Bancario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 09/06/2022 Scarica PDF

Finanziamento con restituzione rateale a mezzo di piano di ammortamento alla francese. Profili di disciplina*

Vincenzo Farina, Professore ordinario di diritto privato presso l'università del Salento


Sommario: 1- Gli interessi nelle operazioni di finanziamento. Il quadro normativo di riferimento. 2- Il rimborso della somma oggetto di finanziamento e la distinzione tra: capitale e interessi; capitalizzazione ed anatocismo. 3- Piano di ammortamento alla francese: produzione degli interessi; univocità o equivocità del criterio di composizione della rata. Conseguenze. 4- Segue: piano di ammortamento, pattuizione degli interessi computati sul capitale a scadere, liceità e\o meritevolezza. 5- Segue: piano di ammortamento alla francese ed anatocismo. 6- Natura giuridica del piano di ammortamento. 7- Conseguenze dell’eventuale contrasto tra modalità di rimborso e piano di ammortamento previsti in contratto: la nullità parziale della clausola. 8-Segue: l’errore di calcolo.



 

1- Gli interessi nelle operazioni di finanziamento. Il quadro normativo di riferimento.

Non pare revocabile in dubbio che i concetti di capitale ed interessi esprimano costantemente quello di somma di danaro consegnata dal creditore al debitore e di frutti civili prodotti dal godimento della somma da parte di quest’ultimo. Esattamente si rileva in dottrina[1] come non esista una nozione tecnico giuridica di capitale ed il concetto venga in diritto mutuato dall’economia assumendolo nel senso di funzione del danaro impiegato, messo a frutto e come tale produttivo di interessi in contrapposizione con il concetto di “liquidità”, inteso come danaro di cui si conserva la disponibilità.

Il legislatore italiano del 1942 ha considerato difatti il danaro bene fruttifero per eccellenza definendo «gli interessi sui capitali» appunto dei frutti civili «che si ritraggonodalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia» (art. 820, comma 2, c.c.). La prevalente dottrina non ha mosso critiche a tale orientamento, sostanzialmente concordando con l'inclusione degli interessi in tale categoria[2]. Il ricorso all'immagine metaforica dei frutti, censurabile, secondo alcuni, in quanto espressione di una sensibilità sistematica ispirata al modello interpretativo dei diritti reali[3], presenta peraltro l'indiscutibile pregio di aver dato all'interesse una definizione ampia ed onnicomprensiva, intesa come corrispettivo del godimento di un bene che persona diversa dal proprietario abbia, strettamente aderente alla concezione economica corrente.

Il dibattito dottrinale sorto e sviluppatosi nella dottrina giuridica italiana intorno al concetto di interesse ha per molto tempo del tutto trascurato le problematiche economiche pur ad esso sottese[4]. La giustificazione di un siffatto orientamento del pensiero è stata individuata[5] nella diversa finalità perseguita dalla teoria economica rispetto a quella giuridica, non interessando alla seconda, che deve far capo ad una tipologia della realtà in funzione normativa, la spiegazione degli interessi, il loro saggio e le relative variazioni. Il dato economico rappresenterebbe, rispetto alla norma positiva, un «elemento pregiuridico compiutamente definito» da regolare, non già da determinare ed interpretare, e la stessa definizione economica di interesse, intesa come corrispettivo per la rinuncia al tesoreggiamento, avrebbe una scarsa utilità in sede giuridica, non potendo comprendere gli interessi moratori compensativi e corrispettivi non negoziali[6].

I convincimenti dottrinali su esposti sono sicuramente apprezzabili nella misura in cui considerano estranei rispetto alla trattazione giuridica degli interessi gli aspetti eminentemente economici inerenti ai meccanismi di formazione dello stesso saggio di interesse. Suscitano invece perplessità allorquando postulano una completa estraneità del dato giuridico rispetto a quello economico. Un approccio sistematico alla normativa che disciplina gli interessi, e nel nostro caso al piano di ammortamento che li include, non può prescindere da una visione complessiva ed unitaria delle problematiche di vario ordine di cui è portatrice la vicenda da regolare, ivi compresa quelle di carattere all’apparenza meramente economico e finanziario. La circostanza che per determinare il numero di rate e per stabilire la loro composizione e la loro entità sia possibile ricorrere a diversi sistemi di ammortamento ovvero scegliere tra il regime dell’interesse semplice e quello interesse composto, potrebbe non essere indifferente in sede di interpretazione e qualificazione delle diverse alternative che la matematica finanziaria offre ai contraenti. Ciò soprattutto se si tiene conto delle norme destinate, insieme con gli artt. 812, comma 2 e 1282 c.c., a disciplinare nelle obbligazioni pecuniarie l’interesse, che continua a costituire tutt’ora negli stati moderni uno dei principali strumenti per il tramite dei quali si gestisce la politica economica e monetaria[7].

È peraltro nella stessa Costituzione l’art. 47 cost. ad ascrivere tra i compiti della Repubblica quello, in particolare, di disciplinare, coordinare e controllare l'esercizio del credito, che si differenzia da altre attività economiche, la cui iniziativa è libera (art. 41, comma 1, cost.). Così implicitamente esclude che il regolamento degli interessi in gioco possa essere affidato esclusivamente all'autonomia delle parti. Allora ben si comprende come i limiti posti alla normale fruttuosità del danaro ad esempio dagli artt. 1224-1283 -1815- 2855 c.c., 644 c,p., 117, 120, 124, 125 bis TUB , lungi dal rappresentare un anacronismo, o peggio, un'insanabile contraddizione del sistema delineato dall'art. 1282 c.c., siano espressione di un interesse pubblico al normale e regolare esercizio del credito[8] , il tutto in una logica di rispetto dei precetti di cui all’art. 47 della Costituzione. Il che peraltro è perfettamente in linea con quell’orientamento della Corte costituzionale che considera esattamente “limitato” e “relativo” qualsiasi diritto individuale, anche di rango costituzionale[9].

In quest’ottica di ampio respiro, giuridico ed economico, vanno affrontati i problemi che un piano di rimborso rateale del capitale mutuato pone, badando bene all’interno della rata a riconoscere quella autonomia funzionale dell’interesse pecuniario[10], affermata in termini generali dal nostro ordinamento sia allorché lo stesso si manifesti espressamente in tale veste sia qualora malauguratamente attinga e contamini a mezzo di alchimie contabili lo stesso concetto di capitale dato a mutuo.

Proprio la scelta operata dal legislatore di obbiettivare[11] il concetto di interesse usurario attraverso la rilevazione di un “tasso effettivo globale medio” per operazioni della stessa natura, ai sensi della legge n. 108\1996 nonché delle disposizioni interpretative della stessa dettate con d.l. 29 dicembre 2000, n. 394, poi convertito con modifiche nella legge 28 febbraio 2001 n. 24, ha imposto la costante determinazione un “prezzo” massimo di “vendita” del danaro, in cui è compreso ogni “costo” funzionale all’erogazione del credito non derogabile dall'autonomia negoziale delle parti[12].

In questo contesto non esiste nel nostro ordinamento una norma che garantisca in assoluto al creditore il diritto dapprima a pattuire e di poi a pretendere ad libitum interessi convenzionali sulla somma mutuata comunque conteggiati in forza di variegate regole di matematica finanziaria, a nulla rilevando l’eventuale camuffamento sotto le ( mentite) spoglie del capitale. Né tale diritto, si ribadisce, può ricavarsi dall’art. 1282, comma primo, c.c., il quale, pur sancendo il principio della naturale fecondità del danaro[13], fa comunque salva la diversa previsione di legge, nel caso di specie riscontrabile proprio nella disposizione di cui all’art. 1815, comma secondo, c.c.[14]. Lo stesso art. 1284 , comma 3, c.c. nel riconoscere legittimità alle determinazioni di tasso ultra legale, purché effettuate per iscritto, non garantisce al creditore il diritto di pretendere qualsivoglia interesse.

La disciplina concreta della pattuizione del tasso di interesse nelle obbligazioni pecuniarie non può che ricavarsi da una lettura complessiva ed unitaria delle disposizioni che regolano nell’ambito dell’ordinamento i prestiti di danaro e quindi anche dalla legge n. 108\1996 e dall’art. 644 c.p., dagli artt. 116, 117 ,120 125 bis TUB, dagli artt. 1283, 1815 c.c. Il che deve intervenire sulla base di un’interpretazione sistematica del dato normativo in quanto “non vi sono - difatti - norme che non presuppongono il sistema e che ad un tempo non concorrono a formarlo”[15].

Parimenti c’è da interrogarsi con riguardo specifico del tema che ci occupa quale sia la nozione di interesse ricavabile dal nostro ordinamento e se sia possibile per le parti coniare una nozione di interesse per così dire atipica.

 

2- Il rimborso della somma oggetto di finanziamento e la distinzione tra: capitale e interessi; capitalizzazione ed anatocismo.

Nel mutuo ad ammortamento la restituzione del debito si realizza secondo un assetto organizzativo composto di più “rate” di importo conglobante sia una quota del capitale erogato a prestito che una quota interessi.

A carico del mutuatario di somme di danaro sono poste due distinte obbligazioni. La prima è quella di restituire la somma ricevuta in prestito (art. 1813 c.c.). La seconda e quella di corrispondere gli interessi al mutuante, salvo diversa pattuizione (art. 1815 c.c.). Nei mutui cd. ad ammortamento, la formazione delle varie rate nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi attiene ad una modalità dell’adempimento delle due obbligazioni[16]. Nella rata concorrono infatti la graduale restituzione della somma ricevuta in prestito e la corresponsione degli interessi. Trattandosi di una pattuizione che ha il solo scopo di scaglionare nel tempo le due distinte obbligazioni del mutuatario, essa non è idonea a mutare la natura né ad eliminare l’autonomia delle stesse.

La dottrina e giurisprudenza avevano a lungo discusso se gli interessi conservassero all’interno della rata di restituzione di un mutuo ad ammortamento la loro autonomia e non si conglobassero con il capitale. La questione era insorta con riguardo sia al divieto di anatocismo che all’estensione della prelazione ipotecaria gli interessi (art. 2855 c.c.), non essendo indifferente sotto entrambi i profili che la “rata” rappresentasse o meno un unicum inscindibile dal punto di vista giuridico o che, di contro, al suo interno potessero considerarsi come voci autonome le somme imputate a capitale e quelle invece ascrivibili ad interessi[17] .

La questione, sottoposta più volte all’esame dei giudici di legittimità, era stata oggetto di una soluzione confacente al dettato normativo del codice civile. Da un canto si era riconosciuto che il divieto di anatocismo non patisse eccezione con riguardo a quella parte delle rate di mutuo che comprendessero al loro interno una quota di interessi (corrispettivi). D’altro canto la Suprema Corte aveva affermato che i limiti posti dalla disciplina di cui all'art. 2855 cod. civ. all’estensione degli effetti dell'iscrizione ipotecaria operassero anche quando l’importo degli interessi fosse già ricompreso nella somma per la quale l'iscrizione ipotecaria era presa, mediante l'indicazione di un importo globale comprensivo di capitale ed interessi[18]. In tal caso, sarebbe occorso scindere, nell’ambito del credito conglobato, le componenti relative al capitale e quelle relative agli interessi, “riconoscendo al credito per capitale rango ipotecario, e a quello per interessi rango ipotecario o prelatizio sulla base della disciplina dettata dal citato art. 2855 cod. civ.”[19]. Proprio con l’occasione si era già provveduto a chiarire che la formazione delle varie rate o semestralità in una misura composita predeterminata attenesse “ ad una modalità dell’adempimento del debitore finalizzata alla graduale estinzione del mutuo” e non potesse “eliminare, o radicalmente modificare, la realtà del relativo contratto, che ha pur sempre ad oggetto un capitale produttivo di interessi.“[20]

Questa precisazione pare mantenere tutta la sua attualità anche con riguardo al tema che ci occupa, avuto riguardo ai soli interessi corrispettivi[21], sempre che risulti acclarato che la quota rispettivamente attribuita a capitale e ad interessi all’interno della rata abbia patito una mutazione genetica a seguito della sua attualizzazione in sede di redazione di piano di ammortamento ed utilizzo di un computo a mezzo di interesse composto.

Di contro non si può dimenticare che l’aver portato a capitale una quota di interessi in sé costituisca operazione neutra a fronte del chiaro divieto di cui agli artt. 1283 .c.c. e delle limitazioni imposte dall’art. 120 TUB. Come è stato puntualmente affermato in dottrina capitalizzazione ed anatocismo sono due fenomeni distinti: “ “Capitalizzazione” significa che gli interessi scaduti vengono, con una certa periodicità, spostati dalla voce “interessi” alla voce “capitale”“. L’anatocismo interviene solo nel successivo periodo di calcolo allorché “gli interessi vengono calcolati anche su interessi (che nel frattempo sono divenuti capitale)”[22]. Ci si riferisce ovviamente alla c.d. capitalizzazione composta, la sola che potrebbe avere a che fare con l'anatocismo (produzione di interessi sugli interessi scaduti su una somma liquida), e non con la c.d. capitalizzazione semplice, che indica la mera contabilizzazione degli interessi primari maturati in un determinato periodo di tempo sul capitale iniziale[23].

La distinzione però ovviamente non esclude la stretta contiguità tra le due fattispecie né la circostanza che la prima sia prodromica al perfezionamento della seconda, potendone costituire temporalmente la prima fase. La riprova di tale contiguità e della formazione progressiva della fattispecie anatocistica, che può inglobare in sé la precedente di capitalizzazione, la si rinviene nella stessa previsione di cui all’ art. 120 TUB ( nella sua attuale formulazione) comma 2, lett.b), secondo cui “gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”. La norma si apprezza da un canto per il riconoscimento della legittimità dell’anatocismo con riguardo agli interessi moratori su rate scadute ed ivi addotti a capitale. D’altro canto la previsione in parola, in uno con quella di cui all’art. 1283 c.c., conclama la possibilità di integrazione del fenomeno anatocistico per il semplice fatto che gli interessi vengano computati (ex post o ex ante poco importa) ponendo a base del calcolo altri interessi, a prescindere o meno se questi ultimi siano stati o meno inglobati in un capitale[24].

Detto questo, un profilo meritevole di indagine appare quello relativo alla rilevanza ai fini del divieto di anatocismo del modus operandi del meccanismo di capitalizzazione composta nell’ammortamento alla francese all’interno della quota interessi che compone la rata. La circostanza infatti che si neghi che gli interessi vengano portati a capitale o che contaminino in qualche modo la formazione della quota capitale nell’ambito della rata, non pare possa escludere a priori infatti che di anatocismo (e di relativo divieto) abbia a parlarsi in riferimento alla formazione della quota interessi.


3- Piano di ammortamento alla francese: produzione degli interessi; univocità o equivocità del criterio di composizione della rata. Conseguenze.

Si ritiene da parte di certa dottrina che raggiunto l'accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito di rate costanti neanche la misura della rata possa costituire “oggetto di una volizione in senso tecnico, perché la rata discende matematicamente da quegli elementi contrattuali”[25]. Si esclude in buona sostanza che, dati quei determinati presupposti e raggiunto l’accordo sugli stessi, sia possibile per il mutuante alcuna successiva possibilità “di determinare la suddivisione della rata fra quota capitale e quota interessi, essendo tale suddivisione già contenuta nella definizione di una rata costante di quel determinato importo”[26].

Tali matematiche certezze, sono invece fortemente avversate da chi giudica errati i presupposti di partenza della su esposta tesi.

Si rileva in primo luogo come l’espressione “alla francese” venga nella prassi individuata come sinonimo di “a rata costante”. Ma tale costanza di rata sembrerebbe non implicare alcuna certezza sulla composizione della rata, in quanto - si sostiene - “nell’ammortamento alla francese, definito l’importo del finanziamento, il TAN, la durata e le scadenze, non risulta definito univocamente neanche il criterio di determinazione del valore della rata”[27]. Si evidenzia inoltre come il regime finanziario che disciplina il piano di ammortamento a rata costante ben potrebbe essere connotato sia dall’interesse semplice che dall’interesse composto[28].

Parimenti variegato nelle alternative possibili sarebbe il criterio di imputazione delle rate. In buona sostanza “a parità di rata costante e nel rispetto dei vincoli di chiusura del piano, con la scelta del criterio di imputazione della rata si può stabilire di pagare gli interessi calcolati in regime composto sulla quota parte del capitale che viene a scadenza, o, alternativamente, pagare, ad ogni scadenza, tutti gli interessi maturati nel periodo, sia sul capitale in scadenza sia sul capitale che residua. O ancora, scegliere vie intermedie di pagamento fra le due estreme, con quote capitale decrescenti o crescenti e interessi via via crescenti o decrescenti”[29].

Certo è che la genericità dell’espressione “alla francese” viene confermata nelle Disposizioni di Trasparenza della Banca d’Italia, ove si identifica, invero in via di apprezzabile approssimazione, l’ammortamento alla francese con la rata che prevede la quota capitale crescente e la quota interessi decrescente. Tali incertezze definitorie hanno condotto non a caso lo stesso Arbitro bancario e finanziario a riconoscere come non esistente “nella prassi un unico tipo di ammortamento ‘alla francese’“ [30].

Altrettanto contrastante si appalesa il panorama giurisprudenziale, che si divide tra i sostenitori delle opposte tesi[31], anche se a tutt’oggi risulta orfano di pronunce del giudice di legittimità sulla specifica questione. L’iter motivazionale delle numerose e di segno opposto sentenze sull’argomento risulta fortemente condizionato dalle scelte di matematica finanziaria operata di volta in volta dai consulenti tecnici di ufficio[32]. Non pare però revocabile in dubbio che la scelta di conteggiare gli interessi in regime composto nel piano di ammortamento alla francese con quota di capitale crescente e quota di interessi decrescente comporti di per sé rispetto ad altri sistemi di ammortamento, un apprezzabile incremento del costo del credito per il cliente[33], di cui è espressione il tasso effettivo globale medio ( tegm) oggetto di specifico obbligo pubblicitario per “le operazioni di finanziamento” ex art. 116, comma 1 TUB [34].

Se quindi si accede all’idea che la definizione di ammortamento alla francese o a rata costante contenuta in contratto non comporti necessariamente che gli interessi per ogni singola rata debbano essere pagati sull’intero capitale residuo, ne consegue che la volontà delle parti ben potrebbe prevedere modalità variegate di composizione della rata in quota capitale e quota interessi “evitando che il pagamento del capitale preceda il pagamento degli interessi o diversamente computando gli interessi sul capitale residuo e non già su quello in restituzione”[35]. Né il cliente, salvo che sia un esperto di matematica finanziaria, potrebbe desumere dal testo del contratto che oltre alla rata costante si sia prescelto tra le modalità di conteggio possibili il regime composto nonché per il criterio di imputazione delle rate si sia adottato il calcolo degli interessi su tutto il capitale in essere a ciascuna scadenza[36].

Ciò determina che nell’ipotesi in cui questa specificazione delle modalità di formazione e composizione della rata e del computo dell’interesse non risulti esplicitata in contratto, ma sia, al più, soltanto ricavabile ex post a mezzo di un (complesso) calcolo sulla composizione delle singole rate, esplicitate in numeri riportati solitamente in una tabella, ricorra la violazione del comma 4 dell’art. 117 TUB. Difetta invero nel caso concreto l’indicazione di “ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora”. La tabella, che riporta pur puntualmente la composizione della singola rata come quota capitale e quota interessi, rappresenta difatti il mero sviluppo matematico di una condizione praticata (il calcolo dell’interesse sul capitale residuo) ma non esplicitata al cliente, sicché nessun “accordo esecutivo”[37] può dirsi a monte perfezionato sul punto[38].

In forza della previsione di cui al comma 7, lett. b) dell’art. 117 TUB si applicheranno “gli altri prezzi e condizioni pubblicizzati per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi al momento della conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, al momento in cui l'operazione è effettuata o il servizio viene reso; in mancanza di pubblicità nulla è dovuto”. Qualora poi il TEG (tasso effettivo globale) non risulti ex art. 116 comma 1 TUB pubblicizzato per le corrispondenti categorie di operazioni di finanziamento con onere della prova a carico della banca, la rata sarà depurata della quota interessi sempre in forza della stessa previsione.

Peraltro, la scelta della banca di operare tale forma di conteggio comporta per la stessa una significativa rendita di posizione in ipotesi di inadempimento del mutuatario e di conseguente decadenza del beneficio del termine: il corrispettivo per l’erogazione del capitale - l’interesse appunto- risulterà il più delle volte anzitempo conseguito e la banca pretenderà il rimborso del capitale su cui, pur in assenza del protrarsi del godimento del cliente, avrà conteggiato quelli che ama definire “interessi“ come se ciò fosse avvenuto[39]. Il che ovviamente non accade nell’ipotesi in cui gli interessi venissero conteggiati sul capitale via via in scadenza ovvero in forma di interesse semplice e comporta di per sé un maggior onere in caso di mora apprezzabile, ex art. 117 TUB, comma 4.

Resta da chiedersi, per concluder sul punto, se il mutuatario convenuto in giudizio per il pagamento del residuo capitale dovuto a seguito di comminata decadenza del beneficio del termine[40], possa eccepire in compensazione o comunque richiedere in restituzione quanto corrisposto in eventuale eccedenza a titolo di interessi computati nelle rate già pagate conteggiate “alla francese” sul capitale di volta in volta residuo e non su quello in scadenza. La richiesta, a parere di chi scrive, anche alla luce delle considerazioni che verranno svolte nel paragrafo successivo, non pare peregrina: se gli interessi si producono proporzionalmente giorno per giorno ex art. 821 c.c. in ragione della durata del godimento del capitale e se di quel capitale il cliente non gode per il tempo originariamente pattuito e rispetto al quale è stato operato anticipatamente il computo degli interessi ratealmente corrisposti, va da sé che il quid pluris abbia a costituire indebito oggettivo suscettibile di azione di restituzione ex art. 2033 c.c.[41]. Ciò interviene sempre che la quota interessi contenuta nelle rate pagate sia stata conteggiata come se il capitale dovesse essere restituito per un tempo maggiore rispetto a quello oggetto di effettivo godimento.

Tale eventualità potrebbe essere fronteggiata altresì eccependo in compensazione l’ interusurium di cui al secondo comma dell’art. 1185 c.c.: il diritto di ripetere nei limiti della perdita subita, ciò di cui il creditore si è arricchito per effetto del pagamento anticipato.

Inoltre, in disparte il principio non di poco momento sancito dall’art. 821 c.c., su cui si tornerà in seguito, nel caso concreto, una volta comminata la decadenza dal beneficio del termine ( art. 1186 c.c) , o richiesto la restituzione dell’intero in forza della previsione di cui all’art. 1819 c.c.[42] o conseguita la risoluzione del contratto ex art. 40, comma 2 TUB, viene meno per la banca il vincolo originariamente esistente e con esso la causa adquirendi degli interessi per come ab initio conteggiati[43] .

 

4- Segue: piano di ammortamento, pattuizione degli interessi computati sul capitale a scadere, liceità e\o meritevolezza.

Di recente la giurisprudenza[44] e la dottrina[45] hanno iniziato a porsi il problema se la scelta di conteggiare l’importo dovuto a titolo di interessi sulla residua quota di capitale e non su quella che viene in scadenza sia da considerarsi consetita dall’ordinamento.

Cominciamo con il dire che una pattuizione di tal fatta non trovi giustificazione nella previsione di cui all’art. 1194 c.c., comma 2. Detta norma presuppone, in stretta connessione con l’art. 1282 c.c., che, per procedere all’imputazione dei pagamenti in conto interessi e non già in conto capitale, siano simultaneamente liquidi ed esigibili tanto il credito per capitale quanto il credito accessorio per interessi[46], della cui autonomia delle relative obbligazioni si è già detto.

Del resto proprio in base all’art. 1282 c.c. gli interessi corrispettivi risultano dovuti “sul solo presupposto della liquidità e dell’esigibilità del credito”[47]. Sul punto la giurisprudenza ha più volte ribadito che i requisiti di liquidità e di esigibilità del credito, necessari perché questo produca interessi ai sensi dell'art. 1282 c.c., possano sì essere esclusi, ma in forza di “circostanze e modalità di accertamento dell'obbligazione in ragione della natura pubblicistica del soggetto debitore”[48].

Con riguardo al mutuo proprio l’esistenza di un piano di rimborso esclude in nuce, in assenza di decadenza dal beneficio del termine, che possa parlarsi di esigibilità degli interessi (e del capitale)[49]. L’appostazione a valle del rimborso del capitale impedisce che lo stesso, benché liquido, possa ritenersi esigibile per espressa pattuizione delle parti. Electa la via della postergazione del rimborso del capitale, non datur recursum ad alteram e cioè a quella dell’imputazione prioritaria a titolo di interessi in forza dell’art. 1194, comma 2 c.c. Operata, quindi, quella pattuizione relativa all’ammortamento ed alla composizione delle rate e divenuto in tal guisa inesigibile una certa parte di capitale, non può poi sostenersi de plano la legittimità del computo di interessi corrispettivi proprio su quella parte di capitale non suscettibile di esazione e per giunta in forza dell’art. 1194 comma 2 c.c..

L’idea che gli interessi corrispettivi costituiscano, nella definizione che può trarsi dal codice civile, un posterius rispetto al godimento del capitale da conteggiarsi in relazione all’adempimento dell’obbligazione (principale) di restituzione di quest’ultimo, trova poi ulteriore riscontro nell’ art. 1185 c.c., nella misura in cui al secondo comma prevede per il debitore il diritto di ripetere nei limiti della perdita subita, ciò di cui il creditore si è arricchito per effetto del pagamento anticipato. Il che non potrebbe accadere se il codice avesse consentito il conteggio di detta tipologia di interessi su di una quota di capitale non ancora esigibile.

Inoltre se è vero che il capitale risulta produttivo di interessi legali, che si acquistano "giorno per giorno" secondo il criterio di proporzionalità fissato dall'art. 821, comma 3 c.c., la regola appare perfettamente in linea con un computo degli interessi in forma semplice ed in progressione aritmetica sul capitale ricevuto in prestito per i giorni relativi al suo godimento. Conseguentemente andrebbe conteggiato sulla quota di capitale scaduta (e goduta), e non già sul capitale residuo[50].

Sul punto, parte della giurisprudenza[51], di contro, ritiene che il piano di ammortamento alla francese non determini violazione della regola dell'interesse semplice[52], di cui all'art. 821 c.c., in quanto la regola codicistica prescrive la progressione giornaliera dell'accumulo dei frutti non che tale progressione sia aritmetica (interesse semplice) anziché geometrica (interesse composto). Sta di fatto, però che, qui non è tanto questione di scelta del regime di calcolo dell’interesse (semplice o composto), ma su quale quota di capitale, in ipotesi di rimborso graduale, l’interesse corrispettivo debba essere calcolato e liquidato o, se si preferisce, quale parte del capitale erogata possa produrre i frutti civili esigibili dal creditore.

La produzione, del frutto o interesse che sia, secondo l’art. 821 c.c. è in ragione del godimento del capitale e della sua durata. Conseguentemente, per essere qualificato come “interesse corrispettivo”, inteso come frutto civile, deve essere rapportato al capitale goduto sino a quella data e non a godersi, anche perché di “doman non c’è certezza[53]: basti pensare alla frequentissima decadenza del beneficio del termine di restituzione comminata dalle banche al mutuatario non in regola con il rimborso rateale ed al conseguente insorgere degli interessi di mora.

Inquadrata la fattispecie in detti termini, non pare fuori quadro la tesi della nullità del patto di interessi ( corrispettivi) , in tal guisa concepiti per difetto di causa in quanto “non può essere consentito al creditore di pretendere il pagamento di interessi “in corrispettivo” di un vantaggio della liquidità di cui il debitore non abbia ancora goduto”[54]. Ciò, ovviamente, presuppone che al di fuori dello schema ricavabile dalla lettura congiunta degli artt.. 821, 1185, 1194 e 1282 c.c. nei termini sopra esplicitati non sia possibile ipotizzare una nozione alternativa di interesse corrispettivo, e perciò stesso immediatamente esigibile, parametrata in relazione ad un capitale, il cui obbligo di restituzione non sia ancora scaduto. Tale conclusione, risulta avvalorata, come pure è stato precisato[55], in particolare dall’art. 1185 comma 2 c.c., che consente, come in precedenza precisato, la restituzione a seguito dell’ingiustificato arricchimento conseguito dal creditore in ipotesi di pagamento anticipato rispetto alla scadenza del termine dell’obbligazione.

In aggiunta una pattuizione di interessi in tal guisa congeniati non pare superare la “verifica, ai sensi dell'art. 1322 c.c., comma 1, della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l'adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l'ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale”[56]. Come precisato dalla Suprema Corte, un'indagine di tal fatta deve riguardare la “causa concreta del contratto - sotto il profilo della liceità e dell'adeguatezza dell'assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti -, ma non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase precontrattuale ……. e quella dell'attuazione del rapporto…“ .

Nel caso che ci occupa, alla luce delle considerazioni in precedenza svolte abbiamo da un canto una chiara opacità informativa in ordine ad un metodo di calcolo nei confronti di chi non abbia bene a mente nozioni di matematica finanziaria, che non pare costituisca materia di studio nelle scuole dell’obbligo. D’altro canto, in sede di attuazione del rapporto, è pacifico che la banca, che percepisce anzitempo gli interessi su di un capitale il cui godimento altrui non è ancora scaduto, consegua una posizione di forza, idonea come è noto a precludere la portabilità del mutuo[57] o a sconsigliare sotto il profilo della convenienza la pur legittima voglia di una estinzione anticipata[58].

A ciò aggiungasi ai fini di una valutazione dell’equilibrio del rapporto che, da un canto all'anticipato pagamento degli interessi non corrisponde alcun risparmio per il mutuatario in quanto  il monte interessi rimane invariato.  D’altro canto l’impiego del regime composto riferito al capitale residuo, anticipando il pagamento degli interessi maturati,  “realizza un significativo ‘prolassamento' nel rimborso del capitale, dal quale l'intermediario finanziario trae ulteriori non trascurabili benefici sul piano del trattamento giuridico con riguardo all'ipoteca (art. 2855), alla prescrizione (art. 2948 c.c.), al privilegio (art. 2749) e alla cessione del credito (art. 1263 c.c.)”[59].

Residua il poi il non trascurabile profilo della meritevolezza[60] della pattuizione atipica, di cui si è detto, ai sensi del secondo comma dell’art. 1322 c.c.

Non è qui la sede per affrontare funditus la tematica del giudizio di meritevolezza, basti in questa sede richiamare quanto a suo tempo affermato dalla Suprema Corte con riguardo ai contratti “atipici” “My Way” e “4 You[61]. La S.C. ha chiarito nell’occasione come detto giudizio debba essere effettuato non secondo il parametro del proibito, quanto secondo quello dell’agiuridico, sicché un contratto che sia immeritevole risulta improduttivo di effetti ab initio. Lo stesso viene assimilato a quello di nullità in relazione agli obiettivi perseguiti, in quanto anche il giudizio ex art. 1322, comma 2, c.c. costituisce un controllo a tutela dell’interesse generale dell’ordinamento[62]. Nell’occasione la Cassazione ha precisato che anche ai contratti atipici di investimento o di intermediazione finanziaria è estendibile il principio secondo cui: «il legislatore, predisposta una struttura normativa significante, (...) ha “voluto sottendere a quella medesima struttura un ulteriore significato non espresso costituito dall’interesse dell’ordinamento a che certi suoi principi cardine (buona fede, tutela del contraente debole, parità quanto meno formale nelle asimmetrie economiche sostanziali) non siano comunque violati”»[63]. Dopo aver riconosciuto al giudizio di meritevolezza ex art. 1322, comma 2, c.c. una precipua rilevanza ed un ruolo rispetto ai principi cardine del sistema, si è precisato come lo stesso attenga alla verifica della causa concreta dell’accordo[64] con conseguente necessità di una valutazione non con riguardo agli interessi che, in astratto, l’accordo miri realizzare, ma con riferimento alla loro effettiva configurazione nel rapporto di scambio oggetto di pattuizione.

Sulla base di tali principi riesce difficile comprendere come ad un finanziamento con pattuizione ( atipica) di ammortamento alla francese nei termini sopra specificati possa riconoscersi meritevolezza di tutela.

 

5- Segue: piano di ammortamento alla francese ed anatocismo.

Un’ulteriore domanda che si è posta la dottrina è se il regime dell’interesse composto utilizzato normalmente piano di ammortamento alla francese determini o meno violazione del precetto imperativo di cui agli art. 1283 c.c e 120 TUB.

Abbiamo in precedenza chiarito la distinzione tra capitalizzazione ed anatocismo. Il fatto che poi il calcolo degli interessi venga operato esclusivamente sul capitale parrebbe escludere sotto tale profilo la ricorrenza dell’anatocismo in tutte le ipotesi in cui quel capitale non abbia inglobato in sé una quota di interessi e, conseguentemente, l’interesse calcolato sul capitale di volta in volta “residuo” non avrebbe a base alcun interesse capitalizzato. Il che trova apparente conferma nel risultato della somma delle quote capitale computate nelle singole rate del piano di ammortamento: se le stesse, come di regola accade, risultano pari al capitale mutuato, nessuna contaminazione di interessi capitalizzati potrebbe essere intravista e, conseguentemente, il calcolo degli interessi sul capitale residuo non integra il divieto in parola. In questi termini con riguardo all’ammortamento alla francese pare orientarsi la dottrina prevalente[65] e parte maggioritaria della giurisprudenza[66] che si è occupata dell’argomento.

Il problema merita però di essere affrontato sotto un diverso profilo e cioè se il computo degli interessi nella rata costante da ammortamento alla francese non patisca già a monte un’incorporazione “nel capitale che li ha generati, secondo lo schema tipico della capitalizzazione composta”[67]. Si ritiene da parte di questa dottrina[68] che “la determinazione dell’interesse relativo al periodo (s-1, s) sia effettuato sul debito inizialmente contratto Rvt aumentato di tutti gli interessi maturati fino all’epoca s-1 e, quindi, capitalizzati” . Tutto ciò è la necessitata implicazione dell’aver calcolato la rata “nel regime finanziario della capitalizzazione composta, la cui equità si ripercuote necessariamente sul piano di ammortamento che ne è, semplicemente, un suo sviluppo”[69].

In buona sostanza l’anatocismo nell’ammortamento alla francese ed a rata costante si annida secondo l’ orientamento di alcuni studiosi di matematica finanziaria nella modalità di determinazione della composizione della rata connotata dal regime di capitalizzazione composta.[70] Detto regime nei piani di rimborso graduale non solo implica, come in precedenza chiarito, una maggiorazione in termini esponenziali della rata direttamente incidente sul monte interessi[71], ma comporterebbe l’insorgere sia di un’obbligazione di rimborso del capitale, in misura pari al finanziamento iniziale sia di una (distinta) obbligazione di pagamento degli interessi pari al monte complessivo, già comprensivo dell’anatocismo”[72].

In questi termini- sempre che tale argomentare in termini di matematica finanziaria sia corretto - riteniamo possa condividersi l’idea che l’anatocismo sia presente nel valore stesso della rata pattuita con la formula dell’interesse composto “nella quale si esprime la volontà, questa sì giuridica oltre che matematica, di equiparare al capitale finanziato C, il corrispondente valore futuro, espresso da [...], comprensivo di interessi anatocistici, anziché il valore futuro, espresso da [...], che lascerebbe improduttivi gli interessi maturati”[73].

Qualora così fosse, infatti, nessun rilievo potrebbe assumere con riguardo al piano di ammortamento alla francese la circostanza valorizzata da alcuni giudici di merito secondo cui visto che la rata paga, oltre agli interessi sul capitale a scadere, anche la quota del debito in linea capitale – quota man mano crescente con il progredire del rimborso – a ciò segue che il pagamento a scadenza del periodo X riduce il capitale che fruttifica nel periodo [...], ossia si verifica un fenomeno inverso rispetto alla capitalizzazione”[74]. Con ciò parrebbe ignorarsi appunto che gli interessi risultano anticipatamente computati non già sulla quota capitale, come appare in rata, bensì in forza di determinazione del montante complessivo (capitale + interessi) dovuto in restituzione, integrando a pieno l’anatocismo proprio con riguardo al conteggio degli interessi sugli interessi.

Invero, ove si presti attenzione al meccanismo di calcolo dello sconto composto[75], che presiede alla formazione della rata, si comprende come non abbia alcun rilievo il fatto che il capitale erogato in rata diminuisca progressivamente e gli interessi perciò stesso non possano ipotizzarsi come inglobati in esso producendo a loro volta interessi. Questo non accade per la semplice ragione che quando si procede alla costruzione del piano ed alla determinazione del montante si computano ex ante gli interessi sul debito iniziale per il tramite appunto dello sconto composto, che tiene conto di un certo numero di rate costanti di ammontare determinato[76]. Si calcola poi la quota interessi sulla prima rata, quale riviene nel suo ammontare complessivo dalla divisione del montante per il numero delle rate previsto in restituzione. Sottraendo la quota interessi da detta rata si ha la quota capitale, che andrà in detrazione rispetto al debito iniziale e su debito risultante poi si computerà l’ammontare degli interessi della seconda rata e cosi via[77]. Il capitale conteggiato in rata in quanto esattamente corrispondente in ipotesi al debito residuo risulta così all’apparenza immacolato. Ciò però non significa che immacolato dal peccato di anatocismo debba anche essere il montante (madre di tutte le rate), se è vero che lo sconto composto applicato comporta con riguardo al medesimo che ad ogni periodo t, l'interesse percepito nel periodo [...] sia considerato nuovo capitale e venga quindi incluso nel medesimo. Nel meccanismo di calcolo di sconto composto, con cui si determina il montante, dunque al tempo t l'interesse relativo non risulta calcolato sul capitale originario netto, ma sulla somma del capitale originario e degli interessi conteggiati nei periodi precedenti, integrando così a pieno anatocismo con riguardo alla rata unitariamente considerata.

Attenta giurisprudenza di merito ha posto in luce come con il regime composto, anche nella variante costituita dal pagamento degli interessi (in alternativa alla loro capitalizzazione), svanisca” la distinzione tra capitale ed interessi, restando indifferente all’atto del pagamento periodico l’individuazione del titolo per il quale esso avviene (se inerente all’obbligazione principale o a quella accessoria) e, correlativamente, quale sia la specifica composizione della rata (nella sua ripartizione tra quota capitale e quota interessi)”[78]. Ciò accade in quanto resta comunque invariato quel montante sul quale si sono conteggiati anzitempo gli interessi sugli interessi.

In questi termini attenta giurisprudenza in sede di appello[79], condividendo l’opinione del CTU nominato, ha ritenuto che sia un “dato incontrovertibile sul piano matematico finanziario che l’adozione di un regime di capitalizzazione composta produca interessi sugli interessi, ed è un dato altrettanto incontrovertibile che il regime adottato dall’istituto di credito, nella fattispecie in esame, sia proprio quello della capitalizzazione composta e che tale regime sia intimamente connaturato […] nella formula che ha determinato l’importo della rata costante nel piano di ammortamento”. La ricorrenza dell’applicazione della formula dell’interesse composto nel calcolo della rata per la formazione del piano è riconosciuta anche da quella giurisprudenza, che nega vigorosamente la ricorrenza dell’anatocismo[80].

Riteniamo di poter fare nostra l’opinione di autorevole dottrina che in tema di anatocismo ebbe a suo tempio a rilevare che il divieto di anatocismo (...) non colpisce solo gli accordi preventivi che direttamente stabiliscano la produzione di interessi su interessi, ma anche gli accordi preventivi che abbiano comunque l’effetto di determinare la produzionedi interessi su interessi”[81]. È quello che parrebbe essere accaduto con il piano di ammortamento alla francese allorché nella determinazione del montante e della rata costante di rimborso oggetto di accordo si è provveduto a conteggiare gli interessi sulla quota di interessi delle singole rate, anteriormente alla scadenza dell’obbligazione restitutoria del capitale residuo[82]. In questo caso risulterebbe integrata la violazione del precetto imperativo di cui agli artt. 1283 e 120 TUB, a cui farebbe seguito la nullità parziale ex art. 1419 c.c. della pattuizione di interessi con tutte le conseguenze che ne derivano e su cui si tornerà nel proseguo.

Se diversamente si opinasse e si ritenesse che gli interessi computati fossero tutti primari e la maggiorazione del costo del credito riveniente da capitalizzazione alla francese con interesse composto fosse la risultante solo di una maggiore produzione di detti interessi primari sia pur calcolata inizialmente nella determinazione della rata, non vi potrebbe essere spazio per il ricorso in ausilio alla previsione di cui all’art. 1344 c.c.[83] per aggiramento del divieto di anatocismo. L’implementazione degli interessi in concreto perseguita in tanto sarebbe diretta a raggiungere il risultato illecito vietato dagli artt. 1283 c.c. e 120 TUB [84], da sanzionare ai sensi dell’art. 1344 c.c. con la nullità della clausola in quanto destinata ad integrare un computo degli interessi sugli interessi. Nessun rilievo potrebbe avere la circostanza che il metodo di ammortamento prescelto e\o il meccanismo dell’interesse composto determini un’implementazione esponenziale del costo del credito, del tutto analoga all’anatocismo. In assenza di produzione di interessi sugli interessi non si potrebbe fare in alcuno ricorso, all’interpretazione analogica della disciplina di cui agli artt. 1283 c.c. e 120 TUB, norme eccezionali a tutti gli effetti. Qualora il sistema del conteggio si fondasse esclusivamente su di un computo di interessi sul capitale e questo fosse il risultato previsto e voluto dalle parti, quella “consapevole divergenza tra la causa tipica del contratto prescelto e la determinazione causale delle parti indirizzata alla elusione di una norma imperativa”[85] non potrebbe risultare sussistente nel caso concreto.

 

6- Natura giuridica del piano di ammortamento.

Meritevole di un sia pur conciso approfondimento è la natura giuridica del cd. piano di ammortamento. Dello stesso non si rinviene citazione nel codice civile, che, con riguardo al mutuo, all’art. 1819 si limita a far menzione della restituzione rateale delle cose mutuate in occasione della decadenza del beneficio del termine. Anche nel TUB, se pur è presupposta la restituzione rateale in tema di credito fondiario (art. 38 e 40) e di credito al consumo (art. 121 ove il riferimento più propriamente è alla dilazione di pagamento), manca una definizione del piano di ammortamento.

Del piano di ammortamento si trova invece qualche accenno nelle Istruzioni della banca d’Italia. Ivi viene imposto alle Banche che il documento di sintesi riporti in calce il piano di ammortamento “per i contratti di mutuo che sono o potrebbero rimanere a tasso fisso per tutta la durata del contratto”in ragione del fattoche solo per i mutui a tasso fisso sia possibile prevedere ex antel’esatto ammontare della quota pro rata per interessi di cui dovrà farsi carico il mutuatario[86].

Nelle stesse Istruzioni è previsto che “in caso di ammortamento del capitale di un contratto di credito a durata determinata, il contratto indica … il diritto del consumatore di ricevere in qualsiasi momento del rapporto, su sua richiesta e senza spese, una tabella di ammortamento. La tabella di ammortamento riporta: - gli importi dovuti, le relative scadenze e le condizioni di pagamento; - il piano di ammortamento del capitale, che rappresenta la ripartizione di ciascun rimborso periodico; - gli interessi e gli eventuali costi aggiuntivi; se il tasso non è fisso ovvero se i costi aggiuntivi possono essere modificati nel corso del rapporto, è indicata in modo chiaro e conciso la circostanza che i dati riportati nella tabella sono validi fino alla successiva modifica del tasso di interesse o dei costi aggiuntivi, conformemente a quanto previsto nel contratto[87].

Sullo sfondo non bisogna poi dimenticare da un canto che l’obbligo di forma scritta prevista dall’art. 117 TUB non può non riguardareil piano di ammortamento ed in particolare la tecnica adottata e le caratteristiche essenziali del piano[88]. D’altro canto neppure si può ignorare l’esistenza di un obbligo per la banca di rendere nei confronti del cliente, che sia anche consumatore, informazioni precontrattuali tali da “consentire il confronto delle diverse offerte di credito sul mercato” (art. 124, comma 1 TUB), La Banca dovrà anche fornire “chiarimenti adeguati” (art. 124, comma 5 TUB) anche in ordine “agli effetti specifici”, che può avere sul consumatore un determinato piano di ammortamento “incluse le conseguenze del mancato pagamento”[89].

Operata questa rapida ricognizione normativa, occorre distinguere l’ipotesi in cui il piano di ammortamento risulti allegato al contratto di finanziamento quale concreta esplicitazione del rimborso rateale pattuito, dall’ipotesi infrequente in cui, per dimenticanza o per scelta della banca, ciò non accada. Certo è, che come è stato puntualmente rilevato anche nella normale ipotesi di allegazione del piano la percepibilità del cliente circa tecnica di ammortamento prescelta tra le diverse esistenti è normalmente affidata alla materiale allegazione al contratto “di un gruppuscolo di fogli contenenti tabelle ricolme di numeri, indicanti un piano di rimborso rateale con efficacia asseritamente integrativa del regolamento negoziale[90], con buona pace di ogni regola di trasparenza.

Cominciamo con il dire che a prescindere dal piano di ammortamento, il contratto di finanziamento con rimborso rateale non può non indicare, quali siano le modalità di restituzione del prestito da parte del debitore. In questo contesto devono essere ab initio precisati, il tasso di interesse, la durata nel tempo della obbligazione di restituzione e l’ammontare della singola rata. Diversamente non si potrebbe misurare la diligenza del debitore nell’adempimento e la sua eventuale costituzione in mora[91], né il suo diritto all’estensione anticipata.

Traguardata la vicenda da questo angolo visuale, l’eventuale previsione di un piano di ammortamento allegato al testo contrattuale[92] ed a cui le parti facciano rinvio, se mai previa sottoscrizione del documento relativo, pare non potersi ricondurre nell’alveo di un “accordo esecutivo “[93] subvalente rispetto al contratto, ma è a tutti gli effetti parte o clausola del contratto sino dalla sua conclusione. In questi sensi si condivide l’orientamento della giurisprudenza che ritiene il piano di ammortamento di un contratto di mutuo avere di clausola negoziale[94]. Afferma altresì detto orientamento che nell’ipotesi in cui gli effetti del contratto abbiano a caducarsi anteriormente alla sua naturale scadenza esso configuri l'elemento contrattuale al quale occorre rifarsi in via esclusiva per calcolare somme riscosse dal mutuante da imputare alla restituzione del capitale o al pagamento degli interessi[95]. A mezzo di detto piano, che costituisce a tutti gli effetti un piano di rimborso rateale, le parti predispongono di intesa la restituzione del capitale con contestuale “determinazione dell'entità dei frutti percentualizzati per ogni singola scansione del pagamento”[96] .

Nell’ipotesi in cui il piano di ammortamento non risulti allegato al contratto due sono le possibili ipotesi: o esso costituisce elaborazione unilaterale da parte della banca che successivamente lo comunica al cliente, senza che intervenga accettazione da parte di costui; ovvero lo stesso viene, successivamente alla conclusione del mutuo, concordato dalle parti in apposito documento sottoscritto. Nel primo caso questa comunicazione, quale negozio unilaterale di determinazione della prestazione dovuta dalla controparte non potrà in alcun modo impegnare il cliente, che non abbia espressamente prestato il suo assenso per tutte le ipotesi in cui contrasti con le pattuizioni contrattuali in tema di tasso, durata del prestito ed ammontare della rata, ovvero miri ad integrarle in ipotesi di mancata previsione. L’assenso a che il piano di ammortamento di unilaterale formazione produca i suoi effetti nella sfera giuridica del destinatario, avuto riguardo alla concreta fattispecie, al pari di un’accettazione di quella che potrebbe qualificarsi alla stregua di una proposta modificativa dell’originario tessuto negoziale, dovrà essere redatto in forma scritta in ossequio alla previsione di cui all’ art. 117 TUB.

Ovviamente nulla osta a che intervenga comunicazione che espliciti, se mai in forma tabellare, (solo) ciò che sia già contenuto ed espresso, compiutamente et claris verbis, nel contratto di mutuo inter partes, senza nulla aggiungere o modificare, trattandosi di mero diligente adempimento di obblighi in precedenza assunti. Se però ad esempio, dato il tasso, la durata e il numero delle rate, le modalità di ammortamento non sono state meglio specificate in contratto, in tanto la comunicazione esplicativa potrà avere un qualche effetto nei confronti del cliente in quanto tra le forme prescelte di ammortamento e di specificazione del contenuto della rata, non chiarite nel testo contrattuale, venga individuata quella meno gravosa per il debitore in ossequio al principio generale del favor debitoris[97], nell’ipotesi concreata ricavabile anche da una interpretatio contra stipulatorem ex art. 1370 c.c.[98] della clausola contrattuale normalmente predisposta dalla banca.

Peraltro con riguardo al contratto che vede come soggetto finanziato un consumatore[99] trova applicazione l'art. 5 della Direttiva 93/13, ove è previsto per le ipotesi di clausole oscure o inintelligibili che nel caso di dubbio prevalga l'interpretazione più favorevole al consumatore, ed ancora prima l’art. 35 del codice del consumo in tema di forma e interpretazione[100].

Nel secondo caso, l’accordo successivo costituisce a tutti gli effetti un contratto modificativo del precedente contratto e, se redatto in forma scritta, vincola le parti che lo hanno sottoscritto.


7- Conseguenze dell’eventuale contrasto tra modalità di rimborso e piano di ammortamento previsti in contratto: la nullità parziale della clausola.

Sia che il piano di ammortamento venga previsto nel contratto originario sia che risulti oggetto di successivo addendum redatto in forma scritta ed adeguatamente sottoscritto, si può dunque convenire sulla circostanza che il più delle volte in caso di “dubbio o di incompletezza del piano”, il problema andrà risolto dal giudice secondo le regole di interpretazione del contratto[101]. Invero costituisce onere di chi predispone il contratto procedere alla definizione con chiarezza del contenuto nonché alla informazione del contraente in ordine ai rischi connessi in guisa da consentigli una corretta interpretazione delle clausole contrattuali[102]. Qualora ciò non accada, l’ambiguità sarà a carico del predisponente, mentre il cliente, sia o no consumatore, potrà invocare l'interpretazione a lui più favorevole[103].

Nella prassi non è infrequente che tra le modalità di rimborso previste in contratto ed il piano di ammortamento allegato vi sia un contrasto insanabile come ad esempio nell’ipotesi in cui, stabilito un determinato piano di ammortamento, se ne alleghi un altro di tutt’altro genere ovvero si contempli nelle modalità di restituzione un periodo di preammortamento non previsto nel testo del contratto. In queste ipotesi qualora il contrasto non sia risolvibile in forza della disciplina dettata in tema di interpretazione del contratto, proprio l’aver riconosciuto al piano di ammortamento pari dignità negoziale rispetto al contratto a cui accede comporta conseguenze significative: non saranno consentite interpretazioni che privilegino il dato evincibile dal testo del contratto rispetto a quello che si ricava dal piano allegato e riportato in apposita tabella dal contenuto inequivocabile, che pure di quel contratto è parte integrante e sostanziale. Conseguentemente le alternative potranno essere soltanto due: o nullità del contratto per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto ex artt. 1346 e 1418 c.c. ovvero nullità parziale ex art. 1419 c.c. della clausola o della parte del contratto che regola il piano di ammortamento.

In disparte l’inutilità per il mutuatario del rimedio della nullità ex art. 1418 c.c. dell’intero contratto di mutuo, con conseguente obbligo di immediata restituzione della sorte capitale gravata degli interessi legali, non parrebbe configurarsi in concreto la indeterminatezza dell’oggetto del contratto di mutuo ed ancora di più la sua indeterminabilità in relazione all’ ipotesi a cui si è fatto cenno. Da un canto vi è certezza della somma erogata e del conseguente obbligo di restituzione; d’altro canto alla mancata indicazione del tasso d'interesse e di “ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora” supplisce, una volta dichiarata la nullità parziale della relativa clausola o parte del contratto ex art. 1419 c.c., la previsione dell’art.117 TUB comma 7 e degli artt. 1339,1224 c.c. [104].

Se trattasi di cliente, che sia anche consumatore, tornerà applicabile l’art. 125 bis, comma 6 TUB, per tutte le ipotesi in cui il TAEG[105] non dovesse tenere conto della reale incidenza

dell’ammortamento sulla composizione delle singole sul costo globale del credito: “le clausole del contratto relative a costi a carico del consumatore che […] non sono stati inclusi o sono stati inclusi in modo non corretto nel TAEG» saranno dichiarate nulle. Non solo troverà applicazione come costo solo il “tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto” (125 bis, comma 7 TUB), ma, ai sensi del successivo comma 9 dello stesso articolo, il consumatore non potrà essere tenuto a restituire più delle somme utilizzate e avrà la “facoltà di pagare quanto dovuto a rate, con la stessa periodicità prevista nel contratto o, in mancanza, in trentasei rate mensili”[106].

La fondamentale esigenza di concretezza dell'atto contrattuale[107] sottesa alla regola di cui all’art. 1346 c.c., trova dunque pieno soddisfacimento nei meccanismi sostitutivi predisposti dal legislatore, in considerazione anche del fatto che tale oggetto debba ritenersi sufficientemente identificato quando sia indicato nei suoi elementi essenziali[108] 

Sulla stessa lunghezza d’onda, sia pur in diverso contesto, si pone quella giurisprudenza di legittimità che proprio in tema di contratto di mutuo[109] ritiene sufficiente affinché una clausola di determinazione degli interessi corrispettivi sulle rate di ammortamento scadute risulti validamente stipulata ai sensi dell'art. 1346 c.c. e dell’art. 1284 comma 3 c.c. il contenere “un richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purché obiettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del saggio di interesse”.

 

8- Segue: l’errore di calcolo.

Qualora invece tale contrasto insanabile non ricorra tra clausole di pari grado negoziale relativamente alle modalità di rimborso ed al piano di ammortamento allegato al contratto, ma quest’ultimo venga sviluppato erroneamente senza che espressamente contenga disposizioni differenti in ordine agli elementi essenziali del rimborso (ammontare del capitale, tasso di interesse, durata, periodi di pagamento delle rate e criteri prescelti per il rimborso del capitale ), il problema andrebbe risolto in forza della previsione di cui all’ art. 1430 c.c.. La fattispecie può essere ricondotta nell’alveo dell’errore di calcolo.

La prevalente dottrina e la giurisprudenza concorde invero distinguono, nell’àmbito della fattispecie di cui all’art. 1430, due tipi di errore. Uno sarebbe l’errore di calcolo vero e proprio, consistente in una svista materiale, dovuta ad una errata elaborazione aritmetica dei dati esattamente assunti nel contratto, rilevabile prima facie ed emendabile con una semplice ripetizione del calcolo. L’altro sarebbe l’errore sulla quantità, ravvisabile in una falsa conoscenza e rappresentazione della realtà in ordine ai dati aritmetici o ai criteri matematici posti alla base del calcolo, che comporta l’annullabilità del contratto, qualora sia stato determinante il consenso[110]. Nella prima ipotesi, non ricorrendo un vizio del consenso, è possibile secondo la giurisprudenza una rettifica quando il calcolo ha funzione di mera operazione materiale, priva di rilevanza per la formazione della determinazione, come nel caso in cui le parti abbiano correttamente indicato i fattori da calcolare, ma abbiano poi erroneamente condotto l’operazione aritmetica di calcolo[111] .

Così precisati i termini generali della questione, occorre rilevare come con riferimento al contratto di finanziamento bancario il problema si complichi. Ciò accade in particolare allorché, come puntualmente rilevato in giurisprudenza, esso investe, invece, un dato di partenza e non l’elaborazione di un calcolo[112]; oppure detto errore, non si evinca ictu oculi e non risulti dall'abnormità del risultato del conteggio o dalla palese diversità del criterio di calcolo seguito rispetto a quello concordato “all'esame di un contraente modello normalmente diligente”[113] . Di contro, proprio per la presenza del notaio e in considerazione del fatto che i conteggi siano stati predisposti da una banca, l’errore si manifesta compiutamente soltanto a seguito di una verifica complessa[114], del tutto incompatibile con una mera svista materiale. In questi casi, qualora non ricorra un’assorbente ipotesi di nullità nei termini sopra specificati, l’errore rileva come vero e proprio vizio del consenso[115]. Esso può essere apprezzato, avuto riguardo alla concreta fattispecie, sotto un triplice profilo: errore in quantitate, dolo determinante o dolo incidente, con conseguente annullabilità totale o parziale della singola clausola che preveda il piano di ammortamento e di rimborso[116], ovvero in ipotesi di dolo incidente con ricorso al solo rimedio risarcitorio, sempre che si provi la mala fede della banca[117].

Sarà comunque necessario verificare se l’accordo delle parti si sia formato sul risultato del calcolo o sulle parti di esso, ricorrendo alle comuni regole sull’interpretazione del contratto. Di poi, una volta enucleata la volontà comune dei contraenti, occorrerà esaminare la posizione della volontà individuata, rispetto a questo precetto, per poter valutare l’eventuale sussistenza di un errore determinante[118]. Sulla base di tali presupposti, si è condivisibilmente affermato come l’errore di calcolo, consistito nell’avere computato in un contratto di mutuo gli interessi sull’intera somma mutuata, anziché sulla base della previsione pattizia degli interessi a scalare, comporti una falsa rappresentazione della realtà determinante il consenso, che incide non solo sul contratto di mutuo, ma anche sulla successiva dichiarazione cambiaria rilasciata a garanzia[119].

Qualora pur essendo stati indicati nel contratto di mutuo l’importo relativo, i periodi di pagamento, il numero complessivo di rate costanti nonchè il tasso del prestito ed invece una rata diversa sia addotta nel piano di ammortamento, l’errore materiale di calcolo potrebbe ritenersi a giusta ragione evidente ed emendabile a mezzo di rettifica, se mai proponibile anche in via di autotutela da parte della stessa banca[120].

La rettifica dell’errore di calcolo non determinante il consenso tra le parti dovrà essere operata utilizzando la medesima forma con la quale è stato stipulato il contratto[121] come peraltro impone l’art. 117 TUB, così pure l’eventuale convalida in ipotesi vizio del consenso.

Mentre l’azione di annullamento del contratto o di una sua clausola è assoggettata al termine di prescrizione breve ex art. 1442 c.c.[122], deve invece ritenersi che la domanda del cliente di restituzione della somma pagata in più del dovuto per errore di calcolo nel computo del piano di ammortamento e delle conseguenti sia qualificabile in termini di indebito oggettivo previsto dall'art. 2033 c.c. e conseguentemente è assoggettabile al termine decennale di prescrizione. La somma corrisposta in esubero risulta comunque priva di idonea giustificazione causale[123].

A nulla rileva in contrario la circostanza che, come sovente accadde, al mutuo sia collegato un contratto di conto corrente in funzione servente sia dell’erogazione della somma che della rateale restituzione. L’eventuale annotazione in conto a debito di rate conteggiate in forza di un piano di ammortamento affetto da errore di calcolo non produce l’effetto salvifico di cui all’art. 1832 c.c. Come è noto l’approvazione del conto non preclude le azioni relative alla validità e all'efficacia dei rapporti obbligatori che hanno generato le annotazioni in conto[124]. Nel caso che ci occupa non trattasi di errori di calcolo o scritturazione inerenti al contratto di conto corrente, la cui rettifica resterebbe inibita dal difetto di tempestiva impugnazione del relativo estratto. Qui l’errore di calcolo si colloca a monte nello stesso piano di ammortamento e riguarda l'insussistenza del titolo giuridico” posto a fondamento dell’addebito operato in danno del correntista o meglio: “l'assenza del titolo” che possa giustificare tale addebito[125].



* Relazione tenuta all’incontro di studio organizzato dalle   Formazioni territoriali di Potenza, Bari, Lecce, Salerno della Scuola Superiore della Magistratura sul tema Controversie bancarie in tema di conto corrente e mutuo: confronto tra Corti e tra l’impostazione giuridica e di matematica finanziaria – Matera,  27 maggio 2022.

[1] Esattamente rileva il Bregoli, Mutuo in ammortamento ed esercizio della prelazione ipotecaria, in Banca, borsa, tit. cred.,1997, I p. 62, nt. 19 come non esista una nozione tecnico giuridica di capitale ed il concetto viene in diritto mutuato dall’economia assumendolo nel senso funzione del danaro impiegato, messo a frutto e come tale produttivo di interessi in contrapposizione con il concetto di “liquidità”, inteso come danaro di cui si conserva la disponibilità.

[2] M. Libertini, Interessi, in Enc. del dir., XXII, Milano, 1972, pp. 124 - 125; Scozzafava, Gli interessi monetari, Napoli, 1984, p. 61.

[3] Inzitari, La moneta, in Tratt. di dir. comm. e di dir. pubbl. dell'econ., Galgano, VI, Padova, 1989, p. 192; Id., voce Interessi, Dig., IV ed,. Disc. priv., Sez. comm., VI, 1992, p. 566 ss.

[4]  Più di recente si registra una significativa inversione di tendenza in Semeraro, Gli interessi monetari. Utilitas temporis, capitale e scelte di sistema, Napoli, 2013, passim che traguarda il fenomeno anche sotto il profilo dell’essenza convenzionale della moneta e della sua fondamentale rilevanza sul piano delle politiche economiche.

[5] Ascarelli, Obbligazioni pecuniarie, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna - Roma, 1959, sub art. 1284, p. 576.

[6] Così Marinetti, Interessi, in Noviss. Dig. it., VIII, Torino, 1962, p. 859.

[7] In argomento per una trattazione di ampio respiro v. Semeraro, Gli interessi monetari. Utilitas temporis, cit., passim.

[8] Vedi in termini Corte cost., 23 marzo 1983, n. 73 in tema di aggiotaggio bancario in Riv. it. dir. e proc. pen., 1983, p. 1532; in Rass. avv. Stato, 1983, I, p. 269; in Giur. it. 1984, I, 1, c. 36; in Banca borsa tit. cred., 1984, II, p. 1.

[9] Vedi per tutte la pur risalente ma sempre attuale pronuncia della Corte cost., 19 giugno 1958, n. 36, in Giur. cost., 1958, p. 486 ss.

[10] Afferma puntualmenteCass. 20 settembre 1991, n. 9800,Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 9: “L’accessorietà, peraltro, attiene solo al momento genetico della obbligazione di interessi, nel senso che la decorrenza degli interessi presuppone la nascita dell’obbligazione principale e cessa con l’estinzione di questa e non esclude, pertanto, che, una volta sorto, il credito degli interessi costituisca un’obbligazione pecuniaria autonoma da quella principale” .Vedi anche Trib. Napoli, 11 maggio 2005, in Corr. mer., 2005, p. 880. Più di recente App. Milano, sez. I, 25 dicembre 2022, n.249 in De jure: “ Ai sensi dell'art. 3 della Delibera CICR 9.2.2000, nei contratti di mutuo, per i quali è prevista la restituzione mediante il pagamento di rate prestabilite, l'intera rata, comprensiva quindi non solo di una quota di capitale ma anche della quota di interessi, può essere capitalizzata ed essere quindi produttiva a sua volta di interessi di mora (nella fattispecie in esame, gli interessi corrispettivi, una volta scaduti, sono capitalizzati e costituiscono un'autonoma obbligazione a carico del debitore, al pari di quella di restituire il capitale mutuato, e quindi, nel caso non vengano pagati nel termine previsto, determinano l'obbligo di pagare gli interessi per il ritardo, il cui saggio di interesse è quello pattuito nell'art. 6 del contratto e non già quello pattuito per il ritardo sommato a quello pattuito per il godimento del capitale”.

[11] Di tale scelta vi è più che cospicua traccia nei lavori preparatori nel corso dei quali la innovazione fu giustificata dal fine di: ”indicare criteri oggettivi per l’individuazione del reato” (2° commissione giustizia del Senato, seduta del 14 settembre 1995, interv. Senese); “fornire agli operatori del settore... un ben preciso punto di riferimento” (Commiss. Sen. cit., seduta del 24 gennaio 1996, interv. Bechelli). Ritiene che l’oggettivazione operata dalla legge n. 108\1996 finisca con lo stravolgere il reato di usura, potendo difettare nel caso concreto una situazione di iniquità D. Masciandaro, La nuova legge antiusura: l’analisi economica, in A.A.V.V., Usura, economia, società e istituzioni. Una riflessione a più voci, Torino, 1997, pp. 50-51.

[12] Sul temo dell’usura la dottrina è sconfinata. Tra gli altri senza pretesa di completezza: Passagnoli, Il contratto usurario tra interpretazione giurisprudenziale ed interpretazione «autentica», in Squilibrio e usura nei contratti, a cura di Vettori, Padova 2002, p. 44 ss.; Meruzzi, Il contratto usurario tra nullità e rescissione, in Contr. e impr., 1999, p. 410 ss., 480; Gazzoni, Usura sopravvenuta e tutela del debitore, in Riv. notar., 2000, II, p. 1447 ss., 1448; Sassi, Esegesi e sistema del contratto usurario, in Riv. dir. civ., 2010, 247 ss., 251; Trinchillo, Obbligazioni pecuniarie, interessi ed usura, in Graziano (a cura di), Il mutuo bancario, Padova, 2013; Salanitro, Usura e interessi moratori: ratio legis e disapplicazione del tasso soglia, in Banca Borsa Titoli di credito, 2015, p. 740 ss.; Semeraro, Usura bancaria e regole del mercato del credito, in Banca, borsa e tit. cred., 2017, p. 207 ss..; Dolmetta, Su usura e interessi di mora: questioni attuali (nt. a Cass., 9 gennaio 2013, n. 350), in Banca borsa e tit. cred., 2013, II, p. 498 ss.; V. Farina, Sindacato e disapplicazione dei decreti ministeriali in tema di usura e rilevanza dell’operazione economica, in Banca, borsa, tit. cred., 2016, pp. 445- 480; Id., Interessi Usurari e Interessi Moratori in Diritto del mercato assicurativo e finanziario, II, 2-2017, pp. 325-358.

[13] Sul punto vedi per tutti A di Majo, Le obbligazioni pecuniarie, Torino, 1996 p. 26 ss.

[14] Individua nella disposizione in questione una deviazione del principio civilistico della naturale produttività del danaro Ferroni, La nuova disciplina civilistica del contratto di mutuo ad interessi usurari, in Quad. Rass. dir civ., dir. da P. Perlingieri, Napoli, 1997, p. 28.

[15] Così P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 2006, p. 591.

[16] Per tutte: Cass., 22 maggio 2014, n.11400, in Dir. giust., 23 maggio2014, con nt. di Tarantino, Rata non pagata: no agli interessi moratori sul credito scaduto per interessi corrispettivi), secondo cui: “Nei mutui ad ammortamento, la formazione delle rate di rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico del mutuatario, aventi ad oggetto l'una la restituzione della somma ricevuta in prestito e l'altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento, che sono ontologicamente distinte e rispondono a diverse finalità”. Sull’autonomia degli interessi compresi nella rata di mutuo ai fini della violazione del divieto di cui all’art. 1283 c.c. vedi anche oltre alla sentenza citata : Cass., 20 febbraio 2003, n. 2593, in Dir. e prat. soc., 2003, p. 62 con nt. di Vaccaro Belluscio, Divieto di anatocismo esteso ai contratti di mutuo; Cass. 22 maggio 2014, n. 11400, in Dir giust., 2014, 2014, p. 70; Cass., 29 gennaio 2013, n. 2072, in Foro it., 2014, c. 1246 con nt. di Colangelo, Mutuo, ammortamento “alla francese” e nullità; conf. App. Brescia, sez. I, 29 gennaio 2021, n.91, in De jure; Trib. Firenze, sez. III, 21 febbraio 2022, n.486, in De jure.

[17] In argomento va peraltro rilevato come l’autonomia giuridica, oltre che economica, della quota capitale rispetto alla quota interessi all’interno di ogni rata è sicuramente presupposta sia dalla giurisprudenza favorevole che da quella contraria all’anatocismo con specifico riferimento alla maturazione di interessi moratori sull’importo ascrivibile a titolo di interessi (corrispettivi), contenuto all’interno di ogni rata scaduta. Anzi proprio il riconoscimento della legittimità dell’anatocismo in tema di mutuo ad ammortamento, postulando l’applicazione dell’interesse sugli interessi e non sul capitale, comporta il riconoscimento della preesistenza all’interno della rata di un'autonoma quota imputata ad interessi prodotti dal capitale. Sul punto di recente Trib. Firenze, sez. III, 21 febbraio 2022, n. 486, cit.

[18] Cass., 29 agosto 1998, n. 8657, in Fallimento, 1999, p. 777 ss. Negli stessi termini Cass., 2 marzo 1988, n. 2196, in Fallimento, 1988, p. 557 ss., che testualmente reputa “priva di consistenza la tesi dell’unicità della rata o semestralità di mutuo” alla luce, tra l’altro, della considerazione che lo stesso art. 55 del vecchio t.u. del 1905 “distingue tra capitale, accessori e spese”. V anche più di recente Cass., 28 giugno 2002, n. 9497, in Giust. civ. 2003, I,2509; Cass., 2 marzo 2018, n.4927, in Redazione Giuffrè, 2019, ove si affronta anche il problema della collocazione degli interessi moratori.

[19] Cass., 29 agosto 1998, n. 8657, cit.

[20] Cass., 2 marzo 1988, n. 2196, cit.

[21] Invero il legislatore ha fatto strame di quel principio della scindibilità della rata, vessillo di quella giurisprudenza che aveva censurato l’anatocismo con riguardo ai finanziamenti con piano di rimborso rateale ed avversato l’opposto principio della rata intesa come un unicum inscindibile. L’attuale previsione di cui all’art. 120, comma 2 lett. b) prima parte, diversamente che in passato, consente, superando per il principio di specialità il divieto imposto dall'art. 1283 c.c. alla banca finanziatrice di pretendere il pagamento degli interessi moratori sul credito scaduto per interessi corrispettivi compresi nelle singole rate. Sul punto ci sia consentito il rinvio a V. Farina , L’ennesima resurrezione dell’anatocismo bancario, in Contratti, 2016, p. 705 ss.

[22] Così puntualmente Sangiovanni, Tasso fisso e tasso variabile nei piani di ammortamento alla francese, in Corr. giur., 2016, p. 345 ss.

[23] Su capitalizzazione e anatocismo come lemmi che identificano fattispecie differenti si veda P. Ferro Luzzi, In cauda venenum, in Riv. dir. comm., 2011, II, p. 418 ss.; ma ancor prima ID., Una nuova fattispecie giurisprudenziale: "l'anatocismo bancario"; postulati e conseguenze, in Giur. comm., 2001, pag. 5 ss. “ …..si parla infatti, correttamente, di interessi sugli interessi, mentre meno correttamente ricorre spesso l'espressione capitalizzazione; meno correttamente, dico, perché nel sistema dell'art. 1283, c.c., gli interessi, quand'anche eccezionalmente, ad esempio per "usi", producano a loro volta interessi, non si trasformano in capitale, restando ad esempio applicabile l'art. 1194, c.c.…..

[24] Analogo rilievo della capitalizzazione in sé considerata la si rinviene nell’art. 6 della Delibera CICR 9 febbraio 2000, ove era prevista per le clausole relative alla capitalizzazione infra annuale degli interessi la specifica approvazione per iscritto Sul punto v. Trib. Lucca, 10 maggio 2018, in Il caso.it .

[25] Silvestri e Tedesco, Sulla pretesa non coincidenza tra il tasso espresso in frazione d’anno e il tasso annuo nel rimborso rateale dei prestiti secondo il metodo francese, in Giur. merito, 2009, p. 85, in nt. Trib. Bari, sez Rutigliano , 29 ottobre 2008, n.113. Sulla stessa scia si pone parte della giurisprudenza di merito. V. App. Roma, sez. IV, 30 gennaio 2020, n.731, in Banca Borsa Titoli di Credito, 2021, 2, II, 222 ( con nota critica di De Luca, Mutuo alla francese: anatocismo, indeterminatezza od altro. Di sicuro, c'è qualcosa che non va) : “Così quando le parti hanno inserito in contratto la somma oggetto di mutuo, il tasso di interesse e il numero delle rate, non è più possibile alcun intervento successivo del mutuante, il quale non ha la possibilità di suddividere la rata fra quota capitale e quota interessi, poiché tale suddivisione è già contenuta nella definizione di una rata costante di quel determinato importo” . Afferma Trib. Torino, 18 febbraio 2022, inIl Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 27115 - pubb. 09/04/2022: “Nell’ammortamento alla francese la determinazione del valore della rata é universalmente calcolata secondo la legge di capitalizzazione composta. Le condizioni economiche sono determinate in modo univoco, visto che il contratto riporta capitale iniziale, tasso di interesse nominale, numero rate e l’importo della rata fissa”;

[26] Silvestri e Tedesco, Sulla pretesa non coincidenza, cit. p. 85. Conf. App. Roma, sez. IV, 30 gennaio 2020, n.73. cit.

[27] Marcelli, Pastore, L’ammortamento alla francese. Matematica e diritto: quando la scienza vien piegata a negar se stessa, in Il Caso.it,13 novembre 2018.

[28] Marcelli, Pastore, L’ammortamento alla francese, cit.

[29] Marcelli, Pastore , L’ammortamento alla francese, cit .In ordine alle molteplici tipologie di ammortamento esistenti, si rinvia a Cacciafesta, Lezioni di matematica finanziaria classica e moderna, 4a ed. riv. ed ampl., Torino, 2001, p. 109 ss.

[30] Attenta giurisprudenza di merito puntualmente rileva: “In generale, le espressioni “ammortamento alla francese” o “a rata costante” o “a capitale crescente e interessi decrescenti” non valgono ad esplicitare le modalità di funzionamento del piano, ai fini del controllo di legalità, in difetto di specificazione del regime finanziario e del criterio di calcolo degli interessi” (Trib. Massa, 13 novembre 2018 in www.assoctu.it/giurisprudenza). I Collegi ABF sono costanti però nell’escludere l’integrazione del fenomeno anatocistico con riguardo all’ammortamento alla francese. Da ultimo Collegio di Torino, Decisione n. 898 del 22 gennaio 2020.

[31] Escludono la ricorrenza dell’anatocismo nell’ammortamento alla francese tra le altre: Trib. Milano, 14 marzo 2019, n. 2490, in Merito extra, n. 2017.056ZU.1 (che richiama: Trib. Milano, 28 ottobre 2014; Trib. Milano, 29 gennaio 2015; Trib. Milano, 17 marzo 2015, inedite); Trib. Roma, 5 maggio 2020, n. 6897, inedita; Trib. Roma, 4 gennaio 2019, n. 130, in Merito extra, n. 2017; Trib. Roma, 2 gennaio 2019, n. 48, in Merito extra, n. 2017 (che rinvia a Trib. Roma, 20 aprile 2015, inedita); Trib. Roma, 3 ottobre 2018, n. 18745, in Merito extra, n. 2017.; Trib. Roma, 2 ottobre 2018, n. 18633, inedita; Trib. Torino, 18 febbraio 2022,cit. Ritengono invece integrato il fenomeno anatocistico: Trib. Napoli, 13 febbraio 2018, n. 1558, inedita; Trib. Massa, 7 novembre 2018, n. 797, cit.; Trib. Lucca, 10 maggio 2018, n. 763, inedita; App. Bari, 3 novembre 2020, in Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24542 - pubb. 24/11/2020; Trib. Brindisi, 21 maggio 2021, inedita

[32] Né è espressione tangibile Trib. Massa, 13 novembre 2018 . cit., dove in una motivazione superiore alle 100 pagine (!!) se ne dedicano moltissime per giustificare da un punto di vista di matematica finanziaria la scelta che porta al riconoscimento dell’anatocismo.

[33] Afferma che il costo effettivo del prestito, nel regime dell'interesse composto sia maggiore rispetto all’interesse semplice Silvestri e Tedesco, Sulla pretesa non coincidenza, cit., p. 83. Così anche Camardi, Mutuo bancario con piano di ammortamento “alla francese”, nullità delle clausole sugli interessi e integrazione giudiziale, in Banca borsa tit. cred., 2015, p. 51 ss. (in nt. a Trib. Milano, 30 dicembre 2013) che, pur riconoscendo “un maggior costo complessivo del mutuo rispetto ad altri sistemi di ammortamento”, sostiene condivisibilmente che ciò “non produce certo illegittimità del metodo”. Sul punto si rinvia alle argute osservazioni di Colangelo, Interesse semplice, interesse composto e ammortamento alla francese, in Foro it., 2015,11, c. 569 ss. che osserva ( c. 571) come “nel regime dell’interesse composto il montante M è crescente in progressione geometrica in ragione di [...]“. Vedasi anche più di recente, De Luca, Mutuo alla francese: anatocismo, indeterminatezza od altro, cit., 238 secondo cui “ Ne consegue che non è fantasioso affermare che il piano alla francese, per offrire una rata costante, crea artificiosamente maggiori interessi di un corrispondente piano all'italiana e non è corretto ribattere che i maggiori interessi sono (naturale) conseguenza della costruzione della rata: la rata infatti fa dipendere l'ammortamento del capitale, dilatandolo nel tempo, dall'imputazione ad essa di una maggior quota di interesse all'inizio, via via decrescente”. In argomento ci sia consentito il rinvio a V. Farina, Interessi, finanziamento e piano di ammortamento alla francese: un rapporto problematico, in Contratti, 2019, pp. 445 ss.

[34]Si legge al primo comma della disposizione citata: “per le operazioni di finanziamento, comunque denominate, è pubblicizzato il tasso effettivo globale medio previsto dall'articolo 2, commi 1 e 2, della legge 7 marzo 1996, n. 108” Ritiene che l’ammortamento alla francese comporti una discrasia tra il tasso «apparente» (cioè il TAN) e il tasso «effettivo» (cioè, quello applicato in esecuzione del piano di ammortamento), «e dei due solo il primo è percepibile dal mutuatario»: Trib. Isernia, 28 luglio 2014, in www.adusbef.veneto.it. Più di recente Trib. Nola, I sez civ., 9 dicembre 202, in Dir. risp., pubbl il 16 dicembre 2021, con nota di Zurlo, Ammortamento alla francese “à la carte”: possibile indeterminatezza del tasso- Sul punto v. Sangiovanni, Tasso fisso e tasso variabile nei piani di ammortamento alla francese, cit., p. 345 ss.

[36] Marcelli, Pastore, L’ammortamento alla francese, cit. secondo il quale il cliente” con l’unica indicazione in contratto del valore della rata costante è indotto a ritenere che non vi siano alternative e sia univocamente determinato il piano di ammortamento”.

[37] L’espressione è utilizzata incisivamente da Camardi, Mutuo bancario con piano di ammortamento “alla francese”, cit., p. 51 ss.

[38] In senso contrario App. Roma, 30 gennaio 2020, cit. secondo cui “Il piano di ammortamento, neppure richiamato dagli appellanti nonostante l'onere sugli stessi incombente ma desumibile dalle difese della banca appellata, riporta analiticamente la composizione di ogni singola rata in quota capitale e quota interessi, l'importo del capitale residuo alla scadenza di ciascuna rata, che costituisce la base di calcolo per la determinazione della quota interesse di ciascuna rata; mentre il totale dovuto dal mutuatario costituisce banalmente il prodotto fra l'importo della rata, che è fisso, ed il numero delle rate, ed in modo ugualmente banale, per differenza rispetto al capitale erogato, si può calcolare l'importo totale degli interessi dovuti.“

[39] Rileva Quarta, Credito irresponsabile e soluzioni al sovraindebitamento. Note su prassi bancarie «riottose al diritto», tecniche di ammortamento e costi inespressi, in Scritti in onore di Vito Rizzo, Persona, mercato, contratto e rapporti di consumo, a cura di Caterini, Di Nella, Flamini, Mezzasoma, Polidori, II, Napoli, 2017, pp. 1828 in nt. 56: “A parità di rate scadute (e anche a parità di capitale netto erogato e di TAN), i costi «di uscita» di un mutuo ammortato alla francese sono matematicamente più alti di quelli necessari ad estinguere anticipatamente un rapporto di mutuo ammortato all’italiana. Tangibili sono gli effetti sul mercato concorrenziale tramite la c.d. portabilità dei finanziamenti”. Sul punto v. anche De Poli, La contrattazione bancaria. Tra tutela della liquidita e obblighi di trasparenza, Padova, 2012, p. 255.

[40] La decadenza del beneficio del termine prevista per le obbligazioni in generale dall’art.1186 c.c. in ipotesi, tra l’altro, di insolvenza del debitore è sancita per il mutuo con restituzione rateale dall’art.1819 c.c. in ipotesi di mancato pagamento di una sola rata ( per i mutui fondiari il riferimento è all’art. 40 TUB) . La dottrina prevalente esclude che sia possibile ricondurre all'istituto della decadenza dal beneficio del termine previsto dall’art. 1186 c.c. la suddetta ipotesi di estinzione anticipata per il mutuo in quanto non risulterebbe collegata ad alcuna delle circostanze erte a presupposto della decadenza dal beneficio del termine, ma sarebbe posta in relazione ad uno specifico inadempimento (Giampiccolo, voce Mutuo, Enc. dir., XXVII, Milano, 1977, p. 470; R. Teti, Il mutuo, in Tratt. dir. priv., dir. da Rescigno, XII, Torino, 1985, p. 639).La giurisprudenza ha precisato la differenza tra inadempimento e insolvenza: «il mero adempimento di un'obbligazione non può, di per sé, dimostrare lo stato di insolvenza” e, più in particolare, nel caso di pagamenti rateali come quello che ci occupa “il mancato pagamento di alcune rate scadute non è dimostrativo di uno stato di insolvenza rilevante ai sensi dell'art. 1186 cod. civ.» (Cass., 18 novembre 2011, n. 24330 in Giust. civ., 2012, I, p. 687; in termini analoghi: Cass., 26 agosto 1975, n. 3010, in Giur. it., 1976, I, p. 1553 ss.; Cass. sez. lav., 11 novembre 2016, n. 23093, in Redazione Giuffre, 2019). In materia di credito fondiario trova applicazione la speciale disciplina dell’art. 40, comma 2 TUB, secondo cui: «La banca può invocare come causa di risoluzione del contratto il ritardato pagamento quando lo stesso si sia verificato almeno sette volte, anche non consecutive. A tal fine costituisce ritardato pagamento quello effettuato tra il trentesimo e il centoottantesimo giorno dalla scadenza della rata».Fanno discendere l'illegittimità di una clausola che consenta alla banca di invocare la decadenza dal beneficio del termine per ritardato pagamento in maniera difforme dall'art. 40, comma 2º, t.u.b. da una violazione diretta di questa norma: Piga, La risoluzione per inadempimento e il ritardo nell'adempimento nelle operazioni di credito fondiario, in Giust. civ., 1996, II, p. 47; Tardivo, Il credito fondiario nella nuova legge bancaria, Milano, 2006, p. 220; Bozza, Il credito fondiario nel nuovo t.u. bancario, Padova, 1996, p. 100. In giurisprudenza, v. Trib. Salerno, 4 febbraio 2011 in Redazione Giuffre, 2019.

[41] Pacifica la giurisprudenza nell’affermare che l’onere della prova dell'indebito gravi su chi pretende la restituzione, il quale dovrà provare l'insussistenza di una iuxta causa obligationis del pagamento effettuato: da ultimo Cass., 27 novembre 2018, n. 30713, in Giust. civ. mass., 2018; per la giurisprudenza di merito in materia di mutuo v. Trib. Varese, 19 maggio 2017, n.482; Trib. Siena, 5 ottobre 2018, n.1149; Trib. Milano, 24 marzo 2016, n. 3794, tutte in Redazione Giuffrè, 2019.

[42] La giurisprudenza ha ritenuto che l’art. 1819 c.c. si riferisca solo al mutuo gratuito: “ La ragione della norma e il suo specifico ambito di applicazione debbono essere rinvenuti nel mutuo gratuito, contratto non di scambio, non riconducibile alla categoria del contratto con prestazioni corrispettive: perché tra l'unica obbligazione del mutuatario e l'attribuzione del mutuante non si configura un rapporto di corrispettività, con l'art. 1819 c.c. si è apprestato rilievo all'inadempimento da parte del mutuatario alla obbligazione di restituire ratealmente, dato che nel mutuo oneroso tale inadempimento, dando luogo alla possibilità di risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1453,assume rilievo indipendentemente dalla espressa previsione dell'art. 1819” ( Cass., 21 febbraio1995, n.1861, in Vita not. , 1996, p. 243; in Giur. it., 1996, I, 1, p. 998; conf. Cass., , 14 dicembre 2007, n. 26258, in Redazione Giuffrè,2019). Di opposta opinione la dottrina v. tra gli altri Fragali, Del mutuo: art. 1813-1822, in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, IV, 2ª ed., 1966, p. 434; Teti, Il mutuo, in Tratt. dir. priv. diretto da Rescigno,12, 2007, p. 639.

[43] Sul punto Cass., 12 dicembre 2005, n. 27334, in Giust. civ. Mass., 2006, testualmente afferma: “In caso di mancanza di una causa adquirendi, sia in caso di nullità, annullamento, risoluzione o rescissione di un contratto, che in caso di qualsiasi altra causa la quale faccia venir meno il vincolo originariamente esistente, l'azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso è quella di ripetizione di indebito oggettivo“

[44] Trib. Cremona, 28 Marzo 2019, in Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21760 - pubb. 31/05/2019.

[45] V. Farina, Interessi, finanziamento e piano di ammortamento alla francese: un rapporto problematico, cit. ,450; Marcelli, L'ammortamento alla francese: nella rata si annida l'anatocismo, in Il Caso.it del 9 aprile 2019, 11, 35 ss 15 (del PDF).

[46] Afferma la S.C. (Cass. 26 maggio 2016, n.10941, inGiust. civ. Mass., 2016): “Il principio di cui all'art. 1194 c.c., secondo cui ogni pagamento deve essere imputato prima agli interessi e poi al capitale salvo un diverso accordo con il creditore, postula che il credito sia liquido ed esigibile, atteso che solo questo, per sua natura, produce interessi ex art. 1282 c.c.”. In senso conforme Cass., 16 aprile 2003, n. 6022, in Redazione Giuffrè, 2019. In dottrina in termini generali sull’imputazione di pagamento v. tra gli altri C.M. Bianca, Imputazione del pagamento, in Enc. giur., XVI, Roma, 1989, p. 1 ss.; Damiani, Imputazione del pagamento, in Comm. Cod. civ., dir. da E. Gabrielli, Delle obbligazioni. Artt. 1173-1217, a cura di Cuffaro, Torino, 2012, p. 525 ss.

[47] Così Fornaciari, Obbligazioni pecuniarie, ritardo, mora del debitore e interessi, in Scritti offerti dagli allievi a Francesco Paolo Luiso per il suo settantesimo compleanno, Torino, 2017, 207.

[48] Da ultimo Cass., 26 febbraio 2018, n.4515, in Guida dir., 2018, 23, 60 In senso conforme: Cass. , 23 febbraio 2000, n.2071, in Giust. civ. Mass., 2000, 454; Cass. 9 novembre 2012, n.19452, in Giust. civ. Mass., 2012, 11, 1283.

[49] L’ABF, con motivazione non esauriente, di fronte all’evidenza del maggior costo del credito indotta dal metodo di ammortamento prescelto, lo giustifica ( e legittima) in ragione della diversa costruzione della rata, con prioritaria imputazione dei pagamenti periodici agli interessi, sostenendo che ciò rappresenti la naturale applicazione della regola fissata dall'art. 1194 c.c., secondo cui il debitore non può imputare il pagamento al capitale, anziché agli interessi e alle spese, senza il consenso del creditore.

[50] Pone in luce come la capitalizzazione composta determini una spirale ascendente di lievitazione degli interessi, in chiaro contrasto con il principio di proporzionalità di cui all’art. 821 c.c. Trib. Massa, 13 novembre 2018, cit. Sul punto si rinvia alle argute osservazioni di Colangelo, Interesse semplice, interesse composto e ammortamento alla francese, cit. c. 569 ss.

[51] Trib. Torino, 18 febbraio 2022, cit.

[52] Per una sintesi storico-comparatistica sull’evoluzione della regolamentazione degli interessi, v. tra gli altri AscarelliObbligazioni pecuniarie. Art. 1277-1284, in Commentario al codice civile, a cura di Scialoja-Branca, Libro quarto, Delle obbligazioni, Bologna-Roma, 1959, 575 ss.; InzitariInteressi (II agg.), in Dig. disc. priv.sez. civ.Agg. II, Torino, 2016, p. 2 ss..

[53] E‘ un verso della ”Canzona di Bacco“, composta da Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico, in occasione del carnevale del 1490.

[54] Così De Luca, Mutuo alla francese: anatocismo, indeterminatezza od altro, cit., 238.

[55] De Luca, Mutuo alla francese: anatocismo, indeterminatezza od altro, cit., 238

[56] In questi termini con riguardo alla nota problematica della clausole claim made per tutte Cass. sez. un., 24 settembre 2018, n.22437, in Giur. Comm., ,2019, 6, II, 1362: “Il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole "on claims made basis", quale deroga convenzionale all'art. 1917 c.c., comma 1, consentita dall'art. 1932 c.c., è riconducibile ai tipo dell'assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all'art. 1322 c.c., comma 2, ma alla verifica, ai sensi dell'art. 1322 c.c., comma 1, della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l'adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l'ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale; tale indagine riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto - sotto il profilo della liceità e dell'adeguatezza dell'assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti -, ma non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase precontrattuale (in cui occorre verificare l'osservanza, da parte dell'impresa assicurativa, degli obblighi di informazione sul contenuto delle "claims made") e quella dell'attuazione del rapporto (come nel caso in cui nel regolamento contrattuale "on claims made basis" vengano inserite clausole abusive), con la conseguenza che la tutela invocabile dall'assicurato può esplicarsi, in termini di effettività, su diversi piani, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili di volta in volta implicati”.

[57] La disciplina relativa è stata introdotta dal d.l. 31 gennaio 2007 n. 7 (convertito in legge 40/2007, la cosiddetta legge Bersani-bis).

[58] E’ prevista dall’art. 120 ter del D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 . Per i consumatori v. art.. 120 quaterdecies dello stesso decreto (inserito dall'articolo 11-octies, comma 1, lettera a) del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito con modificazioni dalla ) ove è previsto: “Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore e ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, in misura pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto”.

[59] Così puntualmente Marcelli, L'anatocismo nei finanziamenti con ammortamento graduale. matematica e diritto: due linguaggi che stentano ad incontrarsi, in Banca, borsa e tit. cred., 2021, 700 ss., in nt. 35.

[60] Come è noto le Corti di merito e la Corte di Cassazione ritengono praticabile il giudizio di meritevolezza, sia in relazione a contratti atipici, sia a singole clausole atipiche inserite in contratti tipici, al fine di controllare lo scambio realizzato tramite l’accordo, o gli effetti di tali clausole sullo schema tipico. Emblematiche sul punto sono le pronunce della S.C. in tema clausole "on claims made basis". Oltre alla pronuncia delle Sezioni unite, di cui alla precedente nota, si vedano: Cass., 13 maggio 2020, n.8894, Cass. 13 novembre 2019, n.29365 entrambe in de jure. In dottrina Fornasari, La meritevolezza della clausola claims made, in Resp. civ. prev., 2017, IV, p. 1372 ss., che opera un approfondito confronto tra le interpretazioni ed applicazioni del giudizio ex art. 1322, comma 2, c.c. relativo ad un intero contratto ed una singola clausola atipici. .

[61] V. tra le altre: Cass., 10 novembre 2015, n. 22950, in Società, 2016, p. 725, con nota di M. Costanza, For you for nothing o immeritevolezza; Cass., 26 luglio 2016, n. 15409, in de jure. Con riguardo all'analogo caso dei contratti 4you, v. Cass., 30 settembre 2015, n. 19559, in Banca borsa tit. cred., 2016, 2, II, p. 137, con nota di A. Tucci, Meritevolezza degli interessi ed equilibrio contrattuale; Cass., 26 maggio 2016, n. 10942, in Guida dir., 2016, f. 45, p. 75. Nello stesso senso: Cass., 15 febbraio 2016, n. 2900; Cass., 29 febbraio 2016, n. 3949; Cass., 23 dicembre 2016, n. 26948; Cass., 3 gennaio 2017, n. 37; Cass., 19 luglio 2017, n. 17869, Cass., 27 ottobre 2017, n. 25630, de jure. Cass., 3 maggio 2017, n.10708, in Riv. not., 2018, 5, II, 1062.

[62] Cass., sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242 e 26243, in Nuova giur. civ., 2015, I, p. 299, con note di C. Scognamiglio, Rizzo e Pagliantini.

[63] Cass., 10 novembre 2015, n. 22950, cit.

[64] Sterminata la dottrina sull’argomento v. tra gli altri GazzoniAtipicità del contratto, giuridicità dei negozi e funzionalizzazione degli interessi, in Riv. dir. civ., 1978, I, p. 67 ss.

[65] Di recente v. anche De Luca, Mutuo alla francese: anatocismo, indeterminatezza od altro, cit., 239

[66] In dottrina v. Camardi, Mutuo bancario con piano di ammortamento “alla francese”, cit., p. 51 ss.; Silvestri e Tedesco, Sulla pretesa non coincidenza tra il tasso espresso in frazione d’anno e il tasso annuo nel rimborso rateale dei prestiti secondo il metodo francese, cit., p. 82; Sangiovanni, Mutui bancari, ammortamento alla francese e nullità delle clausole sugli interessi per indeterminatezza, in nt. a Trib, sez. impr., Milano, 30 ottobre 2013, in Corr. giur., 2014, p. 1105 ss. Afferma Trib. Verona, 24 marzo 2015, in www.assoctu.it/giurisprudenza: ”Non è concettualmente configurabile il fenomeno anatocistico con riferimento al mutuo con ammortamento c.d. alla francese, difettando – in sede genetica del negozio – il presupposto stesso dell’anatocismo, vale a dire la presenza di un interesse giuridicamente definibile come “scaduto” sul quale operare il calcolo dell’interesse composto ex art. 1283 c.c.”. Nello stesso senso v. anche tre le altre : Trib. Ferrara, 6 giugno 2016, in Pluris on line, Trib. Treviso, 12 gennaio 2015, in www.ilcaso.it, Trib. Milano, 30 ottobre 2013, cit; Trib. Padova, 23 febbraio 2009, in www.ilcaso.it, Trib. Torino, 17 Settembre 2014, in ilcaso.it.; Trib. Brescia, 27 settembre 2017, in www.ilcaso.it; App. Roma, 30 gennaio 2020, n. 731, cit.; Trib. Torino, 18 febbraio 2022, cit.

[67] Così Fersini, Olivieri, Sull’”anatocismo” nell’ammortamento alla francese, in Banche§Banchieri, 2015, p. 141.

[68] Fersini, Olivieri, Sull’”anatocismo” nell’ammortamento alla francese, cit. p. 137.

[69] Fersini, Olivieri, Sull’”anatocismo” nell’ammortamento alla francese, cit. p. 137. A conferma di tale assunto gli autori richiamano l’ipotesi strettamente correlata dell’impiego della somma mutuata per ripianare il debito ( p. 141): “chi prende a prestito una somma A e si impegna a restituirla mediante n rate costanti R, calcolate in capitalizzazione composta al tasso i, per far fronte all’impegno di restituzione del prestito, dovrebbe investire la somma A allo stesso tasso i, per lo stesso numero di periodi, nello stesso regime della capitalizzazione composta, e quindi, calcolando anche gli interessi sugli interessi, in modo da poter ottenere a ciascuna successiva scadenza la rata R da versare al creditore e alla fine chiudere l’operazione a pareggio rimanendo con un importo nullo … In pratica chi investe la somma presa in prestito allo stesso tasso i deve ottenere gli interessi sugli interessi per far fronte all’impegno di restituzione del prestito”. In senso conforme Colangelo, Interesse semplice, interesse composto e ammortamento alla francese, cit., c. 471 s.

[70] In argomento v. Cacciafesta, In che senso l’ammortamento alla francese ( e non solo esso) dia luogo ad antocismo, Politeia, 2015, p. 120. Sul regime di capitalizzazione composta nel mutuo ad ammortamento alla francese v. anche CALIRIMatematica finanziaria, Torino, 2001, pp. 169 e 173; Levi, in Corso di Matematica finanziaria e attuariale, Milano, 1964, p. 227; Vianelli, Giannone Jr., Matematica finanziaria, Bologna, 1965, p. 125. In senso contrario Rutigliano, Faccincani, Brevi note per riconoscere, “si spera definitivamente”, l’assenza di anatocismo nel mutuo con piano di ammortamento “alla francese”, in Banche e banchieri, 2017, n. 3, p. 333 ss. La tesi per i giuristi, sostegno del connaturale effetto anatocistico nell’ammortamento alla francese, è stata vigorosamente sostenuta da ColangeloInteresse semplice, interesse composto e ammortamento alla francese, cit., c. 469.

[72] Marcelli, Pastore, L’ammortamento alla francese, cit.

[73] Così Marcelli, Pastore, L’ammortamento alla francese, cit.. In giurisprudenza la legittimità dell’ammortamento c.d. alla francese è

stata posta in discussione per l’asserita produzione di effetti anatocistici per la prima volta da Trib. Bari, 29 ottobre 2008, n. 113, cit.

[74] Per tutte nitidamente Trib. Torino, 17 Settembre 2014, cit.

[75] Nel regime di capitalizzazione semplice, gli interessi, anche se vengono calcolati sul capitale in scadenza e contabilizzati, divengono esigibili soltanto alla scadenza del capitale finanziato e contestualmente al debito inerente a quest’ultimo, restando improduttivi fino a quel momento con conseguente invariabilità del capitale. Il montante ha una crescita di tipo lineare, proporzionale al tempo e procede secondo una progressione aritmetica. In questi termini v. Trib. Massa, 13 novembre 2018, cit.. che rileva pure come “nel regime composto, invece, per effetto del principio di scindibilità sul quale si fonda (corrispondente alla capitalizzazione periodica degli interessi), gli interessi vengono calcolati periodicamente sul montante maturato”.

[76] Afferma condivisibilmente Trib. Massa, 13 novembre 2018, cit: “Sul piano matematico-finanziario, il complessivo monte interessi previsto nella totalità delle rate include quindi (già ab origine, fin dal momento della conclusione dell’accordo negoziale) la maggiorazione anatocistica, per l’appunto in ragione del regime finanziario adottato. In altri termini, l’anatocismo sussiste nella stessa pattuizione, ovvero nel valore della rata concordata al momento della stipulazione del contratto in base al piano di ammortamento (ad esso allegato e dallo stesso richiamato), in virtù dell’applicazione del T.A.N. contrattuale in regime di capitalizzazione composta“.

[77] L’operazione è sinteticamente descritta in Silvestri e Tedesco, Sulla pretesa non coincidenza tra il tasso espresso in frazione d’anno e il tasso annuo nel rimborso rateale dei prestiti secondo il metodo francese, cit., p. 82 ss., che però omette nella sintesi di specificare come si calcolino gli interessi sul debito iniziale, particolare non irrilevante atteso che il problema riguarda proprio questa modalità di calcolo .

[78] Trib. Massa, 13 novembre 2018, cit.

[79] App. Bari, 3 novembre 2020, cit.

[80] Trib. Torino, 14 febbraio 2022, cit.

[81] Nigro, L’anatocismo nei rapporti bancari una storia infinita?, in Dir. banca e merc. fin., 2001, p. 269 ss., sia pur con riguardo al conto corrente bancario.

[82] Se nella determinazione della rata fosse stato impiegato lo sconto semplice il monte interessi sarebbe risultato, coerentemente con tale regime, inferiore e nella circostanza ogni criterio di imputazione (anche quello del calcolo degli interessi sul debito residuo), avrebbe determinato un piano di ammortamento privo della crescita esponenziale, tipica del regime composto.

[83] Notevolissima la dottrina sul contratto in frode alla legge. Con riguardo alle sole opere monografiche tra gli altri: Carraro, Il negozio in frode alla legge, Padova, 1943; Breccia, Frode alla legge, in Alpa, Breccia e Liserre, Il contratto in generale, XII, 3, in Tratt. Bessone, Torino, 1999, p. 257; Nardi, Frode alla legge e collegamento negoziale, Milano, 2006; Cricenti, I contratti in frode alla legge, Milano, 2008; Bolego, Autonomia negoziale e frode alla legge nel diritto del lavoro, Padova, 2011. Esclude la ricorrenza della frode alla legge nel caso che ci occupa De Luca, op. ult. cit., p. 238.

[84] Trib. Brindisi, 4 dicembre 2006, in Foro it., 2007, I, c.1947. In senso conforme App. Brescia, 21 aprile 2004, in Ilcaso.it.

[85] Così efficacemente con riguardo al contratto in frode alla legge Cass. sez. un., 7 luglio 1981, n. 4414, in Banca, borsa, tit. cred., 1981, II, p. 391.

[86] Lo rileva Sangiovanni, Tasso fisso e tasso variabile nei piani di ammortamento alla francese, cit., p. 345 ss.

[87] In argomento: ABF, Milano, 3 maggio 2013, n. 2433 , in www.arbitrobancariofinanziario.it, ha precisato che il piano di ammortamento costituisce un documento contrattuale, che - su richiesta - va senz’altro consegnato al cliente; ABF, Napoli, 11 aprile 2018, n. 7992, esclude che la mancata consegna del piano di ammortamento conduca adindeterminatezza o indeterminabilità del prezzo da cui deriverebbe la nullità della clausola che fissa il tasso di interesse e la sua sostituzione, ai sensi dell’art. 117 del D. Lgs. 385\1993.,

[88] Lo rileva Quarta, Credito irresponsabile e soluzioni al sovraindebitamento, cit.. p. 1825 che evidenzia come “servirebbe forse qualcosa di più della mera allegazione di un gruppuscolo di fogli con tabelle e numeri”.

[89] Sul punto si rinvia a Quarta, Credito irresponsabile e soluzioni al sovraindebitamento, cit.., p. 1824 ss. Sugli obblighi informativi nei confronti del consumatore v. Capobianco, Contrattazione bancaria e tutela dei consumatori, Napoli, 2000, p. 112 s.

[90] Così Quarta, Credito irresponsabile e soluzioni al sovraindebitamento, cit. , p. 1824

[91] Sul punto Camardi, Mutuo bancario con piano di ammortamento “alla francese”, cit., p. 51 ss.

[92] La Corte di Giustizia europea, nella sentenza 9 novembre 2016 (CAUSA C-42/15 HOME CREDIT SLOVAECLI:EU:2016:842) in https://eur-lex.europa.eu ha affermato che l’art. 10, paragrafo 2, lettera h) e i), della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che il contratto di credito a tempo determinato, che prevede l’ammortamento del capitale mediante versamenti consecutivi di rate, non deve precisare, sotto forma di tabella di ammortamento, quale parte di ogni rata sarà destinata al rimborso di tale capitale. Ha altresì precisato che siffatte disposizioni, in combinato disposto con l’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva in parola, ostano a che uno Stato membro preveda un obbligo del genere nella sua normativa nazionale.

[93] L’espressione è di Camardi, Mutuo bancario con piano di ammortamento “alla francese”, cit., p. 51 ss.

[94]Cass., 19 aprile 2002, n. 5703, in Rep. Foro it., 2002, voce Mutuo, n. 15. Sul punto Cass., 25 novembre 2010, n.23972 in Diritto & Giustizia, 2010 ne trae la conseguenza che, “in caso di estinzione del contratto anteriormente alla sua naturale scadenza, rappresenta l'elemento contrattuale al quale occorre far riferimento in via esclusiva ai fini del calcolo delle somme riscosse dal mutuante imputabili alla restituzione del capitale ovvero al pagamento degli interessi”. In dottrina v. Dagna, Profili civilistici dell’usura, Padova, 2008, p. 147; Fausti, Il mutuo, in Tratt. dir. civ. CNN diretto da P. Perlingieri, Napoli, 2004, p. 113 s. Sulla nozione tecnica di ammortamento si rinvia a Sorrentino, Ammortamento, in Noviss. Dig. It., I, Torino, 1965, p. 577.

[95] Cass., 19 aprile 2002, n.5703. in Redazione Giuffrè, 2019.

[96] Cass., 22 aprile 1981, n. 2352, in Redazione Giuffrè, 2019.

[97] Di detto principio è stata fatta applicazione nei rapporti bancari dalla Corte costituzionale ( Corte cost.,5 aprile 2012, n.78 in Giust. civ. 2012, I, p. m 1146; in Guida dir., 2012, p. 30 con nt. di Sacchettini; in Banca borsa tit. cred. 2012, II, p. 423 ss. con nt. di Dolmetta; Dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 78/2012 (retroattività di leggi bancarie, prescrizione della ripetizione per titolo invalido di versamenti in c/c e diritto vivente dell'anatocismo); di Tavormina, Sull'applicazione delle Sezioni Unite n. 24418/2010 dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 78/2012: dinamiche processuali; di Semeraro, Retroattività e affidamento: la irragionevolezza del comma 61 (art. 2 d.l. n. 225/2010, conv. l. n. 10/2011); di Salanitro, Retroattività e affidamento: la ragionevolezza del comma 61 (art. 2 d.l. n. 225/2010, conv. l. n. 10/2011);  di Mancini, Prescrizione della ripetizione di interessi anatocistici: dalla Cassazione all'intervento della Corte costituzionale, in Giur. comm. 2012, II, p. 1176) in occasione della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 2, comma 61 d.l. 29 dicembre 2010 n. 225 (comma aggiunto dalla legge di conversione 26 febbraio 201, n. 10). Sul punto v. anche Vaccaro Belluscio, Violazione dell'art. 1283 c.c. e nullità parziale del contratto: il problema dell'integrazione tra favor debitoris e tutela dell'equilibrio contrattuale, in Corr. giur., 2012, p. 271. In tema di esdebitazione e di valutazione della ricorrenza del presupposto di cui al comma 2 dell'art. 142 l. fall. v. Cass., 27 marzo 2018, n.7550, in Redazione Giuffrè, 2019.

[98] Per l’applicazione dell’art. 1370 in tema di rapporti bancari v. di recente Trib. Roma, sez. XVII, 12 febbraio 2018, n.3138 in Redazione Giuffrè, 2019, in tema di dubbio ermeneutico tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia (Garantievertrag).

[99] In argomento v. Minervini, La trasparenza delle condizioni contrattuali (contratti bancari e contratti con i consumatori), in Banca, borsa, tit. cred., 1997, I, p. 94

[100] Si legge ivi testualmente al primo comma:” Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile.Si precisa poi al secondo comma : “ In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l'interpretazione più favorevole al consumatore”.

[101] Così Camardi, Mutuo bancario con piano di ammortamento “alla francese”, nullità delle clausole sugli interessi e integrazione giudiziale, cit., p. 51 ss. In termini generali sulle linee evolutive dell’interpretazione del contratto v.Lipari, Per una revisione della disciplina sull’interpretazione e sull’integrazione del contratto? in Riv. trim. dir. proc. civ.,3, 2006, p. 711.

[102] V. sul punto Trib. Viterbo, 3 aprile 2015, n. 306, in Redazione Giuffrè, 2019; in dottrina Quarta, Credito irresponsabile e soluzioni al sovraindebitamento, cit., p. 1828 ss.

[103] Trib. Prato, 20 settembre 2011, n. 970, in Diritto e Giustizia online, 2011.

[104] Sul punto v. anche puntualmente Camardi, Mutuo bancario con piano di ammortamento “alla francese”, cit., p. 51 ss. che ritiene tale conclusione necessitata qualora al piano di ammortamento venisse riconosciuto il ruolo di pattuizione negoziale di pari ordine e grado rispetto all'accordo di mutuo in senso stretto. In tal caso, infatti, si creerebbe un contrasto tra clausole di pari grado concernenti il medesimo aspetto, contrasto che il giudice dovrebbe provare a risolvere in via interpretativa, dovendo in caso contrario dichiarare la nullità delle clausole in questione (per una sorta di reciproca elisione), ove l'incompatibilità desse luogo a indeterminabilità dell'oggetto del contratto”.

[105] Annovera tra le principali funzioni del TAEG quella di consentire al potenziale-mutuatario un confronto immediato fra più offerte di finanziamento, in funzione anche di stimolo alla concorrenza fra operatori bancari Quarta, Credito irresponsabile e soluzioni al sovraindebitamento, cit.., p. 1830 , nt. 59. Su punto, v. anche Carriero, Credito, interessi, usura: tra contratto e mercato, in Banca borsa tit. cred., 2016, p. 93 ss., Albanese, Le clausole vessatorie nel diritto europeo dei contratti, in Eur. dir. priv., 2013, p. 669 ss., in nt. 135.

[106] Per l’applicazione della disciplina del comma 7 dell’art. 125 bis TUB anche alle ipotesi previste dal precedente comma 6 v. ABF, Coll. coord., 18 febbraio 2016, n. 1430 in www.arbitrobancariofinanziario.it, secondo cui «i commi 6 e 7 sono rappresentativi della medesima regola per la quale alcuni costi […], se fanno giuridicamente parte integrante del costo complessivo del credito, devono essere necessariamente inseriti nel TAEG […]. E la conseguenza è (non può non essere) che è nulla la clausola relativa al costo in sé considerata, onde nulla è dovuto per tale titolo, ma è anche nulla la clausola relativa al TAEG che non ha previsto quel costo: ipotesi per la quale il comma 7 prevede una forma di integrazione legale del contratto con applicazione del tasso nominale sostitutivo».

[107] Come precisato dalla Suprema Corte più volte “il requisito della determinatezza o della determinabilità dell'oggetto esprime la fondamentale esigenza di concretezza dell'atto contrattuale, avendo le parti la necessità di sapere l'impegno assunto ovvero i criteri per la sua concreta determinazione, il che può essere pregiudicato dalla possibilità che la misura della prestazione sia discrezionalmente determinata, sia pure in presenza di precise condizioni legittimanti, da una soltanto delle parti” (Cass., 19 ottobre 2017, n. 24790; conf. Cass., 29 febbraio 2008 n. 5513, entrambe in Redazione Giuffrè, 2019).

[108] Così Cass.,22 maggio 1981, n. 3363, in Redazione Giuffrè, 2019. In questi sensi pare correttamente orientarsi in punto di metodo quella giurisprudenza di merito che, riconosciuta l’invalidità della clausola che prevede come modalità di rimborso il piano di ammortamento alla francese. per indeterminatezza e indeterminabilità dell'oggetto, esclude la nullità dell'intero contratto, bensì la sostituzione delle clausole nulle “con la previsione di cui al terzo comma dell'art. 1284 c.c. e l'applicazione del tasso legale e la previsione di un piano di ammortamento da ricostruirsi su quote capitale costante e non crescente” (Trib. Milano, 30 ottobre 2013, in Banca borsa tit. cred., 2015, II, p. 45, con nt. di Camardi, Mutuo bancario con piano di ammortamento “alla francese”, cit., p. 51 ss.

[109] Cass., 30 marzo 2018, n.8028, in Giust., civ. Mass., 2018, ; conf. Cass. , 27 novembre 2014 , n. 25205, in Guida dir., 2015, p. 49 relativamente a fattispecie nel regime anteriore all'entrata in vigore della l. n. 154 del 1992 -

[110] Galgano, Il negozio giuridico, p. 319; Selvaggi, Un presunto caso di errore sulla quantità e la dubbia interpretazione giurisprudenziale dell’art. 1430 c.c., nt. a Cass., 2 aprile 1982, n. 2029,in Dir. Giur., 1985, p. 804; Cass., 28 gennaio 1987, n. 835, in Rep. Foro it., 1987, voce Contratto in genere, n. 382; Cass., 1° febbraio 1992, n. 1074, ivi, 1992, voce cit., n. 344; Sull’annullabilità del contratto la bibliografia è sterminata. Tra le opere di più ampio respiro specificatamente dedicate al tema: Al. Fedele, La invalidità del negozio giuridico di diritto privato, Torino, 1943; Trimarchi, Appunti sull'invalidità del negozio giuridico, in Temi, 1955, p. 198 ss.; Prosperetti, Contributo alla teoria dell'annullabilità, Milano, 1973; Franzoni, Dell'annullabilità del contratto, Milano, 1997.

[111] Cass., 20 marzo 1995, n. 3228, in Rep. Foro it., 1995, voce Contratto in genere, n. 443. più di recente e con particolare adesione alla questione che ci occupa Cass., 18 febbraio 2016, n.3178, in Guida dir., 2016, 20, p. 66: “Si ha errore di calcolo, che non influenza il consenso (e non già un errore in quantitate che viceversa vizia la volontà negoziale) solo quando - definiti in modo chiaro e preciso i termini da computare e il criterio matematico da seguire - si commette, per inesperienza o per disattenzione, un errore materiale di cifra che si ripercuote sul risultato finale, rilevabile ictu oculi”.

[112] Cass., 18 febbraio 2016, n.3178, cit.

[113] Trib., Cagliari , 6 novembre 2006 , n. 2715, in Riv. giur. sarda, 2009, 1 , p. 85 con nt. di Mari.

[114] Trib., Cagliari , 6 novembre 2006, n. 2715, cit. La richiesta di risarcimento ex art. 2043 c.c. può essere formulata anche in ipotesi di annullamento del contratto per dolo incidente ed ha natura autonoma in questo caso. Sul punto v. Cass. 19 settembre 2006, n. 20260, in Obbl. e contr., 2007, 1, p. 75 in materia di omessa informazione in sede di concessione di un contratto di finanziamento da parte del cliente ai danni della banca.

[115] È stato, tuttavia, osservato che, per evitare di considerare l’art. 1430 come semplice doppione delle regole interpretative (Mirabelli, Dei contratti in generale, Torino, 1961, p. 541), è necessario considerare la possibilità di rettifica estesa anche all’errore di calcolo che abbia influito sulla violazione della volontà, purché in modo soltanto incidentale, in quanto le parti avrebbero egualmente stipulato il negozio a condizioni diverse. Si è così sostenuto come il puro errore di calcolo o di conteggio possa determinare un errore sulla quantità in base all’art. 1430 c.c., attenendo anch’esso al momento programmatico del negozio, altrimenti l’articolo in esame sarebbe un inutile duplicato delle norme sull’ interpretazione del contratto e dell’art. 1429, n. 2 c.c. (Piazza, L’errore di calcolo e l’art. 1430 del Codice Civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1964, p. 575 ss.; Quadri, Riflessioni sulla interpretazione giurisprudenziale dell’art. 1430 c.c., in Dir. Giur., 1973, III, 2, p. 262 ss.; in argomento in senso parzialmente difforme v. C.M. Bianca, Diritto civile, 3, Il contratto, p. 656).

[116] La dottrina e la giurisprudenza prevalenti, in ossequio al principio della conservazione del negozio ed in applicazione analogica dell’art. 1419, comma 1, ammettono l’annullabilità parziale, allorché il vizio del consenso incida su di una parte o su di una clausola del contratto (Criscuoli, Prescrizioni in tema di annullabilità parziale del negozio giuridico, in Riv. dir. comm., 1964, I, p. 368; R. Sacco, in Trattato Rescigno, 10, p. 489; Dalmartello, Questioni in tema di annullabilità del contratto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1963, p. 16 ss.; Cass., 4 dicembre 1982, n. 6609, in Rep. Foro it., 1982, voce Contratto in genere, n. 230; in Giust. civ., 1992, I, p. 2892; Cass., 26 giugno 2012, n.10638, in Giur. it., 1984, I, 1, p. 366secondo cui: “ Il principio dell'annullabilità parziale del negozio, pur desumibile in via analogica dall'art. 1419 c.c., va inteso nel senso della semplice amputazione di una parte del negozio stesso; non può, invece, portare ad adeguamenti o rettifiche che hanno essenza di modificazioni del contenuto della restante parte del contratto, ostando a ciò il principio dell'autonomia negoziale delle parti”.

[117] Al riconoscimento della ricorrenza del dolo incidente consegue, per il deceptor, l’obbligo di risarcire i danni causati dal raggiro, costituendo il suo comportamento un illecito civile ex art. 2043 c.c. con la conseguenza che la prova del danno compete all’ingannato (Cass., 22 luglio 1960, n. 2096, in Giust. civ. Mass., 1960, p. 783). In giurisprudenza, in tema di dolus incidens e con riguardo all’azione di risarcimento del conseguente danno, si tende ad agevolare l’onere della prova a carico dell’attore in quanto – si sostiene – una volta provata l’esistenza di un raggiro su un elemento non trascurabile del contratto, non è tenuto a provare altro ai fini dell’an debeatur, in quanto opera la presunzione iuris tantum che senza la condotta illecita, le condizioni contrattuali sarebbero state diverse e quindi per lui più favorevoli (Cass., 16 agosto 1990, n. 8318, in Rep. Foro. it., 1990, voce Contratto in genere, n. 345).

[118] Così Sacco, in Trattato Rescigno, cit., p. 150 ss.

[119] Amato, Errore di calcolo e dichiarazione cambiaria, in Dir. giur., 1976, p. 612 ss., in nt. a Trib. Napoli, 29 gennaio 1974, n. 1051.

[120] Sul punto Silvestri e Tedesco, Sulla pretesa non coincidenza tra il tasso espresso in frazione d’anno e il tasso annuo nel rimborso rateale dei prestiti secondo il metodo francese, cit., p. 82 ss.. Ritiene ricorrente l’errore di calcolo Trib. Benevento, 19 novembre 2012, n. 1936, in expartecreditoris.it, in un’ipotesi di discrasia fra il tasso pattuito in contratto e il tasso effettivamente praticato in danno del mutuatario, intervenuta – da quel che sembra evincersi dal testo- con comunicazione successiva del piano di ammortamento, approvato dallo stesso mutuatario.

[121] Corte conti, sez. contr. reg. Sicilia, 8 settembre 1998, n. 26, in Riv. Corte dei conti, 1998, 5, p. 4, in tema di errata indicazione del prezzo nella cessione di un alloggio popolare

[122] Sul punto in termini specifici v. tra gli altri Vitucci, La decorrenza della prescrizione nelle azioni di annullamento,in Riv. dir. comm., 1990, II, p. 157).

[123] Per un’applicazione del principio in tema di errore di calcolo nei contratti di assicurazione ed esclusione della applicazione breve ex art. 2952 c.c. Trib. Padova, 20 settembre 2006, n.2004, in Mass. Giur. civ. patavina , 2009.

[124] In termini di recente Cass., 20 novembre 2018, n. 30000, in Diritto & Giustizia, 2018, 21novembre, secondo cui“nel contratto di conto corrente, l'approvazione anche tacita dell'estratto conto, ai sensi dell'art. 1832, comma 1, c.c., non impedisce di sollevare contestazioni ed eccezioni che siano fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell'inclusione o dell'eliminazione di partite del conto”. La pronuncia riguarda proprio un errore di calcolo commesso dalla banca in favore del correntista che trovava il suo fondamento in opzioni put allo scopo di ottenere un compenso per il caso di ribassi dei titoli. In senso conforme, sia pur in diverso contesto: Cass., 29 luglio 2009, n.17679, in Banca borsa tit. cred., con nt. diFiorani,Brevi osservazioni sull'approvazione dell'estratto conto; Cass., 18 maggio 2006 n. 11749, in Foro it., 2007, I, c. 184; Cass., 25 luglio 2001 n. 10129, in Arch. civ., 2001, p. 1228. In ordine al contenuto dell'estratto conto, cfr. Cass., 5 aprile 2005 n. 7087, in Notariato, 2006, p. 413, con nt. di CimminoCaratteristiche ed efficacia probatoria dell'estratto di conto corrente bancario. In dottrina sull’approvazione dell’estratto conto v. tra gli altri Grisi, La disciplina del contratto di conto corrente, in Tratt. Rescigno, XII, IV, 1985, p. 782; Tantulli, Sulla approvazione dell'estratto conto bancario, in Banca Borsa, tit. cred., 1974, I, p. 428; Teglio, Osservazioni sull'approvazione del conto corrente (nt. a Cass., sez. I, 10 agosto 1962, n. 2544), in Foro pad., 1963, p. 302.

[125] Così Cass., 20 novembre 2018, n.30000, cit., in un’ipotesi speculare di errato accredito in favore del correntista.


Scarica Articolo PDF