Diritto Bancario e Finanziario


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26217 - pubb. 25/11/2021

Nullità del contratto di mutuo fondiario per violazione del limite di finanziabilità e dichiarazione di nullità della fideiussione e dell’ipoteca

Tribunale Taranto, 11 Novembre 2021. Est. Casarano.


Nullità del mutuo fondiario - Nullità delle garanzie reali e personali accessorie - Violazione dell’art. 38 T.U.B quale norma imperativa



Il Tribunale di Taranto, nella persona del Giudice dott. Claudio Casarano, nel giudizio instaurato dal fideiussore e terzo datore di ipoteca posta a garanzia di contratto di mutuo fondiario stipulato da società fallita - uniformandosi alla tesi di Cassazione sulla natura imperativa data all’art. 38 T.U.B., nonché alla Delib. CICR 22.04.1995, e riconoscendo altresì il carattere pubblico dell’interesse perseguito da tale normativa, consistente nell’evitare la sovraesposizione delle banche - dichiara il contratto di mutuo posto in violazione di tale normativa nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c..

Alla dichiarata nullità del mutuo, per il dimostrato superamento del limite di finanziabilità, il giudice fa seguire anche la nullità della obbligazione fideiussoria accessoria e dell'ipoteca. (Monica Mandico) (riproduzione riservata)


Segnalazione dell’Avv. Monica Mandico


R.G. n. 7868-2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di TARANTO

PRIMA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Claudio Casarano, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 7868/2019 promossa da:

Michele L. – rappresentato e difeso dall’avv. Massimiliano Vairo;

Contro

Banca Popolare di Puglia e Basilicata SCPA – contumace;

Oggetto: Mutuo;

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

IL FONDAMENTO DELLA DOMANDA

Il sig. Michele L., con atto di citazione regolarmente notificato, conveniva in giudizio la Banca Popolare di Puglia e Basilicata SCPA.

L’attore, quale fideiussore e terzo datore di ipoteca della L. Impianti S.r.l., invece mutuataria, chiedeva che fosse dichiarata la nullità dei contratti di mutuo fondiario così contraddistinti: Rep . 25427, Racc. 11804 del 22.6.2012 e Rep. 25282, Racc. 11689 del 29.3.2012.

Chiedeva altresì che fosse pronunziata la nullità delle accessorie fideiussioni prestate a garanzia dei predetti mutui, peraltro stipulate con lo stesso rogito; infine chiedeva la pronunzia di accertamento che nessuna somma era da lui dovuta alla banca convenuta.

Ricordava che nel mese di giugno 2017, quale fideiussore della mutuataria L. Impianti s.r.l., oltre che come datore di ipoteca, gli era stato notificato pignoramento immobiliare ad istanza della banca qui convenuta per la somma di euro 415.808,56, derivante dal mancato pagamento dei ratei del primo mutuo fondiario. Il pignoramento, aggiungeva l’attore, colpiva la propria quota relativa all’immobile di via Mons. Blandamura ed originava il procedimento esecutivo n. 317-2017 R.G.E., ancora pendente, sebbene fosse già intervenuta la vendita coattiva.

Ricordava altresì che nel mese di giugno del 2016, quale terzo datore di ipoteca e fideiussore, gli era stato notificato altro pignoramento immobiliare ad istanza della banca convenuta per la somma di euro 295.601,49 in virtù del secondo mutuo. Il pignoramento questa volta colpiva l’appartamento di via Girasoli n. 89 e pendeva anche in questo caso procedimento esecutivo contrassegnato dal n. 242-2016.

 

IL PRIMO MOTIVO DI NULLITÀ: IL PRIMO MUTUO DEDOTTO IN GIUDIZIO COME MUTUO DIRETTO AL RIPIANAMENTO DI PRECEDENTE ESPOSIZIONE DEBITORIA

A dire della difesa istante il primo dei due mutui dedotti in giudizio doveva essere dichiarato nullo perché le somme mutuate, anziché essere utilizzate per fini aziendali, in realtà erano destinate a ripianare precedenti posizioni debitorie della mutuataria, principalmente nei confronti dello stesso mutuante.

Dagli estratti conto della L. Impianti S.r.l., sosteneva l’attore, si poteva evincere che su € 400.000,00 erogati con il primo mutuo solo € 58.857,83 venivano utilizzati per fini aziendali, mentre la restante copriva precedenti finanziamenti e scoperti di conto corrente.

Ricorrendo ad arte alla figura negoziale del mutuo fondiario, aggiungeva la difesa istante, la banca convenuta trasformava crediti non garantiti ( quali quelli derivanti da scoperti di conto corrente e conto anticipi) in crediti garantiti, non solo da fideiussioni ma anche da ipoteche: il debitore principale (L. Impianti S.r.l.), infatti, falliva 3 anni dopo.

Il vizio denunziato, argomentava la difesa attrice, comportava l’illiceità della causa ai sensi degli art. 1418 e 1344 c.c., dovendosi ritenere un mutuo fondiario così congegnato non meritevole di tutela nel nostro ordinamento.

 

L’USURA

Sosteneva poi che i due mutui contemplassero interessi usurari ai sensi della legge 108-1996, o in subordine accampava l’usura soggettiva, dal momento che il tasso applicato si attestava sul 6,67% mentre quello medio era, per il periodo di riferimento, del 5,34%, senza contare la evidente difficoltà economica in cui si trovava la L. Impinati SRL, come desumibile da allegata perizia di parte, che dava conto dell’andamento in perdita dell’attività dell’impresa al momento della stipula dei due mutui.

Anche per i rapporti bancari intercorsi tra debitore principale e banca convenuta l’attore deduceva il superamento del tasso soglia anti usura.

 

LA VIOLAZIONE DELL’ART. 38 DEL TUB

Come ulteriore motivo di nullità dei suddetti contratti di mutuo, l’attore lamentava il superamento del limite di finanziabilità e quindi la violazione del combinato disposto dell’art. 38, comma secondo, T.U.B. e dall’art. 1, delibera CICR 22 aprile 1995.

Come affermato da Corte di Cassazione - I sez. civ. n. 16776 del 14-06-2021, aggiungeva l’attore, la violazione in parola comporta la nullità del contratto ex art. 1418, comma primo, c.c. e quindi l’incapacità del contratto di produrre il proprio effetto, compresa la costituzione di un’ipoteca valida. Che poi vi fosse stato il superamento del predetto limite non poteva revocarsi in dubbio.

Per il primo mutuo il superamento del suddetto limite si poteva evincere dalla perizia redatta dall’Ing. Michele Viapiano nel procedimento esecutivo immobiliare R.G.N. 242/2016 (intrapreso dall’odierna convenuta nei confronti dei fideiussori e terzo datore di ipoteca), in cui il valore del cespite pignorato, appartamento in Taranto, in Via Blandamura, di proprietà del L. veniva quantificato in € 171.600,00; mentre l’opificio industriale del debitore principale (L. Impianti S.r.l.), veniva valutato dalla stessa perizia in € 62.080,00: come dire che a fronte di una somma erogata pari ad € 400.000,00 il valore degli immobili assoggettati a garanzia reale era di complessivi € 233.680,00 (171.600,00 + 62.080,00).

Analogamente per il secondo mutuo: a fronte dell’erogazione della somma di € 300.000,00 il valore degli immobili assoggettati a garanzia risultava di complessive € 154.080,00: € 62.080,00 per l’opificio industriale posto a garanzia anche del mutuo 1) ed € 92.000,00 per una villetta in Lama – Taranto.

Alla nullità dei mutui fondiari, sosteneva l’attore, si sarebbe dovuta accompagnare la nullità della concessione di ipoteche e le fideiussioni concesse dall’attore a garanzia del prestito bancario in favore della L. Impianti S.r.l. .

 

ALTRO MOTIVO DI NULLITÀ DELLE FIDEIUSSIONI

Infine altro motivo di nullità delle fideiussioni in parola derivava, a dire della difesa attrice, dalla violazione della normativa antitrust, segnatamente del divieto di cui all’art. 2 lett. A legge n. 287/1990, per avere la BPPB utilizzato un modello di fideiussione rilasciato dalla ABI ed utilizzato uniformemente da tutti gli istituti di credito.

Ricordava la difesa istante che la S.C., in numerose occasioni, ha avuto modo di affermare la ricorrenza della nullità dei contratti di fideiussione quando risultino predisposti uniformemente allo schema ABI del 2003: ciò sia in caso di vero e proprio utilizzo del predetto modello, sia in caso di sottoscrizione di contratto contenente clausole di identico tenore; con la conseguenza che i fideiussori non saranno tenuti a rispondere dei debiti del debitore principale (Cass. n. 29810/2017 e Cass. n. 13846/2019).

In subordine, qualora si fosse seguita la tesi della nullità parziale, l’attore chiedeva che fossero dichiarate nulle sia la clausola di reviviscenza, quella cioè in deroga all’art. 1939 c.c. a fidejussione mantiene tutti i suoi effetti anche se l’obbligazione principale venga dichiarata invalida) sia quella che prevedeva la rinuncia al termine di cui all’art. 1957 c.c..

 

IL PROCESSO

Dichiarata la contumacia di quest’ultima, senza che fosse necessario istruire la causa, all’udienza del 9.6.2021 venivano precisate le conclusioni ed il giudice si riservava per la decisione, previa concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.

 

LA SINGOLARITÀ DELL’AZIONE PROPOSTA: IL SUO ESSERE STATA PROPOSTA IN VIA AUTONOMA RISPETTO ALL’ESECUZIONE FORZATA IN CORSO

L’azione di nullità in esame appare singolare perché veniva proposta al di fuori dell’esecuzione forzata in corso, nell’ambito della quale invece normalmente è data.

Tuttavia proprio perché si verte in tema di azione di nullità deve ritenersi che ricorra l’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., dal momento che l’attore, quale fideiussore e datore di ipoteca e quindi esecutato, sia pure nei limiti della quota dei beni staggiti di cui è titolare, potrà spendere l’eventuale sentenza favorevole sulle invalidità contrattuali accampate per una ipotetica azione di indebito, da esperire sempre che la banca convenuta consegua dalle vendite coattive delle evocate procedure esecutive una somma; ovvero l’interesse in parola ricorre perché non può escludersi l’eventualità che in futuro la banca possa ritenere di proporre una nuova azione nei confronti dell’attore sulla base dei contratti di fideiussione dedotti in giudizio.

La banca comunque non riteneva di costituirsi, sebbene la notifica della citazione fosse avvenuta regolarmente in data 28-11-2019 per l’udienza dell’01-03-2020.

 

IL MUTUO FONDIARIO PIEGATO AL RIPIANAMENTO DI POSIZIONI DEBITORIE: ESCLUSIONE DELLA NULLITÀ

Muovendo dalla natura tassativa delle ipotesi di nullità, va esclusa che possa integrarne una il caso del mutuo fondiario che sia piegato a sanare posizioni debitorie precedenti del mutuatario.

Si tratta pur sempre, infatti, di atti di autonomia privata utili per la banca in quanto le permettono di munirsi di nuove garanzie personali e reali che prima non aveva, ma è pur vero che anche per il mutuatario può conseguire dei vantaggi, soprattutto la possibilità di continuare ad avere credito, sebbene l’esposizione debitoria sia seria.

Anzi, anche qualora fosse stata prevista nel mutuo una finalità diversa da quella del ripianamento di posizioni debitorie pregresse( c.d. mutuo di scopo), pure non si sarebbe configurata una forma di nullità, in quanto non tipizzata( arg. ex art. 14 delle disposizioni sulle leggi in generale); al più sarebbe in questo caso ipotizzabile una risoluzione dalla parte interessata al conseguimento dello scopo programmato.

Né può dirsi nullo il mutuo perché sarebbe mancata la traditio della somma di danaro, risultando sufficiente allo scopo anche l’accredito di una somma sul conto corrente, anche quando presenti un rosso di importo vicino alla somma mutuata: non implica forse un incremento del patrimonio del debitore la circostanza che, ad esempio, da un saldo negativo di – 300.000,00 veda il proprio conto presentare grazie al mutuo un + 100.000,00?

Solo quando sia mancato l’accredito, a rigore si può parlare di operazione che rientra nell’apertura di credito, dove invece la disponibilità è solo virtuale: se, ad esempio, sul conto corrente vi fosse stata un’apertura di credito di euro 200.000,00, si sarebbe data apertura di credito( assimilabile ad una forma di pactum de non petendo), e non mutuo, qualora la banca l’avesse aumentata fino ad euro 400.000,00.

Questo motivo di nullità dedotto dall’attore non può essere quindi accolto.

 

LA VIOLAZIONE DELL’ART. 38 DEL TUB

Così dispone l’art. 38 del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385: Il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili.

Il secondo comma prevede poi che la Banca d'Italia, in base alle delibere del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio stabilisca l'importo massimo dei finanziamenti, da individuarsi in rapporto al valore dei beni ipotecati ed al costo delle opere da eseguire, nonché le condizioni alle quali, in presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie, sia comunque consentita la concessione dei finanziamenti, da qualificarsi anch'essi come fondiari.

Infine il CICR, con Delib. 22 aprile 1995, recepita dalla Banca d'Italia con suo aggiornamento del 26 giugno 1995 alla circolare n. 4 del 29 marzo 1988 (recante "Istruzioni in materia di particolari operazioni di credito" e pubblicato sulla G.U. Serie Generale n. 155 del 05/07/1995), ha stabilito, quale "limite di finanziabilità", quello dell'ottanta per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi, aumentabile al cento per cento in presenza di garanzie integrative, soggiungendo che, nei casi di finanziamenti concessi su immobili già gravati da precedenti iscrizioni ipotecarie, l'importo finanziabile deve essere determinato sommando al nuovo finanziamento il capitale residuo di quello precedente.

La tesi del carattere imperativo della norma in parola non può essere revocata in dubbio: è evidente il carattere pubblico dell’interesse perseguito e cioè evitare la sovraesposizione delle banche. Se, infatti, non vi fosse l’obbligo di rispettare questa proporzione tra somma mutuata e valore dei beni ipotecati, il rischio del mancato recupero del credito che residua, in caso di inadempimento o insolvenza, sarebbe di certo più elevato.

Avendo allora la norma in parola carattere imperativo, il contratto di mutuo che la viola è nullo ai sensi dell’art. 1418: Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative.

 

LE DUE SOLUZIONI ALTERNATIVE: LA CONSERVAZIONE, ANCHE D’UFFICIO, DEL CONTRATTO IN VIRTÙ DELLA QUALIFICAZIONE DEL CONTRATTO DI MUTUO FONDIARIO COME MUTUO IPOTECARIO( IURA NOVIT CURIA); IL SOLO RIMEDIO DELLA CONVERSIONE EX ART. 1424 C.C., SU ISTANZA NECESSARIA DELLA PARTE INTERESSATA, PER SALVARE IL CONTRATTO

Una volta appurato che il mutuo fondiario quando viola l’art. 38 del TUB implica la nullità si aprirebbe la via della eventuale conversione ex art. 1424: “Il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità”.

E’ evidente che la conversione debba essere richiesta dalle parti e non possa essere rilevata d’ufficio, posto che, come reso evidente dalla lettera della norma, essa implica non solo l’ampliamento del tema di indagine ma anche eventualmente garantire un supplemento di istruttoria.

E dell’interesse alla conversione potrebbe farsi portatore anche il mutuatario, posto che la nullità del mutuo implicherebbe in via di principio l’azzeramento del lungo piano di ammortamento, proprio del mutuo fondiario, e la restituzione immediata della sola sorte capitale, dal momento che si originerebbe un indebito oggettivo.

Cosa che evidentemente non ricorre nel caso in esame, nel quale l’interesse del fideiussore è evidentemente quello di far dichiarare la nullità del mutuo e quindi delle fideiussioni e concessioni di ipoteca.

Altra tesi esclude che il mutuo fondiario sia un contratto di tipo diverso rispetto al mutuo ipotecario e quindi autorizza il giudice con i suoi poteri officiosi, in caso di violazione dell’art. 38 del TUB, a disapplicare soltanto gli effetti, soprattutto processuali, correlati a questa forma speciale di concessione di credito (vedi per gli effetti giuridici implicati dalla figura del mutuo fondiario gli articoli 39, 40 40 bis e 41 TUB).

Seguendo questa diversa interpretazione potrebbe anche non essere necessaria l’applicazione dell’istituto della conversione ex art. 1424 c.c. perché non si verrebbe a configurare una vera e propria nullità contrattuale per violazione di norma dell’art. 1418 c.c., ma di disapplicazione delle norme che regolano questa speciale figura di mutuo ipotecario.

Quest’ultima tesi non convince per due ordini di ragioni.

In primo luogo introduce una categoria giuridica nuova correlata alla violazione contrattuale di norma imperativa, ad onta dell’esistenza di una norma generale, quella dell’art. 1418 c.c., che prevede la nullità propriamente detta quando il contratto violi una norma imperativa. E la nullità peraltro colpisce nella sua interezza il contratto in concreto stipulato.

In secondo luogo, seguendo la tesi non condivisa, il giudice finirebbe con l’imporre d’ufficio alle parti un contratto diverso da quello che esse hanno manifestato di volere in concreto: il mutuo ipotecario anziché il mutuo fondiario, i quali pure danno vita a due diverse figure contrattuali( deve ritersi che sia in genere la banca ad optare per questa figura speciale di mutuo ipotecario, piuttosto che per l’altra, per gli evidenti vantaggi che implica sul piano processuale).

 

Insomma sembra imprescindibile la regola secondo la quale in caso di nullità contrattuale trova spazio il principio generale della conservazione solo quando una delle parti mostri di volersene avvalere ricorrendo all’istituto della conversione ex art. 1424 c.c.: occorre cioè che sia pur sempre una delle parti a chiedere e provare che, nonostante la nullità proprio di quel contratto di mutuo fondiario, ricorrano i requisiti formali e sostanziali del mutuo ipotecario; inoltre, occorre altresì la prova che le parti avrebbero voluto quest’ultimo se avessero conosciuto la nullità.

 

La banca, ad esempio, potrebbe opporsi alla conversione chiesta dal mutuatario perché interessata solo alla stipula di un mutuo fondiario e non di semplice mutuo ipotecario; oppure il mutuatario quando voglia conservare l’ammortamento sia pure sotto forma di mutuo ipotecario( o paralizzare la validità di un’azione esecutiva ).

 

Nel caso in esame seguire l’una piuttosto che l’altra tesi è dirimente, se si considera che la banca non si costituiva proprio e l’attore era interessato esclusivamente all’affermazione della nullità del contratto perché rivestiva la qualità di fideiussore.

L’accoglimento della domanda di nullità per il motivo ora in esame rende superfluo l’esame della ricorrenza delle altre cause di nullità contrattuale.

Deve infatti considerarsi che l’attore, sebbene non avesse presentato opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, mirava ad ottenere la nullità della fonte negoziale della sua obbligazione e l’accertamento, altresì, della inesistenza di una valida obbligazione fideiussoria e della concessione di ipoteca.

Alla nullità dei due mutui, nel dimostrato superamento del limite di finanziabilità, come da allegate ed attendibili perizie, segue la nullità della accessoria obbligazione fideiussoria e della concessione di ipoteca.

Queste statuizioni non possono riverberare i loro effetti sulle evocate procedure esecutive in corso – si è infatti al limite della ricorrenza dell’interesse ad agire, come sopra si accennava – ma possono precluderne di altre e potrebbero consentire eventuali azioni di ripetizioni, beninteso sempre che segua il conseguimento di somme dalle vendite coattive già in atto.

Le spese del giudizio seguono giocoforza la soccombenza della banca convenuta e si liquidano nella stessa misura prevista per la liquidazione a titolo di gratuito patrocinio.

 

P.T.M.

Decidendo sulle domande proposte dal sig. Michele L., con atto di citazione regolarmente notificato, nei confronti della Banca Popolare di Puglia e Basilicata SOC. COOP. P.A., così provvede:

Accoglie la domanda di nullità dei due contratti di mutuo dedotti in giudizio per violazione dell’art. 38 del TUB e dichiara la loro nullità, nonché la nullità delle fideiussioni accessorie prestate dall’attore nei due atti pubblici di mutui fondiari e della pure contestuale concessione di ipoteche operata dall’attore; quindi per effetto di siffatti atti nessuna valida obbligazione è sorta in capo all’attore;

Liquida al difensore dell’attore le spese di gratuito patrocinio come da separato decreto;

Condanna la banca convenuta al pagamento, in favore dello Stato anticipante, del compenso spettante al difensore, a titolo di gratuito patrocinio, che liquida in euro 8.500,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge.

TARANTO, 11-11-2021

Il Giudice – dott. Claudio Casarano