Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 30889 - pubb. 23/03/2024

Cassazione - Negli accordi di ristrutturazione dei debiti e nei piani del consumatore è possibile prevedere la dilazione del pagamento dei crediti prelatizi anche oltre il termine di un anno

Cassazione civile, sez. I, 21 Febbraio 2024, n. 4622. Pres. Terrusi. Est. Perrino.


Accordi di ristrutturazione dei debiti - Piani del consumatore - Dilazione del pagamento dei crediti prelatizi anche oltre il termine di un anno



Negli accordi di ristrutturazione dei debiti e nei piani del consumatore è possibile prevedere la dilazione del pagamento dei crediti prelatizi anche oltre il termine di un anno dall'omologazione previsto dall'art. 8, comma 4, della legge n. 3 del 2012, e di là dalle fattispecie di continuità aziendale, purché si attribuisca ai titolari di tali crediti il diritto di voto a fronte della perdita economica conseguente al ritardo con cui vengono corrisposte le somme ad essi spettanti o, con riferimento ai piani del consumatore, purché sia data loro la possibilità di esprimersi in merito alla proposta del debitore.


Il piano del consumatore ha sì una base negoziale, che non lo pone, tuttavia, al di fuori dell’area delle procedure concorsuali.
Anzi, rilevanti sono proprio i tratti di vicinanza con la procedura di concordato preventivo, come anche la Corte costituzionale ha evidenziato (cfr. Corte cost. n. 245/19), in piena sintonia con l’indirizzo di questa Corte:
-entrambe le procedure sono pervase dal principio della parità di trattamento dei creditori concorsuali;
-prevedono il blocco delle iniziative esecutive individuali in danno del patrimonio del proponente (ex art. 168, comma 1, l. fall. e art. 10, comma 2, lettera c, della l. n. 3/12); impongono, sin dall’ammissione e fino all’omologazione, un parziale spossessamento della capacità di disporre dei beni (art. 167 l. fall. e art. 10, comma 3-bis, l. n. 3/12), nonché la cristallizzazione degli accessori (ex artt. 55, cosi come richiamato dall’art. 169, comma 1, l. fall. e 9, comma 3-quater, della l. n. 3/12);
-infine le procedure suddette risultano sottoposte alla verifica giurisdizionale, in sede di ammissione e di successiva omologa, dalla quale ultima promana la vincolatività della decisione per tutti creditori, anche quelli contrari alla approvazione.


Sia l’accordo proposto dal debitore non fallibile sia la proposta di concordato, inoltre, si muovono lungo le direttrici comuni a entrambi della fattibilità (intesa come effettiva possibilità di realizzare il programma predisposto dal debitore per giungere all’adempimento prospettato) e della convenienza della proposta rispetto alla possibile alternativa liquidatoria; convenienza che diviene regola di giudizio imprescindibile e non solo momento di valutazione rimesso alla scelta ponderata della maggioranza dei creditori, allorquando vi sia una contestazione specifica da parte di un creditore dissenziente in sede di omologazione o qualora sia previsto il pagamento in percentuale di crediti muniti di prelazione.


Soprattutto, pur nella loro autonomia di sistema, le due procedure in questione sono caratterizzate da una identica ratio: limitare il ricorso a procedure esclusivamente demolitorie, garantendo, in via anticipata, ai creditori una soddisfazione anche solo parziale governata dalla par condicio nonché, al contempo, al debitore di godere della esdebitazione senza attendere il corso della liquidazione. E, per conseguenza, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, terzo periodo, della l. 3/12, limitatamente alle parole “imposta sul valore aggiunto”, reputando applicabile anche alla procedura in esame la regola della falcidiabilità dei crediti privilegiati, prevista dall’art. 160, comma 2, l. fall. in tema di concordato preventivo.


Quanto, poi, alla rilevanza della dilazione dei tempi conseguente all’opzione seguita, quel che conta è l’esigenza che la tutela delle ragioni creditorie siano soddisfatte, nell’ambito della procedura concorsuale, nel rispetto della ragionevole durata del procedimento: coerentemente la Corte costituzionale ha escluso la sussistenza di un limite della durata della procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato (Corte cost., n. 6/24, punto 9.2.). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)




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