Diritto e Procedura Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 641 - pubb. 01/07/2007

Nullità della chiamata in causa di terzo non autorizzata

Tribunale Mantova, 19 Febbraio 2004. Est. Pagliuca.


Chiamata in causa di terzo ex art. 183 c.p.c. non autorizzata dal giudice.



La chiamata in causa di terzo effettuata dall'attore in mancanza dell'autorizzazione del giudice prevista dall'art. 183 c.p.c. è affetta da nullità radicale.

La norma citata devolve, infatti, alla valutazione del giudice la tutela dell'interesse alla rapidità del giudizio, interesse che ha rilevanza costituzionale, atteso che l'art. 111 Cost. impone espressamente che sia assicurata la ragionevole durata del processo.


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MANTOVA
SEZIONE PRIMA CIVILE

in persona del dott. Luigi Pagliuca, in funzione di giudice unico, all’esito della discussione orale ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c tenutasi all’udienza del 19.02.04 ha pronunziato la seguente

SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 3559 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2002e vertente tra omissis

MOTIVI DELLA DECISIONE
L’iter processuale
Con citazione notificata in data 1.10.02 Rossi Dino, Verdi Nadia e Rossi Sarah nella loro qualità di usufruttuari (Rossi Dino e Verdi Nadia) e nuda proprietaria (Rossi Sarah) del fabbricato ad uso di civile abitazione sito nel Comune di Castel d’Ossi e censito in catasto fabbricati al foglio 8, mappale 266 sub 1 convenivano in giudizio Giorgi Giliano asserendo che:
1) l’immobile di loro proprietà godeva di servitù di passaggio sui fondi censiti in catasto al foglio 8 mappale 265 e 267;
2) che detta circostanza risultava espressamente nell’atto di compravendita con cui avevano acquistato l’immobile dai precedenti proprietari dello stesso;
3) che il convenuto, proprietario del mappale 265, impediva loro di esercitare il passaggio.

Tutto ciò premesso gli attori chiedevano fosse accertata l’esistenza della suddetta servitù di passaggio sui mappali 265 e 267 con condanna del Giorgi a consentirne il libero esercizio.Alla prima udienza si costituiva in giudizio il Giorgi contestando la sussistenza del diritto vantato dagli attori e chiedendo perciò il rigetto della domanda ex adverso proposta.

Alla medesima udienza interveniva volontariamente in giudizio Leda Bianchi la quale, premesso di essere proprietaria del mappale 267, contestava anch’essa la sussistenza in capo agli attori del diritto di passaggio sul suo fondo  e concludeva perciò chiedendo il rigetto delle domande formulate dagli attori.

All’udienza ex art. 183 cpc del 25.2.03 gli attori chiedevano l’integrazione del contraddittorio nei confronti della madre del Giorgi, comproprietaria del mappale 265, nonché di essere autorizzati alla chiamata in causa di Terzi Vanda e Terzi Gustavo, loro danti causa, al fine di essere manlevati e garantiti per il caso di soccombenza.

Con ordinanza in data 1.3.03 il GI rigettava la richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa di Terzi Vanda e Terzi Gustavo ed ordinava invece l’integrazione del contraddittorio nei confronti della madre del Giorgi.

Alla successiva udienza in data 11.6.03 interveniva volontariamente in giudizio Castelli Iole, madre del Giorgi e comproprietaria del mappale 265, la quale aderiva alle difese del figlio e concludeva anch’essa per il rigetto delle domande degli attori. Alla medesima udienza gli attori reiteravano nuovamente la richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa di Terzi Vanda e Gustavo, richiesta alla quale tutte le altre parti si opponevano.

Con atto di citazione notificato in data 24.7.03, in assenza di autorizzazione da parte del giudice, gli attori provvedevano lo stesso alla chiamata in giudizio di Terzi Vanda e Gustavo spiegando nei loro confronti domanda di garanzia e manleva.

I chiamati si costituivano in giudizio contestando in fatto e diritto la domanda formulata dagli attori e chiedendo, in via riconvenzionale, l’accertamento dell’intervenuto acquisto della servitù per usucapione.

All’udienza in data 11.11.03, immediatamente successiva alla chiamata, il convenuto e gli intervenuti Castelli e Bianchi eccepivano l’inammissibilità della chiamata in quanto non autorizzata dal giudice e dichiaravano espressamente di non  accettare il contraddittorio rispetto alla domanda riconvenzionale formulata dai chiamati.

Con ordinanza in data 10.2.04 il giudice, ritenuta l’opportunità di decidere preliminarmente la questione relativa alla validità della chiamata in causa dei terzi chiamati, nonché in ordine alla ammissibilità delle domande formulate dagli attori nei loro confronti fissava per la precisazione delle conclusioni  e per la discussione orale l’udienza del 19.2.04.

A detta udienza le parti precisavano le conclusioni come da verbale e provvedevano alla discussione orale della causa.

Nullità della chiamata in causa e inammissibilità delle domande proposte nei confronti dei terzi chiamati

Ai sensi dell’art. 183 cpc la chiamata in causa di un terzo ad opera dell’attore è espressamente subordinata all’autorizzazione del giudice, che potrà consentirla solo nel caso in cui l’interesse all’estensione del giudizio ad altro soggetto sia conseguita alla domanda riconvenzionale o alle eccezioni formulate dalle parti già presenti nel giudizio. Detti limiti sono evidentemente posti a tutela del superiore interesse, trascendente quello delle stesse parti e dei terzi, all’economia del giudizio. L’estensione soggettiva ed oggettiva del giudizio, che necessariamente comporta un appesantimento dello stesso e conseguentemente una sua maggior durata, può cioè giustificarsi solo nel caso in cui, tenuto conto delle difese delle  controparti, emerga l’opportunità di estendere il giudizio al terzo per evitare possibili contrasti di giudicati o, quantomeno, per consentire la partecipazione a soggetti che potrebbero anche solo indirettamente patire pregiudizio dall’eventuale accoglimento delle domande spiegate da alcuna delle parti già costituite.

Il mero interesse dell’attore ad essere garantito dal terzo non può pertanto in ogni caso prevalere sull’interesse generale alla speditezza del giudizio.  Spetterà quindi al giudice contemperare i due interessi e valutare se, tenuto conto delle particolarità del caso sottoposto al suo esame ( e sempre che l’interesse sia conseguito alle difese delle altre parti), sia opportuno consentire all’attore di proporre la domanda di garanzia nel giudizio già pendente.

Quanto alle conseguenze derivanti dalla chiamata in causa non autorizzata, pur dovendosi rilevare che il codice non prevede alcuna espressa sanzione, deve ritenersi che l’oggettiva violazione della previsione di cui all’art. 183 cpc non possa essere qualificata quale mera irregolarità, non comportante alcun pregiudizio per il chiamante.

In proposito è sufficiente rilevare che l’interesse alla rapidità del giudizio ha attualmente addirittura rilevanza costituzionale, atteso che l’art. 111 cost impone espressamente che sia assicurata la ragionevole durata del processo.

Trattasi quindi di interesse pubblico, in quanto tale sottratto alla disponibilità delle parti.

E’ perciò evidente che l’interpretazione che qualificasse la chiamata non autorizzata quale mera irregolarità si porrebbe in evidente contrasto con il principio, immanente nell’ordinamento, secondo cui deve privilegiarsi un interpretazione delle norme che attribuisca loro un significato non contrastante con il dettato costituzionale.

Se infatti si ritenesse in ogni caso valida la chiamata in causa operata dall’attore di fatto si consentirebbe alla parte di disporre a suo piacimento di un interesse che, per quanto detto, è dall’ordinamento espressamente sottratto alla disponibilità delle parti. Del tutto coerentemente, quindi, l’art. 183 cpc rimette alla discrezionalità del giudice la valutazione in merito all’esistenza di un contrapposto interesse della parte (o di altro interesse generale) che, nel caso di specie, possa prevalere su quello generale alla rapidità del giudizio.

Pertanto, pur dovendosi rilevare che a norma dell’art. 156 cpc la nullità di un atto dovrebbe essere pronunciata solamente in caso di espressa comminatoria di legge (nella specie insussistente), deve ritenersi che da analoga invalidità siano affetti pure quegli atti che comportino quale conseguenza la violazione di una norma costituzionale, trattandosi di fonte sovraordinata rispetto alla stessa legge.

Ne deriva che la chiamata in causa operata dagli attori, in quanto non autorizzata, è affetta da radicale nullità; né può ritenersi che detta nullità sia rimasta sanata per il fatto che i terzi chiamati, evidentemente primi interessati al suo rilievo, non abbiano provveduto ad eccepirla nella prima difesa, rifiutando il contraddittorio rispetto alle domande formulate nei loro confronti dagli attori.

Così opinando infatti si consentirebbe ad una  parte – in questo caso ai terzi chiamati - di disporre dell’interesse pubblico alla rapidità del giudizio in chiara violazione del dettato di cui all’art. 111 cost.

La sanatoria di detta nullità non potrebbe infine neppure conseguire all’accoglimento dell’istanza, formulata dagli attori in sede di precisazione delle conclusioni, di revoca dell’ordinanza in data 1.3.03 con conseguente rilascio dell’ autorizzazione alla chiamata in giudizio dei terzi. Detta autorizzazione, infatti, produrrebbe i suoi effetti solamente ex nunc dal momento della pronuncia dell’ordinanza di revoca e non sarebbe quindi idonea a sanare l’invalidità della chiamata non autorizzata, i cui effetti si sono ormai compiutamente e definitivamente verificati.

Conseguentemente, attesa la nullità della chiamata, deve dichiararsi l’improponibilità di tutte le domande formulate dagli attori nei confronti di Terzi Vanda e Gustavo.

Spese
Le spese di giudizio sostenute dai terzi chiamati vanno poste in via solidale ad integrale carico degli attori che li hanno chiamati in giudizio senza autorizzazione.

Dette spese si liquidano nell’importo complessivo di euro 1.015,00 di cui euro 115,00 per spese (comprensive di quelle forfetarie), euro 450,00 per diritti ed euro 450,00 per onorario, oltre iva e cpa.

Separazione del giudizio
Atteso che le domande proposte dagli attori nei confronti dei terzi chiamati sono oggetto di sentenza definitiva, mentre le ulteriori domande svolte dagli attori nei confronti del convenuto e degli intervenuti necessitano di ulteriore istruttoria va disposta ai sensi degli artt. 104, c. 2 e 279, n. 5 cpc la separazione di dette cause da quella oggetto di pronuncia definitiva con la presente sentenza, separazione cui si provvederà con separata ordinanza.

PQM
pronunciando definitivamente, disattesa e respinta ogni diversa domanda ed istanza:
- dichiara la nullità della chiamata in giudizio di Terzi Vanda e Terzi Gustavo e, per l’effetto, dichiara inammissibili tutte le domande proposte nei loro confronti dall’attore;
- condanna Rossi Dino, Verdi Nadia e Rossi Sarah al pagamento, in solido, dell’importo di euro 1.015,00 oltre iva e cpa a titolo di rimborso delle spese di lite;
- provvede con separata ordinanza alla separazione delle cause non oggetto di pronuncia e necessitanti ulteriore istruttoria.
Così deciso in Mantova il 19.02.04