Diritto Bancario e Finanziario


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1816 - pubb. 18/09/2009

Protesto di pagherò cambiario pagato e responsabilità della banca

Cassazione civile, sez. I, 13 Maggio 2009, n. 11130. Est. Marina Tavassi.


Titoli di credito – Cambiale (o pagherò) – In genere – Banca presso cui il pagherò cambiario risulta pagabile – Intervenuto pagamento – Omessa attivazione per impedire il protesto – Responsabilità da contatto – Responsabilità da comportamento omissivo – Configurabilità – Fattispecie.



La banca presso cui il pagherò cambiario risulta pagabile, qualora abbia notizia dell'intervenuto pagamento, ha l'obbligo di attivarsi per impedire che, attraverso il protesto, si verifichino gli effetti pregiudizievoli di un evento che non ha più ragione d'essere a fronte dell'intervenuto pagamento del titolo; in mancanza di tale attivazione, si configura una responsabilità da contatto, oltre che una responsabilità da comportamento omissivo, in relazione all'affidamento incolpevole dell'interessato, che abbia comunicato l'avvenuto pagamento dell'effetto cambiario. (Nella specie, il pagamento era avvenuto il primo dei due giorni successivi alla scadenza e l'ordine di ritiro era pervenuto alla banca in tempo utile per effettuare le comunicazioni al notaio, ai sensi dell'art. 9 della legge 12 giugno 1973, n. 349). (fonte CED – Corte di Cassazione)


 


omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 26.2.1988 Parisi Pietro conveniva in giudizio, avanti al Tribunale di Salerno, la Banca Nazionale dell'Agricoltura, al fine di ottenere la dichiarazione di responsabilità della stessa per l'illegittimo protesto di un pagherò cambiario, dal medesimo Parisi emesso in favore della SAVA S.p.a. in data 6.7.1983, incassabile presso la filiale di Nocera Inferiore del Banco di Napoli, alla scadenza del 6.3.1986. L'attore affermava di aver dato incarico di provvedere al pagamento della citata cambiale in tempo utile e che il Banco di Napoli aveva dato corso all'ordine provvedendo al richiamo della cambiale a mezzo telex pervenuto alla B.N.A. alle ore 14.32 del 7.3.1986. Ciononostante la B.N.A. aveva consegnato il titolo al Notaio Torella Pasquale, il quale ne aveva elevato il protesto. Affermava altresì l'attore di non aver avuto notizia di tale protesto per lungo tempo, venendogli in tal modo preclusa la possibilità di effettuare il pagamento direttamente nelle mani del notaio, così da evitare la pubblicazione dello stesso, che aveva rappresentato per lui fonte di discredito personale e commerciale. La B.N.A. si costituiva in giudizio per resistere alle domande attoree, ritenendole carenti di adeguato supporto probatorio, e negando il ritardo nel richiamare l'effetto cambiario. Sosteneva di aver informato per tempo il notaio dell'avvenuto richiamo della cambiale, incaricandolo di soprassedere all'elevazione del protesto; chiamava quindi in giudizio il Notaio Pasquale Torella, allo scopo di essere sollevata da eventuali danni riconosciuti all'attore.

Il Notaio Pasquale Torella si costituiva in giudizio, deducendo che le affermazioni della B.N.A. non erano rispondenti al vero, poiché egli non aveva ricevuto alcuna comunicazione relativa a disposizioni di richiamo del titolo da parte della convenuta, in mancanza delle quali aveva proceduto al protesto nei termini di legge.

Il giudizio veniva rimesso al neoistituito Tribunale di Nocera Inferiore, la cui sezione stralcio, con sentenza n. 318/01, accoglieva la domanda proposta dal Parisi, condannando la B.N.A. al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, all'annotazione dell'errata levata del protesto nel bollettino dei protesti cambiari, ed al pagamento delle spese di giudizio. Il Tribunale giudicava il Notaio Torella estraneo ad ogni addebito, in quanto egli aveva dimostrato di aver legittimamente elevato il protesto, non avendo ricevuto nessuna comunicazione dalla Banca in ordine all'avvenuto richiamo del titolo.

Avverso tale pronuncia la Banca Antoniana Popolare Veneta (Antonveneta) S.c.a.r.l., che aveva incorporato la B.N.A. presentava appello dinnanzi alla Corte d'Appello di Salerno. L'appellante censurava la decisione del Giudice di prime cure, per insufficiente motivazione, ritenendo sforniti di adeguate prove a supporto i presupposti delle domande dell'appellato, contestando la tempestività dell'incarico da questo ultimo conferito al Banco di Napoli di provvedere al pagamento del titolo, nonché la tempestività del successivo richiamo compiuto dal Banco di Napoli. Insisteva inoltre nell'affermare la responsabilità del Notaio Torella per eventuali danni patiti dall'appellato, a causa del protesto elevato nonostante il titolo fosse stato richiamato. Parisi Pietro si costituiva in giudizio deducendo l'infondatezza dell'impugnazione della controparte, ribadendo la duplice responsabilità contrattuale ed extra contrattuale dell'istituto di credito; ritenuto inadeguato il risarcimento danni liquidato nel giudizio di primo grado, proponeva appello incidentale limitatamente al quantum debeatur.

Con sentenza depositata in data 5.3.2004, la Corte d'Appello di Salerno riformava la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore ed accoglieva l'appello principale proposto dalla Banca Antonveneta, conseguentemente rigettando l'appello in via incidentale presentato dal Parisi. La Corte condannava Parisi Pietro a rifondere all'appellante le spese processuali di primo grado, liquidate in complessivi Euro 5.632,34, e a rifondere le spese processuali relative al secondo grado di giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.243,29. Dichiarava compensate le spese processuali del doppio grado di giudizio tra l'appellante principale e Torella Pasquale. Parisi Pietro proponeva ricorso per cassazione contro la decisione della Corte d'Appello di Salerno con atto notificato in data 11.10.2004, deducendo tre motivi di censura, illustrati da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c., con la quale depositava l'originale della cambiale.

La Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.a. presentava controricorso depositato il 20.11.2004, sostenendo l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare deve escludersi l'ammissibilità della produzione dell'originale della cambiale che parte ricorrente ha versato in atti con la memoria depositata a norma dell'art. 378 c.p.c.. Nel giudizio di cassazione, infatti, ai sensi dell'art. 372 c.p.c., non è ammesso il deposito di documenti che non risultino già prodotti nei precedenti gradi del processo, fatta eccezione per quelli che riguardino la nullità della sentenza impugnata e l'ammissibilità del ricorso e del controricorso, casi che non ricorrono nella specie.

Tuttavia gli elementi di detta cambiale risultano ampiamente descritti negli atti di causa; inoltre, la stessa risulta esser stata prodotta in copia fin dal primo grado di giudizio, essendo stato l'originale esibito all'udienza del 22.9.99 (rilievo di parte ricorrente non contestato dalla Banca resistente), senza che siano stati formulati dubbi circa la corrispondenza della copia in atti all'originale e ciò ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2719 cod. civ..

2.1. Con il primo motivo di ricorso la difesa di Parisi Pietro lamenta la violazione dell'art. 112 c.p.c., e l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Espone il ricorrente di avere diffusamente argomentato circa due aspetti fondamentali del comportamento della Banca nell'illegittima pubblicazione del protesto. Il primo riguardante la richiesta di levata del medesimo, nonostante l'ordine di ritiro del Banco di Napoli e il secondo relativo alla mancata comunicazione del sopraggiunto pagamento al notaio, nel totale disinteresse per tutta la vicenda. Deduce, quindi, il ricorrente il difetto di motivazione della Corte d'Appello che si era limitata a considerare solo il primo profilo di responsabilità, ritenendo legittima la levata del protesto, mentre non aveva tenuto in alcun conto l'aspetto concernente la successiva condotta della Banca. Tale carente esame integrava anche la violazione dell'art. 112 c.p.c., per mancato rispetto del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato.

2.2. Con il proposto controricorso, la Banca Antonveneta osserva che il ricorrente, contrariamente a quanto asserito, nella sua comparsa di costituzione davanti alla Corte d'Appello di Salerno non aveva fatto alcun cenno al comportamento della Banca successivo all'ordine di ritiro per intervenuto pagamento del titolo; inoltre, accertata la legittimità della richiesta del protesto, non vi era ragione di motivare sui fatti successivi allo stesso.

2.3. In relazione al primo motivo di impugnazione deve ritenersi che lo stesso sia fondato, apparendo infatti corrispondente a verità il rilievo del ricorrente circa la deduzione da parte sua di un duplice profilo di responsabilità da parte della Banca Nazionale dell'Agricoltura (ora Banca Antonveneta), in termini commissivi per l'asserita richiesta di levata del medesimo, nonostante l'ordine di ritiro del Banco di Napoli, ed in termini omissivi, per la mancata comunicazione del sopraggiunto pagamento al notaio al fine di impedire la levata del protesto.

Fermandosi ora al profilo della deduzione (si tratterà in seguito del profilo della fondatezza o meno di tali deduzioni); può dirsi che non vi sia dubbio circa la duplice affermazione di responsabilità sostenuta in causa dalla difesa Parisi, ove si osservi che nell'esordio della parte motiva della sentenza si da atto sia del profilo della tempestività del richiamo (anticipato rispetto a quello che cronologicamente si configurava per secondo), sia del termine entro il quale avrebbe dovuto avvenire il pagamento, evidentemente al fine di considerare la legittimità del protesto. Tuttavia, in relazione al primo profilo indicato (quello che cronologicamente e logicamente si sarebbe posto in un momento successivo), riguardante l'ordine di richiamo, la sentenza impugnata afferma che l'attore non aveva fornito prova dell'effettiva tempestività di detto ordine, ne' aveva individuato la fonte dell'obbligo giuridico in base al quale la Banca sarebbe stata tenuta ad impedire la levata del protesto. Null'altro è detto al riguardo, posto che nella parte successiva della motivazione la sentenza si dilunga a considerare che il pagamento della cambiale avrebbe dovuto avvenire nel giorno della scadenza, potendo essere preteso in detto giorno, mentre nei due giorni successivi avrebbe semplicemente potuto (e non dovuto) essere effettuato, a norma del R.D. n. 1669 del 1933, art. 43.

Si può quindi effettivamente rilevare un vizio della motivazione relativa al secondo profilo di responsabilità per non avere la Corte d'appello espresso una sua valutazione in merito alla tempestività dell'ordine di richiamo ed all'obbligo della Banca di attivarsi per impedire il protesto. L'affermazione della carenza di prova e di omessa individuazione dell'obbligo a carico della banca appaiono, infatti, affermazioni assertive ed apodittiche, prive di una effettiva disamina degli elementi in atti riguardanti tale secondo momento, quello successivo al pagamento, intervenuto sia pure in ritardo rispetto alla scadenza (il giorno successivo), ma che avrebbe dovuto essere analizzato in relazione alla verifica della ricorrenza o meno di un obbligo a carico della banca di agire affinché la richiesta di levata del protesto fosse revocata ed il protesto fosse impedito. Tali profili costituiranno oggetto di disamina più approfondita in replica al secondo e al terzo motivo di censura. 3.1. Il secondo motivo di censura riguarda la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1176 e 1218 cod. civ., art. 2043 cod. civ., e segg.; della L. 12 giugno 1973, n. 349, art. 9; dell'art. 43 della Legge Cambiaria; dell'art. 116 c.p.c., nonché l'omissione, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Rileva la difesa ricorrente che gli argomenti a sostegno della legittimità del protesto svolti nella sentenza impugnata si risolvono nei seguenti tre:

- il primo fa riferimento all'art. 43 L. Cambiaria, in base al quale, stante la possibilità di effettuare il pagamento nei due giorni feriali successivi alla scadenza, non è tuttavia preclusa l'esigibilità subito dopo la stessa. Argomentazione ritenuta superflua nel caso di specie, non essendo contestata la possibilità di protestare il titolo, ma il fatto che la Banca lo avesse fatto protestare nonostante l'ordine di richiamo pervenuto in tempo utile;

- il secondo addebita al ricorrente di non aver fornito prove dell'effettiva tempestività dell'ordine di richiamo; al contrario, la Banca aveva restituito il titolo dando atto del richiamo e senza il cosiddetto "foglio di allungamento", riconoscendo così che il pagamento era avvenuto per tempo; inoltre, era stata prodotta lettera della Banca datata 1.2.1988, con la quale la Banca aveva chiesto in restituzione il titolo al Notaio Torella;

- il terzo rimprovera al ricorrente la mancata individuazione della fonte dell'obbligo giuridico che vincolava la Banca appellante ad impedire la levata del protesto; mentre - a detta del ricorrente - egli fin dal primo grado aveva individuato la fonte della responsabilità nella previsione di cui all'art. 2043 c.c.. 3.2. Sul punto la Banca Antonveneta ha replicato che non andava apprezzato il solo dato temporale, ma anche la concreta possibilità e il dovere della Banca di evitare la levata del protesto una volta ottenuto il pagamento del titolo. La controricorrente argomenta anche sui tempi tecnici di trasmissione del richiamo tra il competente ufficio di Salerno e la filiale di Nocera Inferiore, ove la cambiale era giacente; afferma che l'ordine di pagamento del titolo era giunto alle ore 14.32, quando gli sportelli erano chiusi. Alla riapertura, l'ufficio di Salerno aveva dovuto svolgere una serie di operazioni previste dalla normativa interbancaria relativamente agli ordini di richiamo, e solo in seguito aveva potuto trasmettere il richiamo alla propria filiale locale. Afferma ancora che era onere dell'attore dimostrare la tempestività dell'arrivo del richiamo alla Banca. 4.1. Con il terzo motivo di gravame il Parisi imputa alla sentenza impugnata la violazione degli artt. 1175, 1176 e 1218 c.c., art. 2043 c.c., e segg.,; nonché l'insufficienza della motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Assume in particolare che era preciso obbligo della banca medesima dare immediata comunicazione del pagamento al notaio, mediante una nota di correzione della distinta e, comunque, evitare la pubblicazione del protesto. Ribadisce la duplice responsabilità della Banca che non solo si astenne da qualsiasi iniziativa per evitare la pubblicazione del protesto, ma si adoperò per occultare l'avvenuto protesto, giacché restituì il titolo all'ordinante Banco di Napoli, che poi provvide a consegnarlo al Parisi con l'espressa indicazione "richiamato", dando così ad intendere che la cambiale era stata regolarmente pagata, senza alcun problema per il medesimo Parisi, il quale apprese dell'esistenza del protesto solo in conseguenza della pubblicazione sul relativo bollettino, quando cominciarono a manifestarsi segni di sfiducia nei suoi confronti. Sostiene la difesa ricorrente sia la sussistenza di un illecito extracontrattuale, sia di un illecito di natura contrattuale in relazione al rapporto obbligatorio derivante da contatto sociale, ponendo altresì in evidenza la violazione del rapporto di mandato, che deve ravvisarsi nell'ordine di ritiro del titolo impartito dal Banco di Napoli alla Banca Nazionale dell'Agricoltura e da questa non adempiuto correttamente, essendo manifesta la violazione dell'obbligo di diligenza e dei principi di correttezza e buona fede. Ribadisce parte ricorrente la carenza di motivazione in ordine alla omessa comunicazione al notaio, da parte della Banca, dell'intervenuto pagamento del titolo e conclude per il riconoscimento dei danni subiti e per la conferma della sentenza del Tribunale.

4.2. La replica della Banca sul punto si sostanzia nel rilievo che, per quanto attiene la mancata comunicazione al notaio del pagamento del titolo, non vi sia normativa in materia che consenta di attivare una procedura in tal senso.

5.1. I motivi secondo e terzo meritano di essere esaminati congiuntamente , stante l'intrinseca connessione ed intersezione degli argomenti utilizzati.

Appare logicamente preliminare collocare nel sistema l'obbligo della Banca di attivarsi affinché, una volta ottenuta la notizia dell'intervenuto pagamento, fosse impedita la levata del protesto. Non può imputarsi alla difesa ricorrente di non aver individuato la fonte dell'obbligo giuridico su cui fondare la propria pretesa risarcitoria, dal momento che spetta al giudice individuare le norme giuridiche da applicare al rapporto sostanziale dedotto in giudizio. Nei fatti poi l'affermazione della "latitanza" sul punto della difesa ricorrente appare infondata, se non altro perché fin dalle prime battute processuali si erano delineati i profili dell'obbligo della buona fede nell'esecuzione del mandato (anche con accenni ad una semplice responsabilità per il rapporto di fatto, in cui la B.N.A. si era comunque inserita, quale banca presso cui il pagherò risultava pagabile e quale soggetto richiedente la levata del protesto per omesso pagamento) e comunque della sua responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ.. La difesa ricorrente ha in questa sede riproposto entrambi i profili di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale.

Ritiene questa Corte che l'obbligo della Banca Nazionale dell'Agricoltura, di attivarsi per impedire la levata del protesto, possa essere individuato, se non nel rapporto dì mandato (questo intercorrendo fra il Parisi ed il Banco di Napoli piuttosto che fra il Parisi e la B.N.A.), in una responsabilità da contatto. Si ritiene infatti di poter dare applicazione nel caso in esame ai principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte con riferimento alla ed. responsabilità da contatto. Ed invero, il principio elaborato in tema di contatto c.d. sociale per l'ipotesi di responsabilità del personale insegnante della scuola (obbligo di protezione e vigilanza dell'insegnante per il danno cagionato a se stesso da un allievo: S.U. sent. n. 9346 del 27.6.2002, Pres., Marvulli, Est. Preden, rv. 555386; conf. Sez. 3^, sent. n. 24456 del 18.11.2005, Pres. Giuliano, Est. Trifone, rv. 587952), di responsabilità medica (responsabilità professionale da contatto sociale del medico rispetto ad un paziente rivoltosi alla struttura sanitaria in cui il medico svolgeva la sua attività, S.U. sent. n. 577 dell'11.1.2008, rv. 600903, Pres. Carbone, Est. Segreto), ha poi ricevuto una significativa applicazione da parte di questa sezione (sent. n. 8229 del 7.4.2006, Pres. Losavio, Est. Rordorf, rv. 588165) in un caso in cui è stata affermata la responsabilità dell'intermediario finanziario per l'attività svolta dall'apparente promotore che in tale veste abbia posto in essere un comportamento pregiudizievole per chi agiva in giudizio per il risarcimento dei danni subiti. Anche in quel caso emergeva un'esigenza di informazione tempestiva da parte dell'intermediario finanziario, idonea ad evitare il prodursi di un danno. Ora nel caso di specie non può dubitarsi che fosse dovuta dalla Banca, che aveva provveduto a rivolgere al Notaio la richiesta del protesto, la notizia riguardante un fatto nuovo,idoneo a dispiegare effetti sostanziali e risolutivi sulla posizione del debitore traente del titolo cambiario. La levata del protesto, infatti trovava il suo presupposto fondante nel mancato pagamento, l'intervenuto pagamento faceva venir meno il presupposto su cui si fondava il protesto. Quindi, appare innegabile l'obbligo della Banca che tale protesto aveva richiesto ad attivarsi per impedire gli effetti pregiudizievoli di un evento che non aveva più una sua ragion d'essere a fronte dell'intervenuto pagamento del titolo.

Si ravvisa un'ulteriore colpa della B.N.A., per comportamento omissivo, in relazione all'affidamento incolpevolmente riposto dal Parisi circa l'avvenuta comunicazione del pagamento dell'effetto cambiario. Diversamente il Parisi avrebbe potuto egli stesso attivarsi e comunicare al Notaio l'intervenuto pagamento, o porre in essere la procedura di rettifica o di cancellazione della pubblicazione del protesto. Sarebbe stato sufficiente che la B.N.A. comunicasse che i tempi tecnici non le consentivano di intervenire presso il Notaio e che a quel punto il meccanismo di pubblicazione della levata del protesto non poteva più essere bloccato da essa Banca per mettere l'interessato in condizione di attivare gli strumenti che l'ordinamento metteva a sua disposizione, per evitare o limitare il pregiudizio conseguente alla pubblicazione (L. n. 77 del 1955, ex art. 3, come modif. dalla L. n. 349 del 1973, art. 12). Si deve infatti ancora considerare che il titolo - secondo l'affermazione del ricorrente non smentita dalla resistente - gli era stato restituito con la dicitura "richiamato", senza che vi fosse traccia del foglio di allungamento concernente il protesto e senza che gli venissero addebitate le spese relative, cosicché non vi era alcuna ragione di mettere l'interessato sull'avviso che il titolo non fosse stato effettivamente richiamato.

5.2. È vero che, affinché una condotta omissiva possa essere assunta come fonte di responsabilità per danni, non basta riferirsi al solo principio del "neminem laedere" o ad una generica antidoverosità sociale della condotta del soggetto che non abbia impedito l'evento, ma occorre individuare, caso per caso, a carico di quest'ultimo, un vero e proprio obbligo giuridico di impedire l'evento lamentato, il quale può derivare o direttamente da una norma, ovvero da uno specifico rapporto negoziale o di altra natura intercorrente fra il titolare dell'interesse leso e il soggetto chiamato a rispondere della lesione (Cass. sez. 3^, sent. n. 13957 del 30/06/2005, rv. 582568; conformi: n. 9590 del 1998 rv. 519150, n. 63 del 2003 rv. 559462, n. 13892 del 2005 rv. 582559).

Correttamente nel caso di specie può essere ravvisata quella specifica situazione, cui fa riferimento altra giurisprudenza di questa Corte (sez. 3, sent. n. 14484 del 29/07/2004, rv. 575698; n. 72 del 1997 rv. 501570), secondo la quale l'obbligo giuridico di impedire il verificarsi di un evento dannoso può sorgere in capo ad un soggetto, non soltanto quando una norma o un preciso dovere negoziale imponga di attivarsi per impedire l'evento, ma anche quando si verifichi una specifica situazione che esiga il compimento di una determinata attività a tutela di un diritto altrui. Giova ricordare che nel primo caso citato (sent. n. 14484 del 2004) questa Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero fatto corretta applicazione di tale principio, ritenendo responsabile del danno subito dall'emittente di un assegno bancario il soggetto che, ricevuta una lettera contenente l'assegno sebbene indirizzata ad altri, invece di restituirla al mittente, la trattenga ed ometta di custodirla in modo da impedire che il titolo di credito venga sottratto da terzi che frequentano la sua casa o si introducano in essa con il suo consenso per impossessarsi a mezzo di ulteriore attività illecita della somma indicata dall'assegno. Si può ancora ricordare, quale precedente puntuale rispetto al caso in esame, la più recente decisione di questa sezione (sez. 1^, Pres. Proto, Est. Gilardi, sent. n. 18316 del 30/08/2007, rv. 598531; conf. n. 11103 del 1998, rv. 520382), che ha stabilito che la banca possa essere convenuta per responsabilità in tema di levata illegittima del protesto, ove le informazioni da essa fornite al pubblico ufficiale che procede alla levata ovvero le omissioni informative abbiano inciso causalmente sulla determinazione dell'evento. Nella fattispecie la Corte ha ritenuto la responsabilità della banca che, pur in possesso dello "specimen" del cliente, aveva omesso di confrontare lo stesso con la firma (diversa) apposta sui titoli (assegni bancari), spiccati sul conto corrente del protestato, e ha affermato il diritto di quest'ultimo al risarcimento dei danni cagionati dal protesto per la pubblicità "ipso facto" conferita all'insolvenza del debitore e conseguente discredito, tanto personale quanto patrimoniale, anche sotto il profilo della lesione dell'onore e della reputazione al protestato come persona, a prescindere dai suoi interessi commerciali, ritenendo altresì che al danneggiato non incombesse neppure l'onere di provare la esistenza del pregiudizio, poiché il protesto illegittimo e non seguito da una efficace rettifica è da ritenere comunque lesivo dei diritti della persona. Anche nel caso di specie può ravvisarsi una situazione che legittimava a pretendere dalla Banca un'attività di intervento presso il Notaio per impedire la levata del protesto: era infatti stata la B.N.A. a trasmettere al Notaio l'indicazione dell'insoluto relativo alla cambiale per cui è causa, avrebbe dovuto essere la medesima Banca a comunicare al Notaio il venir meno della condizione che rappresentava il presupposto per il protesto, vale a dire il mancato pagamento.

5.3. La Corte territoriale ha rilevato che a norma del R.D. n. 1699 del 1933, art. 43, vi era una possibilità e non un obbligo di pagare: il rilievo è fondato, ma del tutto inconferente o, comunque, incompleto. Ciò che rilevava infatti era che nella specie, nel primo dei due giorni successivi alla scadenza, il pagamento era di fatto avvenuto e, quindi, validamente avvenuto in relazione alla facoltà di cui al citato art. 43. Inoltre, si può ancora considerare che l'art. 51, comma 3 Legge Cambiaria, prevede che il protesto per mancato pagamento di una cambiale pagabile a giorno fisso debba essere levato in uno dei due giorni feriali seguenti al giorno in cui la cambiale è pagabile.

Se è vero che l'art. 43 citato, secondo l'interpretazione fornitane dalla Corte d'appello di Salerno, prevede che il pagamento possa avvenire nei due giorni successivi alla scadenza, una simile facoltà non può restare priva di effetti, ma al contrario legittima a richiedere il ritiro dell'effetto e la sospensione della richiesta di levata del protesto, a meno che non si provi (l'onere probatorio essendo esattamente l'opposto di quello indicato dalla sentenza impugnata) che i termini di trasmissione dell'ordine del ritiro non abbiano consentito di provvedervi.

A tale riguardo va rilevato come la Banca resistente non abbia mai contestato che l'ordine del ritiro fosse ad essa pervenuto alle ore 14,32 del 7.3.86 (lo afferma la stessa sentenza a pag. 4), cosicché può affermarsi che fino alle ore 18, indicate dalla L. n. 349 del 1973, art. 9, quale termine entro cui concludere l'invio delle comunicazioni al notaio, vi era tutto il tempo per comunicare a quest'ultimo l'avvenuto ritiro del titolo.

Eventuali più complessi adempimenti, che la Banca ora indica come necessari (come pure la mancanza di tempo sufficiente a compiere detti adempimenti), avrebbero dovuto essere dimostrati dalla medesima Banca, posto che il Parisi già risulta aver ottemperato all'onere probatorio che incombeva a suo carico nel momento in cui ha provato che la richiesta di ritiro era pervenuta alla B.N.A. nel primo pomeriggio del giorno 7. È significativo il rilievo che l'iniziale difesa della Banca sia stata nel senso di aver proceduto ad inoltrare una simile comunicazione al Notaio e che sarebbe stato questi a non tenerne conto per sua negligenza.

La cronologia degli eventi e la normativa applicabile non sono stati sufficientemente e correttamente presi in considerazione dalla Corte d'appello salernitana.

5.4. Alla luce delle valutazioni espresse, la sentenza deve essere cassata, non potendo la causa essere decisa nel merito in quanto è necessario compiere ulteriori accertamenti in fatto in relazione all'impugnazione della Banca Antoniana Popolare Veneta, con riferimento all'ammontare del risarcimento preteso dal Parisi e liquidato dal primo giudice. Deve, quindi, essere disposto il rinvio alla Corte d'appello di Salerno in diversa composizione, che deciderà anche in ordine alle spese processuali, comprese quelle del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Salerno in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 febbraio 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2009


Testo Integrale