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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21367 - pubb. 13/03/2019.

Cessione di crediti in blocco: il giudice deve valutare se il singolo rapporto dedotto in giudizio è compreso fra quelli ceduti


Cassazione civile, sez. I, 29 Dicembre 2017. Est. Mercolino.

Cessione di crediti in blocco ex art. 58 TUB – Effetti – Valutazione del giudice in ordine al singolo rapporto dedotto in giudizio – Necessità


Nella cessione di crediti in blocco, rientranti nella previsione di cui all’art. 58 TUB, la possibilità di fare riferimento alle caratteristiche dei rapporti ceduti quale criterio per l'individuazione dell'oggetto del contratto, non esime il giudice dal verificare, facendo riferimento ai criteri di individuazione indicati nella cessione, se lo specifico rapporto dedotto in giudizio rientra o meno tra quelli ceduti. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

 

Fatti di causa

1. Con decreto del 14 ottobre 2011, il Tribunale di Palermo ha rigettato l'opposizione proposta dall'Unicredit Credit Management Bank S.p.a. avverso lo stato passivo del fallimento della (*) S.r.l., avente ad oggetto l'ammissione al passivo di un credito di Euro 152.226,67 a titolo di saldo di un conto corrente ordinario.

A fondamento della decisione, il Tribunale ha ritenuto innanzitutto ammissibile, ai sensi del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 99, comma 2, n. 4, la nuova documentazione allegata al ricorso, escludendo che la mancata produzione della stessa nel procedimento di verificazione comportasse una decadenza, non prevista dalla legge, ed evidenziando la diversità del giudizio di opposizione dall'appello e la conseguente inapplicabilità dello art. 345 c.p.c.. Premesso inoltre che il credito azionato era pervenuto all'opponente a seguito dell'incorporazione dell'Aspra Finance S.p.a., che lo aveva acquistato dall'Unicredit Corporate Banking S.p.a. (già Unicredit Banca d'Impresa S.p.a.) a mezzo di cessione pro soluto, ne ha ritenuto non provata la titolarità, rilevando che dalla visura camerale e dall'avviso di pubblicazione della cessione dei crediti sulla Gazzetta Ufficiale non risultava se il credito fosse compreso nel blocco dei rapporti ceduti o tra quelli esclusi.

2. Avverso il predetto decreto l'UCMB ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, illustrato anche con memoria. Il curatore del fallimento ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi.

 

Ragioni della decisione

1. Con l'unico motivo d'impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. Fall., artt. 92-99, D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, artt. 57 e 58 e dell'art. 1264 c.c., nonchè l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel ritenere non provata la titolarità del credito, il decreto impugnato non ha tenuto conto dell'avvenuta dimostrazione dell'adempimento di tutte le formalità prescritte per la cessione, in virtù delle quali doveva presumersi, fino a prova contraria, che il rapporto in questione rientrasse tra quelli ceduti in blocco. Premesso che l'avviso di cessione elencava analiticamente i rapporti esclusi, osserva che il Tribunale ha omesso di spiegare le ragioni per cui ha ritenuto che il credito azionato ne facesse parte, pur non avendo nessuna delle caratteristiche indicate nel relativo elenco.

1.1. Il motivo è fondato.

L'istanza d'insinuazione al passivo è stata infatti proposta dall'UCMB in qualità di procuratrice dell'Aspra Finance, asseritamente succeduta all'Unicredit Corporate Banking, già Unicredit Banca d'Impresa, nel credito da quest'ultima vantato nei confronti della società fallita, per effetto di cessione in blocco di crediti relativi a posizioni classificate come sofferenze, ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 58; nel corso del procedimento di verificazione, poi, la mandataria si è fusa per incorporazione con la mandante, ed è pertanto subentrata a quest'ultima nella titolarità del credito, proponendo in tale qualità l'opposizione allo stato passivo. La predetta titolarità è stata peraltro ritenuta non provata dal decreto impugnato, in virtù della mancata dimostrazione dell'inclusione del credito tra quelli ceduti in blocco all'Aspra Finance, non essendo stato prodotto l'atto di cessione, e non risultando la predetta inclusione nè dalla visura camerale, nè dall'avviso di pubblicazione della cessione nella Gazzetta Ufficiale depositati dalla ricorrente.

Tale conclusione non risulta tuttavia conforme alla particolare disciplina della cessione prevista dall'art. 58 cit., la cui portata derogatoria rispetto a quella generale dettata dal codice civile, fa apparire inadeguata la motivazione del decreto impugnato, nella parte in cui ha dato per scontato che l'atto stipulato dall'Aspra Finance con l'Unicredit Corporate Banking o i relativi allegati dovessero contenere la specifica indicazione del credito ceduto, ed ha ritenuto pertanto insufficiente la produzione dell'avviso di pubblicazione, recante l'indicazione per categorie dei rapporti esclusi dalla cessione, omettendo conseguentemente di verificare se il credito azionato fosse o meno riconducibile ad una delle predette categorie.

Il D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 58, nel consentire "la cessione a banche di aziende, di rami d'azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco", detta, come si è detto, una disciplina ampiamente derogatoria rispetto a quella ordinariamente prevista per la cessione del credito e del contratto, a) subordinandone l'efficacia alla notizia data dalla banca cessionaria mediante l'iscrizione della cessione nel registro delle imprese e la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale, b) disponendo che tali adempimenti producono i medesimi effetti dell'accettazione o della notificazione previsti dall'art. 1264 c.c., c) attribuendo a coloro che sono parte di contratti ceduti la facoltà di esigere entro tre mesi l'adempimento sia dal cedente che dal cessionario, d) disponendo che, trascorso il predetto termine, risponde in via esclusiva il cessionario, e) consentendo ai contraenti ceduti di recedere per giusta causa dal contratto, entro il medesimo termine, e f) escludendo la necessità di qualsiasi formalità o annotazione per la conservazione in favore del cessionario della validità e del grado dei privilegi e delle garanzie prestate a favore del cedente, nonchè delle trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione. Tale disciplina trova giustificazione principalmente nell'oggetto della cessione, costituito, oltre che da intere aziende o rami di azienda, da interi "blocchi" di beni, crediti e rapporti giuridici, individuati non già singolarmente, ma per tipologia, sulla base di caratteristiche comuni, oggettive o soggettive: è per tale motivo, oltre che per il gran numero dei soggetti interessati, che la norma prevede, tra l'altro, la sostituzione della notifica individuale con la pubblicazione di un avviso, cui possono aggiungersi forme integrative di pubblicità. A tal fine, è prevista anche l'emanazione d'istruzioni da parte della Banca d'Italia, la quale, nell'esercitare il relativo potere, ha confermato che per "rapporti giuridici individuabili in blocco" devono intendersi "i crediti, i debiti e i contratti che presentano un comune elemento distintivo", chiarendo che lo stesso "può rinvenirsi, ad esempio, nella forma tecnica, nei settori economici di destinazione, nella tipologia della controparte, nell'area territoriale e in qualunque altro elemento comune che consenta l'individuazione del complesso dei rapporti ceduti" (cfr. circolare n. 229 del 21 aprile 1999). La possibilità di fare riferimento alle caratteristiche dei rapporti ceduti, quale criterio per l'individuazione dell'oggetto del contratto, non rappresenta d'altronde un'anomalia rispetto alla disciplina generale dettata dall'art. 1346 c.c., il quale, prescrivendo che l'oggetto del contratto dev'essere "determinato o determinabile", non richiede che lo stesso sia necessariamente indicato in maniera specifica, a condizione che esso possa essere identificato con certezza sulla base di elementi obiettivi e prestabiliti risultanti dallo stesso contratto (cfr. Cass., Sez. 2, 7/03/2011, n. 5385; 13/09/2004, n. 18361; Cass., Sez. 3, 2/06/1995, n. 6201).

Alla stregua della predetta disciplina, la circostanza che l'avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e prodotto in giudizio recasse una mera elencazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco dall'Unicredit Corporate Banking all'Aspra Finance non autorizzava di per sè a ritenere che le relative indicazioni non rispecchiassero fedelmente quelle contenute nell'atto di cessione, per la cui validità, come si è detto, non era affatto necessaria una specifica enumerazione dei rapporti ceduti, risultando invece sufficiente che gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentissero d'individuarli senza incertezze. La trascrizione dello avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, riportata a corredo del motivo di impugnazione, consente d'altronde di rilevare che i crediti ceduti erano individuati, oltre che per titolo (capitale, interessi, spese, danni, etc.), in base alla pendenza ad una certa data ed alla possibilità di qualificare i relativi rapporti come sofferenze, conformemente alle istruzioni di vigilanza della Banca d'Italia, con espressa esclusione di sei categorie, anch'esse specificamente enucleate in base alla documentazione dei crediti, al titolo del rapporto, ai soggetti passivi o alla pendenza di accertamenti penali o interni: non avrebbe dunque potuto sottrarsi il Tribunale al compito di verificare se, avuto riguardo alla natura del credito, alla data di chiusura del conto ed alle altre caratteristiche del rapporto, la pretesa azionata rientrasse tra quelle trasferite alle cessionaria (e da quest'ultima trasferite all'attrice, per effetto dell'incorporazione) o fosse annoverabile tra i crediti esclusi dalla cessione.

2. Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato, il curatore deduce la violazione e la falsa applicazione della L. Fall., artt. 93, 95, 99 e 101, nonchè l'omissione e l'insufficienza della motivazione, affermando che, nel ritenere ammissibile la nuova documentazione prodotta dall'opponente, il Tribunale non ha considerato che, a differenza di quello introdotto dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, il testo vigente dell'art. 99, introdotto dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, non prevede espressamente la facoltà di depositare documentazione ulteriore, rispetto a quella prodotta nel procedimento di verificazione, mentre il termine già previsto dall'art. 93 per il deposito di documenti in quest'ultima fase è stato soppresso, e l'art. 95 consente di produrre documenti integrativi fino all'udienza fissata per l'esame dello stato passivo.

2.1. Pur riguardando l'ammissibilità della produzione dei documenti comprovanti la titolarità del credito, e quindi una questione di rito, pregiudiziale rispetto a quella sollevata con il ricorso principale, la predetta censura non può essere esaminata prioritariamente rispetto a quest'ultima, avendo ad oggetto un'esplicita statuizione del decreto impugnato, ed essendo stata comunque proposta in forma condizionata. Alla stregua del principio costituzionale di ragionevole durata del processo, secondo cui il fine primario dello stesso è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere un risposta nel merito, al ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, deve infatti riconoscersi natura condizionata, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, con la conseguenza che esso va esaminato con priorità soltanto se le predette questioni, rilevabili d'ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, dovendo altrimenti essere esaminato soltanto in presenza dell'attualità dell'interesse, sussistente unicamente nel caso in cui il ricorso principale risulti fondato (cfr. Cass., Sez. Un., 25/03/2013, n. 7381; 6/03/2009, n. 5456; Cass., Sez. 1, 6/03/2015, n. 4619).

2.2. Il motivo è peraltro infondato.

Correttamente, infatti, il decreto impugnato ha ritenuto ammissibile la produzione di documenti non depositati nel procedimento di verificazione, trovando applicazione il principio, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità in riferimento alla disciplina dettata dalla L. Fall., art. 99, sia nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2006, che in quello ulteriormente modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007, secondo cui il giudizio di opposizione allo stato passivo, pur essendo strutturato come un rimedio a carattere impugnatorio, in quanto volto a rimuovere un provvedimento che, se non opposto, acquista efficacia di giudicato endofallimentare ai sensi della L. Fall., art. 96, non è assimilabile all'appello, configurandosi come un giudizio a cognizione piena che fa seguito ad una fase a cognizione sommaria, con la conseguenza che la produzione di nuovi documenti non trova ostacolo nel divieto stabilito dall'art. 345 c.p.c., fermo restando l'onere, previsto a pena di decadenza dalla L. Fall., art. 99, comma 2, n. 4, d'indicarli specificamente nel ricorso e di depositarli all'atto della costituzione in giudizio (cfr. Cass., Sez. 1, 25/02/2011, n. 4708; 26/11/2010, n. 24028; 11/09/09, n. 19697).

3. Con il secondo motivo, il controricorrente censura il decreto impugnato per aver omesso di verificare se la documentazione prodotta dall'opponente avesse data certa ai sensi dell'art. 2704 c.c., nonostante l'eccezione espressamente formulata al riguardo.

3.1. Il motivo è inammissibile.

L'avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'avviso relativo alla cessione in blocco, impedendo di ammettere, anche in linea di mera ipotesi, che la stessa potesse essere priva di data certa, consente di escludere che l'eccezione sollevata dal curatore si riferisse a tale atto, inducendo piuttosto a ritenere che essa riguardasse la documentazione relativa al rapporto di conto corrente, in ordine alla quale il Tribunale non si è pronunciato, avendo evidentemente ritenuto la relativa questione assorbita dall'accertamento del difetto di titolarità del credito azionato. Non essendo pertanto configurabile una decisione al riguardo, neppure per implicito, la questione non può trovare ingresso in questa sede, potendo essere eventualmente riproposta nel giudizio di rinvio, per effetto dell'accoglimento del motivo di ricorso principale inerente alla questione assorbente (cfr. Cass., Sez. 5, 5/11/2014, n. 23558; Cass., Sez. 3, 1/03/2007, n. 4804; 10/04/2003, n. 5681).

4. Il decreto impugnato va pertanto cassato, nei limiti segnati dall'accoglimento del ricorso principale, con il conseguente rinvio della causa al Tribunale di Palermo, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

accoglie il ricorso principale; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale condizionato, e dichiara inammissibile il secondo motivo; cassa il decreto impugnato, in relazione al motivo accolto; rinvia al Tribunale di Palermo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2017.