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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 05/03/2019 Scarica PDF

L'opposizione all'ingiunzione di pagamento europea (IPE) e il passaggio al procedimento civile ordinario secondo le Sezioni Unite n. 2840/2019

Stefano Bastianon, Professore associato di Diritto dell'Unione europea, Università degli Studi di Bergamo. Avvocato in Busto Arsizio


Sommario: 1. Premessa. - 2. Le (differenti) soluzioni elaborate dalla giurisprudenza di merito. - 3. Il regolamento 1896/2006 e la disciplina del procedimento che si instaura a seguito dell’opposizione. – 4. Il problema del passaggio dall’IPE al procedimento civile ordinario e i poteri del giudice. – 5. Ulteriori aspetti della pronuncia delle Sezioni Unite.

     

1. La terza pronuncia delle Sezioni Unite in tema di ingiunzione di pagamento europea si candida senza dubbio a porsi come la più importante e foriera di ricadute sul piano processuale interno. Mentre, infatti, le sentenze n. 10799 del 2015 e n. 7075 del 2017 avevano affrontato rispettivamente il tema dell’efficacia di giudicato dell’IPE e quello del termine per la proposizione del riesame dell’IPE[1], la pronuncia n. 2840/2019 affronta il fondamentale aspetto delle regole procedurali da seguire nel caso di emissione dell’IPE seguita dalla relativa opposizione da parte del debitore. Si tratta di un tema di straordinaria rilevanza anche in considerazione del fatto che il passaggio dall’IPE al procedimento civile ordinario non può in alcun modo essere mutuato dall’analogo passaggio dalla fase monitoria al giudizio ordinario di cui all’art. 645, comma 2, c.p.c. per l’ovvia considerazione che l’opposizione all’IPE non può essere assimilata all’opposizione ad un decreto ingiuntivo di diritto interno. Mentre quest’ultima, infatti, costituisce anche il primo atto del giudizio ordinario di cognizione (e contiene, pertanto, sia la vocatio in ius, sia l’esposizione degli argomenti posti dal debitore ingiunto-opponente a fondamento delle proprie difese), l’opposizione all’IPE, proprio in quanto immotivata, non può assolvere le medesime finalità[2].

 

2. Ai sensi dell’art. 17, par. 1, del regolamento 1896/2006, in caso di opposizione avverso l’IPE, il procedimento prosegue dinanzi ai giudici competenti dello Stato membro d'origine applicando le norme di procedura civile ordinaria, a meno che il ricorrente non abbia esplicitamente richiesto in tal caso l'estinzione del procedimento. Il successivo comma 2 stabilisce che il passaggio al procedimento civile ordinario ai sensi del comma 1 è disciplinato dalla legge dello Stato membro d'origine, mentre il comma 3 prevede che il ricorrente sia informato dell'eventuale opposizione presentata dal convenuto e dell'eventuale passaggio al procedimento civile ordinario.

Come noto, l’Italia, contrariamente a Austria, Bulgaria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Lituania e Spagna, non ha previsto norme ad hoc né per quanto riguarda le modalità del passaggio dall’IPE al procedimento civile ordinario, né per quanto riguarda la disciplina processuale del procedimento che viene ad instaurarsi a seguito dell’opposizione all’IPE.

In tale contesto, la giurisprudenza di merito e la dottrina hanno prospettato e seguìto diverse impostazioni. Il Tribunale di Taranto (15/09/2016) ha stabilito che, in caso di opposizione all'ingiunzione di pagamento europea, il passaggio al procedimento civile ordinario deve avvenire mediante un atto di riassunzione nelle forme dell'art. 125 disp. att. c.p.c. che deve essere notificato dal creditore al debitore, con l'indicazione dell'udienza di comparizione fissata di propria iniziativa dal giudice, osservati i termini di cui all'art. 163 bis c.p.c.[3]; secondo il Tribunale di Verona (26/05/2012), invece,  in caso di opposizione all’ingiunzione di pagamento europea, il giudice deve far notificare al creditore, a cura della cancelleria, l'opposizione del debitore, assegnare all'attore-creditore un termine perentorio per integrare il thema decidendum e i relativi fatti costitutivi, fissare l'udienza ex art. 183 c.p.c. nel rispetto dei termini di comparizione di cui all'art. 163 bis c.p.c., assegnare al convenuto la facoltà di depositare la comparsa di risposta, con onere di costituzione - se del caso a mezzo di difensore ove la difesa personale non fosse ammessa - almeno venti giorni prima dell'udienza e con l'avvertimento che la costituzione tardiva comporterà le decadenze di cui all'art. 167 c.p.c.[4]; secondo il Tribunale di Varese (12/11/2010), in caso di opposizione alla ingiunzione di pagamento europea, il passaggio al procedimento civile ordinario, in presenza di una domanda di monitoria inidonea ad incardinare un giudizio ordinario, deve necessariamente avvenire attraverso l'assegnazione al ricorrente di un termine per integrare la domanda proposta in via monitoria con un contenuto conforme a quello previsto dall'art. 163 c.p.c.; la fissazione dell'udienza di trattazione nel rispetto dei termini di comparizione di cui all'art. 163-bis c.p.c.; l'assegnazione all'opponente di un termine fino a venti giorni prima dell'udienza per integrare l'opposizione ai sensi e con il contenuto di cui all'art. 167 c.p.c.[5]; secondo il  Tribunale di Piacenza (18/09/2010), in caso di opposizione alla ingiunzione di pagamento europea, data l'inidoneità di tale opposizione ad instaurare un procedimento assimilabile a quello disciplinato dall'art. 645 c.p.c., il creditore che intenda far valere il proprio diritto deve agire secondo le norme ordinarie del processo civile; pertanto, una volta avuta conoscenza della opposizione presentata dal convenuto e della data dell'udienza di trattazione, deve notificare un atto introduttivo avente i requisiti di cui all'art. 163 c.p.c. entro i termini di cui all'art. 163-bis c.p.c., al debitore opponente al fine di consentire a quest'ultimo di costituirsi ai sensi degli art. 166 e 167 c.p.c[6].; secondo il Tribunale di Firenze (25/9/2009), invece, in caso di opposizione all’IPE, il giudice deve assegnare termine all’opponente per la costituzione nei modi e nelle forme di cui agli artt. 166 e 167 c.p.c.; infine, secondo il Tribunale di Milano (18/07/2011), in caso di tempestiva opposizione all'ingiunzione di pagamento europea, il creditore che intenda far valere il proprio diritto deve agire secondo le norme ordinarie del processo civile; pertanto, una volta avuta conoscenza dell'opposizione presentata dal convenuto e della data dell'udienza di trattazione, deve notificare un atto introduttivo avente i requisiti di cui all'art. 163 c.p.c., entro i termini di cui all'art. 163 bis c.p.c., al debitore opponente al fine di consentire a quest'ultimo di costituirsi ai sensi degli art. 166 e 167 c.p.c.[7]

 

3. Nel caso portato al vaglio delle Sezioni Unite i giudici del merito avevano affermato il principio secondo cui, in seguito all’opposizione all’IPE, il giudice è tenuto ad imporre al creditore-ricorrente (che non abbia espresso volontà contraria al proseguimento del giudizio) l’onere di attivarsi in conformità alle regole che, sul piano interno, disciplinano l’opposizione del debitore ingiunto ad un decreto ingiuntivo emesso ai sensi degli artt. 633 e ss. c.p.c.

Avverso tale impostazione, le Sezioni Unite mettono in risalto innanzitutto il fatto che, nell'economia del regolamento, l'individuazione del modus procedendi a seguito della proposizione dell'opposizione avverso una IPE richiesta dal creditore senza dichiarazione attributiva all'opposizione dell'effetto dell'estinzione del procedimento non rappresenta un profilo di disciplina che si deve ricercare al di fuori del regolamento stesso. Secondo il giudice della legittimità, infatti, il passaggio dall’IPE al procedimento civile ordinario risulta esplicitamente disciplinato dal regolamento, seppur attraverso il meccanismo del rinvio alle legislazioni nazionali. Infatti, preso atto che il regolamento, all’art. 17, stabilisce espressamente che in caso di opposizione all’IPE il procedimento prosegue secondo le regole della procedura civile ordinaria, tale esplicita previsione contenuta nel regolamento si impone ai giudici nazionali che, pertanto, non possono disattenderla pena la violazione del diritto dell’Unione europea. Si tratta di una precisazione di fondamentale importanza in quanto consente alla Corte di cassazione di escludere in radice la possibilità di invocare sul punto il disposto dell’art. 26 del regolamento a mente del quale “tutte le questioni procedurali non trattate specificamente dal presente regolamento sono disciplinate dal diritto nazionale”.

In altre parole, il fatto che il regolamento preveda che in caso di opposizione avverso l’IPE il procedimento prosegua dinanzi ai giudici competenti dello Stato membro d'origine applicando le norme di procedura civile ordinaria, non significa affatto che la fase del passaggio dall’IPE al procedimento civile ordinario sia una questione procedurale non disciplinata specificamente dal regolamento (con conseguente obbligo per gli Stati membri di applicare il proprio diritto interno); al contrario, sta ad indicare che il regolamento contiene un’esplicita disciplina che, seppur attraverso la forma del rinvio formale, si sostanzia nel principio secondo cui il procedimento deve necessariamente aver luogo secondo le regole che nell'ordinamento nazionale esprimono la forma di tutela processuale civile ordinaria. La conclusione cui giungono le Sezioni Unite su tale specifico aspetto non ammette repliche: “corollario di quanto osservato è, allora, che i singoli Stati membri d'origine non hanno alcuna libertà di individuare le regole dello svolgimento della tutela giurisdizionale successiva all'opposizione all'IPE, ma sono tenuti a garantire tale svolgimento secondo la forma corrispondente alla tutela ordinaria, normale, della situazione giuridica in base alla loro legislazione interna”.

 

4. Considerazioni analoghe vengono espresse ance con riferimento al tema della fase del passaggio dall’IPE al procedimento civile ordinario. Anche in tal caso, le Sezioni Unite ritengono che la relativa disciplina sia contenuta nel regolamento, senza alcuna possibilità di invocare il disposto dell’art. 26 del regolamento e, quindi, il rinvio ai singoli diritti nazionali.  Infatti, l’art. 17, comma 3, del regolamento prevede che “il ricorrente è informato dell'eventuale opposizione presentata dal convenuto e dell'eventuale passaggio al procedimento civile ordinario”. Si prevede cioè un potere del giudice oltre che di informazione sull'opposizione, anche in ordine al detto passaggio. Considerato, inoltre, che il regolamento ha espressamente facoltizzato gli Stati membri a disciplinare la fase del passaggio dall’IPE al procedimento civile ordinario, ne consegue che:

a) se lo Stato membro ha dettato una disciplina ad hoc, il potere del giudice dovrà essere esercitato secondo tale disciplina;

b) se lo Stato membro non ha dettato alcuna disciplina (come l’Italia), la norma del regolamento deve pur sempre ritenersi sufficiente a ritenere che al giudice spetti di adottare un proprio provvedimento con cui dispone il passaggio, senza alcuna necessità di operare un rinvio alle norme processuali nazionali.

Tale ragionamento porta, tuttavia, la Cassazione a confrontarsi con il vero problema di fondo: vale a dire, quello di stabilire quali siano i limiti di tale potere e, in particolare, di stabilire se al giudice italiano competa di individuare la disciplina processuale ordinaria per la prosecuzione oppure gli competa soltanto un potere di contenuto più limitato.

Peraltro, una volta preso atto che il regolamento impone che la prosecuzione del giudizio a seguito di opposizione all’IPE debba avvenire secondo le regole della procedura civile ordinaria e non prevede alcun  potere del giudice dell'IPE di individuarle, limitandosi ad operare un rinvio al diritto nazionale ed essendo attribuito agli Stati membri solo il potere di regolare eventualmente il passaggio alla trattazione con quelle regole, il mancato esercizio da parte dell’Italia della facoltà di regolare le modalità del passaggio implica che il giudice italiano che ha emesso l'IPE, una volta proposta l'opposizione, deve limitarsi ad adottare un provvedimento con cui, essendo pendente un procedimento dinanzi al suo ufficio, dispone che esso prosegua secondo le regole di ordinaria procedura civile.

Da un punto di vista pratico-operativo, il ragionamento della Cassazione implica che al giudice italiano dell'IPE deve ritenersi precluso il potere di individuare le regole in base al quale deve avvenire il passaggio, tenuto conto del fatto che nel diritto processuale interno esistono due riti a cognizione piena e, dunque, ordinaria, quali il rito ordinario di cui agli artt. 163 e ss. c.p.c. e quello del lavoro. Con l’ulteriore conseguenza per cui la concreta individuazione e scelta delle regole in base al quale dare impulso al passaggio dall’IPE al procedimento civile ordinario non può che competere al creditore che intende proseguire il giudizio. Infatti, se si attribuisse al giudice dell'IPE, nonostante il silenzio del legislatore italiano in punto di regolamentazione del passaggio al procedimento civile ordinario, si finirebbe per avallare una conseguenza applicativa contraria al regolamento, il quale, avendo previsto la facoltà dello Stato membro di origine di dettare una disciplina del passaggio, in caso di mancanza di esercizio del potere di disciplina, ha voluto che sia lo stesso regolamento a disporre. Ed esso, come illustrato, si limita a dire che il processo prosegue secondo le regole di procedura civile ordinaria senza dire ulteriormente che esse vengono individuate dal giudice.

Sulla scorta di tali considerazioni le Sezioni Unite enunciano il seguente principio di diritto: “in tema di ingiunzione europea ai sensi del regolamento n. 1896 del 2006, qualora l'ingiunzione emessa dal giudice italiano venga opposta dal debitore ingiunto a norma dell'art. 16 del regolamento ed il creditore abbia chiesto all'atto della domanda di emissione dell'ingiunzione europea oppure prima della sua emissione che il processo, per il caso di opposizione, prosegua secondo la disciplina della procedura civile ordinaria, si deve ritenere che, nella situazione di mancato esercizio da parte dello Stato Italiano del potere di dettare una disciplina delle modalità della prosecuzione, quest'ultima sia regolata direttamente dalle disposizioni emergenti dall'art. 17 del regolamento ed al lume del Considerando 24 di esso, con la conseguenza che la regola per la prosecuzione si rinviene reputando spettante al giudice italiano che emise l'ingiunzione, all'atto della comunicazione al creditore della proposizione dell'opposizione ai sensi del par. 3 dell'art. 17, il potere di fissare un termine al medesimo creditore invitandolo ad introdurre la tutela secondo la disciplina processuale civile ordinaria secondo la forma che egli individuerà in base alla disciplina processuale italiana ed in relazione alla natura della situazione giuridica creditoria azionata con la domanda ingiuntiva, restando escluso il potere del giudice di procedere a tale individuazione”.

 

5. La pronuncia delle Sezioni Unite si presenta interessante, oltre per il principio di diritto enunciato, anche per alcune considerazioni svolte, da un lato, per contestare la legittimità delle differenti soluzioni interpretative adottate dalla giurisprudenza di merito in ordine alle regole procedurali che governano il passaggio al procedimento ordinario e, dall’altro lato, per confutare alcune possibili obiezioni che potrebbero inficiare la soluzione adottata dai giudici della legittimità.

Con riferimento alle varie soluzioni interpretative elaborate dalla giurisprudenza ed sopra ricordate, la principale critica mossa dalle Sezioni Unite riguarda il fatto che in tutti i casi la giurisprudenza di merito ha privilegiato soluzioni tendenti a ricercare le modalità della prosecuzione del giudizio nelle vigenti regole di diritto interno, con l’effetto e il difetto di attribuire al giudice di diritto interno che ha emesso l'IPE in un ordinamento di uno Stato membro che non ha regolato il c.d. "passaggio", l'esercizio di poteri che il regolamento non gli riconosce.

Per quanto riguarda, invece, la soluzione prospettata, le Sezioni Unite mettono in chiaro che quest’ultima non si pone in contrasto con il principio sancito dal regolamento secondo cui, a seguito dell’opposizione, il giudizio prosegue e non si instaura un giudizio ex novo. Invero, l'onere a carico del creditore-ricorrente nell’IPE di individuare la forma di tutela ordinaria e di introdurla nella forma che sarebbe prevista per il normale esercizio dell'azione non esclude che il processo iniziato secondo la forma così individuata prevista dall'ordinamento italiano possa rappresentare la prosecuzione del procedimento di IPE, posto che gli effetti della domanda e, quindi, la litispendenza, devono pur sempre essere ricollegati alla presentazione della domanda di IPE.

Tale conclusione, d’altra parte, è imposta dallo stesso regolamento e in particolare dall’art. 17 secondo cui la posizione del creditore, che ha scelto di avvalersi dell'IPE, non può essere pregiudicata rispetto all'ipotesi in cui avesse scelto di agire in via ordinaria, posto che l'ordinamento italiano àncora alla litispendenza una serie di effetti favorevoli a beneficio di chi esercita l'azione. A prima vista, peraltro, tale soluzione sembra porsi in aperto contrasto con la pronuncia della Corte di giustizia del 13 giugno 2013 (causa C-144/12) che ha espressamente negato che il procedimento di emissione dell'IPE e quello che in ipotesi di opposizione segue secondo le regole della procedura civile ordinaria di diritto interno sono due procedimenti distinti[8]. In tale pronuncia, infatti, la Corte di giustizia aveva escluso che il procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento e il conseguente procedimento civile ordinario che si instaura a seguito dell’opposizione all’IPE potessero essere considerati, in linea di principio, un solo procedimento, in quanto una siffatta interpretazione siffatta mal si concilierebbe con il fatto che il primo di tali procedimenti segue le norme previste dal regolamento n. 1896/2006, mentre il secondo, come risulta dall’articolo 17, par. 1, di tale regolamento, è disciplinato conformemente alle norme di procedura civile ordinaria. Sennonché, l’effettiva portata del principio enunciato dal giudice europeo può essere pienamente colto soltanto contestualizzandolo in relazione alla specificità del caso. In quell’occasione, infatti, la Corte di giustizia era stata chiamata a fornire la propria interpretazione in ordine al fatto se l’atto di opposizione all’IPE che contenga motivi di merito, ma non l’eccezione di incompetenza del giudice adito, possa essere considerato equivalente alla prima difesa presentata nell’ambito del procedimento civile ordinario che si instaura a seguito dell’opposizione all’IPE agli effetti della determinazione del giudice competente ai sensi dell’art. 24 del regolamento n. 44/2001 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Come rilevano le Sezioni Unite, infatti, l'affermazione del giudice europeo era stata fatta solo per sottolineare che l'opposizione all'IPE senza contestazione della giurisdizione del giudice adito non ha alcun effetto ai fini del giudizio che venga proseguito secondo quelle regole in ragione del carattere immotivato dell’opposizione (che resta tale anche nel caso in cui il debitore proponga l’opposizione in forma libera e senza avvalersi del modulo F), senza alcuna possibilità di far derivare da tale affermazione l’enunciazione di un generale principio teso a negare l’unitarietà del procedimento di ingiunzione di pagamento europea.



[1] Cfr. Cass., sez. un., 26 maggio 2015, n. 10799, in Giust. Civ. Mass., 2015; 29 marzo 2017, n. 7075, in Diritto & Giustizia, 2017, 21 marzo.

[2] In tal senso v. A.A. Romano, Il procedimento europeo di ingiunzione di pagamento, Milano, 2009, 157.

[3] Trib. Taranto, 15 settembre 2016, in Foro it. 2016, 12, I , 3978.

[4] Trib. Verona, 26 maggio 2012, in Foro it., 2012, 10, I, 2867.

[5] Trib. Varese, 12 novembre 2010, in Foro it., 2011, 5, I, 1571.

[6] Trib. Piacenza, 18 settembre 2010, in Foro it., 2011, 5, I, 1571.

[7] Trib. Milano, 18 luglio 2011, in Foro it., 1, I, 275

[8] Corte giust., 13 giugno 2013, causa C-144/12, Goldbet Sportwetten GmbH contro Massimo Sperindeo, ECLI:EU:C:2013:393.


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