Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6253 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 02 Aprile 1999, n. 3166. Est. Milani.


Società - Di persone fisiche - Società semplice - Contratto sociale - In genere - Senza determinazione di tempo, senza forma scritta e con conferimento del godimento di beni immobili - Nullità - Conseguenze - Equiparazione alle conseguenze dello scioglimento della società - Legittimità - Liquidazione della quota del socio - Criteri.



Il contratto verbale costitutivo di una società di fatto, senza determinazione di tempo, con il conferimento del godimento di beni immobili essenziali al raggiungimento dello scopo sociale, è affetto da nullità, ai sensi dell'art. 2251 cod. civ., in relazione all'art. 1350 n. 9 cod. civ. il quale contempla la forza scritta "ad substantiam" per detti conferimenti immobiliari ove siano ultranovennali od a tempo indeterminato. Detta nullità (per escludere la quale non è invocabile il principio della conservazione del negozio giuridico, onde circoscrivere il patto societario nei limiti del novennio - con conseguente non necessarietà di forma scritta -, in quanto ciò esulerebbe dalla mera interpretazione della volontà delle parti, traducendosi in un'arbitraria sostituzione del loro effettivo intento) è del tutto equiparabile, "quoad effectum", al fenomeno dello scioglimento della società, con conseguente necessità di procedere alla liquidazione della quota del singolo socio, avuto riferimento alla complessiva situazione patrimoniale dell'azienda alla data dello scioglimento, comprensiva di tutte le relative componenti, fra cui anche la quota relativa all'avviamento. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Michele CANTILLO - Presidente -
Dott. Rosario DE MUSIS - Consigliere -
Dott. Vincenzo FERRO - Consigliere -
Dott. Giuseppe MARZIALE - Consigliere -
Dott. Laura MILANI - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
MUSCIANISI SILVANA, MUSCIANISI GIOVANNI FILIPPO, elettivamente domiciliati in ROMA VIA LATINA 57/I, presso l'avvocato C. RAIMONDO, rappresentati e difesi dall'avvocato LUIGI CELI, giusta mandato a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
BONACCORSI GIOACCHINO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA VIRGILIO 11, presso l'avvocato MIRTI DELLA VALLE G., rappresentato e difeso dall'avvocato RUGGERI ANTONINO, giusta mandato a margine del controricorso;
- controricorrente -
e sul 20 ricorso n 15001/97 proposto da:
LA ROCCA CARMELA Ved. MUSCIANISI, elettivamente domiciliata in ROMA VIA SALLUSTIANA 26, presso l'avvocato G. TOSATO IPPOLITO, rappresentata e difesa dall'avvocato NICOLA SIRACUSANO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
BONACCORSI GIOACCHINO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA VIRGILIO 11, presso l'avvocato MIRTI DELLA VALLE G., rappresentato e difeso dall'avvocato RUGGERI ANTONINO, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 243/97 della Corte d'Appello di MESSINA, depositata il 27/06/97;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/12/98 dal Consigliere Dott.ssa Laura MILANI;
udito per il ricorrente, l'Avvocato Celi, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito per il resistente e ricorrente incidentale, l'Avvocato Ruggeri, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo MACCARONE che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 18 marzo 1961 Filippo Muscianisi esponeva:
- che nel 1956 aveva costituito con Gioacchino Bonaccorsi una società di fatto per la gestione di un camping denominato "Silvanetta" in Milazzo, alla quale egli aveva conferito il terreno, mentre alle spese d'impianto i soci avevano contribuito rispettivamente nella misura del 60% esso Muscianisi e del 40% il Bonaccorsi, convenendo che gli utili sarebbero stati ripartiti nella stessa misura;
- che il 12 maggio 1959 il Bonaccorsi aveva dichiarato di voler recedere dalla società;
- che il Bonaccorsi aveva rifiutato la sua offerta di
liquidazione della quota per L. 1.682.365;
tanto premesso, Filippo Muscianisi conveniva dinanzi al Tribunale di Messina Gioacchino Bonaccorsi, per sentir convalidare l'indicata offerta, quale somma onnicomprensiva delle spettanze del Bonaccorsi a seguito del recesso.
Il convenuto, costituitosi, chiedeva in via riconvenzionale che fosse dichiarato lo scioglimento anticipato della società in considerazione delle inadempienze dell'attore e che fosse determinato e liquidato il valore della sua quota.
Con sentenza non definitiva 12.11.1963-27.2.1964, il Tribunale di Messina dichiarava la nullità del contratto verbale costitutivo della società di fatto, per difetto della forma scritta richiesta "ad substantiam" per il conferimento di beni immobili, e rimetteva al prosieguo del giudizio la determinazione delle restituzioni dovute al Bonaccorsi.
Con sentenza definitiva 18.4-23.10.1989 il suddetto Tribunale, accertato che il valore dell'azienda, al maggio 1959, ammontava a L. 30.000.000 (delle quali L. 7.000.000 a titolo di avviamento commerciale), liquidava la quota del Bonaccorsi, pari al 40%, nella somma di L. 12.000.000, rivalutata in L. 120.000.000, al cui pagamento condannava gli eredi del Muscianisi, nel frattempo succeduti all'originario attore.
Adita dai soccombenti, la Corte d'appello di Messina riformava la pronuncia di primo grado. Ribadita la nullità del contratto costitutivo della società di fatto, dichiarava dovuta al Bonaccorsi la sola restituzione dei conferimenti, quantificata nella somma di L. 2.558.981, non soggetta a rivalutazione, restando esclusa la ripartizione di eventuali utili, la cui sussistenza non era stata dimostrata.
Proposto ricorso dal Bonaccorsi, questa Corte, con sentenza n. 565/95 del 19.1.1995, riaffermata la nullità del contratto costitutivo della società di fatto, stabiliva tuttavia la piena equiparazione, "quoad effectum", della nullità allo scioglimento, sia in virtù di interpretazione analogica di quanto disposto dall'art. 2332, 4^ comma, c.c. per le società di capitali, che in applicazione dei principi sull'indebito oggettivo, che imponevano il totale ripristino della situazione patrimoniale delle parti anteriore al contratto nullo.
Ciò comportava la restituzione di tutti i conferimenti, comprendenti, oltre agli apporti di denaro e di beni, l'attività lavorativa svolta per la gestione sociale, nonché la ripartizione degli utili patrimonializzati, pari al plusvalore acquisito dai beni organizzati in azienda.
Le restituzioni poi, attesa l'assimilabilità alla liquidazione della quota, configuravano un debito di valore, soggetto a rivalutazione monetaria.
Riassunto il giudizio, la Corte d'appello di Messina, quale giudice di rinvio, provvedeva, con sentenza 9-27 giugno 1997, alla liquidazione della quota spettante al Bonaccorsi. Stimava il valore globale dell'azienda al maggio 1959 in L. 29.330.000, sommando i seguenti elementi: 1) il capitale iniziale della società; 2) l'impianto e l'ampliamento del camping con stabili manufatti; 3) una cospicua sovvenzione regionale; 4) i mobili, le attrezzature e le merci; 5) l'avviamento commerciale.
La quota di spettanza del Bonaccorsi, pari al 40%, veniva quindi individuata in L. 11.732.000, somma che, rivalutata, risultava in L. 231.953.370, oltre interessi legali dalla domanda, da calcolarsi anno per anno sull'iniziale capitale via via rivalutato. Avverso tale sentenza hanno proposto separati ricorsi Carmela La Rocca ved. Muscianisi, nonché Silvana e Giovanni Filippo Muscianisi. Ha resistito ad entrambi i ricorsi Giacchino Bonaccorsi. Carmela La Rocca ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, i ricorsi devono essere riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c.
Ricorso La Rocca.
1. Con il primo motivo la ricorrente, deducendo violazione dei principi relativi al giudizio di rinvio ed al giudicato, nonché vizio di motivazione, lamenta che la Corte d'appello, procedendo alla globale riliquidazione della quota, abbia esorbitato dall'ambito del giudizio di rinvio, che era limitato alle componenti pretermesse (attività lavorativa ed utile patrimonializzato), ferma restando la determinazione operata dalla precedente sentenza della Corte d'appello circa le voci "conferimenti" ed "utili".
La censura è infondata.
Con la sentenza 565/95 questa Corte ha ritenuto fondato il terzo motivo di ricorso, con il quale il Bonaccorsi aveva lamentato che la Corte d'appello si fosse limitata alla quantificazione contabile dei conferimenti effettuati e degli utili conseguiti, mentre il valore dei conferimenti doveva considerarsi coincidente con il valore stesso dell'azienda, costruita ed ampliata tramite gli apporti dei soci. Accogliendo tale motivo, questa Corte ha affermato in particolare, nel quadro della piena equiparazione, "quoad effectum", della declaratoria di nullità della società allo scioglimento, che il plusvalore acquisito dai beni organizzati in azienda, grazie all'attività comune, era da qualificarsi, per intero, effetto del complessivo conferimento dei soci: conseguentemente, ha cassato la pronuncia della Corte d'appello, che aveva ristretto l'indagine ai soli conferimenti in denaro, escludendo la rilevanza di ogni altro apporto, ed aveva negato la prova di utili, senza tenere alcun conto del plusvalore che i beni organizzati in azienda avevano acquisito. L'annullamento, pronunciato sia per violazione di legge che per vizio di motivazione, ha dunque investito globalmente il criterio adottato nella sentenza d'appello, limitato alla mera restituzione degli apporti in denaro ed alla valutazione (negativa) dei profitti contabilmente conseguiti, mentre il principio di diritto, vincolante per il giudice di rinvio, è stato individuato nell'equiparazione della declaratoria di nullità allo scioglimento, con la conseguente necessità di operare la liquidazione della quota con riferimento alla situazione patrimoniale dell'azienda alla data dello scioglimento, comprensiva di tutti gli elementi, fra cui anche la quota relativa all'avviamento.
La menzione dell'attività lavorativa svolta dal Bonaccorsi e dell'utile patrimonializzato risulta effettuata a titolo esemplificativo ma non esaustivo, come fattori erroneamente pretermessi nella sentenza cassata, ma non unici fattori residui da valutare, dovendosi il criterio direttivo ispirare al valore globale acquisito dall'azienda.
A maggior ragione, il giudice di rinvio non poteva ritenersi in alcun modo vincolato alla valutazione dei "conferimenti" e degli "utili" effettuata nella sentenza cassata, essendo stata tale valutazione del tutto travolta dalla sentenza d'annullamento, in quanto erroneamente ristretta - come specificato nella pronuncia di questa Corte - al mero apporto in denaro ed alla considerazione degli utili come dividendi, nella specie non distribuiti. Correttamente, pertanto, il giudice di rinvio ha ritenuto di dover rivalutare totalmente conferimenti ed utili, "non nel limitato senso di cui alla sentenza annullata, ma nella loro risultante", da identificarsi "con il valore dell'azienda al momento della cessazione della gestione in comune", cioè al 12.5.1959.
Ed ha quindi provveduto a determinare tale valore in base ai principi dettati per la liquidazione della quota del socio uscente. 2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce, sotto il profilo sia della violazione di legge che del vizio di motivazione, l'omessa, carente o contraddittoria valutazione da parte del giudice di rinvio degli elementi presi a base per la liquidazione della quota del Bonaccorsi. In particolare lamenta: 1) la mancata considerazione della dichiarazione resa dallo stesso Bonaccorsi circa il valore della propria "quota"; 2) la determinazione del valore delle costruzioni realizzate con riferimento ad un mero preventivo e senza tenere conto che alcuni manufatti (i servizi igienici) erano ubicati su terreno non di proprietà del Muscianisi, ma preso in affitto; 3) la sovvenzione regionale, ritenuta computabile in base ad un criterio "equitativo" non applicabile in una situazione di totale carenza probatoria; 4) la determinazione dell'avviamento in base a dati meramente ipotetici circa gli utili realizzati, in contrasto con le dichiarazioni dello stesso Bonaccorsi e facendo ricorso, anche in tal caso, ad inapplicabili criteri "equitativi".
Esaminando distintamente le singole censure, si osserva quanto segue.
1) Si rileva chiaramente dalla sentenza impugnata che i giudici di rinvio hanno tenuto conto delle concordanti affermazioni dei due soci in sede di libero interrogatorio riguardo al capitale iniziale rispettivamente conferito, e che in tal senso deve intendersi la dichiarazione del Bonaccorsi circa l'importo della sua "quota":
erroneamente quindi la ricorrente assume che a tale dichiarazione debba attribuirsi un valore confessorio in ordine alla quota di liquidazione definitiva spettante al Bonaccorsi stesso, trattandosi invece della mera specificazione dell'iniziale apporto in denaro. Non è quindi ravvisabile il vizio di omesso esame di circostanza decisiva dedotto dalla ricorrente, avendo i giudici di rinvio considerato la dichiarazione del Bonaccorsi e fornito adeguata motivazione del valore e significato ad essa attribuito. 2) Il preventivo è stato preso in considerazione - come espressamente evidenziato nella sentenza impugnata - soltanto come attendibile parametro per stabilire il valore dei manufatti costruiti per la realizzazione del camping, da utilizzare, con gli opportuni correttivi e temperamenti, quale elemento per determinare il valore dell'azienda all'atto dello scioglimento della società. Ed in questo quadro la circostanza che una porzione del terreno, su cui erano ubicati alcuni manufatti, non fosse di proprietà del Muscianisi ma presa in locazione dal medesimo, non riveste la decisività ad essa attribuita dalla ricorrente, poiché i manufatti facevano parte dell'azienda, indipendentemente dalla proprietà del terreno su cui insistevano, e dovevano quindi essere considerati nella determinazione del valore dell'azienda stessa.
3) La sovvenzione regionale risulta essere stata attribuita alla compagine sociale solo in parte, e non in via equitativa, ma in base ad un criterio matematico, di proporzione tra l'importo dei lavori, in vista dei quali la sovvenzione stessa era stata erogata, e l'importo effettivamente realizzato alla data di cessazione della società.
4) Nella sentenza impugnata è espresso con chiarezza il criterio seguito per il calcolo dell'avviamento commerciale, basato non su utili ipotetici, ma sui profitti effettivamente conseguiti e reimpiegati nella realizzazione dell'azienda.
Tutte le censure si palesano dunque infondate, dovendosi escludere l'omessa valutazione di circostanze decisive da parte dei giudici di rinvio, che hanno preso in considerazione tutti gli elementi evidenziati dalla ricorrente ed hanno puntualmente esplicitato, con motivazione adeguata e corretta, le ragioni delle loro statuizioni.
3. Con il terzo motivo la ricorrente contesta il calcolo degli interessi, che dovrebbero - a suo avviso - essere computati sulla somma capitale iniziale, non rivalutata.
La doglianza è infondata, avendo la sentenza impugnata fatto corretta applicazione del criterio dettato dalla sentenza delle sezioni unite di questa Corte n. 1712/95, per il calcolo degli interessi sulla somma rivalutata in tema di debiti di valore. 4. Resta assorbito il quarto motivo, con il quale la ricorrente, assumendo la propria mancanza di soccombenza, si duole della condanna alle spese pronunciata nei suoi confronti.
Ricorso Muscianisi.
Con due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione ed interdipendenza, i ricorrenti lamentano che la Corte d'appello abbia violato le regole del giudizio di rinvio ed i principi dell'onere probatorio, esorbitando dal campo d'indagine ad essa assegnato, trascurando di valutare dati non controversi emersi durante le precedenti fasi del giudizio, e pervenendo a supplire con mere illazioni alle lacune probatorie addebitabili al Bonaccorsi. In particolare, i ricorrenti deducono - da un lato - che il campo d'indagine era limitato all'accertamento dell'esistenza o meno di attività lavorativa svolta dal Bonaccorsi e di utili patrimonializzati e - d'altro lato - che le risultanze processuali escludevano, con obiettiva certezza, che il Bonaccorsi avesse prestato attività lavorativa e che fossero stati conseguiti utili. Sostengono che la Corte d'appello ha attribuito al Bonaccorsi conferimenti presunti, eccedenti il valore dallo stesso dichiarato (L. 2.558.981) ed ha fatto ricorso, per la ricostruzione della gestione sociale (già ritenuta irrealizzabile da due consulenti tecnici) a meri indizi privi di valenza probatoria (quali un preventivo di spesa per un progetto mai realizzato, una contrastata sovvenzione regionale, un calcolo dell'avviamento del tutto ipotetico, in quanto basato su utili mai conseguiti). Le critiche e le contestazioni mosse dai ricorrenti Muscianisi sono state già analizzate e valutate nell'esame del ricorso La Rocca.
Ed invero, è stato già precisato che i giudici di rinvio hanno rettamente inteso l'ambito dell'indagine loro demandata, facendo corretta applicazione del principio di diritto enunciato nella sentenza di questa Corte, circa il criterio da seguire per la liquidazione della quota del Bonaccorsi, ed è stato chiarito il significato esattamente attribuito alla dichiarazione dello stesso Bonaccorsi in ordine al valore della propria "quota". È stato altresì sottolineato che la sentenza impugnata ha fornito puntuale ed esaustiva motivazione in merito ai parametri utilizzati per determinare il valore dell'azienda, facendo ricorso ad elementi concreti, correttamente valutati con l'impiego di adeguati criteri e contemperamenti.
Anche il ricorso Muscianisi deve dunque essere respinto. Segue al rigetto dei ricorsi la condanna dei ricorrenti in solido alle spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
La Corte
Riunisce i ricorsi e li rigetta.
Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del Giudizio di cassazione, di cui L. 7.000.000 per onorari. Così deciso in Roma, il 18 dicembre 1998.
Depositato in Cancelleria il 2 aprile 1999