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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 16888 - pubb. 14/03/2017.

Azione di responsabilità ex art. 146 l.f., onere della prova e quantificazione del danno in via equitativa


Tribunale di Venezia, 15 Febbraio 2017. Est. Mariagrazia Balletti.

Fallimento - Società a responsabilità limitata - Azione di responsabilità ex art. 146 L.F. - Natura contrattuale dell’azione esercitata dal curatore fallimentare - Riduzione del capitale al di sotto del limite legale art. 2482-ter c.c. - Prosecuzione dell’attività art. 2485, 2486 c.c. - Aggravamento del dissesto - Responsabilità solidale degli amministratori

Fallimento - Società a responsabilità limitata - Azione di responsabilità - Onere del curatore di allegazione - Indicazione dei singoli atti gestori e rilevanti

Fallimento - Società a responsabilità limitata - Azione di responsabilità - Valutazione equitativa del danno nella causa di merito - Differenza tra passivo fallimentare, attivo fallimentare e patrimonio netto negativo


L'art. 146, co. 2, legge fall. prevede che il curatore è legittimato a esercitare cumulativamente contro gli amministratori sia lazione sociale di responsabilità che sarebbe stata esperibile dalla medesima società, se ancora in bonis, nei confronti dei propri amministratori, di natura contrattuale, sia l'azione che sarebbe spettata ai creditori sociali danneggiati dall'incapienza del patrimonio della società debitrice, che prevalentemente si ritiene di natura aquiliana. La conseguenza della natura contrattuale dell’azione sociale sul piano dell’onere probatorio è che il creditore è tenuto ad allegare l’inadempimento (qualificato, in quanto idoneo astrattamente a causare il danno), mentre il debitore è tenuto a dimostrare l’adempimento ovvero che l’inadempimento è dovuto a causa a lui non imputabile; sull’attore grava comunque l'onere di allegare, e poi di provare, gli elementi indispensabili per aversi responsabilità civile, che sono elementi costitutivi della domanda risarcitoria: danno e nesso di causalità. (Alberto Rinaldi) (riproduzione riservata)

Il criterio che appare utilizzabile ai fini di una valutazione equitativa del danno, resa necessaria dallo svolgimento di attività di gestione prolungata per quasi due anni dopo l’erosione del capitale sociale con importante aggravio delle perdite, senza che siano nel contempo individuabili singolarmente specifiche operazioni dannose, anche a causa della parziale mancanza della contabilità, è costituito dalla quantificazione del passivo accertato in sede fallimentare e dalla sottrazione da tale importo dell’attivo realizzato in sede fallimentare; così determinato lo sbilancio attivo – passivo fallimentare, da tale importo va detratto il patrimonio netto negativo accertato al momento della perdita del capitale sociale, al fine di ottenere l’importo finale relativo all’aggravio del passivo, costituente il risarcimento del danno. (Alberto Rinaldi) (riproduzione riservata)

Segnalazione dell'Avv. Alberto Rinaldi di Verona


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