Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 970 - pubb. 01/07/2007

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Appello Brescia, 10 Aprile 1996. Est. Bitonte.


Credito della Cassa Operai Edili – Privilegio – Limiti.



 


 


Corte d’Appello di Brescia, Sez. II – Sentenza 10 aprile 1996 - Presidente Dott. Massimo Agnelli, Giudice relatore Dott. Augusto Bitonte, Giudice Dott. Giuseppe But.

 

conclusioni

L’appellante:

In riforma della appellata sentenza n. 596/94 in data 28 aprile /17 giugno 1994 del Tribunale di Mantova, ammettere al passivo del fallimento Tiranti il credito dell’appellante come segue:

A)          in via privilegiata ex art.li 2751 bis n. 1 c.c. e 2777 lett. A c.c.:

1)          per indennità di accantonamento, premio di professionalità, diritto allo studio, malattia e infortunio, malattia e morte e addestramento professionale (voci 4 a-b-c-d-e-f del ricorso introduttivo) per  capitali lire 6.738.240.

2)          per danno da svalutazione monetaria e interessi legali sulle somme di cui sopra al n. 1 rivalutare dal dì di mensile debenzaa alla data di esecutorietà dello stato passivo (15 dicembre 1989)= lire 744,661;

B)          in via chirografaria:

1)          per contributi sindacali ( voce 4g del ricorso introduttivo) per capitali £ 94.760;

2)           per interessi legali sulle somme di cui sopra al n. 1 dal dì di mensile debenza alla data della dichiarazione di fallimento £. 2.195.

Svolgimento del processo

Con ricorso 17 maggio 1993 ex art. 101 R.D. 16 marzo 1942 n. 267 la Cassa Operai Edili di Mantova formulava domanda di insinuazione tardiva nel passivo del Fallimento n. 32/89 della S.n.c. Tiranti Virginio di Tiranti Claudio & c. e dei singoli soci in via privilegiata quanto a lire 6.385.822 ex art.li 2751 bis n. 1 lettera c.c. e a lire 352.148 ex art.li 2754 e 2778 n. 8 c.c. oltre ai relativi interessi in lire 226.422 – 6254 e in via chirografaria per lire 94.760 + 6.255 + 3.363. Enunciava dettagliatamente le ragioni delle pretese.

Ricorso e decreto di fissazione dell’udienza venivano notificati il 16 giugno 1993 al curatore e, costituitasi tempestivamente l’attrice, il Fallimento rimaneva contumace. Il Giudice delegato non riteneva di ammettere il credito al privilegio così come richiesto e la causa, dopo alcune produzioni, veniva posta in decisione.

Con la sentenza di cui alla epigrafe il Tribunale ammetteva il credito nell’intera misura ma ne degradava parte al rango chirografario e dichiarava non ripetibili nei confronti della curatela le spese del giudizio.

La sentenza non veniva notificata e, con citazione notificata il 2 febbraio 1995, proponeva appello la COE per l’accoglimento della domanda nei termini prospettati in primo grado.

Costituitasi l’appellante, il Fallimento restava contumace e la causa veniva assegnata a sentenza sulle sopra descritte conclusioni.

Motivi della decisione

Con il primo motivo lamenta l’appellante che il Tribunale abbia ammesso al privilegio soltanto una parte del credito insinuato; afferma che, in realtà agli invocati fini, ciò che rileva non è la qualità del soggetto titolare del credito, bensì la causa di esso, talchè non potrebbe dubitarsi del diritto della COE al privilegio ex art. 2751 bis n. 1 c.c., riflettendo il credito somme dovute dall’imprenditore ad essa Cassa per la redistribuzione ai lavoratori, essendo il datore di lavoro, per espressa disposizione contrattuale, tenuto a corrispondere direttamente ai dipendenti solo una parte della retribuzione loro spettante ed obbligato ad erogare il residuo tramite la Cassa.

Osserva la Corte che l’assunto è privo di rilievo, posto che ad esso il Tribunale risulta essersi uniformato là ove ha ammesso la COE al privilegio proprio con riferimento a quella parte del credito destinato a scopi retributivi.

Con altro motivo lamenta l’appellante che il Tribunale non abbia preso in considerazione la prospettazione introdotta in conclusionale ove la deducente, abbandonata l’indicazione dell’art. 2754 c.c. a conforto della domanda di lire 1.905.003 per contributi previdenziali e assistenziali, ha ricondotto questa pur sempre nell’ambito dei crediti rappresentativi di retribuzioni dovute al prestatore di lavoro.

Osserva la Corte che il Tribunale aveva escluso il privilegio sulla base dell’opinione che la norma concernesse soltanto i contributi dovuti ad “ …organi ed istituti predisposti od integrati dallo Stato…”e. cioè, a categorie di soggetti cui la ricorrente non era riconducibile.

Tale tesi, la cui fondatezza l’appellante non mette in discussione, non può per questo, essere oggetto di riesame. La prospettazione introdotta in conclusionale di primo grado, secondo cui tali contributi avrebbero pur sempre funzione retributiva, e riproposta , essa sola, in questo grado, non può essere condivisa, chè, così ragionando, risulterebbe vanificata la funzione delle norme di cui alle norme di cui agli artt. 2753 e 2754 c.c., che pure enunciano per i contributi previdenziali e assistenziali una disciplina specifica e ulteriore rispetto a quella dell’art. 2751 bis n. 1, alla cui (tassativa) elencazione sono comunque estranee le somme dovute a detto titolo.

Lamenta anche l’appellante che il Tribunale abbia escluso il privilegio quanto a somme per le quali, a dire di quei giudici, la COE non svolgeva funzioni di intermediaria nel passaggio dal datore al prestatore di lavoro, ma rappresentavano, bensì, un di lei credito in proprio.

Opina l’appellante che il Tribunale abbia confuso l’ar.12 dello statuto, che contempla anche i contributi qui in discussione (per ritardato pagamento ed ex art. 17 accordo provinciale integrativo del CCNL 22 luglio 1979) con l’art. 11 che concerne il patrimonio sociale, e rammenta, comunque, che a tali contributi destinati fra l’altro ad effettuare erogazioni a favore dei lavoratori in ipotesi di malattia o infortunio, non può certo negarsi la natura retributiva, con conseguente riconducibilità all’ipotesi di cui all’art. 2751 bis n.1 e non già a quella, erroneamente invocata nei termini del contraddittorio di primo grado, di cui all’art. 2754 c.c.-

Osserva la Corte che l’art. 12, diversamente da quanto suggerisce l’appellante, enumera “le rendite della Cassa”, che effettivamente i contributi in parola sono elencati fra esse e, ai sensi del successivo art. 13 secondo comma la Cassa “ per far fronte alle spese di amministrazione” si avvale di tali entrate: In ogni caso, di certo la struttura di tali contributi previdenziali ne impone il raffronto con l’ipotesi disciplinata dall’art. 2754 c.c. e non certo con quella recentemente invocata dell’art. 2751 n.1 c.c.- E poiché l’interpretazione che il Tribunale ha dato di quella norma non è più suscettibile di riesame siccome non oggetto di impugnazione, la sentenza non può che essere, sul punto, confermata.

Con altro motivo lamenta l’appellante che il Tribunale abbia negato il privilegio per i contributi di cui agli art. 10 e 16 API (c.d. professionalità edile e diritto allo studio) osservando che il primo altro non è se non uno scatto di anzianità e il secondo corrisponde alla retribuzione dovuta al lavoratore per le ore di permesso per studio.

Osserva la Corte che quest’ultimo fondo non rappresenta affatto una provvidenza per il lavoratore, il quale riceve direttamente dal datore di lavoro le retribuzioni corrispondenti a quelle che avrebbe percepito se, durante le ore di studio, avesse lavorato, bensì, come chiaramente risulta dalla convenzione relativa prodotta in copia dall’appellante, un fondo mutualistico finalizzato a reintegrare l’imprenditore che lo richieda, di quanto sia stato tenuto a corrispondere, in virtù del contratto e non certo per l’intermediazione della Cassa, al lavoratore.

Del pari corretta appare la conclusione raggiunta dal Tribunale quanto ai contributi per il fondo professionalità edili a fronte della constata non corrispondenza fra l’ammontare di essi e le erogazioni autonomamente effettuate dalla Cassa.

L’epoca di riferimento per il calcolo della svalutazione monetaria e degli interessi è stata correttamente individuata, dal Tribunale, nella data in cui le somme sarebbero state dovute agli operai, imponendo tale conclusione la richiesta di collocazione al privilegio, cioè nel rango che sarebbe spettato ai destinatari finali della prestazione, per i quali essa aveva scadenza semestrale, così che anche il quarto motivo di appello è infondato.

Dei contributi previdenziali e assistenziali (motivo quinto, pag. 11 dell’atto di appello) si è già detto.

Lamenta infine l’appellante che il Tribunale abbia dichiarato le spese del giudizio irripetibili nei confronti del Fallimento.

Il motivo è in parte fondato: in realtà non si tratta qui delle spese “ conseguenti al ritardo nella prestazione della domanda”, che ex art. 101 ultimo comma della L.F. non sono ripetibili, bensì di quelle determinate dal rifiuto del giudice delegato di ammettere il credito così come insinuato, e, cioè, di spese, non determinate dalla tardività della domanda, che in ogni caso il creditore, pur se tempestivamente si fosse insinuato, avrebbe dovuto sopportare per sostenere la propria tesi. Essa è risultata in parte fondata, e dunque, operata una compensazione in ragione della metà delle spese di ambo i gradi per la parziale soccombenza, spetta alla appellante il rimborso della residua metà, pari a lire 1.000.000 su di una liquidazione di complessive lire 2.000.000, di cui lire 57.000 per esborsi e lire 350.000 per diritti, quanto al primo grado, e a lire 1.250.000, su di una liquidazione di complessive lire 2.500.000 di cui lire 127.000 per esborsi e lire 750.000 per diritti, quanto al presente.

PTM

In parziale riforma della sentenza 17 giugno 1994 del Tribunale di Mantova, condanna il Fallimento della s.n.c. Tiranti Virginio di Tiranti Claudio & c. in persona del Curatore, a rifondere alla COE, Cassa Operai Edili di Mantova la somma di Lire 1.000.000, pari alla metà delle spese del primo grado, compensato il residuo.

Compensa le spese di questo grado in ragione della metà e condanna il Fallimento a rifondere all’appellante il residuo pari a lire 1.250.000.