delle modalità di esecuzione dell’acquisto operate dalla banca per conto proprio.

Segnalava come ciò non implicasse che i titoli fossero stati tratti dal proprio paniere ed assumeva, anzi, di averne regolato l’acquisizione in misura strettamente necessaria, per tempi e quantità a soddisfare gli ordini impartiti dalla clientela.

Negava, infatti, di aver preso parte al consorzio di banche incaricate del collocamento dei titoli, e rappresentava come le informazioni reperibili sul mercato all'epoca dei fatti per cui è causa non delineavano il titolo come altamente rischioso, non imponevano di qualificare l’operazione come inadeguata, né lasciavano presagire il crollo.

Riprendendo le osservazioni sviluppate in una nota curata dai servizi studi della Banca d’Italia, affermava la legittimità della negoziazione del titolo -articolata nelle due fasi dell’assunzione a fermo e della negoziazione sul mercato secondario- anche rispetto alle norme del testo unico delle leggi finanziarie disciplinanti la divulgazione del prospetto informativo verso i risparmiatori.

Con decreto di fissazione di udienza depositato il 22.11.2004, il giudice relatore disponeva il libero interrogatorio delle parti e rigettava. in quanto tardive, le istanze istruttorie della convenuta.

A11’udienza collegiale di discussione del 17.12.2004. espletato il libero interrogatorio delle parti. tentata. con esito negativo, la conciliazione e confermato il decreto di fissazione, la causa veniva posta in decisione con assegnazione al relatore del termine di cui all’art. 16 comma V D.Lgs 5/03.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Alla delibazione delle domande dell’attore, cui è sottesa l’allegazione, sotto diversi profili, dell’invalidità del negozio di acquisto delle obbligazioni Del Monte al 6,625%, nonché l’addebito all’intermediario finanziario di responsabilità precontrattuale, è opportuno premettere qualche considerazione sulla struttura dei rapporti negoziali intercorsi tra le parti.

Compendiando i dati che si ritraggono dalla produzione documentale e dalle dichiarazioni rese dall’attore nel corso del libero interrogatorio, risulta acclarato che in data 14.2.2001 S. A. sottoscrisse un contratto di conto corrente di corrispondenza e deposito titoli a custodia ed amministrazione, in forza del quale risultava autorizzato ad impartire a XXX -alla quale aveva contestualmente reso informazioni sulla propria situazione finanziaria ed i propri obiettivi di investimento- ordini per la negoziazione di strumenti finanziari.

Tale contratto, istitutivo, per la parte che qui viene in rilievo, di un mandato avente ad oggetto la prestazione di servizi di investimento, sub specie di negoziazione ex art. 32 delib. Consob 1.7.1998 n. 11522, costituisce dunque la cornice negoziale alla quale si correlano le singole operazioni che con l’intervento necessitato dell’intermediario, l'attore compì ovvero l’acquisto, dapprima, di titoli in valuta polacca per l’equivalente di L 15.000.000 circa e, successivamente, delle obbligazioni Del Monte oggetto del giudizio.

Ricorrono dunque, sia nel caso specifico che in termini più generali, due piani negoziali tra loro collegati; il conferimento del mandato e l’attuazione del servizio di investimento (il quale può assumere svariate conformazioni, implicando, in ragione dell’oggetto dell'incarico -dalla mera ricezione e trasmissioni ordini alla gestione di patrimoni affidati attraverso la mediazione e la negoziazione- e delle concrete modalità operative, un diverso grado di coinvolgimento dell’intermediario) prima ed in vista del compimento del quale l’intermediario è tenuto a partecipare al cliente le informazioni in suo possesso “la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento” (art. 28 comma II delib Consob 1.7.1998 n. 11522).

Poiché dunque le parti sono già legate da un rapporto negoziale, di cui -nel caso concreto- l’acquisto o il disinvestimento di prodotti finanziari costituiscono atti esecutivi, il dato in sé dell’anteposizione temporale delle “adeguate informazioni” rispetto al compimento della singola operazione non è sufficiente ad evocare l’operatività delle regole sulla responsabilità precontrattuale.

La riconduzione della problematica entro la categoria giuridica della responsabilità contrattuale elide la necessità di confrontarsi con le questioni attinenti al limite del risarcimento del danno e consente di qualificare in termini di inadempimento la violazione ad opera dell’intermediario dei doveri di diligenza impostigli dalla legge.

Tali doveri, disciplinati in modo peculiare dal legislatore, che li ha in parte tipizzati offrendo al contempo i presupposti per l’identificazione delle conseguenze dell’inadempimento, integrano il contenuto della prestazione gravante sull’intermediario.

In considerazione del profondo divario di informazioni e cognizioni tecniche possedute dalle parti, con il mandante in posizione di netto svantaggio sul mandatario, quest’ultimo è tenuto, usando della diligenza del professionista avveduto, ad indirizzare le scelte del risparmiatore ed a segnalargli l’eventuale inadeguatezza delle operazioni che intenda comunque compiere, illustrandogliene i motivi.

Le regole che sovrintendono la fase immanente al contratto e prodromica al compimento delle singole operazioni, denominate con terminologia inglese come know your merchandise rule, know yuor customer rule e suilability rule, sono codificate rispettivamente dall’art. 26 comma I lett. e) reg. consob 11522/98, dagli artt. 21 comma I lett. b) T.U.F. e 28 comma I lett. a) reg. Consob n. 11522/98 e dall’art. 29 comma I reg. Consob 11522/98 ed impongono all’intermediario finanziario di:

acquisire un’adeguata conoscenza degli strumenti finanziari dei servizi e dei prodotti diversi, propri o di terzi;

raccogliere informazioni necessarie dai clienti, richiedendo all’investitore -anche mediante moduli prestampati il cui utilizzo è stato legittimato dalla Consob- informazioni sulla sua esperienza in materia di investimenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, la sua propensione al rischio annotando l’eventuale rifiuto del cliente a rendere le risposte;

astenersi dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni, anche se espressamente impartite dal cliente, rispetto a costui non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza e dimensione, salvo la ripetizione scritta dell’ordine preceduta dall’esplicazione delle ragioni di inadeguatezza.

Il nesso di strumentalità tra tali doveri è palese così come manifesto è il loro sinergico operare, unitamente ad altre prescrizioni -quali quelle in tema di separazione patrimoniale, o di conflitto di interessi- verso il raggiungimento di un fine superiore, configurato nell'interesse degli investitori e dell’integrità del mercato (art. 21 comma I lett. a T.U.F. ed art. 26 comma I reg. Consob 11522/98), ovvero quello di assicurare correttezza e trasparenza nell’attività di intermediazione: la corretta interpretazione delle preferenze di investimento dei risparmiatori e la ponderata valutazione dei rischi da parte di costoro riducono l’alea connessa agli investimenti finanziari entro quella connaturata e perciò insopprimibile, alle operazioni eseguite sul mercato dei valori mobiliari ed elidono, tendenzialmente, il rischio non necessario, evitando che questo sia addossato in modo inconsapevole al risparmiatore.

La violazione di tali obblighi contrattuali determina la nullità dell’operazione eseguita. La sanzione non è posta espressamente dalla norma, ma si ricava agevolmente. secondo quanto con continuità affermato dalla giurisprudenza di legittimità e di merito (Cass. 7.3.2001 n. 3272, Trib. Treviso 26.11-16.12.2004, Trib. Mantova 12.11.2004, Trib. Taranto 27.10.2004), proprio in considerazione degli interessi pubblicistici, anche di rango costituzionale (art. 4'7 Cost.) che l’impianto normativo mira a tutelare, identificabili nella tutela dei risparmiatori uti singuli, del risparmio pubblico, come elemento di valore dell'economia nazionale, della stabilità del sistema finanziario, dell’efficienza del mercato dei valori mobiliari, con vantaggi per le imprese e per la economia pubblica (in questi termini, ancorché con riferimento ad altra norma della disciplina dell'intermediazione finanziaria, Cass. 7..3.2001 n, 3272).

Dalla qualificazione in termini di norma imperativa di legge dei precetti comportamentali che sovrintendono all'operato degli intermediari finanziari discende, ai sensi dell’art. 1418 comma I e III c.c., l’affermazione di nullità degli atti negoziali conclusi in loro dispregio.

L’onere della dimostrazione dell’aver agito con la specifica diligenza richiesta è addossato dall’art. 23 comma VI T.U.F. al soggetto abilitato all’esercizio dell'attività che sia stato convenuto in giudizio dal cliente per il risarcimento dei danni risentiti nello svolgimento dei servizi di investimento ed accessori.

Nella specie, l'istituto di credito convenuto, che pur avendo assunto l’iniziativa della notificazione dell’istanza di fissazione di udienza non ha provveduto ad ordinare per capitoli separati le circostanze di fatto che intendeva provare, né ha indicato il nominativo dei testi da escutere, non ha offerto alcun suffragio all’allegazione di diligente comportamento.

Elementi contrari emergono piuttosto dalla pur limitata istruttoria condotta.

Ed invero, rispondendo al questionario rivoltogli dal promotore finanziario della banca, l’attore si dichiarò disponibile a fornire informazioni sulla propria situazione finanziaria indicò di avere esperienza in investimenti in strumenti finanziari e di averne altri in essere, di aver obiettivi di investimento a medio termine e di possedere una media propensione al rischio.

La rappresentazione riassuntiva di tali informazioni, calata in un modulo a stampa a risposte obbligate, è stata ampliata nel corso del libero interrogatorio (ed è presumibile, ed anzi legittimo attendersi in applicazione delle regole sopra riportate, sia stata più ampia nella comunicazione verbale intercorsa tra le parti all’atto della stipula del contratto), ove l’attore ha chiarito che la propria esperienza si formò nel corso degli anni ‘80 attraverso l’acquisto di BOT, “ma mai di titoli di altri genere”

Al profilo di risparmiatore con scarsa esperienza pregressa e limitata propensione al rischio che ne emerge non apporta significativa modificazione l’operazione da questi compiuta prima dell’investimento per cui è causa.

Pur convenendosi con l’istituto di credito che per il tramite del suo procuratore speciale ha sottolineato la necessità di riguardare in divenire alle indicazioni fornite dal risparmiatore all’atto della conclusione del contratto di deposito titoli, registrando l’evoluzione manifestata dalle operazioni da questi successivamente concluse, deve tuttavia ritenersi che l’acquisto di obbligazioni in valuta polacca compiuta dall'attore poco prima dell’operazione per cui è causa -il cui provento costituì oggetto del presente investimento-, in quanto suggerita dallo stesso promotore finanziario, originata dal medesimo quadro, contenuta nell’arco temporale di appena un anno, troppo breve per far presumere un meditato mutamento delle esigenze e propensioni di costui, non condizioni e non innovi il profilo cristallizzato nella scheda informativa.

In altri termini sia l’acquisto di obbligazioni di un paese emergente quale la Polonia, sia l’acquisto di band Cirio Del Monte, in quanto connotati entrambi da una grado elevato di rischio, devono ritenersi operazioni inadeguate per un investitore la cui esperienza prima di allora era maturata solo grazie alla negoziazione di titoli del debito pubblico italiano con l’obiettivo, dichiarato, di costituire la provvista necessaria all’acquisto di un’abitazione. Tra esse l'unica, di certo rilevante, differenza è rappresentata dall’esito, fortuitamente favorevole solo nel primo caso.

L’investimento per cui è causa deve invero ritenersi inadeguato rispetto al profilo dell'investitore, sol che si osservi, utilizzando i dati ritraibili dalle dichiarazioni del procuratore speciale della banca e dalla nota curata dai Servizi Studi e Vigilanza della Banca d’Italia, stralci della quale, insieme agli estremi di pubblicazione, sono riportati in comparsa di risposta, che:

- le obbligazioni Cirio Del Monte erano state emesse da un società non soggetta al diritto italiano, avente sede in Lussemburgo;

- l’emittente non era dunque ristretta, nell’emissione di prestiti obbligazionari, entro i limiti imposti dall’art. 2412 c.c.. nel testo allora vigente;

- in quanto riservate ad un pubblico di investitori professionali, erano sollevate, ai sensi dell’art. 100 T.U.F., dall’osservanza delle stringenti disposizioni di cui agli artt. 94-99 T.U.F. e degli art. 4-19 della delibera Consob 14.5.1999 n. 11971: la società emittente non aveva avanzato comunicazione alla Consob, non aveva sottoposto i propri bilanci al giudizio di una società di revisione, non aveva compilato il prospetto informativo nel rispetto degli schemi predisposti dalla Consob, né un’eventuale nota informativa;

- non erano dunque conoscibili le informazioni “necessarie affinché gli investitori possano pervenire a un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria e sull’evoluzione dell’attività dell’emittente nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti” che a tenore dell’art. 94 comma 2 T.U.F. costituiscono l’oggetto del prospetto destinato alla pubblicazione;

- erano assistite solo da una offering circular adatta alla comprensione degli investitori professionali;

- non erano, ovviamente quotate in borsa né in altri mercati regolamentati italiani, con conseguente sottrazione alle previsioni di cui agli artt. 113-116 delib. Consob 14.5.1999 n. 11971, ed erano scambiate solo nei c.d. mercati non regolamentati ovvero nei sistemi di scambi organizzati dagli intermediari all’uopo abilitati;

- non erano state sottoposte ad una delle agenzia di valutazione indipendente per l’apprezzamento del merito di credito (c.d, rating) della società emittente;

- erano oggetto di limitazioni nella negoziazione, avendo il procuratore speciale dell’istituto di credito riferito di una circolare della Banca d’Italia che, verosimilmente inasprendo le limitazioni di cui all'art. 44 delib. Consob 1.7.1998 n. 11522 ne vietava l'inserimento nei portafogli titoli oggetto di gestione per conto dei clienti.

Si trattava dunque di strumenti finanziari all’evidenza destinati, dopo il necessario passaggio mediato nel paniere titoli di un intermediario finanziario, non alla generalità dei risparmiatori del mercato secondario, ma a quelli tra costoro particolarmente avveduti, esperti e, in ogni caso, significativamente propensi al rischio.

Né è consentito alla banca trincerarsi, senza alcuna dimostrazione, dietro l’allegazione dell’imprevedibilità del crack finanziario dell’emittente e dell’ignoranza delle caratteristiche del titolo, essendo questa tenuta, secondo quanto sopra rilevato, all’osservanza della regola del know your merchandise rule, e non avendo dimostrato, come era suo preciso onere, la diligenza profusa nell’acquisizione di cognizioni circa le caratteristiche del prodotto finanziario e, non ultimo, nella sua rappresentazione all’investitore.

E’ appena il caso di osservare come l’obbligo di trasfondere informazione in favore di costui non può ritenersi assolto per effetto della pur indispensabile, ai fini della validità del negozio, conoscenza del prospetto sui rischi generali di investimento predisposto dalla Consob. La consegna di tale documento, nel caso di specie comprovata, dà corpo, secondo quanto condivisibilmente segnalato dalla dottrina, ad una delle tecniche adoperate dal legislatore per colmare il divario del bagaglio informativo delle parti, ed in alcun modo può essere valutata alla stregua di una presunzione di consapevolezza da parte del consumatore. Anche tralasciando il dato, invero non trascurabile, della non immediata e diffusa comprensibilità dei concetti ai espressi, non può invece non evidenziarsi la genericità del contenuto, tendente ad illustrare le caratteristiche delle diverse tipologie di strumenti finanziari ed i rischi a ciascuna astrattamente connessi ma non ritagliato sull’oggetto della singola negoziazione.

Il riferimento espresso a tale documento e l’ampiezza della formulazione utilizzata inducono, infine, a circoscrivere la portata della dichiarazione apposta in calce all’ordine di acquisto sottoscritto dal cliente che così recita: “Vi confermo che le operazioni sopra indicate sono conformi ai miei obiettivi di investimento e che sono a conoscenza dei rischi ad esse connessi descritti nel Documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari da voi ricevuto” ed a negarle il valore di esternazione di una consapevolezza sulla natura dell’operazione e sul rischio correlato alla cui creazione non contribuisce. L’accoglimento della assorbente domanda principale di nullità del contratto di trasferimento delle obbligazioni Del Monte 6.625% con scadenza 24 maggio 2006 (acquistati, secondo quanto indicato nell’ordine consegnato al cliente, da XXX per conto proprio, ovvero per sé e poi rivenduti a S.A.) solleva dalla necessità di esaminare gli ulteriori profili di invalidità della convenzione negoziale rappresentati dall’attore, potendosi unicamente soggiungere che difetta la prova degli artifici e raggiri usati dal promotore finanziario (ovvero le rassicurazioni sulla storica affidabilità aziendale della società emittente e sul certo recupero del capitale investito) il cui onere, in ossequio al canone generale di riparto dell'onere probatorio fissato dall’art. 2697 c.c., gravava sull’attore non vertendosi nell’ambito tracciato dall’art. 23, comma VI,D.Lgs 24.2,1998 n. 58.

La declaratoria di nullità del contratto obbliga le parti alla ripetizione delle prestazioni rispettivamente ricevute sia con rimando all’attribuzione patrimoniale principale che a quelle accessorie.

Ne consegue, dunque, l’obbligo per XXX di rifondere la somma di € 10.446, 00 (tale in effetti fu l’importo sborsato dall’attore, il quale acquistò le obbligazioni nell'arco temporale di maturazione degli interessi annuali) detratto l’importo di € 579.69 che l’acquirente ha ammesso di aver ricevuto nel maggio dell’anno in cui eseguì l’investimento quale prima ed unica cedola di maturazione degli interessi, nonché quello del risparmiatore alla restituzione dei titoli obbligazionari. Ne discende infine, l'obbligo per l'istituto di credito di restituire gli importi trattenuti a titolo di commissione per l’attività di custodia di questi specifici titoli.

Riprendendo quanto sopra osservato circa la refluenza dell'inosservanza degli obblighi di diligenza gravanti sull’intermediario sui due piani intorno ai quali si articola la vicenda negoziale, occorre ribadire che la nullità della singola operazione in valori mobiliari è solo uno dei predicati della violazione degli obblighi di legge. A tale sanzione si accompagna, in ossequio alle previsioni dell'art 1453 c.c., l’obbligo per XXX di risarcire i danni derivati dal proprio inadempimento al contratto di mandato per la prestazione dei servizi di investimento.

E’appena il caso di sottolineare, invero, che ai sensi dell’art. 30 comma II D.Lgs 24.2.1998 n. 58, il soggetto abilitato alla prestazione di tali servizi è responsabile in solido verso i terzi insieme al promotore finanziario di cui si sia avvalso per l’offerta fuori sede dei prodotti finanziari.

Il danno, legato alla mancata redditività del denaro non correttamente investito, può dunque essere liquidato nella sua interezza, senza la limitazione imposta dalle regole di restituzione dell’indebito di cui all’art. 2033 c.c,, ovvero senza necessità -derivante dall’incongruità, in termini astratti, dell’equiparazione tra mancanza di diligenza e mala fede e dalla mancata dimostrazione, nel concreto, della condizione di mala fede della banca al momento dell’acquisizione patrimoniale- di liquidare i frutti e gli interessi dalla data della domanda giudiziaria.

L’entità del danno effettivamente patito deve essere dimostrata dal creditore ed in difetto può essere liquidato equitativamente dal giudice.

'Nella specie non occorrono presunzioni logiche per affermare che S. A. avrebbe fatto un uso proficuo della somma di €10.000.00. poiché egli si era appunto rivolto all'istituto di credito per investire il guadagno ritratto dal proprio precedente investimento finanziario.

Ancora una volta senza necessità di ricorso a presunzioni può affermarsi sulla scorta delle dichiarazioni da costui rese in risposta alle domande rivoltegli dall’intermediario finanziario per delinearne il profilo, che si sarebbe indirizzato verso impieghi prudenti finalizzati precipuamente alla conservazione del valore del capitale investito.

Può dunque concludersi che ove non gli fosse stato proposto, con la negligenza sopra illustrata, l’acquisto di obbligazioni Del Monte avrebbe indirizzato le proprie scelte verso titoli dell’obbligazionariato statale.

Poiché il rendimento dei buoni ordinari del tesoro si attesta, da quando il saggio legale è fissato anno per anno in misura variabile, su valori moderati a questo sostanzialmente assimilabili, XXXXXXXX va condannata al pagamento, sull’importo di € 9.866,31, degli interessi al saggio legale dal dì dell’esborso sino a quello dell’effettivo pagamento.

In applicazione del principio di soccombenza, le spese di giudizio, liquidate in € 2.300, di cui € 170 per esborsi, € 900 per diritti di procuratore e € 1.230,00 per onorario di avvocato, oltre IVA e CPA come per legge e spese generali secondo tariffa su diritti e onorari vanno poste a carico del convenuto. Di esse va disposta la distrazione in favore dei procuratori che si sono dichiarati antistatali.

P.Q.M.

In parziale accoglimento delle domande proposte da S.A., con atto di citazione notificato il 4/6/2004, dichiara la nullità del contratto di vendita in contropartita diretta di obbligazioni Del Monte al 6,625% con scadenza il 24/5/2006 per il controvalore di € 10.000, da questi sottoscritto in data 22/1/2002;

condanna XXX alla restituzione in favore dell’attore della somma di € 9.866,31, maggiorata degli interessi al saggio legale dal 22.1.2002 sin al dì dell’effettivo pagamento ed alla rifusione delle somme trattenute a titolo di custodia delle obbligazioni indicate;

obbliga A. S. alla restituzione dei titoli;

condanna altresì l’istituto di credito convenuto alla rifusione in favore dell’attore delle spese del giudizio, liquidate in € 2.300,00 e specificate in parte motiva, oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge e spese generali secondo tariffa su diritti ed onorari, disponendo la distrazione in favore dei procuratori antistatari.

 

Nullo il contratto di vendita di obbligazioni Cirio per violazione degli obblighi di diligenza.

Il Tribunale di Palermo, con sentenza depositata il 16.03.05, ha dichiarato la nullità della vendita di obbligazioni Cirio per avere la Banca convenuta violato le regole del know your merchandise rule, know your customer rule e suitability rule, codificate rispettivamente agli artt. 26 comma I lett. e), 28 comma I lett. a), 29 comma I reg. Consob 11522/98 e art. 21 comma I lett. b) T.U.F.

Tali regole, che impongono all’intermediario autorizzato di acquisire un’adeguata conoscenza degli strumenti finanziari, di raccogliere informazioni riguardanti l’esperienza in materia di investimenti da parte del risparmiatore, la propensione al rischio, nonchè i suoi obiettivi di investimento, sono volte alla tutela di interessi superiori, di rango costituzionale,  “identificabili nella tutela dei risparmiatori uti singuli, e del risparmio pubblico, come elemento di valore dell’economia nazionale”.

Da ciò deriva la qualificazione in termini di norma imperativa di tutte le disposizioni che attengono a specifici criteri di comportamento degli intermediari autorizzati.

Il Collegio giudicante ha, quindi, ritenuto l’operazione di acquisto di obbligazioni Cirio inadeguata in relazione al profilo dell’investitore (la cui pregressa esperienza riguardava titoli del debito pubblico italiano), nonchè alla natura altamente rischiosa del titolo in questione (anche in relazione alle caratteristiche dell’ente emittente, una società lussemburghese, non soggetta ai limiti imposti dalla normativa italiana, allora in vigore, per le emissioni obbligazionarie ).

Infine, il Tribunale ha stabilito che l’obbligo di fornire adeguate informazioni al risparmiatore, in relazione all’operazione posta in essere, non può ritenersi assolto unicamente dalla consegna, da parte della Banca, del Documento sui Rischi Generali, stante la “genericità del contenuto” dello stesso.

La sentenza ha disposto, altresì, l’obbligo di restituzione degli importi trattenuti dalla Banca per la custodia dei titoli.

Dott.ssa Angela Testa

(ange.testa@libero.it)