Esecuzione Forzata


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25376 - pubb. 01/06/2021

Espropriazione presso terzi nei confronti degli enti locali territoriali: a chi compete l'onere di allegare i presupposti di inefficacia del vincolo di impignorabilità?

Cassazione civile, sez. III, 19 Maggio 2021, n. 13676. Pres. Roberta Vivaldi. Est. De Stefano.


Esecuzione forzata - Presso terzi - Enti locali territoriali - Onere del creditore allegare i presupposti di inefficacia del vincolo di impignorabilità



Nell’espropriazione presso terzi nei confronti degli enti locali territoriali è onere del creditore allegare i presupposti di inefficacia del vincolo di impignorabilità impresso ai crediti eventualmente accertati come effettivamente sussistenti verso il tesoriere; pertanto, spetta al giudice dell’esecuzione verificare se le somme così accertate corrispondano o meno a quelle sulle quali è stato impresso il vincolo di indisponibilità ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 159 e non incombe in prima battuta all’ente locale debitore esecutato l’onere di provare di non avere emesso mandati in violazione dell’ordine ivi previsto, ma al creditore procedente allegare fatti specifici a confutazione di tanto, solo allora attivandosi, per il principio di prossimità della prova, l’onere del debitore di provare che, ciononostante, quell’ordine ed ogni altro presupposto di efficacia del vincolo siano sussistenti. (massima ufficiale)


 


Fatti

1. Il presente giudizio ha ad oggetto l’opposizione ad esecuzione dispiegata dal Comune di Lago contro un’espropriazione presso terzi intentata ai danni suoi e del suo tesoriere Banca Carime (poi Ubi Banca spa) da un creditore, la S.C. & C. srl, in forza di ordinanza di assegnazione conseguita all’esito di un precedente espropriazione intentata da quest’ultima nei confronti della propria originaria debitrice Appennino Silano spa e del Comune di Lago, il quale aveva in quella sede, quale terzo pignorato, reso dichiarazione positiva; con la peculiarità che in tale successiva espropriazione presso terzi il giudice dell’esecuzione aveva disposto farsi luogo separatamente alla presente fase di merito sull’opposizione del Comune ed al giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo tesoriere verso il debitore principale, cui erano seguite due distinte controversie, decise con diverse sentenze in primo e secondo grado ed oggetto ora, rispettivamente, del presente ricorso (iscritto al n. 9338/17 rg) e di altro, pure chiamato per l’odierna udienza (iscritto al n. 15265/17 rg).

2. In particolare, l’azionata ordinanza di assegnazione era stata resa dal Tribunale di Paola (in processo esecutivo n. 572/08 r.g.e. e col n. 1255/08 cron., all’esito dell’ud. 23/07/2008) in favore della S. & C. srl e nei confronti di Appennino Paolano spa (debitore diretto) e del detto Comune (terzo); e si era basata su dichiarazione positiva di quantità del Comune in data 29/05/2008 (secondo le premesse indicate nel precetto), cui erano seguiti precetto per Euro 135.689,58 - notificato dal 03/02/2009 - e pignoramento presso terzi con atto notificato a mezzo posta dal 07/04/2009 (iscritto al n. 424/09 r.g.e. Tribunale di Paola) anche al tesoriere del Comune, UBI Banca, già Banca Carime, per il totale importo di Euro 250.000.

3. Il Comune aveva proposto opposizione avverso tale pignoramento presso terzi con ricorso datato 23/04/2009: in via principale, con deduzione di insussistenza del credito oggetto della prima dichiarazione, a seguito di azione addotta come avviata con nota 24/06/2008 e determina di risoluzione del 29/09/2008; in via subordinata, con eccezione di impignorabilità ex art. 159 t.u.e.l..

4. Peraltro, avendo il terzo fatto constare, con dichiarazione 10/04/2009, che il saldo di cassa a credito dell’Ente era pari a zero e che uguale saldo recavano i fondi impignorabili (dando atto della deliberazione di Giunta n. 110 del 19/12/2008), indisponibili e vincolati a specifica destinazione, all’esito della successiva udienza dinanzi al g.e. del 15/05/2009 fu dichiarata negativa la dichiarazione di quantità del terzo e, chiesto dal creditore il giudizio di accertamento e ribadita dal debitore l’opposizione, il giudice diede appunto corso all’uno ed all’altra.

5. Instaurato il giudizio di merito sull’opposizione con atto di citazione del 17/07/2009 iscritto al n. 1194/09 rgacc del Tribunale di Paola, il creditore si costituì e, con memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1), l’opponente eccepì altresì la nullità del pignoramento presso terzi per essere stata formulata dall’ufficiale giudiziario e non dal creditore l’intimazione di non disporre dei beni pignorati: ma l’adito tribunale, con sentenza n. 531/12, notificata al Comune il 27/09/2012, dichiarò inammissibile il primo ed il terzo motivo di opposizione, per i quali riscontrò, rispettivamente, la carenza di legittimazione del terzo pignorato e la tardività, mentre rigettò il secondo, alla stregua della sentenza nel parallelo giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo.

6. L’appello del Comune di Lago, proposto con atto notificato il 24/10/2012, nella persistente contumacia del tesoriere fu peraltro respinto dalla Corte di appello di Catanzaro, con sentenza n. 1555 del 01/10/2016, sia pure con modifica della motivazione su primo e terzo motivo di opposizione: per il quale rilevò, rispettivamente, l’inammissibilità di doglianze per fatti anteriori alla formazione del titolo giudiziale azionato e la tardività della proposizione.

7. Parallelamente, il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, seguito ad iscrizione a ruolo al n. 973/09 rgacc del Tribunale di Paola e rimasto separato, era stato definito in primo grado con sentenza n. 179 del 29/02/12 ed oggetto di appello (iscr. al n. 397/12 rgacc della Corte d’appello di Catanzaro), di accertamento di un credito per Euro 136.341,50.

8. È fornita notizia pure di un separato giudizio avviato con atto di citazione notificato il 31/07/2009 dalla Appennino Paolano spa contro il Comune di Lago per il pagamento dei corrispettivi contrattuali, con riconvenzionale di risoluzione per inadempimento, accolta in primo grado (sentenza 28/09/2012, n. 619) e confermata - sia pure con diversa motivazione, fondata soprattutto sulla carenza di prova dell’esatto adempimento delle proprie prestazioni, ma ammessa una fonte negoziale dell’obbligazione - in appello dalla Corte d’appello con sentenza 22/12/2016, n. 2151, di cui si adduce il passaggio in giudicato.

9. Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata addì 01/10/2016 col n. 1555, ricorre, con atto articolato su cinque motivi ed avviato per la notifica il 03/04/2017, il Comune di Lago; gli intimati in un primo tempo restano tali, ma è ordinata la rinnovazione della notifica del ricorso con ordinanza interlocutoria 24/09/2020, n. 20148: all’esito dell’ottemperanza alla quale, depositatane tempestivamente la prova dal ricorrente, notifica infine controricorso la S.C. & C. srl "in persona dell’amministratore Giudiziario / Coadiutore dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e/o Confiscati di Reggio Calabria".

10. Infine, per la pubblica udienza del 24/03/2021 (tenuta in camera di consiglio ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, conv. con modif. dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176), il Procuratore Generale deposita conclusioni motivate scritte nel senso del rigetto, previa eventuale riunione con il ricorso iscritto al n. 15265/18, mentre le parti depositano memoria.

 

Motivi

1. Va dapprima esaminato l’intervento, nella presente sede di legittimità, dell’originaria intimata, ma rappresentata da un funzionario dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e/o confiscati: al riguardo risulta agli atti versato un decreto di nomina che fa riferimento ad una serie di beni oggetto di provvedimento adottato ai sensi della disciplina antimafia, ma con rinvio ad un atto non prodotto, di cui si predica genericamente un’accessibilità con riferimento a non meglio specificati atti o strumenti; in particolare, è versato nella produzione della controricorrente un atto di nomina dell’Amministratore di beni descritti in un altro provvedimento, che si pretendono univocamente identificati coi soli riferimenti a numeri di iscrizione a ruoli generali di procedimenti pendenti presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro ed il Tribunale di Cosenza (rispettivamente, 26/2013 RGNR e 3536/2012 RGMP), accessibili "su OPENREGIO".

2. Poiché tali riferimenti restano oscuri e non è esigibile da questa Corte alcuna indagine, tanto meno ufficiosa, al riguardo, deve qualificarsi irrimediabilmente incolmabile la lacuna nella produzione di atti e nella stessa compiuta identificazione degli oggetti dei provvedimenti adottati in sede di misure di prevenzione o altre penalistiche non meglio identificate; ed una tale lacuna preclude in radice di verificare la legitimatio ad processum di colui che ha conferito mandato per formare il controricorso in concreto notificato: in particolare, difetta la stessa indicazione delle modalità con le quali il detto provvedimento abbia potuto comportare la sostituzione di quel soggetto, che ha allegato di rappresentarla, all’originaria persona giuridica s.r.l. S.C. & C.

3. Invero, non conoscendosi quale sia l’oggetto di quei provvedimenti, già può rilevarsi che, nè un eventuale sequestro, nè una confisca delle quote di una società di capitali, implica di per sé solo alcuna - tanto meno automatica - sostituzione dei suoi organi, nè la perdita della loro istituzionale capacità sostanziale e processuale; in tal senso la giurisprudenza di questa Corte ha già sancito (Cass. 13/06/2017, n. 14638) che "il sequestro penale di prevenzione, D.Lgs. n. 159 del 2011, ex art. 22 delle quote del capitale di una società a responsabilità limitata, non determina un fenomeno successorio, nè comporta il venir meno della personalità giuridica della compagine, ma solo una sostituzione nella titolarità dei poteri gestori e di godimento delle quote medesime, sicché la detta società rimane a pieno titolo parte del processo in corso, non essendo configurabile una ipotesi di interruzione del giudizio, nè una necessità di integrare il contraddittorio nei confronti degli organi della procedura prevista dal D.Lgs. citato".

4. Ne segue la declaratoria di inammissibilità del controricorso formato e notificato in nome e per conto dell’originaria intimataima da parte di soggetto che non documenta i presupposti per poterla rappresentare, sicché nessuna attività può essa ritenersi avere ritualmente espletato in questa sede; ma la ritualità almeno della rinnovazione della notifica del ricorso, già più su riscontrata come idonea a qualificare ritualmente instaurato il contraddittorio dinanzi a questa Corte, consente di esaminare il merito del gravame.

5. Tanto premesso, non può accogliersi la sollecitazione alla riunione del presente ricorso con altro, pure vertente tra le stesse parti (ed iscritto al n. r.g. 15265/18, peraltro chiamato alla stessa odierna pubblica udienza), contro la sentenza (del 16/03/2018, n. 498) della stessa corte territoriale a definizione del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo originato dalla dichiarazione negativa del terzo tesoriere dell’odierno ricorrente.

6. Sussiste al riguardo solo una connessione soggettiva e parzialmente oggettiva, inidonea a fondare la riunione nel giudizio di legittimità, ma non anche l’identità dell’oggetto delle pronunce i ricorsi avverso le quali si vorrebbero riunire, la quale è pur sempre l’indefettibile presupposto per l’applicazione quand’anche analogica dell’art. 335 c.p.c.

7. In altri termini, un conto è l’accertamento della sussistenza e dell’entità dei crediti dell’ente locale presso il suo tesoriere ad un dato momento (oltretutto, in un regime, come quello ancora qui applicabile ratione temporis, che configura - prima della novella del 2013 e cioè secondo il testo degli artt. 548 c.p.c. e ss. anteriore alla loro sostituzione ad opera della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 20, nn. 3) e 4) - il relativo accertamento come oggetto di un ordinario giudizio di cognizione) ed altro e ben distinto conto è quello della disponibilità o pignorabilità - ai sensi dell’art. 159 t.u.e.l., ovverosia del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 - di quelle eventualmente accertate come esistenti.

8. Ne deriva che l’accertamento dell’esistenza di crediti verso il tesoriere è indipendente dalla contestazione della sussistenza del credito assegnato e, comunque, è a tutto concedere logicamente pregiudiziale rispetto a quello della loro pignorabilità, ma non tale da fondare l’identità di oggetto delle controversie, nè da giustificare una riunione in sede di legittimità, ove non è applicabile, a differenza che nei gradi di merito e pure in sede di rinvio, l’art. 274 c.p.c. per le ipotesi di mera connessione, quale pure potrebbe ravvisarsi nella specie.

9. Tutto ciò posto, può quindi passarsi alla disamina dei motivi di ricorso, col primo dei quali il Comune lamenta "violazione e falsa applicazione degli artt. 615, 617, 553 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ovvero n. 4", in estrema sintesi adducendo che l’ordinanza di assegnazione è inidonea al giudicato e può contestarsi pure in sede di esecuzione fondata su di essa; del resto riferendo essere intervenuta, con il debitore della procedura al cui esito era stata pronunciata l’azionata ordinanza di assegnazione di crediti, una sentenza, di cui documenta infine il passaggio in giudicato, di accertamento dell’inesistenza del credito assegnato.

10. Il motivo è infondato: per costante giurisprudenza di legittimità (da ultimo e per tutte, v. Cass. ord. 23/04/2019, n. 11191), le contestazioni afferenti ai vizi (di rito o di merito) del procedimento di assegnazione ex art. 553 c.p.c., al di fuori dei casi di effettiva inesistenza del titolo, possono essere fatte valere unicamente con l’opposizione agli atti esecutivi tempestivamente proposta avverso la relativa ordinanza, e non attraverso l’opposizione al precetto successivamente intimato o, tanto meno, all’esecuzione su quella fondata.

11. Pertanto, la contestazione del credito assegnato andava necessariamente operata con il mezzo tipico di reazione avverso l’ordinanza che ne disponeva l’assegnazione, cioè l’opposizione agli atti esecutivi contro di quella nei venti giorni dalla sua conoscenza, a maggior ragione nel caso, come quello in esame, in cui le eccezioni si riferissero comunque a fatti accaduti prima della pronuncia dell’ordinanza stessa: evidentemente risultando quelle eccezioni disattese per il solo fatto dell’emanazione di quest’ultima.

12. Al riguardo, il precedente di questa Corte invocato dal ricorrente (Cass. 27/08/2014, n. 18350) non si attaglia al caso di specie, poiché nell’espropriazione presso terzi conclusa con l’ordinanza di assegnazione poi azionata contro l’odierno ricorrente questi non dimostra ritualmente in ricorso di avere dispiegato, davanti al giudice del processo esecutivo in cui rivestiva la qualità di terzo pignorato suscettibile di divenire destinatario di ordinanza di assegnazione del suo debito poi in effetti pronunciata, alcuna difesa che potesse mantenere sub iudice la questione definita in quella specifica sede.

13. Per evidente priorità logica va ora esaminato il quarto motivo, col quale il ricorrente deduce deduce "violazione e falsa applicazione dell’art. 543 c.p.c., comma 2, n. 2 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4" in relazione al rilievo di inammissibilità della doglianza di invalidità del pignoramento per provenire l’intimazione da soggetto non legittimato: ma esso è inammissibile.

14. Infatti, poiché il concetto di inesistenza di un atto processuale è sensibilmente ridimensionato nella giurisprudenza di questa Corte fin da Cass. Sez. U. 20/07/2016, n. 14916, tanto da non potersi invocare semplicemente in caso di formulazione dell’atto o di una sua parte ad opera di soggetto diverso da quello legittimato i ma comunque titolato ad intervenire nella sua formazione, la relativa contestazione si limita ad investire la regolarità formale del pignoramento: pertanto, essa andava veicolata con tempestiva opposizione agli atti esecutivi.

15. Premesso che nelle opposizioni esecutive non sono ammessi, per la peculiarità del loro regime, motivi nuovi e cioè dispiegati in tempo e sede successivi al ricorso introduttivo originario (Cass. Sez. U. 14/12/2020, n. 28387; Cass. 28/06/2019, n. 17441; Cass. 07/08/2013, n. 18761; Cass. 20/01/2011, n. 1328), la statuizione sul punto, siccome a definizione di una tale opposizione, non poteva essere appellata, ma soltanto oggetto di separato o concorrente ricorso per cassazione (per giurisprudenza a dir poco consolidata; da ultimo, v. Cass. ord. 11/02/2020, n. 3166).

16. Tanto può essere rilevato pure di ufficio (salvo il caso, che qui non ricorre, di giudicato interno contrario) in sede di legittimità (per tutte: Cass. 21/11/2001, n. 14725; Cass. 05/05/2017, n. 10932, specifica che la Corte di cassazione può rilevare d’ufficio una causa di inammissibilità dell’appello, che il giudice del merito non abbia riscontrato, con conseguente cassazione senza rinvio della sentenza di secondo grado oggetto di gravame - con richiamo a Cass. 27/11/2014, n. 25209, nonché a Cass. 18/01/2016, n. 674 - e che l’improponibilità dell’appello integra una ragione di non proseguibilità della relativa causa, rilevante ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3: Cass. 18/01/2016, n. 674; Cass. 24/02/2015 n. 3600; Cass. 22/12/2014 n. 27163; Cass. 27/11/2014 n. 25209; Cass. 04/09/2014 n. 18717; Cass. 17/06/2014 ord. n. 13578; Cass. 20/02/2014 ord. n. 4117; Cass. 18/01/2012 n. 673; Cass. 14/12/2011 n. 26859; Cass. 03/05/2011 n. 09676).

17. Vanno ora esaminati, congiuntamente per la loro intima connessione, il secondo ed il terzo motivo di doglianza, in forza dei quali il ricorrente si duole, rispettivamente, di "omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti" - circa la prova della negativa consistenza di cassa e della non detenzione di somme ulteriori in base soprattutto alla dichiarazione negativa del terzo - e di "violazione e falsa applicazione degli artt. 547, 548 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c. e D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 159 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4", per essere risultati provati i presupposti di impignorabilità delle somme giacenti in tesoreria.

18. Tali motivi sono fondati, per essere erronea la ratio decidendi della corte territoriale sulla sussistenza di un onere dell’ente locale debitore di provare la disponibilità di cassa all’atto del pignoramento e la non detenzione di somme ulteriori rispetto a quelle destinate al pagamento di retribuzioni, mutui e all’erogazione di servizi indispensabili giusta Delib. Giunta Municipale n. 110 del 2008 comunicata al tesoriere in data 20/1/2009.

19. In particolare, la qui gravata sentenza ha ritenuto che il Comune opponente, con la documentazione prodotta al momento del deposito del ricorso ex art. 615 c.p.c. (doc. nn. 10, 11, 12, 13), non avrebbe dimostrato la disponibilità di cassa al momento del pignoramento, nè provato di non detenere al momento del pignoramento somme ulteriori rispetto a quelle destinate al pagamento di retribuzioni, mutui e all’erogazione di servizi indispensabili giusta Delib. Giunta Municipale n. 110 del 2008 comunicata al tesoriere in data 20/1/2009, nè dimostrato di avere emesso mandati a titoli diversi da quelli vincolati, seguendo l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento ovvero delle deliberazioni d’impegno da parte dell’ente stesso; ed ha soggiunto che, sotto quest’ultimo profilo, il libro giornale dei mandati e l’attestazione proveniente dalla stessa amministrazione (parte in causa) in difetto di ulteriori riscontri non varrebbero a ritenere sussistenti le condizioni che rendono impignorabili D.Lgs. n. 267 del 2000, ex art. 159 le somme di pertinenza del Comune.

20. Eppure, il contenuto negativo della dichiarazione stessa resa dal terzo tesoriere ed il riferimento ivi univocamente operato a tale delibera fondano, ben al contrario, di per sé soli l’onere del creditore di allegare e provare la sussistenza del credito e di allegare, dinanzi ad una delibera di indisponibilità idoneamente documentata, gli elementi per confutarne l’operatività, a maggior ragione diversi dalla giacenza di cassa non ancora definitivamente documentata come esistente.

21. E neppure è onere dell’ente locale territoriale esecutato dimostrare di non avere emesso mandati a titoli diversi da quelli vincolati, seguendo l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento ovvero delle deliberazioni d’impegno da parte dell’ente stesso, ma, trattandosi di fatti impeditivi od estintivi della qualifica di impignorabilità derivante dall’impressione del vincolo in forza della delibera, piuttosto è del creditore procedere (in tali sensi: Cass. ord. 13/11/2020, n. 25836; Cass. ord. 15/09/2020, n. 19103) anche soltanto allegare elementi a sospetto, che inducano il giudice dell’esecuzione ad accertare il rispetto delle condizioni contestate dal procedente.

22 Non rileva quindi che il libro giornale dei mandati e l’attestazione provengano dalla stessa amministrazione, invece incombendo alla sua controparte l’onere di allegare specifici elementi di contestazione della altrimenti automatica operatività dell’impignorabilità ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 200, art. 159.

23. Il giudice del merito avrebbe allora dovuto, ove fosse stata nel separato giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo conseguita statuizione di sussistenza di crediti dell’ente locale verso il suo tesoriere, verificare se quelle (dichiarate od) accertate come sussistenti alla data rilevante (al tempo del pignoramento e per tutto il tempo fino alla definizione del processo esecutivo da parte del giudice dell’esecuzione o dell’eventualmente seguito giudizio di accertamento) fossero state o meno riferibili agli importi dichiarati impignorabili con la più volte richiamata delibera di giunta municipale, spettando alla creditrice procedente contestarne compiutamente i presupposti con analitiche allegazioni e solo allora sussistendo l’onere dell’ente locale di dare la prova che gli elementi contestati non ostano alla impignorabilità dipendente dalla detta delibera.

24. In sostanza, alla fattispecie non è stato applicato il seguente principio di diritto, che invece avrebbe dovuto regolarla:

"nell’espropriazione presso terzi nei confronti degli enti locali territoriali è onere del creditore allegare i presupposti di inefficacia del vincolo di impignorabilità impresso ai crediti eventualmente accertati come effettivamente sussistenti verso il tesoriere; pertanto, spetta al giudice dell’esecuzione verificare se le somme così accertate corrispondano o meno a quelle sulle quali è stato impresso il vincolo di indisponibilità ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 159 e non incombe in prima battuta all’ente locale debitore esecutato l’onere di provare di non avere emesso mandati in violazione dell’ordine ivi previsto, ma al creditore procedente allegare fatti specifici a confutazione di tanto, solo allora attivandosi, per il principio di prossimità della prova, l’onere del debitore di provare che, ciononostante, quell’ordine ed ogni altro presupposto di efficacia del vincolo siano sussistenti".

25. In definitiva, infondato il primo motivo ed inammissibile il quarto, l’accoglimento per quanto di ragione del secondo e del terzo comporta l’assorbimento del quinto, relativo alle spese di lite, nonché la cassazione della gravata sentenza in relazione alle censure accolte ed il rinvio alla medesima corte territoriale, in diversa composizione ed anche per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, affinché riesamini le sole doglianze sull’impignorabilità delle somme o dei crediti eventualmente accertati come sussistenti alla stregua del principio di diritto di cui al precedente punto 24.

26. Poiché il ricorso è almeno in parte accolto, non sussistono i presupposti processuali per dare atto - ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) - della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

 

P.Q.M.

Rigetta il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il quarto; accoglie il secondo ed il terzo motivo, assorbito il quinto; cassa la gravata sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Dep. 19 maggio 2021.