CrisiImpresa


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 07/07/2020 Scarica PDF

Dal Decreto Cura Italia al Decreto Liquidità: le misure di sostegno alle imprese

Donatella Perna, Avvocato in Foggia


Sommario: 1) La moratoria dei debiti ex art. 56 D.L. 18/2020 (cd. “Decreto Cura Italia”): le misure di sostegno relative alle esposizioni debitorie pregresse - 2) Le misure di sostegno relative a nuovi finanziamenti previste dagli artt. 1 e 13 D.L.  n. 23/2020 (cd. “Decreto Liquidità”) - 2.1) Le novità introdotte dall’art. 49 del d.l. n. 18/2020 (cd. decreto Cura Italia) e dall’art. 13 del d.l. n. 23/2020 (cd. decreto Liquidità) - 2.2) L’intervento del Fondo centrale di garanzia PMI - 3) L’intervento di SACE s.p.a. - 4) Altre misure a sostegno della liquidità - 5) Conclusioni.

 

 

Abstract

Gli interventi previsti dal d.l. 8 aprile 2020, n. 23 (cd. Decreto Liquidità, convertito, con modificazioni, in legge n. 40/2020) finalizzati a sostenere “la liquidità delle imprese”, in particolare delle piccole e medie imprese, si condensano agli artt. 1 e 13, contenenti misure di sostegno relative a nuovi finanziamenti per le quali un ruolo di primo piano è svolto dal Fondo centrale di garanzia PMI e dalla società SACE s.p.a..

Essi si aggiungono alla prima tranche di misure approvate con il d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (cd. “Decreto Cura Italia” convertito in legge il 24 aprile 2020 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale), a sua volta contenente “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, che all’art. 56 disciplina invece la moratoria sui prestiti e sulle linee di credito, previa autocertificazione dell’impresa che attesti di aver subito in via temporanea carenze di liquidità causa Covid 19.

La sezione è stata a tal fine inizialmente dotata di 1,73 miliardi di euro per il 2020 (l'importo è stato successivamente rideterminato in 1,43 miliardi dal d.l Liquidità n. 23/2020 e poi rifinanziato dal d.l Rilancio n. 34/2020). Il regime di aiuto è stato approvato dalla Commissione europea il 25 marzo 2020.

Con il d.l. Liquidità è stata disposta (articolo 37-bis), per le MPMI beneficiarie della moratoria, la sospensione fino al 30 settembre 2020  delle segnalazioni a sofferenza alla Centrale dei rischi della Banca d'Italia e ai sistemi di informazione creditizia.

Inoltre, l'Addendum all'Accordo per il Credito 2019 stipulato il 22 maggio 2020 tra Confindustria, ABI e le altre Associazioni imprenditoriali ha di fatto esteso la portata della moratoria ex lege, e le misure da esso previste potranno essere richieste fino al 30 giugno 2020

Il D.L. n. 23/2020 (articolo 1 e 13) ha poi delineato uno schema di garanzie straordinarie e transitorie sui finanziamenti bancari alle imprese, incentrato sul ruolo di SACE S.p.A. e del Fondo di garanzia delle PMI. L'intervento in garanzia di SACE non si sovrappone a quello del Fondo di garanzia PMI, bensì lo completa, in quanto interviene per categorie di imprese medio grandi e comunque per imprese che hanno esaurito la loro capacità di accesso al Fondo di garanzia PMI. Le misure previste dall'articolo 1 e dall'articolo 13 del Decreto Legge 23/2020 sono state autorizzate dalla Commissione europea in data 14 aprile 2020.

 

1) La moratoria dei debiti ex art. 56 D.L. 18/2020 “cd. Cura Italia”: le misure di sostegno relative alle esposizioni debitorie pregresse.

Con riferimento ai finanziamenti in corso in bonis, l’intervento previsto dall’art. 56, espressamente volto a sostenere le “attività imprenditoriali danneggiate dall’epidemia di COVID-19”, ha una precisa delimitazione di carattere soggettivo, in quanto deve trattarsi, innanzitutto, di micro, piccole o medie imprese, mutuandone espressamente la definizione fornita dalla Raccomandazione della Commissione Europea n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003[1], le quali devono avere sede – nel silenzio della norma, si suppone la sede legale – in Italia (come dispone il 5° co. dell’art. 56), operanti in qualsiasi settore di attività economica.

Quanto ai limiti dimensionali, quindi, deve trattarsi di imprese che hanno:

a) un numero di addetti inferiore alle 250 unita;

b) un fatturato annuo che non supera i 50 milioni di euro o in alternativa un attivo patrimoniale che non supera i 43 milioni di euro.

Al di sotto di tale soglia, l’impresa rientra nella definizione di PMI e quindi ha diritto di accedere alla misura in esame[2].

A questi requisiti “preliminari”, devono poi aggiungersi due ulteriori condizioni, l’una individuata in positivo, l’altra in negativo, rispettivamente dal 3° e dal 4° co. dell’art. 56: l’impresa deve, per un verso, autocertificare all’ente creditore, ai sensi dell’art. 47 del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, di “aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia da COVID-19”, e, per altro verso, non deve avere, alla data del 17 marzo 2020, esposizioni debitorie classificate come deteriorate “ai sensi della disciplina applicabile agli enti creditizi[3].

Mentre il primo requisito lascia intendere che deve esistere un nesso causale tra la carenza di risorse liquide e l’epidemia (o meglio, le misure adottate per fronteggiarla), il secondo circoscrive la platea delle imprese che potranno accedere alle misure di sostegno alle sole realtà imprenditoriali in bonis nei confronti del sistema bancario, che quindi non lascino dubitare della capacità di far fronte con regolarità alle obbligazioni contratte nei confronti degli istituti di credito, escludendo così tutti quei soggetti già etichettati come cattivi pagatori.

La forma di sostegno prevista ha natura di semplice moratoria.

Questa peraltro non riguarda tutte le scadenze debitorie contratte dalle PMI, ma soltanto obbligazioni assunte nei confronti del sistema creditizio in genere ovvero di banche, intermediari finanziari di cui all’art. 106 del D. Lgs. n. 385/1993 e degli altri soggetti abilitati alla concessione di credito in Italia.

Tre sono le forme di sostegno previste dal secondo comma dell’art. 56:

- in primo luogo, gli importi accordati (ancorché non utilizzati) per le aperture di credito a revoca e per i prestiti concessi a fronte di anticipi su crediti esistenti alla data del 29 febbraio 2020, non possono essere oggetto di revoca (totale o parziale) sino al 30 settembre 2020, (così la lett. a del 2° co.).

- in secondo luogo, i contratti relativi a prestiti non rateali, aventi scadenza pattuita anteriormente al 30 settembre 2020, sono prorogati sino a tale data, alle medesime condizioni, “unitamente ai rispettivi elementi accessori e senza alcuna formalità” (così, la lett. b del 2° co.).

- infine, per quanto concerne i finanziamenti a rimborso rateale (mutui e leasing, in primis), da un lato, è prevista la sospensione sino al 30 settembre 2020 del pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza anteriormente, e, dall’altro lato, è data la possibilità di dilazionare il piano di rimborso – “unitamente agli elementi accessori e senza alcuna formalità” – con modalità che non devono comportare aggravi di costi sia per il finanziatore sia per il finanziato (così la lett. c del 2° co.).

Le misure di sostegno finanziario sulle esposizioni pregresse sono ammesse “senza valutazione” (dovendosi quindi rimettere per intero la verifica dei presupposti di applicazione della norma alla autocertificazione dell’impresa) – su richiesta telematica del soggetto finanziatore – alla garanzia di una sezione speciale del Fondo di cui all’art. 2, 100° co., lett. a), l. 23 dicembre 1996, n. 662, la cui dotazione – prevista dal 6° co. dell’art. 56 del d.l. «Cura Italia» – ammonta a 1.730 milioni di euro (importo, questo, successivamente ridotto di complessivi 300 milioni di euro ad opera del d.l. n. 23/2020).

È perciò prevista una garanzia del 33% su tutti e tre gli interventi di sostegno, mentre varia la base di calcolo, rappresentata dal:

- solo maggiore utilizzo delle aperture di credito rispetto a quanto già utilizzato alla data del 17 marzo 2020 (cfr. comma 2 lett. a);

- l’ammontare dei prestiti e finanziamenti con scadenza sino al 30 settembre 2020 (cfr. comma 2 lett. b);

- le singole rate con scadenza ricompresa tra il 17 marzo ed il 30 settembre 2020 (comma 2 lett. c).

Di conseguenza, se per le operazioni di cui alla lettera b) la garanzia riguarda un terzo dell’intero prestito, per le aperture di credito la percentuale riguarderà esclusivamente la maggiore esposizione dell’impresa rispetto alla data del 17 marzo 2020.

Non può non evidenziarsi come tali limiti, abbastanza modesti, riducano di molto l’utilità della disposizione, qualora garantiscano solo un indebitamento di carattere transitorio e sotto forma di incremento delle esposizioni sulle aperture di credito.

Trattasi, come specificato al 7° co., di una garanzia avente natura sussidiaria (e quindi si attiverà soltanto dopo l’escussione di eventuali ulteriori garanzie – reali o di terzi – che l’impresa avesse in origine fornito al fine di ottenere il finanziamento), concessa a titolo gratuito, la cui escussione è disciplinata dai successivi 8°, 9° e 10° co. dell’art. 56, che prevedono, tra l’altro, che essa possa essere richiesta se, nei diciotto mesi successivi al termine delle misure di sostegno di cui al 2° co., sono state avviate le correlate procedure esecutive[4].

Anche il fallimento o il concordato preventivo a cui dovesse essere ammessa l’impresa costituiscono presupposti sufficienti per l’escussione della garanzia, non soltanto perché il fallimento concreta, come noto, un vincolo pignoratizio di carattere collettivo sui beni dell’imprenditore, ma anche perché con la dichiarazione di fallimento (art. 51 l. fall.) e l’ammissione al concordato preventivo (art. 168 l. fall.) viene preclusa ai creditori la possibilità di iniziare o proseguire azioni esecutive.

Quindi, se il debito non viene pagato, il finanziatore si rivale sul Fondo che ha prestato la garanzia e quest’ultimo procede poi al recupero contro il debitore: è previsto che il versamento dell’importo garantito a favore dell’istituto di credito avvenga per metà entro 90 giorni dalla formulazione della relativa richiesta al Fondo e per la residua metà entro 180 giorni dall’esaurimento delle procedure esecutive, termine questo decisamente lungo in caso di fallimento o concordato preventivo, poiché in tali casi sarà necessario attenderne la chiusura.

Quest’ultima previsione, unitamente a quella che stabilisce un termine acceleratorio di diciotto mesi per ottenere l’operatività della garanzia, potrebbe incentivare gli istituti di credito ad azionare con celerità procedure esecutive nei confronti dell’impresa, ove questa non adempia con regolarità le obbligazioni di pagamento oggetto di moratoria.

E’proprio in questa prospettiva quindi che si manifesta un possibile limite della disposizione transitoria in esame: dal punto di vista dell’utilità per l’impresa, dovrebbe cioè consentire alla stessa di ottenere un adeguato spatium deliberandi (sempre che quello del 30 settembre 2020 lo sia), al fine di valutare e pianificare gli impegni di finanziamento, ricorrendo se necessario ad altre più incisive misure per far fronte alle proprie future esigenze di liquidità.

Ma, se questo non avvenisse, l’accesso alla misura potrebbe invece accelerare la crisi ponendo l’impresa nella necessità di affrontare procedure esecutive che, come noto, rappresentano un elemento pregiudizievole sia per il merito creditizio che per la credibilità commerciale.

Il credito di regresso del Fondo nei confronti dell’impresa in caso di attivazione della garanzia gode del privilegio di cui all’art. 9 comma 5 del D.P.R. n. 123/1998 ed è quindi preferito a ogni altro titolo prelatizio, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751 bis c.c. alla luce di quanto stabilito dall’art. 8 bis del D.L. n. 3/2015, convertito con L. n. 33/2015.

Con riferimento alla natura di questo privilegio, la giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. I, n. 2664/2019) ha in più occasioni avuto modo di precisare che della causa di prelazione beneficia solo il credito vantato dal Fondo di garanzia, non l’istituto che eroga materialmente il credito e soprattutto che, qualora la revoca o la decadenza dall’ammissione al beneficio si verificassero dopo la dichiarazione di fallimento o l’omologazione del concordato preventivo, il privilegio sarà comunque operante ed opponibile alla massa dei creditori.

Avviene quindi con una certa frequenza nell’ambito di concordati preventivi che crediti trattati in sede di proposta concordataria come chirografari, acquisiscano per effetto della revoca o della decadenza di questo tipo di garanzia una natura privilegiata, con conseguente sacrificio di posizioni creditorie in apparenza poziori o di eguale grado.

L’esito sarebbe accettabile secondo la giurisprudenza, in quanto sintonico con la finalità della norma, che trascende l’interesse degli altri creditori, ritenendosi prevalente l’interesse di recuperare il sacrificio patrimoniale che il sostegno pubblico ha in concreto sopportato in funzione dello sviluppo delle attività produttive, per lo scopo di procurare la provvista per lo svolgimento di ulteriori e futuri sostegni allo sviluppo delle attività produttive (Cass. 20 settembre 2017, n. 21841; n. 9926/2018; n. 17111/2015).

È quindi opportuno che, nelle proposte concordatarie e nelle attestazioni che le accompagnano, l’eventualità in esame sia segnalata ai creditori.

Qualora infatti un credito trattato in origine come chirografario sia suscettibile di divenire privilegiato in conseguenza del meccanismo in esame, ciò finirà con lo stravolgere la gradazione prevista e ovviamente le prospettive di soddisfacimento dei creditori (Cass. Sez. I, 28 marzo 2017, n. 7959). È perciò giusto che l’eventuale consenso venga espresso tenendo conto di tale possibilità, che non di rado viene nella prassi ignorata o sottaciuta.

 

2) Le misure di sostegno relative a nuovi finanziamenti previste dagli artt. 1 e 13 d.l. n. 23/2020 (Decreto Liquidità).

In linea generale, le misure del Governo a supporto del fabbisogno di liquidità delle imprese italiane si innestano in un più ampio quadro derogatorio temporaneo in materia di aiuti di Stato, definito dalla Commissione Europea nel State Aid Temporary Framework, adottato il

19 marzo 2020: un quadro temporaneo per consentire agli Stati membri di adottare misure di aiuto all'economia nel contesto della pandemia di COVID-19, in deroga alla disciplina ordinaria sugli aiuti di Stato.

Il recepimento da parte dell’Italia del nuovo regime degli aiuti europei è avvenuto tramite il Decreto-legge 8 aprile 2020 n. 23 recante “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e di lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”, cd. Decreto Liquidità.

Con comunicato stampa del 14 aprile 2020, la Commissione europea ha annunciato di aver approvato lo schema di garanzie a supporto delle imprese italiane in relazione all’emergenza coronavirus rendendo quindi pienamente operative le previsioni derogatorie contenute nel decreto n. 23/2020.

Sono quindi due gli strumenti di intervento identificati dal Governo per il supporto alle imprese, con la messa a disposizione di 400 miliardi di euro di garanzie: da una parte SACE s.p.a. (il cui ambito di intervento è definito all’art. 1 del Decreto Liquidita), realtà consolidata nel settore finanziario-assicurativo attiva nel credito all’esportazione, nelle cauzioni e nel factoring, nell'assicurazione del credito, nelle garanzie finanziarie destinata ad intervenire in favore delle grandi imprese ma anche in favore delle PMI che abbiano esaurito il plafond del Fondo centrale; dall’altra il Fondo centrale PMI (il cui ambito di intervento è definito all’art. 13), realtà altrettanto consolidata nell’ambito della concessione di garanzie in favore di imprese Micro, Piccole o di Medie dimensioni (PMI) e di professionisti (dal 2016 in grado di supportare anche le MidCap, fino a 499 dipendenti).

Tali misure sono concepite dalla normativa emergenziale secondo lo schema di base che prevede il diretto coinvolgimento delle banche, quali prestatori di denaro, e la partecipazione dello Stato (per il tramite di Sace S.p.A. e del Fondo di Garanzia per le PMI) a mezzo di garanzia personale. Esse si suddividono nelle tre operazioni, distinte per la dimensione del credito di riferimento, di fascia alta - garantito da Sace S.p.A. (art. 1) -, di fascia mediana (art. 13, comma 1, lett. da a) a h)) e bassa (art. 13, lett. m, sino a 25 mila euro), assistite dal Fondo di Garanzia per le PMI.

 

2.1) Le novità introdotte dall’art. 49 del d.l. n. 18/2020 (cd. decreto Cura Italia) e dall’art. 13 del d.l. n. 23/2020 (cd. decreto Liquidità).

Il Fondo Centrale di Garanzia è un’iniziativa dello Stato, istituita con la l. 662/1996, volta a sostenere le PMI italiane agevolando il loro accesso al credito. Il Fondo opera dal 2000 e consente

alle imprese che rispettino determinati requisiti di contare sulla garanzia statale, che si affianca, e spesso si sostituisce, alle costose garanzie reali fornite dalle imprese, quali fideiussioni o polizze assicurative, normalmente richieste per ottenere un finanziamento.

Vista la rapida diffusione dell’emergenza COVID-19, il Governo è dunque intervenuto al fine di potenziare questo strumento andando a modificare la L. 662/96 attraverso due principali iniziative susseguitesi a breve distanza di tempo: l’art. 49 del d.l. Cura Italia (che ha integrato le previsioni dell’art. 25 del d.l. n. 9/2020), successivamente riscritto ed abrogato dall’art. 13 del Decreto Liquidità[5].

L’art. 13 ha innanzitutto confermato e riprodotto alcune delle misure già previste dal suddetto art. 49, tutte incardinate sullo strumento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui alla l. 662/1996, vale a dire, in deroga alla vigente disciplina del Fondo di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996:

- la gratuità della garanzia, sospendendo l’obbligo di versamento delle commissioni per l’accesso al Fondo, ove previste, per cui, atteso che tradizionalmente sono ribaltate dal soggetto finanziatore sul beneficiario, la loro eliminazione si traduce in un minor costo del credito per l’impresa;

- l’innalzamento dell’importo massimo garantito a 5 milioni di euro;

- l’ammissibilità alla garanzia di operazioni di rinegoziazione del debito, a condizione che il soggetto finanziatore conceda nuova finanza per almeno il 10% del debito residuo, che consentirebbe di venire incontro a prevedibili esigenze di liquidità delle imprese ritenute comunque affidabili dal sistema bancario;

- l’allungamento della garanzia per i finanziamenti che beneficino della sospensione del pagamento delle rate accordata dalla banca finanziatrice;

- l’eliminazione della commissione per il mancato perfezionamento delle operazioni garantite dal fondo;

- la possibilità di cumulo tra garanzia del Fondo e altre garanzie acquisite su finanziamenti a lungo termine concessi a imprese operanti nel settore turistico-alberghiero, compreso, a seguito dell’entrata in vigore della legge di conversione del d.l. Liquidità, il settore termale;

- l’innalzamento della garanzia su portafogli di finanziamenti concessi a imprese danneggiate dall’emergenza Covid 19;

- l’accesso senza valutazione per i finanziamenti di fascia bassa concessi a piccole imprese e a persone fisiche che esercitino arti e professioni colpite dall’emergenza da Covid 19, come da apposita autocertificazione.

Quanto alle novità, l’art. 13 del d.l. n. 23/2020, cd. decreto Liquidità, prolunga il periodo di attuazione di tali misure dai 9 mesi inizialmente previsti dall’art. 49 d.l. n. 18/2020 fino al 31/12/2020.

Inoltre, riscrivendo e modificando l’art. 49 d.l. Cura Italia. la nuova norma prevede:

- l’innalzamento della percentuale di copertura della garanzia rispetto al Decreto Cura Italia, portandola rispettivamente al 90% per quanto riguarda quella diretta ed al 100% per quanto riguarda quella indiretta, giusta autorizzazione da parte della Commissione europea del 14/04/2020 (laddove l’art. 49 d.l. n. 18/2020 aveva previsto l’innalzamento all’80% in garanzia diretta e al 90% in riassicurazione, comunque a sua volta superiore rispetto alla percentuale prevista dalla disciplina base di accesso al Fondo);

- l’accesso al Fondo senza valutazione ossia senza l’applicazione del modello di valutazione di cui alla parte IX, lett. A delle condizioni di ammissibilità e disposizioni generali per l’amministrazione del Fondo di garanzia riportate nell’allegato al decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 12 febbraio 2019 (l’art. 49 d.l. n. 18/2020 prevedeva l’applicazione, ai fini dell’accesso alla garanzia, del solo modulo economico-finanziario del modello di valutazione di cui alla parte IX lettera A delle predette condizioni, con esclusione del modulo andamentale, rispetto alla disciplina base di accesso al Fondo che si avvale invece dell’utilizzo di entrambi i moduli);

- l’introduzione di un nuovo intervento di garanzia sino al 100% per finanziamenti fino a 800.000,00 euro;

- la possibilità di concedere la garanzia anche su operazioni finanziarie già perfezionate ed erogate dal soggetto finanziatore da non oltre 3 mesi dalla data di presentazione della richiesta e, comunque, in data successiva al 31/01/2020. In tali casi, il soggetto finanziatore deve trasmettere al gestore del Fondo una dichiarazione attestante la riduzione del tasso di interesse applicata, sul finanziamento garantito, al soggetto beneficiario per effetto della sopravvenuta concessione della garanzia;

Inoltre:

- viene ampliata la platea dei beneficiari: non solo le PMI e le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, ma tutte le imprese fino a 499 dipendenti (cd. Small MidCap);

- vengono eliminati i limiti di importo per i singoli finanziamenti oggetto della garanzia, che nell’art. 49 d.l. n. 18/2020 erano pari a 1,5 milioni di euro;

Quindi, l’art. 13 del d.l. 23/2020 abroga e sostituisce l’art. 49 del d.l. 18/2020 e amplia la portata delle originarie disposizioni prevedendo, tra l’altro, l’estensione dei benefici della concessione della garanzia da parte del Fondo centrale PMI alle imprese fino a 499 dipendenti (MidCap), l’ampliamento della medesima garanzia fino a 5 milioni di euro per singola impresa (da 2,5 milioni di euro in disciplina ordinaria del Fondo) e l’innalzamento delle relative percentuali di copertura, previa autorizzazione  della Commissione Europea ai sensi dell’articolo 108 del TFUE (pervenuta in data 14 aprile 2020).

 

2.2) L’intervento del Fondo centrale di garanzia PMI.

Alla luce delle successive modifiche apportate dalla legge 5 giugno 2020, n. 40  di conversione del d.l. Liquidità, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 143 del 6 giugno 2020, che ha ampliato la platea dei beneficiari, possono beneficiare dell’accesso al Fondo di garanzia PMI: non solo le PMI e le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, ma tutte le imprese fino a 499 dipendenti (cd. Small MidCap); le imprese in cui almeno il 25 per cento del capitale o dei diritti di voto sia detenuto direttamente o indirettamente da un ente pubblico oppure, congiuntamente, da più enti pubblici; le imprese caratterizzate da cicli produttivi ultrannuali; le imprese con posizioni classificate come “inadempienze probabili” o “scadute o sconfinanti deteriorate” ai sensi della Circolare n. 272/2008 della Banca d’Italia, purché tale classificazione non sia precedente al 31/01/2020; le imprese che presentano esposizioni classificate come inadempienze probabili o come esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate anche prima del 31/01/2020 ai sensi della circolare della Banca d’Italia n. 272 del 30 luglio 2008 e che sono state oggetto di misure di concessione, se, alla data di entrata in vigore del d.l. Liquidità, le citate esposizioni non sono più classificabili come esposizioni deteriorate; le imprese che in data successiva al 31/12/2019 sono state ammesse alla procedura di concordato con continuità aziendale, hanno stipulato accordi di ristrutturazione o presentato un piano attestato.

Alla luce del decreto Liquidità, il Fondo agirà in tre ambiti specifici di cui sono beneficiarie altrettante categorie:

- il primo ambito (art. 13, I comma, lett. m, d.l. n. 23/2020) riguarda le PMI, le persone fisiche esercenti attività d’impresa ovvero professionisti/lavoratori autonomi con partita IVA, associazioni professionali e società tra professionisti nonché agenti di assicurazione, subagenti di assicurazione e broker iscritti alla rispettiva sezione del Registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi, che autocertifichino, ai sensi dell’art. 47 d.p.r. n. 445 del 2000, che “l’attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza Covid 19”.

Quindi tali soggetti possono accedere al Fondo e ottenere un finanziamento dell’importo massimo di 30.000 euro, comunque non superiore, alternativamente, anche tenuto conto di eventi calamitosi, a uno degli importi di cui alla lettera c), numeri 1) o 2), ossia il doppio della spesa salariale annua del beneficiario per l’anno 2019 o il 25% del fatturato totale del beneficiario nel 2019, come risultanti dall’ultimo bilancio depositato ovvero dall’ultima dichiarazione fiscale presentata al momento della domanda ovvero “da altra idonea documentazione prodotta”, ivi compresa un’autocertificazione ex art. 47 d.p.r. n. 445/2000), con garanzia diretta a copertura del 100% dell’importo stanziato e senza alcuna istruttoria, atteso che viene prodotta l’autodichiarazione.

È inoltre necessario che tali finanziamenti prevedano una durata fino a 120 mesi (10 anni) con un preammortamento di almeno 24 mesi.

Il Decreto precisa che si è in presenza di un “nuovo finanziamento “quando, ad esito della concessione del finanziamento coperto da garanzia, l’ammontare complessivo delle esposizioni del finanziatore nei confronti del finanziato risulti superiore all’ammontare delle esposizioni detenute alla data di entrata in vigore del decreto”, per cui entro tali limiti l’operazione non dovrebbe essere posta in essere per gestire operazioni già concesse.

Infatti, secondo la circolare ABI del 24/04/2020, la compensazione con un prestito preesistente determinerebbe un avvio del rimborso del capitale prima dei 24 mesi, facendo decadere la garanzia pubblica.

Il finanziamento deve prevedere quali oneri unicamente la copertura dei costi di istruttoria al tasso del rendimento medio dei titoli pubblici (Rendistato) con durata analoga al finanziamento, maggiorato dello 0,20 per cento.

Quindi si tratta di un tasso d’interesse imposto e onnicomprensivo, che copre tutte le voci che compongono il prezzo del credito per il prenditore, laddove per gli altri finanziamenti (quello di fascia alta di SACE ex art. 1 d.l. Liquidità e quello di fascia media art. 13, comma 1, lett. da a) ad h) d.l. Liquidità non vi sono limiti stabiliti sui tassi).

È inoltre specificato che l’erogazione e la concessione della garanzia è gratuita e, coerentemente con le “condizioni generali”, non è soggetta ad alcuna valutazione del beneficiario; l’intervento del Fondo è automatico: il soggetto finanziatore eroga quindi il finanziamento svolgendo, in via preliminare, una esclusiva verifica formale “senza attendere l’esito definitivo dell’istruttoria da parte del gestore del Fondo medesimo”.

La garanzia è altresì concessa in favore di beneficiari finali che presentano esposizioni che, anche prima del 31 gennaio 2020, sono state classificate come inadempienze probabili o esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate ai sensi della circolare n. 272 del 30 luglio 2008 della Banca d’Italia, a condizione che le predette esposizioni alla data della richiesta del finanziamento non siano più classificabili come esposizioni deteriorate ai sensi del regolamento (UE) n. 575/2013 (art. 47 -bis , paragrafo 4). Nel caso in cui le predette esposizioni siano state oggetto di misure di concessione, la garanzia è altresì concessa in favore dei beneficiari finali a condizione che le stesse esposizioni non siano -più - classificabili come esposizioni deteriorate ai sensi del citato articolo 47 -bis, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 575/2013, ad eccezione di quanto disposto dalla lettera b) del medesimo paragrafo.

Sta di fatto che alle intenzioni del Governo si affiancano le procedure consolidate del sistema bancario, non di certo superate con il Decreto Liquidità.

La nuova lettera m-bis del primo comma dell’art. 13 del converito d.l. Liquidità prevede inoltre che per i finanziamenti di cui alla lettera m) concessi fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, i soggetti beneficiari possono chiedere, con riguardo all’importo finanziato e alla durata, l’adeguamento del finanziamento alle nuove condizioni introdotte dalla legge di conversione del presente decreto.

Peraltro, la norma non definisce le modalità per ottenere l’adeguamento; in qualità di gestore del FCG (Fondo Centrale di Garanzia), MCC (Medio Credito Centrale) ha emanato specifiche istruzioni operative. È presumibile che saranno necessarie integrazioni alle domande presentate da parte dei debitori e alle istruttorie degli intermediari, che andranno adeguatamente gestite per evitare nuovi rallentamenti.

Nel modulo di garanzia bisognerà inoltre indicare la finalità per il quale è richiesto il finanziamento, che, stando alle indicazioni fornite dall’ABI, non dovrà essere necessariamente dettagliata: come precisato nella guida della predetta Associazione, si potrà indicare, ad esempio, la necessità semplice di liquidità, o l’acquisto scorte, fido a breve per anticipo fatture.

Inoltre, anche se l’iter istruttorio è molto semplice, gli intermediari dovranno effettuare comunque la verifica antiriciclaggio e antimafia (comunicazione della Banca d’Italia diffusa il 10 aprile 2020, con la quale detta appunto raccomandazioni su tematiche afferenti alle misure di sostegno economico predisposte dal Governo per l’emergenza Covid-19).

Qualora il rilascio della documentazione antimafia non sia immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati nazionale unica, l’aiuto è concesso all’impresa sotto condizione risolutiva. Nel caso in cui la documentazione successivamente pervenuta accerti la sussistenza di una delle cause interdittive ai sensi della medesima disciplina antimafia, è disposta la revoca dell’agevolazione, mantenendo l’efficacia della garanzia.

Nel complesso, per le finalità di cui all’art. 13, il Fondo centrale di garanzia PMI è stato dotato di 1.729 milioni di euro per l’anno 2020 (così il 10° co.).

- Il secondo ambito (art. 13, I comma, lett. n, d.l. n. 23/2020) riguarda tutte le imprese con ricavi non superiori ad euro 3.200.000, che autocertifichino che l’attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza Covid 19, le quali possono ottenere un finanziamento non superiore, alternativamente, a uno degli importi di cui alla lettera c), numeri 1) o 2), ossia il doppio della spesa salariale annua del beneficiario per l’anno 2019 o il 25% del fatturato totale del beneficiario nel 2019, ed entro comunque il limite di 800.000 euro, con garanzia fino al 100%, di cui il 90% mediante il Fondo, innalzabile fino al 100% grazie al rilascio di una garanzia complementare da parte di Confidi o altri soggetti abilitati al rilascio di garanzie.

In questo caso però, a differenza del primo, non c’è un’automatica emissione della garanzia: sebbene l’istruttoria risulti essere (teoricamente) più snella rispetto a quella ordinaria, l’accesso al Fondo di Garanzia delle Pmi è gratuito, mentre l’erogazione è subordinata ad una valutazione del solo profilo economico-finanziario dell’azienda, escludendo invece la valutazione delle informazioni relative all’andamento dei rapporti bancari degli ultimi mesi.

Di norma infatti il Fondo, per determinarsi a rilasciare la garanzia, utilizza ed applica il c.d. Modello di valutazione e procede così a calcolare una sorta di classe di merito dell’impresa, valutando i dati economico-finanziari storici degli ultimi due bilanci e combinandoli con un esame della Centrale Rischi[6].

Nonostante non sia espressamente specificato dalla norma, la durata del periodo di rimborso dovrebbe essere pari nel massimo a sei anni, mentre il tasso di interesse sarà da negoziare con la banca.

- Il terzo ambito di applicazione (art. 13, I comma, lett. a, b, c, d) è di carattere generale e riguarda tutte le imprese, che possono richiedere un finanziamento garantito massimo di 5 milioni di euro, nel rispetto di uno dei seguenti parametri:

i) doppio della spesa salariale annua del beneficiario per l’anno 2019 (o per l’ultimo anno disponibile, o, ancora, in caso di imprese costituite a partire dal 1° gennaio 2019, deve esser considerato l’importo dei costi salariali annui previsti per i primi due anni di attività);

ii) il 25% del fatturato totale del beneficiario nel 2019;

iii) il fabbisogno per costi del capitale di esercizio e per costi di investimento nei successivi 18 mesi (per le PMI) o 12 mesi (per le imprese con numero massimo di dipendenti pari a 499), così come autocertificato dallo stesso soggetto beneficiario.

iv) per le imprese caratterizzate da cicli produttivi ultrannuali, si considerano i ricavi delle vendite e delle prestazioni, sommati alle variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti per l’anno 2019;

In tali casi, la copertura diretta è del 90% di ogni finanziamento mentre quella in riassicurazione fino al 100% se interviene in riassicurazione il Confidi o altro fondo di garanzia, o le società cooperative previste dall’articolo 112, comma 7, terzo periodo, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e a condizione che le garanzie da questi rilasciate non prevedano il pagamento di un premio per il rischio assunto; il raggiungimento di entrambe le percentuali di assicurazione o riassicurazione è condizionato all’ottenimento dell’autorizzazione della Commissione Europea ai sensi dell’art. 108 del TFUE, in assenza della quale le percentuali si assestano rispettivamente all’80% e al 90%.

Come specificato alle lett. g, g-bis, g-ter e g-quater, la garanzia è concessa anche a quelle imprese che, alla data di richiesta della garanzia, presentano un’esposizione nei confronti del soggetto finanziatore classificata come “inadempienza probabile” oppure “scaduta o sconfinante deteriorata”, purché tale classificazione non sia precedente al 31 gennaio 2020, mentre sono in ogni caso escluse le imprese che hanno esposizioni classificate come “sofferenza”.

Con esclusione della garanzia di cui alla lettera e) dell’art. 13, la garanzia è altresì concessa in favore di beneficiari finali che presentano esposizioni che, anche prima del 31 gennaio 2020, sono state classificate come inadempienze probabili o come esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate ai sensi della circolare della Banca d’Italia n. 272 del 30 luglio 2008 e che sono state oggetto di misure di concessione (esposizioni creditizie per le quali siano state concesse cioè modifiche delle condizioni contrattualio un rifinanziamento totale o parziale, a causa delle difficoltà finanziarie del debitore, a prescindere dal fatto che questi sia stato inadempiente o che si sia verificata una perdita effettiva, atte a riportare quei crediti in stato di positività). In tale caso, il beneficio della garanzia è ammesso anche prima che sia trascorso un anno dalla data in cui sono state accordate le misure di concessione o, se posteriore, dalla data in cui le suddette esposizioni sono state classificate come esposizioni deteriorate, ai sensi del regolamento (UE) n. 575/2013, se, alla data di entrata in vigore del d.l. Liquidità, le citate esposizioni non sono più classificabili come esposizioni deteriorate, non presentano importi in arretrato successivi all’applicazione delle misure di concessione e il soggetto finanziatore, sulla base dell’analisi della situazione finanziaria del debitore, possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell’esposizione alla scadenza, ai sensi del citato regolamento (UE) n. 575/2013 (art. 47-bis, par. 6, lett. a) e c).

Possono poi accedere alla garanzia, anche prima che sia trascorso un anno dalla data in cui sono state accordate le misure di concessione o, se posteriore, dalla data in cui le esposizioni sono state classificate come esposizioni deteriorate, ai sensi del regolamento (UE) n. 575/2013, le imprese che, successivamente al 31 dicembre 2019, sono state ammesse alla procedura di concordato con continuità aziendale ex art. 186 bis l.fall., o hanno stipulato accordi di ristrutturazione di cui all’art. 182 bis l. fall. oppure hanno presentato un piano attestato di cui all’art. 67, 3° co., lett. d), l. fall., a condizione che, al 9 aprile 2020, le loro esposizioni “non siano più in una situazione che ne determinerebbe la classificazione come esposizioni deteriorate”, non presentino importi in arretrato successivi all’applicazione delle misure di concessione e la banca possa ragionevolmente presumere – dall’analisi della situazione finanziaria del debitore – il rimborso integrale dell’esposizione in scadenza, ai sensi dell’art. 47 bis, 6° co., lett. a) e c), del Regolamento (UE) n. 575/2013.

Sono, in ogni caso, escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come sofferenze ai sensi della disciplina bancaria vigente.

Quindi, mentre nel precedente, abrogato, art. 49 del d.l. Cura Italia erano in ogni caso escluse dalle misure di sostegno le imprese con esposizioni classificate come “sofferenze” o “inadempienze probabili”, richiedendo inoltre la valutazione del (solo) modulo economico-finanziario con esclusione di quello andamentale, e l’art. 13 d.l. Liquidità ante conversione ha aggiunto al novero dei soggetti esclusi anche le “esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate” alla data del 31/01/2020, eliminando però i riferimenti sia al modulo economico-finanziario che a quello andamentale di valutazione, le modifiche apportate nelle lettere da g-bis) a g-quater) dell’art. 13 post conversione ampliano l’ambito di operatività delle misure alle esposizioni classificate  inadempienze probabili o esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate”, anche anteriori alla data del 31/01/2020, destinatarie di misure di concessione, che alla data del finanziamento non siano più classificabili come deteriorate. Rimangono in ogni caso escluse le esposizioni classificate a sofferenza.

L’estensione riguarda, pertanto, imprese per le quali siano venuti meno i fattori di anomalia che ne avevano determinato la classificazione ad UTP (inadempienze probabili). In sostanza, devono essere venute meno le condizioni che già avevano determinato la classificazione delle esposizioni come deteriorate, le imprese in questione non devono presentare importi in arretrato e le banche presumono l’integrale rimborso dell’esposizione, essendosi quindi ritenuto che tali imprese non presentino una situazione di eccessiva rischiosità.

Fermo restando quanto previsto all’articolo 6, comma 2, del decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 marzo 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 157 del 7 luglio 2017, e fatto salvo quanto previsto per le operazioni finanziarie di cui alla lettera m) del presente comma[7], la valutazione del Fondo sarà condotta nell’ambito di un’istruttoria che si svolge con gli stessi criteri sopra illustrati per le imprese fino 3,2 milioni di euro di ricavi e fino a 499 dipendenti, così come identica è la durata del rimborso. Andrà negoziato il tasso di interesse.

- Sono inoltre ammesse anche le operazioni di rinegoziazione (art. 13, comma 1, lett. e) del debito del soggetto beneficiario (con garanzia diretta del 80% e in riassicurazione del 90%) purché venga erogata dall’istituto di credito finanziatore una somma aggiuntiva pari ad almeno il 10% dell'importo del debito già accordato ed oggetto di rinegoziazione, ovvero, per i finanziamenti deliberati dal soggetto finanziatore in data successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 23/2020 (d.l. Liquidità), in misura pari ad almeno il 25 per cento dell’importo del debito accordato in essere del finanziamento oggetto di rinegoziazione.

Il soggetto finanziatore deve trasmettere al gestore del Fondo una dichiarazione che attesta la riduzione del tasso di interesse applicata, sul finanziamento garantito, al soggetto beneficiario per effetto della sopravvenuta concessione della garanzia.

È quindi questa la strada più indicata per progettare un’ampia e generale sanatoria delle pendenze debitorie pregresse.

Infine, le operazioni finanziarie che non dovessero rispettare i requisiti di durata e di importo di cui alle lettere c) e d) dell’art. 13, potranno comunque godere della copertura nella misura del 80% dell’importo dietro istruttoria, anche per durate superiori a dieci anni.   

Inoltre, la garanzia del Fondo può essere cumulata con un’ulteriore garanzia concessa da confidi o da altri soggetti abilitati al rilascio di garanzie, a valere su risorse proprie, fino alla copertura del 100 per cento del finanziamento concesso.

Il comma 2 dell’art. 13 prevede una operatività rafforzata per le garanzie di portafoglio, con percentuali di copertura più elevate, passando da una garanzia dall’80% al 90% della tranche junior e un innalzamento anche del cap alle perdite a carico del Fondo, fino al 18% dell’ammontare dei portafogli.

Ai sensi del comma 4 dell’art. 13, previa autorizzazione della Commissione Europea ex art. 108 del TFUE, la garanzia dei confidi, a valere sulle risorse dei fondi rischi di natura comunitaria, nazionale, regionale e camerale, può essere concessa sui finanziamenti erogati alle piccole e medie imprese a copertura della quota dei finanziamenti stessi non coperta dalla garanzia del Fondo PMI, ovvero di altri fondi di garanzia di natura pubblica. Si autorizzano inoltre i Confidi (di cui all’art. 112 del TUB) a detenere partecipazioni nelle società che esercitano attività di micro credito (art. 13-ter).

Il comma 4-bis ammette che la dotazione del Fondo possa essere incrementata mediante versamento di contributi –oltre che da parte di banche, Regioni e altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della SACE S.p.A. e della Cassa depositi e prestiti S.p.A. – anche da soggetti privati; prevede infatti la possibilità per le Regioni e le Camere di Commercio di erogare contributi alle Pmi in difficoltà a valere sui costi per l’accesso alle garanzie del Fondo centrale, consentendo quindi anche alle Camere di Commercio di costituire appositi fondi per l’erogazione di contributi in conto commissioni di garanzia su operazioni finanziarie ammesse alla riassicurazione del Fondo centrale di garanzia, al fine di contenere i costi delle garanzie concesse da soggetti garanti autorizzati, senza nuovi oneri per la finanza pubblica (comma 4-ter).

Ai sensi del comma 7, le garanzie su portafogli di minibond sono concesse a valere sulla dotazione disponibile del Fondo, assicurando la sussistenza, tempo per tempo, di un ammontare di risorse libere del Fondo, destinate al rilascio di garanzie su singole operazioni finanziarie, pari ad almeno l’85% della dotazione disponibile del Fondo.

Il comma 8 prevede la garanzia gratuita all’80% del Fondo anche per gli operatori di microcredito (che siano M(icro)PMI), affinché gli stessi possano acquisire dal sistema bancario la provvista necessaria ad operare attraverso operazioni di microcredito (a loro volta garantibili dal Fondo all'80% e senza valutazione).

È elevato da 25mila a 40mila euro l’importo massimo delle operazioni di microcredito (art. 13 comma 9).

Le disposizioni di cui all’art. 13, in quanto compatibili, si applicano anche alle garanzie rilasciate da I.S.M.E.A. in favore delle imprese agricole, forestali, della pesca e dell’acquacoltura e dell’ippicoltura, nonché dei consorzi di bonifica e dei birrifici artigianali. Per tali finalità sono assegnati all’ISMEA 100 milioni di euro per l’anno 2020 (art. 13, comma 11, d.l. Liquidità). Il recente d.l. Rilancio (art. 31 comma 3) assegna all’I.S.M.E.A. ulteriori 250 milioni di euro per il 2020.

È inoltre previsto che, fino al 31 dicembre 2020, le risorse del Fondo PMI, fino a un importo di euro 100 milioni, sono destinate all’erogazione della garanzia di cui al comma 1, lettera m), dell’art. 13 in favore degli enti del Terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, esercenti attività di impresa o commerciale, anche in via non esclusiva o prevalente o finalizzata all’autofinanziamento (comma 12-bis).

Per le finalità di cui al’art. 13, il Fondo di garanzia PMI viene rifinanziato dal d.l. 23/2020 di 1.729 milioni di euro per l’anno 2020 (comma 10-11 dell’art. 13); il recente d.l. Rilancio rifinanzia il Fondo di ulteriori 3.950 milioni di euro per il 2020, per le già previste finalità di potenziamento ed estensione del relativo ambito di operatività (art. 31 comma 2).

 

3) L’intervento di SACE s.p.a..

L’art. 1 del Decreto Liquidità, rubricato “Misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese”, concerne le garanzie che potranno assistere i “finanziamenti sotto qualsiasi forma” erogati da banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e dagli altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia.

Al primo comma la norma precisa che la garanzia in questione sarà offerta da SACE s.p.a. sino al 31 dicembre 2020, per le imprese con sede in Italia, le quali siano state “colpite dall’epidemia COVID-19”, diverse da banche o altri soggetti autorizzati all’esercizio del credito.

L’impegno assunto da SACE s.p.a. è pari a complessivi 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi devono essere destinati alle piccole e medie imprese, come definite dalla Raccomandazione della Commissione Europea n. 2003/361/CE, ivi inclusi i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA, le associazioni professionali e le società tra professionisti, che abbiano già sfruttato “pienamente” la loro capacità di accesso al Fondo centrale di garanzia PMI nonché alle garanzie fornite da I.S.M.E.A. relativamente alle imprese del settore agricolo, agroalimentare e della pesca.

Inoltre, il comma 1-bis dell'articolo 1, prevede che le garanzie si applichino, in quanto compatibili, anche alle cessioni dei crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente effettuate, dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, dalle imprese beneficiarie a favore di banche e intermediari finanziari, iscritti all'albo di cui all'art. 106 del TUB (D.Lgs. n. 385/1993). In tal caso, i limiti di importo del prestito di cui al comma 2, lettera c), e le percentuali di copertura della garanzia di cui al comma 2, lettera d), sono riferiti all'importo del corrispettivo pagato al cedente per la cessione dei crediti.

Ai sensi del comma 1-ter, sono in ogni caso escluse dal beneficio le società che, direttamente o indirettamente, controllano o sono controllate da una società residente in un Paese o territorio non cooperativo ai fini fiscali.

La garanzia, “in conformità con la normativa europea in tema di aiuti di Stato”, è offerta per finanziamenti di durata non superiore a 6 anni, con la possibilità di avvalersi di un periodo di preammortamento di durata pari al più a 36 mesi (art. 1, 2° co., lett. a).

Il beneficiario deve essere, inoltre, in possesso di alcuni requisiti qualitativi, individuati dalla successiva lett. b) del 2° co.: al 31 dicembre 2019 non deve rientrare nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi del Regolamento (UE) n. 651/2014, del Regolamento (UE) n. 702/2014 e del Regolamento (UE) n. 1388/2014[8]; e al 29 febbraio 2020 non deve presentare – presso l’intero sistema bancario e non nei confronti del solo ente finanziatore – esposizioni deteriorate, come rilevabili dal soggetto finanziatore.

La lettera b -bis ) del comma 2 precisa però che, prima di poter definire un’ “impresa in difficoltà” ai sensi della richiamata normativa comunitaria, occorre ricomprendere nel calcolo del patrimonio i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle amministrazioni pubbliche per somministrazione, forniture e appalti, probabilmente alludendo alla problematica dei ritardi di pagamentoverso le imprese da parte delle pubbliche amministrazioni che non devono risolversi in danno delle prime.

Per quanto attiene l’importo del prestito garantito (lett. c), è stabilito un ammontare massimo dato dal maggiore tra:

i) il 25% del fatturato annuo dell’impresa nel 2019, risultante dal bilancio o dalla dichiarazione fiscale e

ii) il doppio dei costi del personale per il medesimo anno, come indicati in bilancio oppure, ove questo non sia stato approvato, da dati certificati.

Questo secondo riferimento diventa l’unico previsto per le imprese che abbiano iniziato la propria attività successivamente al 31 dicembre 2018, per le quali è quindi possibile prendere in considerazione i costi del personale attesi per i primi due anni di attività, documentati e attestati dal legale rappresentante della impresa.

Quanto all’operatività, la garanzia, come prevede la lett. g), è destinata a coprire finanziamenti di nuova erogazione, concessi successivamente al 9 aprile 2020, il cui costo “deve essere inferiore al costo che sarebbe stato richiesto dal soggetto o dai soggetti eroganti per operazioni con le medesime caratteristiche ma prive di garanzia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dei suddetti soggetti eroganti” (così la lett. h). Ciò al fine di “mitigare effetti speculativi e assicurare che i vantaggi della garanzia siano trasferiti all’economia reale”, come puntualizzato nella relazione illustrativa al decreto.

La percentuale di copertura, regolata alla lett. d), varia in misura decrescente in ragione dell’ammontare del fatturato e del numero di dipendenti dell’impresa, da un massimo del 90% dell’importo finanziato (per imprese con non più di 5 mila dipendenti in Italia e fatturato sino a 1,5 miliardi di euro); passando per l’80 % (per imprese con più di 5mila dipendenti in Italia e fatturato superiore a 1,5 miliardi e fino a 5 miliardi); ad un minimo del 70% (per le imprese che, a prescindere dalla forza lavoro impiegata, hanno un fatturato superiore a 5 miliardi di euro).

La garanzia è a prima richiesta, esplicita, irrevocabile e “conforme ai requisiti previsti dalla normativa di vigilanza prudenziale ai fini della migliore mitigazione del rischio” (lett. f), non è gratuita e l’ammontare delle commissioni annuali è disciplinato alla lett. e) del 2° co. dell’art. 1.

Inoltre, la garanzia in questione è contro garantita di diritto dallo Stato, a prima richiesta e senza regresso: trattasi di garanzia esplicita, incondizionata e irrevocabile, estendendosi al rimborso del capitale, al pagamento degli interessi e di ogni altro onere accessorio, al netto delle commissioni ricevute per le medesime garanzie (art. 1, 5° co.).

Dal canto suo, l’impresa finanziata deve assumersi alcuni specifici impegni (art. 1, comma 2, lett. i): non deve approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto delle azioni nel corso del 2020 (vincolo da estendere anche alle altre imprese del gruppo residenti in Italia); qualora le suddette imprese abbiano già distribuito dividendi o riacquistato azioni al momento della richiesta del finanziamento, l’impegno è assunto dall’impresa per i dodici mesi successivi alla data della richiesta (art. 1, comma 2, lett.i); deve gestire i livelli occupazionali mediante accordi sindacali (art. 1, comma 2, lett. m); deve destinare il finanziamento ottenuto al sostegno dei costi del personale, canoni di locazione o di affitto di ramo d’azienda, di investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali in Italia (come documentato e attestato del legale rappresentante) e le medesime imprese devono impegnarsi a non delocalizzare le produzioni (art. 1, comma 2, lett. n); destinazione del finanziamento a particolari tipologie di spese aziendali, ossia, per non più del 20 per cento dell’importo erogato, al pagamento di rate di finanziamenti, scadute o in scadenza nel periodo emergenziale, il cui rimborso sia impossibile a causa della diffusione dell’epidemia di COVID-19 o delle misure dirette alla prevenzione e al contenimento della stessa, a condizione che l’impossibilità oggettiva del rimborso sia attestata dal rappresentante legale dell’impresa beneficiaria ai sensi dell’articolo 47 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445 (lettera n -bis ).

Ai fini dell’individuazione del limite di importo garantito indicato dal comma 2, lettera c), qualora la medesima impresa, ovvero il medesimo gruppo quando la prima è parte di un gruppo, sia beneficiaria di più finanziamenti assistiti dalla garanzia di cui all’art. 1 del d.l. Liquidità ovvero da altra garanzia pubblica, gli importi di detti finanziamenti si cumulano.

Per il rilascio delle garanzie di SACE s.p.a., la procedura è differenziata, in quanto si distinguono i finanziamenti a favore di imprese con non più di 5 mila dipendenti in Italia ed un fatturato fino a 1,5 miliardi di euro (6° co.), da quelli nei confronti di imprese beneficiarie che superano uno dei due parametri (7° co.): per le prime, è prevista una procedura semplificata, che consente di accedere alla garanzia di SACE s.p.a. solo all’esito positivo della delibera di erogazione del finanziamento da parte del soggetto finanziatore, al quale spetta la presentazione della richiesta di emissione della garanzia e che, a sua volta, procederà all’erogazione del finanziamento garantito soltanto a seguito delle verifiche effettuate da SACE; per le seconde, il rilascio della garanzia è subordinato alla decisione assunta con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sulla base dell’istruttoria trasmessa dalla stessa SACE s.p.a. e tenendo in considerazione l’attività che l’impresa beneficiaria svolge in Italia.

Le operazioni di garanzia disciplinate dall’art. 1 del d.l. Liquidità possono essere oggetto di appositi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, in punto di modalità attuative ed operative, nonché di integrazione dei requisiti richiesti (così il 10° co.), mentre è prevista la rendicontazione periodica da parte dei soggetti finanziatori alla SACE s.p.a., al fine di “riscontrare il rispetto da parte dei soggetti finanziati e degli stessi soggetti finanziatori degli impegni e delle condizioni» previsti dall’art. 1, su cui la società deve riferire periodicamente al Ministero (9° co.).

Per la gestione del fondo è autorizzata l’apertura di apposito conto corrente di tesoreria centrale intestato alla SACE S.p.A., su cui sono versate le commissioni incassate ai sensi del comma 2, lettera e), al netto dei costi di gestione sostenuti dalla SACE S.p.A. per le attività svolte ai sensi dell’art. 1 d.l. Liquidità, risultanti dalla contabilità della medesima SACE S.p.A., salvo conguaglio a seguito dell’approvazione del bilancio.

Gli impegni assunti da SACE sono garantiti dallo Stato e a tal fine è stato istituito un apposito Fondo a copertura dei relativi oneri statali presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con una dotazione iniziale pari a 1.000 milioni di euro per il 2020. Il d.l. Rilancio n. 34/2020 ha consistentemente rifinanziato il Fondo di 30 milioni di euro per l’anno 2020 (art. 31).

Il comma 13 prevede che, fermo restando il limite massimo complessivo dei 200 miliardi di euro di esposizioni previsto dall’art. 1, lo Stato può anche concedere garanzia su esposizioni di Cassa Depositi e Prestiti assunte o da assumere entro il 31 dicembre 2020 derivanti da garanzie su portafogli di finanziamenti concessi alle imprese con sede in Italia, che abbiano sofferto una riduzione del fatturato a seguito dell’emergenza epidemiologica da banche e altri soggetti abilitati all’esercizio del credito. La garanzia è a prima richiesta, incondizionata, esplicita, irrevocabile, e conforme ai requisiti previsti dalla normativa di vigilanza prudenziale ai fini della migliore mitigazione del rischio

Infine, SACE può concedere, fino al 31 dicembre 2020, garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti che sottoscrivono in Italia prestiti obbligazionari o altri titoli di debito emessi dalle imprese ai quali sia attribuito un rating pari a BB- o equivalente. A tal fine, l’impresa emittente fornisce alla SACE S.p.A. una certificazione attestante che alla data del 29 febbraio 2020 la stessa non risultava presente tra le esposizioni deteriorate presso il sistema bancario, come definite ai sensi della normativa dell’Unione europea, mentre i sottoscrittori dei prestiti obbligazionari o dei titoli di debito nominano un rappresentante comune che fornisce un rendiconto periodico alla SACE S.p.A., al fine di riscontrare il rispetto, da parte dell’impresa emittente e dei sottoscrittori, degli impegni e delle condizioni previsti.

Il rilascio delle garanzie nell’ipotesi da ultimo appena vista, nel caso di emissione di importo eguale o superiore a euro 100 milioni, è subordinato alla decisione assunta con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, adottato sulla base dell’istruttoria trasmessa dalla SACE S.p.A., tenendo anche in considerazione il ruolo che l’impresa emittente svolge rispetto alle seguenti aree e profili in Italia: a) contributo allo sviluppo tecnologico; b) appartenenza alla rete logistica e dei rifornimenti; c) incidenza su infrastrutture critiche e strategiche; d) impatto sui livelli occupazionali e sul mercato del lavoro; e) rilevanza specifica nell’ambito di una filiera produttiva strategica.

Nel caso dei prestiti assistiti da garanzia della SACE, le operazioni di rinegoziazione sono considerate non ammissibili dal manuale operativo della SACE pubblicato lo scorso 21 aprile.

Per facilitare l’accesso delle imprese alle garanzie di SACE è prevista una specifica disciplina dell’autocertificazione (art. 1-bis d.l. Liquidità), “con la quale il titolare o il legale rappresentante dell’impresa richiedente, sotto la propria responsabilità, dichiara:

a) che l’attività d’impresa è stata limitata o interrotta dall’emergenza epidemiologica da COVID-19 o dagli effetti derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse alla medesima emergenza e che prima di tale emergenza sussisteva una situazione di continuità aziendale;

b) che i dati aziendali forniti su richiesta dell’intermediario finanziario sono veritieri e completi;

c) che, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera n), il finanziamento coperto dalla garanzia è richiesto per sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che sono localizzati in Italia;

d) che è consapevole che i finanziamenti saranno accreditati esclusivamente sul conto corrente dedicato i cui dati sono contestualmente indicati;

e) che il titolare o il legale rappresentante istante nonché i soggetti indicati all’articolo 85, commi 1 e 2, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, non si trovano nelle condizioni ostative previste dall’articolo 67 del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011;

f) che nei confronti del titolare o del legale rappresentante non è intervenuta condanna definitiva, negli ultimi cinque anni, per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione fiscale in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto nei casi in cui sia stata applicata la pena accessoria di cui all’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74”.

Inoltre, il d.l. Rilancio (art.  35), al fine di  preservare la continuità degli scambi commerciali tra aziende e di garantire loro la disponibilità dei servizi di assicurazione del credito commerciale, ha autorizzato la società SACE a prestare garanzia a favore delle imprese di assicurazione del ramo credito sugli indennizzi generati dalle esposizioni relative a crediti commerciali a breve termine maturati dal 19 maggio 2020 (data di entrata in vigore del decreto-legge) fino al 31 dicembre 2020, entro il limite massimo di 2000 milioni di euro. La garanzia è esplicita, incondizionata e irrevocabile. La garanzia opera in misura del 90% degli indennizzi. Sugli impegni SACE anche in questo caso opera la garanzia statale, mentre, quanto all’operatività, con decreto del MEF, da emanare entro 30 giorni, verranno stabilite le modalità attuative e operative.

Quanto al sostegno all'esportazione e all'internazionalizzazione, l’art. 2 del d.l. Liquidità dispone che SACE S.p.A. favorisca l'internazionalizzazione del settore produttivo italiano, privilegiando gli impegni nei settori strategici per l'economia italiana, nonché gli impegni per operazioni destinate a Paesi strategici per l'Italia. A tal fine, secondo le integrazioni apportate in sede di esame parlamentare, sono considerati strategici anche la filiera agricola nazionale, i settori del turismo e dell'agroalimentare italiano, il settore tessile, della moda e degli accessori, lo sviluppo di piattaforme per la vendita on line dei prodotti del made in Italy, le camere di commercio italiane all'estero, le fiere, i congressi e gli eventi, anche digitali, rivolti a sostenere lo sviluppo dei mercati, la formazione e il made in Italy nei settori dello sport, della cultura, dell'arte, della cinematografia, della musica, della moda, del design e dell'agroalimentare.

Quanto alla governance di SACE, il d.l. Liquidità (articolo 3) interviene con la finalità esplicitata di rafforzarne il ruolo strategico nel sostegno all'esportazione e all'internazionalizzazione delle imprese e di rilancio degli investimenti. SACE è società a totale partecipazione di Cassa depositi e prestiti S.P.A., a sua volta controllata dallo Stato. A sua volta, SACE detiene il 76% di SIMEST, insieme alla quale costituisce il Polo dell'export e dell'internazionalizzazione del Gruppo Cassa depositi e prestiti. Il d.l. Liquidità dispone in proposito che:

- CDP S.p.A. concordi preventivamente con il MEF, sentito il MAECI, l'esercizio dei diritti di voto derivanti dalla partecipazione in SACE S.p.A.;

- SACE S.p.A. non sia soggetta all'attività di direzione e coordinamento di CDP S.p.A., e deve consultare preventivamente:

o il Ministero dell'economia e finanze (MEF) in ordine alle decisioni aziendali rilevanti ai fini dell'efficace attuazione delle misure di rilancio degli investimenti, con particolare riferimento alle decisioni relative all'assunzione di impegni e al recupero dei crediti;

o il MEF e il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale in ordine alle decisioni aziendali rilevanti ai fini dell'efficace attuazione delle misure di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese, con particolare riferimento alle decisioni relative all'assunzione di impegni e al recupero dei crediti.

Ulteriori interventi a sostegno dell'export e dell'internazionalizzazione delle imprese, settori fortemente colpiti dagli effetti dell'attuale pandemia, sono stati adottati con il d.l. Cura Italia n. 18/2020 e con il d.l. Rilancio 34/2020. In particolare il d.l. Cura Italia (articolo 72) ha istituito un nuovo Fondo per la promozione integrata verso i mercati esteri, con una dotazione finanziaria iniziale di 150 milioni di euro per l'anno 2020, ulteriormente integrata di 250 milioni per l'anno 2020 dal recente d.l. Rilancio (articolo 48).

 

4) Altre misure a sostegno della liquidità.

Si segnala (art. 54, D.L. n. 18/2020 e articolo 12 D.L. n. 23/2020)  il rifinanziamento, per 400 milioni di euro per il 2020, e il potenziamento dell'operatività del Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa (cd. "Fondo Gasparrini", di cui all'art. 2, co. 475 e ss., L. n. 244/2007), esteso (in via transitoria, fino al 31 dicembre 2020) ai lavoratori autonomi e liberi professionisti, inclusi imprenditori individuali e ai piccoli imprenditori ex art. 2083 cc..

Un ulteriore meccanismo a sostegno alla liquidità delle imprese opera attraverso Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. In particolare, il d.l. Cura Italia (articolo 57) ha ammesso la garanzia dello Stato per le esposizioni assunte dalla CDP, anche in forma di garanzie di prima perdita su portafogli di finanziamenti, in favore di banche e altri soggetti che concedono finanziamenti a imprese che hanno subito una riduzione di fatturato a causa dell'emergenza. Deve trattarsi di imprese che operano in settori da individuare con decreto ministeriale e che non hanno accesso alla garanzia del Fondo PMI. La garanzia dello Stato opera fino all'80% dell'esposizione assunta da CDP. La dotazione iniziale per il 2020 per la misura in esame è di 500 milioni di euro.

I destinatari: l’ambito soggettivo ed oggettivo della disposizione.

La relazione illustrativa precisa che lo strumento di supporto di cui all’art. 57 del Decreto Cura Italia non si sovrappone a quello previsto all’art. 56 ma va a completamento di quest’ultimo essendo differenti gli ambiti di operatività delle misure adottate.

In particolare, la misura di cui all’art. 57 del Decreto Cura Italia assume un ambito soggettivo ben più ampio non essendo limitata alle micro e piccole e medie imprese. Invero mentre il Fondo PMI opera solo a beneficio di talune imprese (le PMI appunto con fatturato inferiore a 50 milioni di euro annui, numero di dipendenti inferiore a 250 unità e attivo di bilancio inferiore a 43 milioni di euro), il meccanismo di sostegno contemplato all’art. 57 potrà operare anche a favore di imprese non qualificate quali PMI ai sensi della normativa europea (quali, ad esempio, le c.d. “imprese Mid-Cap” con un numero di dipendenti inferiore a 3 mila unità).

Inoltre, la disposizione di cui all’art. 57 del Decreto Cura Italia diverge dal precedente articolo 56 anche sul piano oggettivo, più ampio in quanto potrà operare su portafogli già esistenti differenziandosi dall’operatività del Fondo di garanzia PMI che invece garantisce unicamente nuovi portafogli.

Infine, le misure di sostegno previste all’art. 57 non fanno riferimento al regime “de minimis[9] cui sono sottoposti gli interventi in garanzia del Fondo PMI (ossia i limiti imposti dalla normativa europea con riferimento all’equivalente sovvenzione lorda pari a 200.000 euro in tre anni) e di conseguenza non saranno assoggettate al predetto limite.

- Al fine di contenere gli effetti negativi della crisi è stata prevista, su tutto il territorio nazionale, una sospensione di sei mesi a decorrere dalla data di conversione del decreto, di ogni procedura esecutiva di pignoramento immobiliare relativamente all’abitazione principale del debitore, di cui all’articolo 555 c.p.c. (art. 54-ter d.l. Cura Italia).

- Il d.l. Cura Italia ha inoltre disposto la sospensione per l'anno 2020 delle rate dei mutui erogati dal Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura e le rate dei finanziamenti concessi con la garanzia del Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura (art. 54-quater, d.l. Cura Italia).

Lo stesso decreto-legge ha previsto, per le imprese beneficiarie di mutui agevolati concessi da Invitalia, ubicate nei territori dei primi comuni maggiormente colpiti dall'epidemia di COVID-19 (di cui all'Allegato 1 al D.P.C.M. 1 marzo 2020) la possibilità di beneficiare della sospensione di dodici mesi del pagamento delle rate con scadenza non successiva al 31 dicembre 2020 e di un corrispondente allungamento della durata dei piani di ammortamento (nuovo art. 72-ter, che riproduce sostanzialmente il testo dell'art. 6 del d.l. 9/2020, poi confluito nel d.l. n. 18).

Si ricorda infine che il d.l. n. 34/2020 (articolo 115) interviene anche sulla problematica dei ritardi di pagamento verso le imprese da parte delle pubbliche amministrazioni, istituendo un Fondo, con una dotazione di 12 miliardi di euro per il 2020, per assicurare un'anticipazione di liquidità destinata al pagamento di debiti commerciali certi, liquidi ed esigibili di Regioni, province autonome, enti locali ed enti del Servizio sanitario nazionale.

In materia fiscale il d.l. Liquidità dispone la sospensione per i mesi di aprile e maggio dei versamenti IVA, delle ritenute Irpef e dei contributi sociali per i soggetti che, rispetto ai corrispondenti mesi dello scorso anno, hanno registrato un calo dei ricavi o dei compensi superiore a soglie predeterminate, differenziate in base alla dimensione dei ricavi o dei compensi conseguiti nel 2019. I versamenti andranno comunque recuperati entro l’anno, in un’unica soluzione entro il prossimo 30 giugno oppure con un massimo di cinque rate mensili a decorrere da tale data. Queste sospensioni sono utili per consentire alle imprese di affrontare le difficoltà di una fase di emergenza; se la crisi si prolungherà potrà essere necessario distribuire il recupero delle somme non versate su un arco temporale più ampio.

 

5) Conclusioni.

Per fare il punto della situazione, gran parte delle richieste di finanziamenti sono fino a 25mila euro e arrivano da microimprese di produzione, ristoratori, pasticceri, parrucchieri, artigiani, negozianti al dettaglio. Imprese che rischiano di venire stritolate da una crisi di liquidità nella quale sono già immerse e che lamentano procedure farraginose, costi nemmeno occulti e ritardi: è quanto compare ai primi punti del “cahier de doléances” delle imprese.

I colli di bottiglia nel processo di erogazione dei prestiti garantiti sono stati accentuati dal fatto che l'aumento delle domande si è verificato nel periodo di picco della pandemia, quando la quota di filiali chiuse e personale in modalità delocalizzata era molto elevata.

Anche la novità del quadro normativo ha contribuito ai ritardi di erogazione dei prestiti garantiti.

Un’altra causa dei ritardi è connessa con la valutazione della clientela, da parte delle banche, sotto tre aspetti chiave: merito di credito; profili antiriciclaggio; profili antimafia.

Il d.l. Liquidità, pur prevedendo procedure semplificate per la concessione della garanzia e per la valutazione da parte del MCC (Medio Credito Centrale), che gestisce il FCG (Fondo Centrale di Garanzia PMI), non ha esonerato le banche dall’effettuare i controlli su queste materie, che possono comportare tempi lunghi, soprattutto per i nuovi clienti.

A questo proposito le banche hanno adottato prassi eterogenee. Più specificamente, gli intermediari riferiscono che l’istruttoria varia tra i finanziamenti superiori e quelli inferiori a 30.000 euro (fascia bassa).

Per i primi non sono in generale previsti iter semplificati o variazioni dell’ordinario processo di istruttoria e delibera delle pratiche, per cui ne conseguono tempi di erogazione standard. Per i secondi, l’istruttoria segue generalmente un iter semplificato corredato da un insieme di documenti. Maggiore eterogeneità si presenta, tuttavia, rispetto all’analisi del merito creditizio. In alcuni casi le banche prevedono percorsi accelerati per la clientela di rating migliore, mentre prestano particolare attenzione nella concessione dei finanziamenti ai clienti con elevato profilo di rischio (segnalato ad esempio da sconfinamenti o altre anomalie nel rimborso del credito), per i quali scatta un processo creditizio ordinario, che può contemplare livelli di delibera più elevati o criteri di concessione dei prestiti più restrittivi.

È comunque prevista, come detto, una valutazione del rischio semplificata: di norma infatti il Fondo, per determinarsi a rilasciare la garanzia, utilizza ed applica il c.d. Modello di valutazione e procede così a calcolare una sorta di classe di merito dell’impresa, valutando i dati economico-finanziari storici degli ultimi due bilanci (modulo economico-finanziario) e combinandoli con un esame della Centrale Rischi (modulo andamentale), mentre ora la probabilità di inadempimento è calcolata esclusivamente sulla base dei dati contenuti nel modulo economico-finanziario e sono previste maglie più larghe per le imprese che hanno posizioni di difficoltà con il sistema bancario.

Tale scelta appare giustificabile in via temporanea ed eccezionale per evitare ritardi operativi dovuti all’elevato numero di pratiche da esaminare; inoltre, positiva è l’introduzione di una specifica disciplina dell’autocertificazione (art. 1-bis d.l. Liquidità) per facilitare l’accesso delle imprese alle garanzie di SACE, in quanto consente il superamento delle forche caudine altrimenti imposte dalle normali istruttorie bancarie, che hanno sino ad oggi rallentato l’erogazione dei finanziamenti garantiti dallo Stato, nonostante l’urgenza del soccorso finanziario alle imprese in crisi.

Non a caso l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato quattro istruttorie nei confronti di primarie banche e società finanziarie (Unicredit, Intesa San Paolo, Banca Sella e Findomestic) per problematiche emerse sia sull'assenza di informazioni sulla tempistica per avere accesso alle varie misure di sostegno dettate in favore di microimprese e consumatori, che di chiare indicazioni sugli oneri derivanti dalla sospensione del rimborso dei finanziamenti concessi alle imprese, in termini di aumento degli interessi complessivi rispetto al totale originariamente dovuto quale effetto dell'allungamento dei piani di ammortamento.

Inoltre, in taluni casi le banche avrebbero posto indebite condizioni all'accesso a tali misure, quali l'apertura di un conto corrente o possedere specifici requisiti non previsti dalla normativa, oppure avrebbero cercato di dirottare i richiedenti verso forme di accesso al credito diverse e potenzialmente più costose rispetto a quelle di cui al d.l. Liquidità.

Nei confronti di altre 12 banche e finanziarie (BNL, Banco BPM, UBI Banca, Crédit Agricole, Credem, MPS, Banco Popolare di Sondrio, Creval, BCC Pisa, Agos Ducato, Compass e Fiditalia), l'Autorità ha avviato un’attività di moral suasion avendo riscontrato le medesime carenze di tipo informativo sulla tempistica di risposta e sulle effettive condizioni economiche di accesso alla sospensione dei rimborsi dei finanziamenti.

L'Autorità, quindi, riscontrando una serie di criticità, da parte dell'utenza, ad ottenere il dilazionamento delle esposizioni debitorie rispetto alle banche e alle società finanziarie, e per avere accesso alla liquidità e al credito (i prestiti), come sarebbe invece previsto dai decreti Cura Italia e Liquidità, ha ritenuto di dover intervenire nella convinzione che solo condotte trasparenti, con informazioni complete e chiare, e prive di ostacoli ingiustificati, possono assicurare ai consumatori e alle imprese il sostegno economico indispensabile per affrontare l'attuale emergenza.

Una parte del problema che lo Stato addossa alle banche (avviando anche quattro istruttorie nei confronti di primarie banche e società finanziarie) sono i ritardi con cui in taluni casi i fondi di garanzia vengono finanziati, ossia la trafila da seguire per ottenere il dilazionamento delle esposizioni debitorie rispetto alle banche e alle società finanziarie, e per avere accesso alla liquidità e al credito (i prestiti), ma ci sono anche difficoltà burocratiche; altre sono prodotte dalle scelte fatte dalle banche e dai dubbi sulla loro solidità. Infine, esiste il rischio che parte delle risorse stanziate non finisca a chi ne ha effettivamente bisogno.

Ora, la moratoria, ossia la proroga sulle rate dei prestiti da restituire e sulle linee di credito prevista dal d.l. Cura Italia, ancorché circoscritta temporalmente fino al 30 settembre 2020, priva le banche della possibilità di valutare la situazione economico-finanziaria dei debitori. Inoltre, la Banca d’Italia con comunicato stampa del 18/04/2020 ha avvertito il bisogno di precisare che gli intermediari non dovranno segnalare gli sconfinamenti sui finanziamenti accordati alle imprese beneficiarie e chi ha beneficiato della sospensione del rimborso del finanziamento – è stato ribadito – non potrà essere classificato a sofferenza dal momento in cui il beneficio è stato accordato, salvo che non fosse già segnalato a sofferenza.

Tuttavia, si obietta che tale prassi incide negativamente sulla capacità di utilizzare le garanzie in modo efficiente, atteso che in alcuni casi il credito potrebbe affluire a imprese comunque destinate a non superare la crisi.

Il che sembra quindi eludere una delle questioni invece fondamentali per le imprese in difficoltà (ma anche per le banche): quella dei tempi e delle modalità di valutazione, da parte degli istituti bancari, del merito creditizio delle imprese.

Infatti, trascorso il periodo di calma voluto dal d.l. Cura Italia fino al 30 settembre 2020, in cui l’ottenimento del beneficio della sospensione delle rate deve avvenire “senza valutazione” della situazione economico-finanziaria dei debitori e senza un automatico cambiamento di classificazione per qualità creditizia delle esposizioni coinvolte, è tuttavia ipotizzabile che dal 1°ottobre 2020, se non vi saranno proroghe al riguardo, si riverseranno i connessi problemi di capacità prospettica delle imprese beneficiarie di detta moratoria di rimborsare i finanziamenti agevolati, essendo verosimile che non verranno in diversi casi restituiti.

Oltre alla concreta eventualità che le banche, alla scadenza delle garanzie pubbliche, possano in futuro non rinnovare i prestiti verso imprese ritenute eccessivamente rischiose, considerate anche le ripercussioni sugli attivi patrimoniali e sugli indici di affidabilità degli istituti bancari in relazione ai crediti deteriorati che s'incorporano, in taluni casi solo in parte assistiti dalle garanzie pubbliche, non a caso condividendosi da più parti le preoccupazioni in ordine alla tenuta del sistema bancario.

Insomma, se alla fine quel credito non rientra, se non sarà restituito, a rimetterci è lo Stato e lo Stato siamo noi. Potrebbe quindi verificarsi che le banche accollino allo Stato e, quindi a tutti noi, dei crediti deteriorati pregressi, visto che non è escluso che gli intermediari acquisiscano la garanzia statale su prestiti concessi in passato a soggetti che erano finanziariamente vulnerabili già prima della crisi da Covid-19: in sostanza l’impresa sostituisce il prestito ricevuto in precedenza con un nuovo prestito garantito dallo Stato, su cui pagherà un interesse molto inferiore. Questo è un vantaggio per le banche, che in questo modo sostituiscono i rischiosi prestiti alle imprese con prestiti sicuri in gran parte garantiti dallo Stato.

Ma anche le banche contemporaneamente potrebbero essere danneggiate, perchè il sovraindebitamento delle aziende ammesse ai prestiti o alle dilazioni potrebbe essere la causa di difficoltà finanziarie future e se la situazione dovesse precipitare, lo Stato rimarrebbe pur sempre un creditore privilegiato (cioè viene pagato prima degli altri) in un eventuale procedimento esecutivo o, a dir peggio, fallimentare (art. 9 comma 5 del D.P.R. n. 123/1998) e di ciò beneficia solo il credito vantato dal Fondo di garanzia, non l’istituto che eroga materialmente il credito, come hanno stabilito i giudici della Corte di Cassazione.

Tornando al nostro discorso, nonostante la normativa emergenziale preveda la concessione della garanzia del Fondo “senza valutazione”, è pur vero, come visto, che gli istituti di credito seguono comunque le proprie prassi consolidate prima dell’erogazione delle somme al richiedente.

In effetti ha fatto molto discutere il fatto che non sia stato introdotto una sorta di scudo penale per alcuni dirigenti di banca, i quali giustificano la necessità di effettuare e documentare in ogni caso una valutazione del merito creditizio dei debitori con il fatto di essere esposti al rischio di finanziare posizioni già fortemente compromesse a prescindere dal Covid 19 e di incorrere in una bancarotta fraudolenta preferenziale ovvero di un ricorso abusivo al credito (reati penali).

È un tema delicato, poiché, da un lato, vi è il rischio che il sistema bancario possa mettere a carico dello Stato situazioni patrimoniali di aziende già compromesse, ancora più accentuato qualora venisse concesso ai dirigenti di banca questa sorta di scudo penale, dall’altro, è però anche chiaro che se invece devono essere messe in pratica le normali procedure di valutazione del merito di credito, questi aiuti all’economia verrebbero di fatto depotenziati.

Va da sè che la crisi in atto non si risolve con le garanzie, perché ci vogliono soldi veri.

Secondo alcuni la ritrosia delle banche nel concedere prestiti alla fine potrebbe essere controproducente. Accanto alle garanzie pubbliche, infatti, anche la Banca Centrale Europea ha approvato una serie di stimoli e sussidi per incentivare il sistema bancario a fornire la liquidità necessaria alle imprese e al resto dell’economia. Il Consiglio direttivo della BCE, a fronte dell'emergenza Covid-19, ha introdotto condizioni più favorevoli per le operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (Targeted Longer-Term Refinancing Operations, TLTRO), che saranno applicate nel periodo compreso tra il 24 giugno 2020 e il 23 giugno 2021, offrendo agli enti creditizi dell'area euro finanziamenti con scadenze pluriennali diretti a migliorare il funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, sostenendo l'erogazione del credito bancario all'economia reale.

Inoltre, la Banca Centrale Europea ha quasi raddoppiato la dotazione del PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme) con altri 600 miliardi. Il piano pandemico di acquisto titoli arriva così a 1.350 miliardi che serviranno a sostenere la ripresa e a garantire migliori condizioni di finanziamento per l'economia reale, ma anche per le imprese e le famiglie.

Ora, come noto, la BCE emette moneta in cambio di titoli del debito pubblico, ma occorre domandarsi cosa viene finanziato con il debito pubblico.

Se i soldi sono destinati per sovvenzioni, pur dovute, a persone che rimangono a casa senza lavoro, questi soldi non producono nulla. È chiaro che occorre aiutare coloro che si trovano in difficoltà ma è altrettanto chiaro che se il debito pubblico venisse aumentato, ad esempio, per creare infrastrutture, quel debito allora avrebbe un corrispettivo (la strada, il ponte, l’ospedale).

La crisi finanziaria che stiamo vivendo può trovare nella Banca Centrale un baluardo ma dobbiamo chiederci se sapremo contrastare la futura crisi economica, per fronteggiare la quale l’obiettivo principale dev’essere quindi quello di sostenere la produzione ed il lavoro.



[1] La definizione di Micro, Piccola è Media impresa (PMI) e stata fornita dall’UE con la Raccomandazione n. 2003/361/CE, recepita dall’Italia con il Decreto Ministeriale 18 aprile 2005. A tal fine è Media impresa quella con numero di dipendenti inferiore a 250, fatturato annuo non superiore a 50 milioni di Euro o il totale dell'attivo dello Stato Patrimoniale non superiore a 43 milioni di Euro; è Piccola impresa quella con numero di dipendenti inferiore a 50, fatturato annuo o totale dell'attivo dello Stato Patrimoniale annuo non superiori a 10 milioni di Euro; è Micro impresa quella con numero di dipendenti inferiore a 10, fatturato annuo o totale dell'attivo dello Stato Patrimoniale annuo non superiore a 2 milioni di Euro. Le MidCap (definizione comunitaria, non riferibile ai limiti della capitalizzazione di borsa) caratterizzate da un numero di dipendenti fino a 3000 sono incluse nel perimetro degli interventi del Fondo Centrale per la stratificazione più bassa, da 250 a 499 dipendenti, definita più propriamente “Small MidCap”.

[2] Nella platea dei beneficiari delle misure richiamate sono inclusi anche i lavoratori autonomi titolari di p.iva e, invero, con qualche dubbio in più, i liberi professionisti; infatti, l’art. 1 dell’allegato al D.L. 18/2020 e lo stesso comma 3 dell’art. 56 del D.L. 18/2020 richiamano espressamente le definizioni della Raccomandazione 2003/361/CE, che definisce l’impresa come “ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un'attività economica. In particolare, sono considerate tali le entità che esercitano un'attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitino un'attività economica”. Posto, in ogni caso, che l’Unione Europea ha sancito il concetto di pari dignità all’iniziativa economica equiparando l’attività di un libero professionista a quella di una microimpresa, ciò consentirebbe anche ai professionisti di beneficiare di quanto disposto dall’articolo qui trattato, ampliando la platea dei beneficiari, come indicato dal Mef con propria nota esplicativa.

[3] Il riferimento è alla Circolare n. 272 del 30/7/2008 e successivi aggiornamenti, il 12° dei quali risalente al 17/9/2019. Le esposizioni creditizie deteriorate si distinguono in: i) “sofferenze” quando vantate nei confronti di un soggetto in stato di insolvenza (anche non accertato giudizialmente); ii) “inadempienze probabili” (“Unlikely To Pay”) derivanti da un giudizio della banca circa la improbabilità che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione di garanzie, il debitore adempia integralmente alle proprie obbligazioni; iii) “esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate” rappresentate dalle esposizioni creditizie per cassa, diverse da quelle classificate tra le sofferenze o le inadempienze probabili che, alla data di riferimento della segnalazione, sono scadute o sconfinanti. Tuttavia, la compiuta descrizione delle esposizioni deteriorate è stata oggetto di modifiche da parte di Banca d’Italia mediante Comunicazione del 26 giugno 2019 in esecuzione del Regolamento Delegato (UE) N. 171/2018 della Commissione Europea del 19 ottobre 2017 relativo alla soglia di rilevanza delle obbligazioni creditizie in arretrato e degli Orientamenti sull’applicazione della definizione di default ai sensi dell’articolo 178 del Regolamento (UE) n. 575/2013. Le modifiche però dovrebbero trovare applicazione solo a far tempo dal 31 dicembre 2020.

[4] Specificamente, la norma prevede che siano state avviate procedure esecutive in relazione: “(i) all’inadempimento totale o parziale delle esposizioni di cui al comma 2, lettera a); (ii) al mancato pagamento, anche parziale, delle somme dovute per capitale e interessi relative ai prestiti prorogati ai sensi del comma 2, lettera b); (iii) all'inadempimento di una o più rate di prestiti o canoni di leasing sospesi ai sensi del comma 2, lettera c)”.

[5] La Legge di conversione n. 27/2020 del d.l. n. 18/2020 ha inserito l’art. 49-bis - "Fondo di garanzia per le PMI nei comuni di cui all'allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020", in cui si prevede, per un periodo di dodici mesi decorrente dalla data del 2 marzo 2020, in favore delle PMI, comprese quelle del settore agroalimentare, con sede o unità locali ubicate nei territori dei comuni individuati nell’allegato 1 al DPCM del 1° marzo 2020, che la garanzia del Fondo è concessa a titolo gratuito e con priorità sugli altri interventi, alle percentuali e per gli importi indicati nel medesimo articolo.

[6] In particolare si tratta del modello economico finanziario (Parte IX Lettera A.1 del modello di valutazione Decreto del MISE n. 49 del 12 febbraio 2019), che fornisce una “misura predittiva del profilo di rischio patrimoniale, economico e finanziario”, poi distinto in sotto moduli applicati a seconda delle caratteristiche dell'impresa valutata (Società di capitali, Società di persone o Ditte individuali; contabilità ordinaria o semplificata; settore economico di appartenenza) e del modulo andamentale (Parte IX Lettera A.2 del modello di valutazione Decreto del MISE n. 49 del 12 febbraio 2019) che fornisce “una misura predittiva del profilo di rischio di credito, approfondendo la dinamica dei rapporti intrattenuti con le istituzioni finanziarie a livello di sistema” esaminando, in sostanza i dati di Credit Bureau (Servizio fornito dalla Centrali Rischi alle proprie società clienti, che prevede la comunicazione di informazioni sulla storia creditizia dei soggetti censiti attraverso l’accesso ai database del soggetto da finanziare per valutarne il merito).

Il risultato della valutazione economico-finanziaria e il risultato della valutazione andamentale vengono combinati al fine di attribuire una classe di valutazione "integrata" alla quale vengono applicati dei “correttivi (Parte IX Lettera A.4 del modello di valutazione Decreto del MISE n. 49 del 12 febbraio 2019) qualora la società di capitali ovvero il socio di società di persone che ricopra cariche “rilevanti” (sulla base della Tabella A.8 della Parte IX del modulo di valutazione delle PMI per l’accesso al Fondo di garanzia per “carica rilevante” si intende anche semplicemente la qualità di socio) presenti un’iscrizione ipotecaria (legale o giudiziale) contro ovvero un pignoramento ovvero una domanda giudiziale.

Ciascuno di questi elementi pregiudizievoli comporta un downgrading della PMI di due classi di valutazione con conseguente peggioramento del rating.

Sono previste 12 classi di valutazione cui corrispondono le 5 classi di rating ed il correlativo rischio di inadempimento assegnato percentualmente.

Il quadro normalmente vigente per poter accedere al Fondo, dunque, è molto complesso ed il Legislatore dell’emergenza è intervenuto nella direzione di eliminare i criteri di valutazione al fine di agevolarne l’accesso alle PMI.

[7] Il riferimento è alle nuove imprese, alle start up innovative e alle operazioni sotto la soglia di 25.000 euro per le quali la procedura di valutazione del Fondo è semplificata e continua a rimanere tale anche in costanza del d.l. 18/2020. Testualmente l’art. 6 comma 2 del citato provvedimento recita: “Ferma restando la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla vigente normativa del Fondo per l’accesso alla garanzia, il modello di valutazione non si applica alle richieste di intervento relative a operazioni finanziarie: a) riferite a nuove imprese; b) riferite a start-up innovative e incubatori certificati, qualora ricorrano le condizioni di cui all’articolo 3, commi 2 e 3, del decreto interministeriale 26 aprile 2013; c) di microcredito; d) di importo non superiore a euro 25.000,00 per singolo soggetto beneficiario, ovvero a euro 35.000,00 qualora presentate da un soggetto garante autorizzato; e) a rischio tripartito di cui all’articolo 8”.

[8] Ai sensi del paragrafo 2.2. del documento “Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà” pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 31/7/14, sono imprese in difficoltà quelle per le quali sussiste almeno una delle seguenti circostanze: a) nel caso di società a responsabilità limitata, qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate; b) nel caso di società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società, qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate; c) qualora l’impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori; d) nel caso di un’impresa diversa da una PMI, qualora, negli ultimi due anni: i) il rapporto debito/patrimonio netto contabile dell’impresa sia stato superiore a 7,5; ii) il quoziente di copertura degli interessi dell’impresa (EBITDA/interessi) sia stato inferiore a 1,0.

[9] Gli aiuti alle imprese definiti, dall’UE, de minimis sono aiuti di piccola entità, erogati senza obbligo di notifica all'UE.

L’importo totale massimo degli aiuti di questo tipo ottenuti da una impresa non può superare, nell’arco di tre anni, i 200.000 euro.

Ciò significa che per stabilire se un'impresa possa ottenere una agevolazione in regime de minimis e l’ammontare della agevolazione stessa, occorrerà sommare tutti gli aiuti ottenuti da quella impresa, a qualsiasi titolo (per investimenti, attività di ricerca, promozione all’estero, ecc.), in regime de minimis, nell'arco di tre esercizi finanziari (l'esercizio finanziario in cui l'aiuto è concesso più i due precedenti). L’impresa che richiede un aiuto di questo tipo dovrà quindi dichiarare quali altri aiuti ha ottenuto in base a quel regime e l'amministrazione concedente verificare la disponibilità residua sul massimale individuale dell'impresa. Nel caso un'agevolazione concessa in de minimis superi il massimale individuale a disposizione in quel momento dell'impresa beneficiaria, l'aiuto non potrà essere concesso nemmeno per la parte non eccedente tale tetto.

Nel settore del trasporto di merci su strada per conto terzi il massimale degli aiuti de minimis, nell'arco dei tre anni, è ridotto a 100.000 euro ad impresa beneficiaria ed è inoltre escluso l'acquisto di veicoli.


Scarica Articolo PDF