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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 29/09/2014 Scarica PDF

L'amministrazione di sostegno: considerazioni brevi e prassi applicativa

Mauro Pietro Bernardi, Giudice


Sommario: 1. I presupposti - 2. La competenza - 3. La legittimazione attiva e passiva - 4. L’udienza di trattazione e l’audizione del beneficiario - 5. Il contenuto del decreto - 6. La designazione dell’amministratore di sostegno e il conflitto di interessi - 7. La pubblicità del decreto


     

1. I presupposti

L’amministrazione di sostegno[2] è regolata dal codice civile con un corpo autonomo di norme ed il rinvio alla disciplina sulla tutela dei minori è limitato a singole disposizioni (v. art. 411 I co. c.c.)[3] mentre non sono immediatamente applicabili all’istituto in esame quelle concernenti l’interdetto o l’inabilitato[4], salva la possibilità di estendere, con specifico provvedimento giudiziale, limitazioni e decadenze previste per costoro ai sensi dell’art. 411 IV co. c.c.[5].

Orbene se la positiva caratteristica dell’istituto è stata rinvenuta nel fatto di essere “presidio mobile nel tempo e nella struttura, ablativo della capacità nei soli limiti specificamente e di volta in volta indicati dal giudice tutelare”[6], ciò tuttavia può comportare notevoli incertezze applicative ove, in relazione alle singole fattispecie, difettino espresse previsioni di legge ovvero dettagliate statuizioni circa i poteri conferiti all’amministratore di sostegno (l’estensione dei quali peraltro non è sempre immediatamente e/o compiutamente preventivabile): va peraltro notato che l’art. 409 I co. c.c., secondo cui il beneficiario conserva la capacità d’agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o la assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno, sancisce una regola generale di capacità[7]. 

Merita così segnalare che non è stata regolata la posizione processuale del soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno sicché occorrerà verificare di volta in volta se, per l'oggettiva estensione dei poteri rappresentativi attribuiti all'amministratore (e della speculare riduzione dell'autonomia di gestione del beneficiario), l'adozione della misura imponga al giudice di interrompere il processo nel momento in cui tale  circostanza sia stata comunicata in udienza o notificata alle altre parti[8]. In proposito va rammentato che l’art. 75 c.p.c. stabilisce che sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere sicché, in mancanza, gli interessati debbono essere rappresentati, assistiti o autorizzati secondo le norme che regolano le loro capacità.

Ove pertanto all’amministratore di sostegno sia stato conferito un potere rappresentativo generale (v. art. 405 co. V n. 4 c.c.) ne conseguirà la perdita della capacità processuale in capo al beneficiario, con la necessaria applicazione dell'art. 300 c.p.c. e l'interruzione del processo: onde evitare possibili incertezze appare tuttavia opportuno che nel decreto di applicazione della misura vengano specificati i poteri dell’amministratore di sostegno anche in campo processuale[9], rilevandosi che per intraprendere giudizi (salvo quelli di natura cautelare) è sempre necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare (v. art. 374 n. 5 c.c. richiamato dall’art. 411 c.c.) così come per promuovere giudizi divisionali (v. art. 375 c.c.).

L’art. 405 co. V n. 5 c.c. prevede l’ipotesi del conferimento del più limitato potere di assistenza e, in relazione a tale fattispecie, va rammentato che il procedimento di notificazione assumerà carattere complesso in quanto potrà ritenersi perfezionato solo quando l'atto sia portato a conoscenza tanto della parte quanto dell’amministratore di sostegno onde porre quest'ultimo in grado di svolgere la funzione di assistenza[10].

Quanto alla linea di discrimine fra l’istituto in esame e quello dell’interdizione, il Tribunale di Mantova[11] si conforma alle indicazioni da tempo elaborate dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacità di tale strumento di adeguarsi alle sue esigenze, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa, valutazione che deve essere compiuta dal giudice in base a tutte le circostanze del caso concreto, alla luce di un criterio che assicuri la massima tutela all’incapace, col suo minor sacrificio[12], fermo restando che la legge 9 gennaio 2004 n. 6 non ha soppresso l’istituto della interdizione ma lo ha configurato come residuale, ciò che significa che ad esso può farsi ricorso solo ove appaia in concreto inadeguata l’amministrazione di sostegno.

La necessità di disporre la più grave misura dell’interdizione ricorre pertanto ove  risulti particolarmente complessa la gestione del patrimonio del  beneficiario[13] e a tale riguardo una prima ipotesi può ricorrere nel caso in cui egli sia titolare di una impresa[14]: ove peraltro si ritenga comunque adeguata l’amministrazione di sostegno, deve ritenersi applicabile in via analogica la disposizione di cui all’art. 371 u.c. c.c. ed il giudice tutelare, prima di provvedere, dovrà previamente acquisire informazioni sulla situazione economica e finanziaria dell’impresa.

Nel caso in cui il beneficiario sia socio di società, deve rilevarsi che, debitamente autorizzato, potrà essere l’amministratore di sostegno ad esercitare i poteri inerenti a tale qualità e, per le società di persone, sarà possibile anche ricorrere ad una modifica statutaria che stabilisca l’esclusione convenzionale della responsabilità dell’interessato per le obbligazioni sociali in applicazione del disposto di cui all’art. 2267 II co. c.c.[15].

Ove poi il beneficiario sia amministratore di società la situazione si presenta in modo più articolato.

Ricordato che le incapacità previste per gli interdetti e gli inabilitati non sono immediatamente applicabili al beneficiario della misura in esame salva la loro estensione mediante decreto del giudice tutelare ai sensi dell’art. 411 IV co. c.c.,  vengono in considerazione la norma di cui all’art. 2286 c.c. (in tema di società semplice, applicabile in virtù dei richiami contenuti negli artt. 2293 e 2315 c.c. alle società in nome collettivo e a quelle in accomandita semplice) che prevede  l’esclusione del socio interdetto o inabilitato nonché quella di analogo contenuto prevista dall’art. 2382 c.c. per le società per azioni, applicabile in virtù del richiamo contenuto nell’art. 2454 c.c., alle società in accomandita per azioni ed a quelle cooperative per effetto dell’art. 2519 c.c..

Per le società a responsabilità limitata manca sia una norma specifica sia un richiamo alla disciplina stabilita per le società di persone ovvero per quelle per azioni: in proposito deve ritenersi che debba trovare applicazione in via analogica la disposizione di cui all’art. 2382 c.c. ovvero quella di cui all’art. 1722 n. 4 c.c.[16]  secondo cui il mandato si estingue nel caso di interdizione/inabilitazione del mandante o del mandatario.

L’esclusione dalla amministrazione della società potrà pertanto essere disposta sia su richiesta del beneficiario o dell’amministratore di sostegno che d’ufficio.

L’altra sfera di applicazione dell’interdizione riguarda i casi in cui l’interessato sia affetto da infermità di gravità tale da incidere sui fondamentali diritti personalissimi[17]ovvero quando il soggetto sia pericoloso per gli altri ovvero per sé[18]; nella giurisprudenza di legittimità è peraltro ricorrente il richiamo, come criterio cui riferirsi in ordine alla scelta fra l’una e l’altra misura di protezione, anche alla gravità e durata della malattia nonché alla natura e durata dell'impedimento[19].

Considerazioni del tutto analoghe valgono rispetto alla inabilitazione e, in proposito, il Tribunale di Mantova ha disposto l’apertura di amministrazione di sostegno anche in relazione a soggetti affetti da prodigalità o ludopatia: siffatto istituto risulta peraltro da tempo non più applicato apparendo in concreto più adeguato quello di cui all’art. 404 c.c..

Allorquando ci si trova di fronte a fattispecie in cui andrebbe disposta l’interdizione, onde evitare vuoti di tutela, è opportuno non limitarsi a rigettare il ricorso ma provvedere alla nomina un amministratore provvisorio ai sensi dell’art. 405 IV co. c.c. disponendo la trasmissione degli atti al P.M. affinché si attivi ai sensi dell’art. 417 c.c..

Deve poi ritenersi che, presupponendo l'amministrazione di sostegno che il beneficiario si trovi nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi per effetto di una infermità o menomazione fisica o psichica, ai fini della apertura della procedura  sia necessaria l'attualità della condizione di bisogno[20] e non già la mera eventualità che essa si realizzi in un futuro più o meno prossimo così da strutturare il provvedimento come una sorta di nomina condizionata ad un evento incertus an ed incertus quando, volontà peraltro di cui si dovrà successivamente tenere adeguato conto una volta che la misura venga applicata sia per quanto concerne la nomina dell’amministratore di sostegno sia allorquando si tratti di assumere decisioni in ordine alle modalità di cura dell’interessato (v. artt. 408 II co. e 410 I co. c.c.)[21].  

Ovviamente le procedure di interdizione/inabilitazione e amministrazione di sostegno non possono coesistere: si potrà eventualmente fare cessare una misura (su iniziativa del P.M. o di altro legittimato) e disporre l’altra (v. art. 413 u. co. c.c. che in realtà prevede la sola ipotesi della cessazione dell’amministrazione di sostegno e l’avvio della procedura di interdizione/inabilitazione)[22].

 

2. La competenza

La competenza a provvedere in ordine al ricorso presentato ex art. 404 c.c.  spetta in via alternativa al giudice del luogo di residenza o domicilio sicché
per radicare la competenza è sufficiente la prova che in un determinato luogo l'interessato abbia il domicilio o la residenza[23]; qualora il soggetto in difficoltà si trovi costretto in stato di detenzione in un luogo diverso dalla sua residenza o dal suo domicilio, resta competente alla nomina predetta il giudice del luogo dove il detenuto conserva ancora il proprio domicilio o la propria residenza, non avendo egli manifestato la volontà di mutare né l'uno, né l'altra[24].

Il mutamento della residenza o del domicilio del beneficiario giustifica il trasferimento del procedimento presso il giudice tutelare competente in ragione di essi[25].

   

3. La legittimazione attiva e passiva

L’iniziativa concernente la promozione del ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno spetta ai soggetti indicati nell’art. 406 c.c. e, per richiamo, nell’art. 417 c.c.[26] fra cui a) l’interessato (anche se minore, interdetto o inabilitato); b) gli stretti congiunti (coniuge, parenti entro il quarto grado e affini entro il secondo grado: v. art. 417 c.c.), compresa la persona stabilmente convivente; c) i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona: per tali debbono intendersi i dirigenti addetti ai servizi sociali dei comuni (la legittimazione non spetta dunque né agli operatori -ai quali spetta unicamente il potere-dovere di dare notizia a soggetto legittimato né al Sindaco o Assessore[27]) nonché i dirigenti delle strutture sanitarie che hanno in cura i pazienti nell’ambito dei singoli presidi e, a tale ultimo proposito, si ritiene che il potere di promuovere il ricorso spetti anche ai responsabili di strutture assistenziali private e non solo pubbliche dovendosi adottare una interpretazione estensiva del disposto di cui all’art. 406 c.c. III co. avendo il legislatore inteso allargare il novero dei soggetti legittimati a segnalare la situazione di difficoltà onde favorire un più tempestivo intervento a tutela.

Le norme menzionate riconoscono inoltre la legittimazione ad agire in capo d) al pubblico ministero nonché e) al tutore e al curatore.

La procedura non è invece attivabile d’ufficio: nel caso in cui il ricorrente rinunci al ricorso si dispone l’archiviazione, spettando al giudice tutelare se provvedere alla  trasmissione degli atti al P.M. per le opportune iniziative; ove peraltro il ricorso sia stato presentato da soggetto non legittimato, il beneficiario, in sede di audizione, potrebbe richiedere di essere sottoposto ad amministrazione di sostegno e, in tal caso, si ritiene che l’istanza possa essere esaminata e accolta ove ne ricorrano i presupposti.

L’amministratore di sostegno non può considerarsi legittimato a proporre ricorso per interdizione nei confronti del beneficiario stante la tassativa previsione contenuta nell’art. 417 c.c. e pertanto, ove emerga la necessità di disporre tale misura, egli dovrà formulare apposita istanza al pubblico ministero.

Quanto alla legittimazione passiva è assoggettabile alla procedura colui che, per effetto di una menomazione fisica o psichica, si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi (v. art. 404 c.c.).

Va notato che l’art. 404 c.c. menziona anche la menomazione fisica come condizione per fruire della amministrazione di sostegno ed in proposito occorre evidenziare che, in linea di massima, a tale difficoltà si può ovviare per via negoziale ricorrendo ad esempio al mandato[28] soprattutto ove il beneficiario si trovi inserito in un contesto familiare e sociale adeguatamente tutelante[29].

Ove l’interessato sia affetto da menomazione psichica va ricordato che, allo stato della vigente legislazione, gli interventi coattivi nei confronti di soggetti affetti da tale tipo di patologia sono consentiti solo nei limiti di cui agli artt. 33 e 34 della legge 23-12-1978 n. 833[30]: l’amministratore di sostegno potrà dunque concorrere a verificare la bontà del piano terapeutico, convincere l’infermo a ricoverarsi presso una struttura specializzata ma non prestare il consenso al ricovero coatto di infermo psichico e, in particolare, egli potrà richiedere ai sanitari che hanno in cura il paziente quali iniziative siano state adottate per assicurarne la partecipazione ed il consenso alle cure (v. art. 33 co. 5 della legge 23-12-1978 n. 833) mentre durante il trattamento egli potrà senz’altro verificare che siano rispettati i diritti che la legge riconosce al paziente[31].

Merita segnalare che la Convenzione di Oviedo del 4-4-1997 (di cui è stata autorizzata la ratifica con legge 28-3-2001 n. 145)[32] disciplina in modo separato l’ipotesi del soggetto affetto da disturbo mentale rispetto a quella di colui che, per ragioni diverse, non sia in grado di prestare consenso ad interventi terapeutici.

E’ opportuno ribadire che ove il soggetto, per le sue gravi condizioni mentali, non sia in grado di rendersi conto della malattia e sia pericoloso per sé e/o per gli altri sarà applicabile la più grave misura dell’interdizione.

Non va invece disposta l’amministrazione di sostegno nei casi di mero disagio sociale[33].

Per quanto concerne la applicazione della misura a cittadino italiano che viva all’estero, si osserva che, dopo l’intervento operato dalla Corte Costituzionale con sentenza del 18 febbraio 2010 n. 51[34], è opportunamente intervenuto il legislatore a colmare un evidente vuoto di disciplina. Il decreto legislativo 3-2-2011 n. 71 ha infatti regolato agli artt. 29 e 34 sia l’ipotesi dell’avvio del procedimento per interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno di cittadino italiano residente all’estero sia quella del cittadino interdetto, inabilitato o sottoposto alla amministrazione di sostegno che si trasferisca all’estero: la competenza ad applicare la misura di protezione è riservata al tribunale mentre le funzioni di giudice tutelare vengono svolte dal capo dell’ufficio consolare, permanendo la competenza del giudice tutelare in ordine alla protezione degli interessi che il beneficiario ha in Italia ciò che comporta la necessità di un coordinamento fra i due uffici. Non sussistono quindi ostacoli di natura formale in ordine alla possibilità di consentire il trasferimento all’estero del beneficiario, salvo effettuare una attenta valutazione delle ragioni di una tale istanza e verificando se egli possa disporre di adeguata protezione (ad esempio sanitaria).

Merita menzione anche l’art. 74 del predetto decreto legislativo ai sensi del quale in circostanze eccezionali il capo dell'ufficio consolare adotta, su istruzione del Ministero degli Affari Esteri o di iniziativa propria nei casi di emergenza, tutte le misure necessarie per la difesa degli interessi nazionali e per la protezione di quelli dei cittadini, norma che sembra potergli consentire l’adozione delle misure provvisorie contemplate dall’art. 404 IV co. c.c..

Per il soggetto in relazione al quale si prevede il mancato raggiungimento della capacità d’agire al compimento dei 18 anni, può essere proposta la nomina nell’ultimo anno di minore età.

Deve ritenersi poi applicabile la misura in questione allo straniero (maggiorenne) residente o domiciliato in Italia allorquando si tratti di interventi di protezione provvisoria (v. artt. 43 e 44 della legge 31-5-1995 n. 218: si pensi ad uno straniero in gravi condizioni di salute per cui vi sia necessità di praticare, anche se non con urgenza, dei trattamenti sanitari ed egli non abbia la possibilità di prestare il consenso al trattamento sanitario): in tal caso appare opportuno segnalare la situazione dell’amministrato al consolato del paese estero di provenienza.

Per quanto concerne il minore straniero non accompagnato valgono le considerazioni sopra espostein via generale per i minori e per gli stranieri, rammentandosi peraltro che la legge 4-5-1983 n. 184 prevede quali istituti di protezione l’affido amministrativo o consensuale ovvero l’affido giudiziale (v. art. 4 della predetta legge)[35].

 

4. L’udienza di trattazione e l’audizione del beneficiario

Viene sempre fissata l’udienza prima di decidere sul ricorso ma, al fine di garantire una immediata tutela della persona in difficoltà, possono adottarsi, anche d’ufficio, i provvedimenti provvisori previsti dall’art. 405 co. IV c.c. e, quindi, la nomina di amministratore di sostegno provvisorio con attribuzione di immediati poteri concernenti la cura della persona e l’amministrazione e la conservazione del patrimonio, fissandosi quindi l’udienza per la conferma o la revoca della misura. Nello stesso senso può provvedersi nel caso in cui, all’udienza stabilita, per una qualche ragione (ad es. perché intrasportabile o perché si rifiuta di comparire) non sia stato possibile sentire l’interessato.

Si ritiene, in via eccezionale, di poter ovviare all’esame diretto del beneficiario solo quando emerga, in particolare da certificazione medica (da presentarsi quindi al più tardi al momento dell’udienza), che egli non sia in grado di comunicare con i terzi (così nel caso di persona in stato di coma).

Il rifiuto di comparire o di sottoporsi all’esame non impedisce di procedere alla nomina dell’amministratore di sostegno (v. art. 407 III co. c.c.) né è ostativo il mancato consenso dell’interessato[36].

Deve poi ritenersi ammissibile la delega dell’incombente ex art. 203 c.p.c..

Anche per il procedimento in questione vale il principio per cui i parenti e gli affini, che ai sensi degli artt. 712 e 720 bis c.p.c. devono essere indicati nel ricorso introduttivo, non hanno veste di parti in senso tecnico-giuridico, bensì svolgono funzioni consultive, essendo fonti di informazioni per il giudice, derivandone che la mancata notifica del ricorso ad alcuni di essi mentre non determina alcuna nullità del procedimento, qualora a tale omissione si sia ovviato nel corso dell'istruttoria, può costituire motivo di impugnazione soltanto quando la persistente omissione concerna un congiunto verosimilmente in grado di fornire al giudice informazioni tali da far decidere il giudizio diversamente[37].

E’ invece certamente utile, onde snellire gli adempimenti, che gli stretti parenti presentino dichiarazione scritta di adesione alla domanda di ammissione alla procedura di amministrazione di sostegno (con allegata fotocopia di documento di identità).

In ordine alle modalità istruttorie il giudice dispone di ampi poteri officiosi (v. art. 407 III co. c.c.) e può anche ammettere consulenze tecniche: gli oneri relativi verranno posti a carico del soccombente.

In conformità di un orientamento assai diffuso fra i giudici di merito si reputa che non occorra il patrocinio legale per la promozione del ricorso ex art. 404 c.c. in considerazione della natura volontaria del procedimento e del fatto che l’intenzione del legislatore era quella di favorire il più possibile il ricorso all’istituto onde assicurare adeguata tutela alle persone deboli anche se non affette da gravi menomazioni senza gravarle di eccessivi oneri, intenzione che si desume anche dal novero assai ampio di soggetti legittimati a richiedere l’apertura della procedura[38].

   

5. Il contenuto del decreto

Poiché presupposto per l’adozione della misura è l’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, è possibile sia la nomina di un amministratore di sostegno a tempo indeterminato[39] che a tempo determinato (in tal caso la misura può essere prorogata, anche d’ufficio, prima della scadenza: è peraltro opportuno che l’amministratore di sostegno segnali tempestivamente al giudice tutelare di provvedere, con relazione motivata, altrimenti non resta che disporre la chiusura del procedimento, salvo l’avvio di uno nuovo su iniziativa dei soggetti legittimati).

E’ possibile anche la nomina dell’amministratore di sostegno per il compimento di un unico atto: si pensi ad esempio al caso in cui venga richiesta la prestazione da parte del paziente (che non sia in grado di prestarlo) del consenso ad intervento sanitario ovvero a quello del compimento di un atto negoziale[40] che l’interessato non sia in grado consapevolmente di compiere; si potrà poi procedere alla chiusura del procedimento una volta che l’atto in questione venga compiuto e non necessitino ulteriori interventi da parte dell’amministratore di sostegno.

Quanto alla gestione del patrimonio, alla persona designata potranno essere conferiti poteri di rappresentanza o di assistenza e, in tale seconda ipotesi, occorre che gli atti (ad esempio: rogito notarile; costituzione in giudizio) siano adottati con l’assenso[41] dell’amministratore di sostegno[42].

Il conferimento dei poteri di assistenza o rappresentanza va modulato secondo le capacità della persona (l’interessato mantiene infatti la capacità d’agire per gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza: v. art. 409 c.c.): è importante che già nel ricorso o comunque nel corso dell’udienza vengano indicati con precisione i poteri (anche processuali) che debbono essere conferiti all’amministratore di sostegno, rammentandosi peraltro che è sempre consentita una loro integrazione nel corso della procedura (v. art. 407 IV co. c.c.) così come l’estensione di effetti, limitazioni o decadenze previste per gli istituti della interdizione e inabilitazione (v. art. 411 IV co. c.c.).

Nello svolgimento dei suoi compiti l’amministratore di sostegno dovrà in ogni caso tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario mentre, per gli atti di straordinaria amministrazione, anche ai sensi degli artt. 374[43] e/o 375 c.c., è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare[44].

Una cautela che può essere imposta già con il decreto di apertura della procedura riguarda la redazione dell’inventario ai sensi degli artt. 769 e segg. c.p.c.: è senz’altro opportuno disporre tale formalità nel caso di cospicui patrimoni specie mobiliari ovvero allorquando sia in atto una situazione di conflittualità fra i parenti del beneficiario.

Si ritiene pacificamente che oggetto della amministrazione di sostegno possa essere non solo il compimento di attività negoziali o materiali ma anche la cura della persona: se pure manca nell’art. 411 c.c. uno specifico richiamo all’art. 357 c.c. dettato in tema di tutela del minore,non si dubita che all’amministratore di sostegno possa essere conferito il potere di occuparsi anche della cura del beneficiario, tanto potendosi desumere dal tenore dell’art. 404 c.c., dall’art. 405 IV co. c.c. nonché dall’art. 408 I co. c.c.[45].

In ordine alla cura si distingue fra un profilo generico concernente l’obbligo di ascoltare i bisogni del beneficiario e tenere conto delle sue aspirazioni (v. artt. 407 e 410 c.c.)[46] ed uno invece più specifico concernente a) le scelte residenziali[47]; b) la stipula di contratti con personale specializzato per l’assistenza ovvero per la esecuzione di  terapie; c) l’inserimento in strutture assistenziali e sanitarie[48]; d) l’attivazione dell’intervento dei servizi sociali; e) la prestazione del consenso informato ad atti terapeutici[49].

Per quanto concerne tale ultimo profilo va rammentato che, salve le ipotesi di trattamenti sanitari imposti per legge, costituisce principio  dell’ordinamento quello per cui la sottoposizione all’atto medico richiede un consenso libero e informato[50] ciò che implica la capacità di comprendere le conseguenze derivanti dalla sottoposizione ad atti di cura: di qui il problema della prestazione del consenso da parte di soggetti latu sensu incapaci e quindi anche della persona sottoposta ad amministrazione di sostegno.

Anche in tale ambito deve ritenersi valere la distinzione fra atti (di cura) ordinaria e di natura straordinaria (la distinzione non è sicuramente agevole: nel novero di questi ultimi possono farsi rientrare l’ipotesi del rifiuto da parte del beneficiario di sottoporsi a cure anche ove ciò possa comportare la perdita della vita; la sottoposizione a intervento che comporti gravi rischi per la salute) laddove per questi ultimi occorrerà acquisire l’autorizzazione giudiziale.

Va osservato infatti che all’amministratore di sostegno (come al tutore) non è consentito di sovrapporsi alla volontà del beneficiario salvo che un eventuale rifiuto alle cure si  fondi su di una non cosciente valutazione critica della situazione e delle conseguenze per porvi rimedio (v. art. 410 I co. c.c.): l’amministratore di sostegno deve quindi decidere nell'esclusivo interesse del beneficiario non al posto suo ma con lui, ricostruendo la sua presunta volontà[51].

Deve invece escludersi un intervento del giudice tutelare diretto ad autorizzare un determinato trattamento sanitario: si dovrà quindi necessariamente passare attraverso la nomina di un amministratore di sostegno ovvero di un tutore (anche provvisori) che provvederanno ad accordare o a negare il consenso ed il Tribunale di Mantova ha ripetutamente dichiarato il non luogo a provvedere su istanze di tale natura inoltrate dai sanitari.

Con riguardo poi a taluni atti (quelli c.d. personalissimi) si è posto il dubbio se possano essere compiuti dall'amministratore di sostegno in rappresentanza del beneficiario e, correlativamente, se l'amministratore di sostegno possa assumere la veste di rappresentante processuale nei relativi giudizi.

Orbene si trova ripetutamente affermato nella giurisprudenza di merito che  l'amministratore di sostegno può essere autorizzato a promuovere il ricorso per separazione personale o per cessazione degli effetti civili del matrimonio in nome e per conto del beneficiario e ciò in applicazione analogica delle disposizioni previste dall'art. 4 l. 1 dicembre 1970, n. 898 in tema di divorzio estensibile al giudizio di separazione per effetto dell’art. 23 della legge 6-3-1987 n. 74.

Deve poi reputarsi ammissibile, ove difetti in concreto la capacità del beneficiario e previa autorizzazione del giudice tutelare, che l’amministratore di sostegno eserciti le azioni di disconoscimento di paternità, di dichiarazione giudiziale di genitorialità nonché le altre azioni concernenti la filiazione.

Appare inoltre condivisibile l’opinione secondo cui l’amministratore di sostegno può essere autorizzato ad esprimere consenso alla pratica abortiva per conto della beneficiaria se la stessa non sia consapevole del proprio stato laddove sussistano i presupposti di cui agli artt. 4 o 6 della legge 22-5-194 n. 1978 e ciò in applicazione analogica dell’art. 13 (previsto per l’interdizione) della predetta legge.

Quanto alla incidenza della apertura della procedura di amministrazione di sostegno sull’esercizio della responsabilità genitoriale da parte del soggetto beneficiario, rammentato che il decreto del giudice tutelare non può invadere le competenze del tribunale minorile previste dagli artt. 330 e 333 c.c. e tenuto conto della formulazione dell’art. 409 c.c. che prevede, in generale, la conservazione della capacità del beneficiario, va osservato che potranno senz’altro essere emanate disposizioni che esonerano in tutto o in parte il beneficiario dalla rappresentanza e dalla gestione patrimoniale dei beni dei figli minori tramite l'esclusione dei poteri di cui agli artt. 320 e segg. c.c..

In ordine ai profili personali dell'esercizio dell'ufficio, deve ritenersi possibile fare riferimento alla disciplina di cui all'art. 317 c.c. con conseguente concentrazione dell’esercizio della responsabilità in capo all'altro genitore che è quindi legittimato ad adottare le decisioni per i figli minori, non potendosi tuttavia sottacere che siffatta soluzione presenta in concreto evidenti difficoltà applicative (soprattutto in relazione ai rapporti con i terzi i quali non sono in grado di venire a conoscenza del verificarsi della situazione che giustifica l’operatività della norma in esame, ciò che assume particolare rilievo in materia ad esempio di autorizzazione al rilascio di documenti per l’espatrio nonché di rapporti con i sanitari e le istituzioni scolastiche): il percorso più sicuro consiste quindi nel proporre ricorso al giudice ordinario affinché vengano disciplinate le modalità di affidamento della prole che tengano conto della situazione personale e delle difficoltà in cui si trova il  beneficiario, salva restando la possibilità di richiedere al giudice minorile misure ablative o limitatrici della responsabilità genitoriale nei casi di maggiore gravità.

L’amministratore di sostegno può inoltre essere autorizzato ad esprimere consenso alla cremazione del cadavere del beneficiario purché ciò risulti essere conforme alla volontà di quest’ultimo e benché l’art. 79 del d.p.r. 10-9-1990 n. 285 faccia riferimento unicamente alla volontà dei parenti (oltre che a quella espressa dall’interessato): non si vede infatti perché siffatta opzione non possa essere manifestata da chi abbia la legale rappresentanza del beneficiario.

 

6. La designazione dell’amministratore di sostegno e il conflitto di interessi

Quanto alla nomina all’incarico di amministratore di sostegno[52] vengono preferiti la persona designata dal beneficiario o i parenti (che è opportuno siano sentiti dal giudice tutelare al momento dell’udienza onde poter verificare la loro idoneità ad assumere l’incarico e l’assenza di controindicazioni) e si tiene conto delle segnalazioni fornite dalla A.S.L. in relazione ai soggetti che hanno frequentato gli appositi corsi[53]; in via residuale è possibile avvalersi di professionisti nonché, solo in via del tutto eccezionale, di figure istituzionali (sindaco, assessore comunale) e ciò anche al fine di prevenire l’insorgere di situazioni di possibili conflitti di interessi (talvolta il beneficiario è ricoverato in strutture assistenziali con il sostegno economico totale o parziale da parte del comune e, nel corso del tempo, emerge la circostanza che l’interessato sia titolare di un patrimonio che deve essere liquidato proprio per fare fronte alle spese del suo mantenimento).       

Ai rappresentanti di persone giuridiche pubbliche o private la legge riconosce la facoltà di delegare le funzioni di amministratore di sostegno con atto da depositare in cancelleria (v. art. 408 u. co. c.c.): in tali ipotesi il giuramento deve essere prestato dal delegato.

Va osservato che l'elenco delle persone indicate dall'art. 408 c.c. come quelle sulle quali dovrebbe, ove possibile, ricadere la scelta del giudice, non contiene alcun criterio preferenziale in ordine di elencazione perché ciò contrasterebbe con l'ampio margine di discrezionalità nella scelta riconosciuta dalla legge al giudice di merito finalizzata esclusivamente agli interessi del beneficiario[54], discrezionalità tuttavia limitata qualora il diretto interessato abbia in precedenza designato persona di sua fiducia mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata ai sensi dell’art. 408 c.c. posto che il giudice può discostarsi da siffatta indicazione solo in presenza di gravi motivi.

L’esistenza di un clima di contrasto fra i parenti del beneficiario giustifica la nomina quale amministratore di sostegno di un terzo estraneo[55].

In considerazione dello specifico richiamo contenuto nell'art. 411 I co. c.c. all'art. 378 c.c., non devono sussistere conflitti di interesse tra amministratore di sostegno e beneficiario ciò che può verificarsi quando tali soggetti siano titolari di diritti in comproprietà o detengano partecipazioni in società (specie se di persone) da liquidare ovvero allorché fra loro esistano rapporti di debito/credito. Ilconflitto può sussistere sia quando gli interessi sono contrapposti[56] sia quando gli stessi sono analoghi ma vi sia divergenza in relazione al momento in cui compiere l’atto come quando uno dei comproprietari abbia urgenza di vendere e sia disposto a trattare a un prezzo inferiore rispetto a quello ritenuto congruo e l'altro intenda invece opportuno aspettare una più propizia condizione di mercato.

Verificata l’esistenza del conflitto al beneficiario va nominato un curatore speciale che dovrà poi intervenire a porre in essere l’atto di cui si tratta; l’interesse deve essere valutato in senso ampio e in ogni caso occorre tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario (v. art. 410 c.c.).

In proposito occorre precisare che non si configura un conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato quando il compimento dell'atto, pur avendovi i due soggetti un interesse proprio e distinto, realizza un vantaggio comune di entrambi senza danno reciproco[57]: è necessario pertanto verificare se il conflitto sussista in concreto (e non in astratto) tenendo conto di tutti gli elementi della fattispecie[58].

Quanto all’espletamento dell’incarico deve evidenziarsi che l’art. 411 c. c. richiama per l’amministratore di sostegno l’art. 349 c.c. ai sensi del quale il tutore, prima di assumere l’ufficio, deve prestare il giuramento: prima di tale momento, per eventuali provvedimenti urgenti, provvede il giudice tutelare ex art. 405 IV co. c.c. (la norma è analoga a quella di cui all’art. 361 c.c. in tema di tutela) che potrà eventualmente farsi coadiuvare dalla persona nominata che non ha ancora giurato.

L’amministratore di sostegno deve depositare la relazione riguardante l’attività svolta e le condizioni di  vita personale e sociale del beneficiario secondo la periodicità (di regola ogni anno decorrente dalla data di prestazione del giuramento) stabilita dal giudice tutelare (v. art. 405 V co. n. 6 c.c.).

La mancata approvazione del rendiconto va segnalata alla Procura della Repubblica per le opportune iniziative compreso l’avvio del procedimento di revoca dell’amministratore di sostegno (v. art. 412 c.c.) che non può essere avviata d’ufficio.

La relazione va corredata dei documenti di spesa più significativi ed è opportuno che venga allegata copia dell’estratto del conto bancario o postale di pertinenza del beneficiario; l’atto in questione va predisposto anche quando l’amministratore di sostegno cessi per qualunque ragione dall’ufficio.

E’ stato posto il problema se l’amministratore di sostegno possa sostenere le spese funerarie inserendo quindi la relativa posta nel rendiconto periodico: a tale quesito si ritiene di dare risposta positiva in considerazione del fatto che dall’ordinamento si trae il principio per cui sussiste l’obbligo di continuare la gestione intrapresa finché l’erede dell’interessato non possa utilmente intervenire, tanto desumendosi sia dall’art. 2028 c.c. sia dall’art. 1728 I co. c.c..

Manca una specifica norma che stabilisca i criteri con cui debba essere amministrato il patrimonio del beneficiario: l’art. 411 c.c. non richiama infatti le disposizioni di cui agli artt. 372 e 373 c.c. ma non sembrano esservi ragioni ostative alla loro applicazione. In linea di massima si dovranno peraltro preferire, magari con adeguata gradualità ove siano già in essere investimenti di natura speculativa, operazioni che garantiscano la conservazione del capitale mentre è opportuno che, nel decreto di apertura della procedura o successivamente, si preveda la possibilità per l’amministratore di sostegno di  rinnovare i titoli in scadenza. Quanto a eventuali vendite è senz’altro possibile fare riferimento alla disciplina di cui all’art. 376 c.c. apparendo in generale consigliabile, ove si tratti di alienare immobili, fare precedere la cessione oltre che dalla stima di un tecnico anche da adeguate forme di pubblicità; potrà rivelarsi utile anche ricorrere alla figura della invitatio ad offerendum onde sondare le concrete condizioni di mercato.

Deve inoltre ritenersi consentito, su autorizzazione del giudice tutelare, l’investimento del capitale del beneficiario nell’acquisto di beni immobili previa attenta verifica in ordine alla convenienza dell’operazione (v. art. 372 n. 2 c.c.).

Maggiormente problematica si presenta l’ipotesi in cui venga richiesto l’acquisto di un’automobile, spesso prospettato come conveniente in ragione delle agevolazioni fiscali previste in favore di soggetti affetti da disabilità: occorrerà accertare se e in quale misura l’acquisto sia effettivamente destinato a venire incontro a necessità di spostamento del beneficiario (nel qual caso l’operazione potrà essere consentita) e non invece a esigenze dell’amministratore di sostegno o di altri soggetti della cerchia familiare; non può nemmeno escludersi un parziale concorso economico da parte del beneficiario nell’acquisto del veicolo ove l’operazione venga incontro anche a suoi specifici interessi.

In ordine al compenso va notato che, per effetto del richiamo all’art. 379 c.c. contenuto nell’art. 411 I co. c.c., l’ufficio di amministratore di sostegno è gratuito e che, tuttavia, può essere riconosciuta una equa indennità che tenga conto dell’attività svolta, della durata dell’incarico e della consistenza del patrimonio dell’amministrato[59].

In proposito deve farsi notare che l’Agenzia delle Entrate con risoluzione 9 gennaio 2012 n. 2 ha chiarito che ove l’incarico di amministratore di sostegno venga conferito ad un avvocato il riconoscimento dell’indennità “anche se determinata in via equitativa e su base forfetaria, rappresenti comunque, sotto il profilo dell’applicazione della normativa tributaria un compenso per lo svolgimento di una attività professionale, inquadrabile quale reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 53 del testo unico delle imposte sui redditi e rilevante ai fini IVA ai sensi degli articoli 3 e 5 del DPR 26 ottobre 1972 n. 633”[60].

 

7. La pubblicità del decreto

Il decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno è, per legge, immediatamente esecutivo ed è reclamabile avanti alla corte d’appello ex art. 720 bis c.p.c.  avverso la cui decisione è prevista la possibilità del ricorso per cassazione.

Nei decreti emessi dal Tribunale di Mantova viene sempre disposto che l’amministratore di sostegno, nei rapporti con i terzi, dovendo spendere i poteri di rappresentanza o assistenza conferiti con il decreto odierno, comunichi esclusivamente la parte dispositiva del provvedimento e non invece quella motiva in quanto non rilevante per i terzi e contenente dati sensibili o comunque personali riservati.

Il decreto di apertura e di chiusura della procedura va annotato nell’apposito registro di cancelleria (formalità questa prevista anche per le eventuali successive modifiche) e comunicato all’ufficiale dello stato civile per l’annotazione a margine dell’atto di nascita.

Va peraltro sottolineato che mentre il registro dello stato civile è pubblico (v. art. 450 c.c.) non è tale il registro di cancelleria (v. art. 47 disp. att. c.c.) e che solo dall’esame di quest’ultimo è possibile prendere conoscenza dei limiti imposti alla capacità del beneficiario: osservato che tali forme pubblicitarie appaiono inadeguate a tutelare i terzi, deve ritenersi che tale registro sia consultabile ove ricorra un giustificato interesse (si pensi al notaio che debba rogare un atto di cui sia parte una persona assoggettata alla misura in esame)[61].

Merita infine evidenziare che la Corte d’Appello di Roma, con decisione del 4-2-1999, ha statuito che il decreto del giudice tutelare che, nell'aprire la procedura di amministrazione di sostegno, impedisca all'incapace assistito di compiere atti dispositivi di un bene immobile, è trascrivibile presso la conservatoria dei registri immobiliari.



[1] Il presente scritto costituisce la rielaborazione dell’intervento svolto al convegno “L’amministratore di sostegno compie dieci anni. L’applicazione della legge 6/2004 nel territorio mantovano: prospettive e sviluppi” tenutosi a Mantova il 14 marzo 2014.

[2] Per una aggiornata  raccolta di giurisprudenza si consulti Amministrazione di Sostegno – Rassegna di Giurisprudenza di Legittimità e Merito 2009-2014 a cura di Giuseppe Buffone in www.ilcaso.it.

[3] Non può peraltro ritenersi esclusa una loro estensione in via analogica.

[4] Per l’affermazione secondo cui la persona beneficiaria non è considerata dal legislatore incapace di intendere e di volere vedasi Cass. pen. 23-9-2013 n. 39217.

[5] La non automatica applicabilità delle disposizioni concernenti gli incapaci (e cioè minori, interdetti e inabilitati) ha notevoli risvolti pratici: così ad esempio, nel caso in cui beneficiario divenga erede, non è necessario accettare con beneficio di inventario come invece stabilito per i primi dagli artt. 471 c.c. e 472 c.c. e occorrerà quindi valutare caso per caso l’opportunità di ricorrere a tale forma di accettazione; non è poi automaticamente estensibile al beneficiario della misura in esame la norma di cui all’art. 85 c.c. in tema di capacità a contrarre matrimonio. 

[6] V. Cass. 9-3-2012 n. 3712.

[7] La regola opposta è invece prevista per l’interdetto e l’inabilitato (v. art. 427 c. c.).

[8] In tal senso vedasi Cass. 9-3-2012 n. 3712.

[9] L'art. 182, co. 2 c.p.c. dispone che il giudice ove rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione  debba assegnare un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa per la regolarizzazione della costituzione in giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto e ciò con effetti ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali (cfr. in relazione ad una ipotesi di inabilitazione Cass. S.U. 19-4-2010 n. 9217).

[10] Si vedano  in proposito, con riguardo al curatore dell’inabilitato, Cass. 25-3-2011 n. 6985; Cass. 30 gennaio 1980 n. 701.

[11] In considerazione del numero di procedimenti instaurati e che aumentano in modo esponenziale anche perché tendenzialmente destinati a durare per tutta la vita del beneficiario, presso il Tribunale di Mantova gli affari in questione vengono affidati non solo ai magistrati togati ma anche a quelli onorari incardinati presso la prima sezione come consentito dall’art. 61 della circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari elaborata dal C.S.M..

[12] Cfr. Cass. 12-6-2006 n. 13584; Cass. 22-4-2009 n. 9628; Cass. 22-4-2009 n. 9628; Cass. 1-3-2010 n. 4866; si veda anche Corte Cost. 18-2-2010 n. 51.

[13] In tal senso vedasi  Cass. 26-7-2013 n. 18171.

[14] Con riguardo al beneficiario va segnalata la questione della sua soggezione a fallimento nel caso di insolvenza dell’impresa di cui sia titolare: in proposito va osservato che, secondo una diffusa opinione, l’incapace assume la qualifica di imprenditore solo se autorizzato alla continuazione dell’impresa da parte del Giudice Tutelare  (v. artt. 320,  371 e 424 c.c.; cfr. Cass. 15-5-1984 n. 2936; Cass. 9-2-1965 n. 210): ne consegue che deve trattarsi di impresa di cui il beneficiario sia già titolare ovvero che gli sia pervenuta per successione ereditaria mentre, stante l’esigenza di garantire una attenta gestione del suo patrimonio, non sembra che possa essere autorizzata l’esercizio ex novo di un’impresa. Si pone peraltro il problema di una insolvenza venuta in essere prima che il soggetto venga sottoposto alla misura dell’amministrazione di sostegno (ciò ovviamente nel presupposto che egli venga estromesso dalla gestione): in proposito la soluzione preferibile sembra quella della ammissibilità della dichiarazione di fallimento alle condizioni  stabilite dall’art. 10 l.f. posto che le obbligazioni da cui l’insolvenza deriva erano sorte in un momento in cui l’interessato poteva legittimamente contrarle e che egli rivestiva la qualifica di imprenditore commerciale.

[15] L’art. 2294 c.c. prevede che l’incapace possa partecipare alle società di persone purché debitamente autorizzato.

[16] Non è condivisibile il contrario orientamento espresso da Cass. 8-8-2013 n. 18904 (che ammette la possibilità che le cause di ineleggibilità e decadenza possano trovare disciplina solo per espressa previsione statutaria) atteso che dall’intero sistema normativo si ricava il principio per cui il soggetto interdetto non può gestire una società né sembra sussistere plausibile ragione per cui tale regola debba trovare eccezione nel solo caso di società a responsabilità limitata.

[17] In tal senso vedasi Trib. Mantova 15-10-2013 in ilcaso.it; va notato che il collegio (v. sent. Trib. Mantova 9 luglio 2013 inedita) in un altro caso in cui pure il beneficiario non era in grado di attendere ai propri interessi ha  rigettato la domanda di interdizione posto che il beneficiario risultava adeguatamente “protetto” dalla misura dell’amministrazione di sostegno già in essere e da quelle assistenziali attivate anche tenuto conto della buona collaborazione manifestata dallo stesso: di qui l’importanza di accertare le condizioni personali del beneficiario onde verificare la disponibilità a sottoporsi a cure nonché l’esistenza di strutture assistenziali in grado di offrire adeguati interventi di supporto.

[18] Si veda a tale riguardo Trib. Milano 27-8-2013 in www.ilcaso.it. in relazione a soggetto che aveva manifestato tendenze suicidarie.

[19] Si vedano in proposito Cass. 25-10-2012 n. 18320; Cass. 26-10-2011 n. 22332; Cass. 1-3-2010 n. 4866; Cass. 22-4-2009 n. 9628; Cass. 12-6-2006 n. 13584.

[20] In tal senso vedasi Cass. 20-12-2012 n. 23707 e, quanto alla giurisprudenza di merito, Trib. Roma 3 aprile 2009 nonché Trib. Firenze 8 aprile 2008. In senso contrario si segnala Tribunale Modena, 13-5-2008 in Foro it. 2008, 9, 2692.

[21] Cfr. Cass. 20-12-2012 n. 23707.

[22] Il Tribunale di Mantova con sentenza del 15.4.2010 (inedita) si è peraltro espresso anche nel senso del rigetto della domanda di interdizione e per la trasmissione degli atti al giudice tutelare per l’applicazione dell’amministrazione di sostegno, previa eventualmente nomina di un tutore provvisorio.   

[23] Cfr. Cass. ord. 3-5-2013 n. 10374; Cass. ord. 14-1-2008 n. 588.

[24] Cfr. Cass. ord. 14-1-2008 n. 588.

[25] Cfr. Cass. 17-4-2013 n. 9389.

[26] Deve ritenersi che i terzi legittimati a proporre ricorso possano ottenere il rimborso delle spese sostenute per attivare il procedimento in favore del beneficiario in applicazione del principio desumibile dall’art. 2031 c.c..

[27] V. Trib. Mantova, decr. 20-1-2011 inedito.

[28] V. in tal senso Cass. 2-10-2012 n. 16770.

[29] In caso di incapacità va comunque adottata la misura di protezione ritenuta in concreto più idonea, essendo la discrezionalità del giudice limitata unicamente alla scelta del tipo (v. Cass. ord. 18-6-2014 n. 13929).

[30] L’art. 1 della legge 23-12-1978 n. 833 stabilisce infatti che a.s.o. e t.s.o. sono volontari.

[31] Non appare possibile ricorrere alle misure previste dall’art. 344 c.c. nel caso di allontanamento del beneficiario dalla struttura che lo ha in ricovero posto che si tratta di norma non richiamata dall’art. 411 c.c.: potranno pertanto trovare applicazione le misure coercitive di cui alla legge 833/1978 ove ne ricorrano i presupposti.

[32] Secondo Cass. 16-10-2007 n. 21748 all'accordo valido sul piano internazionale, ma non ancora eseguito all'interno dello Stato (come nel caso della convenzione di Oviedo), può assegnarsi una funzione ausiliaria sul piano ermeneutico: esso dovrà cedere di fronte a norme interne contrarie, ma può e deve essere utilizzato nell'interpretazione di norme interne al fine di dare a queste una lettura il più possibile ad esso conforme.

[33] V. Trib. Mantova decr. 18-3-2010 in il caso.it.

[34] La Corte Costituzionale con la predetta decisione aveva stabilito che il console, nonostante la mancanza di una espressa previsione normativa,  potesse esercitare i poteri previsti in capo al giudice tutelare nei confronti di soggetto sottoposto alla misura della amministrazione di sostegno.

[35] Va sempre segnalata al giudice tutelare la presenza di minore non accompagnato per la nomina di un tutore ex art. 343 c.c.; se poi il minore si trova in stato di abbandono va fatta la segnalazione al tribunale per i minorenni ai sensi dell’art. 37 bis della legge 4-5-1984 n. 184 per gli eventuali provvedimenti in materia di affidamento o adozione.

[36] Per l’applicazione della misura non è richiesto il consenso del beneficiario ovvero che abbia indicato i bisogni concreti da soddisfare (v. Cass. 1-3-2010 n. 4866); il giudice tutelare può tuttavia decidere di non procedere alla nomina dell’amministratore di sostegno nel caso in cui ritenga che il dissenso della persona in precarie condizioni di salute sia giustificato e prevalente rispetto alla tutela dei suoi interessi (v. Corte Cost. 19-1-2007 n. 4).

[37] Cfr. Cass. 5-6-2013 n. 14190; per il giudizio di interdizione/inabilitazione v. Cass. 22-4-2009 n. 9628; Cass. 1-12-2000 n. 15346; Cass. 15-5-1989 n. 2218; Cass. 18-2-1982 n. 1023.

[38] Nel senso invece che occorra il patrocinio legale ove il procedimento assuma carattere contenzioso v. Cass. 20-3-2013 n. 6861; Cass. 7-12-2011 n. 26365; Cass. 29-11-2006 n. 25366.

[39] Secondo Cass. 25-10-2012 n. 18320 l’amministrazione di sostegno disposta a tempo indeterminato non contrasta con la Convenzione di New York del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità ratificata dall'Italia con legge 3-3-2009 n. 18.

[40] Si pensi alla necessità di provvedere alla apertura di libretto bancario su cui far confluire gli emolumenti di spettanza del beneficiario resasi necessaria per effetto delle disposizioni contenute nel decreto legge 6-12-2011 n. 201 convertito con legge 22-12-2011 n. 214 che prevede, all'art. 12 l’adeguamento delle limitazioni all'uso del contante (di cui all'art. 49, commi 1, 5, 8, 12 e 13, del decreto legislativo 21-11- 2007 n. 231) all’importo di euro mille.

[41] V. Cass. 10-3-2009 n. 5775 in tema di inabilitazione. Per la affermazione secondo cui in tema di capacità processuale dell'inabilitato, l'assistenza del curatore è necessaria anche quando l'attività processuale della parte assuma i caratteri dell'atto di ordinaria amministrazione perché l'art. 394, co. 2 c.c., richiamato dall'art. 424 c.c., stabilisce che l'inabilitato può stare in giudizio con l'assistenza del curatore, senza distinguere a seconda dell'attività che egli intenda svolgere v. Cass. S.U. 19-4-2010 n. 9217; Cass. 22-9-2010, n. 20052.

[42] L’eventuale conflitto fra amministratore di sostegno e beneficiario è regolato dall’art. 410 II co. c.c. con l’intervento del giudice tutelare.

[43] Deve ritenersi che la querela costituisca atto di straordinaria amministrazione per le implicazioni anche di natura patrimoniale che tale atto comporta (v. Cass. pen. 26-4-2012 n. 16150). Secondo Cass. pen. 30-4-2014 n. 18266 la costituzione di parte civile non costituisce atto eccedente l’ordinaria amministrazione.

[44] L’art. 44 disp. att. c.c. prevede inoltre che il giudice tutelare possa sempre chiedere notizie sulla procedura nonché dare istruzioni con riguardo agli interessi morali e patrimoniali del beneficiario.

[45] Come già evidenziato ai sensi dell’art. 44 disp. att. c.c. il giudice tutelare può impartire all’amministratore di sostegno istruzioni inerenti gli interessi morali e patrimoniali del beneficiario.

[46] Al giudice tutelare spetta, inoltre, valutare se l’amministratore di sostegno nominato si sia mosso nel rispetto delle aspirazioni del beneficiario ed abbia adottato scelte conformi al suo interesse, non potendosi lasciare il disabile in totale balìa del proprio amministratore per quanto concerne le scelte più importanti come l’individuazione del luogo di residenza o di cura.

[47] Va notato che, in difetto di specifico richiamo, non si ritiene applicabile l'art. 343 II co. c.c. che consente il trasferimento della tutela del minore nel circondario dove il tutore ha il proprio domicilio (cfr. Cass. 16-11-2007 n. 23743); ove il beneficiario trasferisca la residenza al di fuori del circondario del tribunale occorrerà peraltro valutare se ciò non pregiudichi l’esigenza di interloquire con lui (v. in tal senso Cass. 7-5-2012 n. 6880). 

[48] Il consenso al ricovero del paziente in strutture di assistenza può essere prestato da un familiare essendo prevista la figura del contratto a favore di terzo (v. art. 1411 c.c.) e purché non vi sia opposizione da parte del beneficiario.

[49] Ciò vale per gli atti di natura routinaria mentre eventuali interventi complessi sembrano potersi fare rientrare nell’ambito di quelli di straordinaria amministrazione che esigono una specifica autorizzazione ex artt. 411, 374 e 375 c.c..

[50] Il principio si desume dagli artt. 2, 13, 32 Cost., dall’art. 5 della convenzione di Oviedo del 4-4-1997, dall’art. 3 della Convenzione di Nizza del 7-12-2000, dall’art. 33 della legge 833/1978 ed è ribadito dall’art. 35 del codice di deontologia medica del 2006; per la giurisprudenza  cfr. Cass. 11-12-2013 n. 27751; Cass. 28-7-2011 n. 16543; Cass. 9-2-2010 n. 2847; Cass. 16-10-2007 n. 21748; Cass. 14-3-2006 n. 5444.

[51] Cfr. Cass. 16-10-2007 n. 21748.

[52] E’ inammissibile il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti emessi dalla corte d’appello in sede di reclamo in tema di rimozione e sostituzione dell’amministratore di sostegno attesa la loro natura meramente ordinatoria (in tal senso vedasi Cass. ord. 25-10-2012 n. 18320; Cass. ord. 23-6-2011 n. 13747; Cass. ord. 10-5-2011 n. 10187).

[53] In proposito va evidenziato che, sin dal 2011, è intervenuto un protocollo di intesa fra la locale ASL e il Tribunale di Mantova concernente anche la tenuta dell’elenco provinciale degli amministratori di sostegno.

[54] In tal senso vedasi Cass. 26-9-2011 n. 19596.

[55] V. in proposito Cass. 4-2-2014 n. 2364.

[56] Per effetto del richiamo contenuto nell’art. 411 c.c. all’art. 378 c.c. l’amministratore di sostegno non può rendersi acquirente di beni del beneficiario.

[57] Per l’affermazione di tale principio in relazione all’art. 320 c.c. si vedano Cass. 28-2-1992 n. 2489; Cass. 12-4-1988 n. 2869; Cass. 17-5-1985 n. 3020; con riferimento all’art. 1394 c.c. cfr. Cass. 15-10-2012 n. 17640; Cass. 17-10-2008 n. 25361; Cass. 30-5-2008 n. 14481; Cass. 8-11-2007 n. 23300; in tema di condominio v. Cass. 16-5-2011 n. 10754; Cass. 18-5-2001 n. 6853; Cass. 5-12-2001 n. 15360).

[58] In tal senso v. Trib. Mantova ord. 28-11-2013 inedita: nel caso di specie si trattava di autorizzare la vendita di un immobile del beneficiario di cui l’amministratore di sostegno era comproprietario per la quota di un dodicesimo.

[59] In considerazione della particolarità dell’incarico non sembra corretto applicare, quando l’incarico di amministratore di sostegno sia stato affidato ad un avvocato, i criteri stabiliti dal d.m. 10-3-2014 n. 55 in tema di prestazioni stragiudiziali.

[60] Secondo Corte Cost. ord. 6-12-1988 n. 1073 l’equa indennità prevista dall'art. 379 II co. c.c. non ha natura retributiva e serve a compensare gli oneri e le spese non facilmente documentabili da cui è gravato il tutore a cagione dell'attività di amministrazione del patrimonio del pupillo.

[61] Si noti che, ai sensi dell’art. 2645 ter c.c., gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione.


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