Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 7448 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 15 Settembre 2006, n. 19923. Est. Cultrera.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Apertura (dichiarazione) di fallimento - Sentenza dichiarativa - In genere -Regolamento di competenza - Legittimazione - Limiti - Dichiarazione di insolvenza - Legittimazione propria del socio di una società di capitali ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria in base a delibera assembleare favorevole - Configurabilità - Esclusione - Fondamento.



Il socio di una società di capitali ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, nei confronti della quale sia stato dichiarato lo stato d'insolvenza, non è legittimato a proporre regolamento di competenza avverso la decisione adottata, posto che il regolamento di competenza può essere proposto dagli stessi soggetti legittimati ad opporsi alla dichiarazione di fallimento, ai sensi dell'art. 18 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 e ai sensi dell'art. 9 del d.lgs 8 luglio 1999, n. 270, che da tale novero è escluso colui che abbia chiesto il proprio fallimento (ed egualmente colui che ha chiesto l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria). In tal caso, infatti, il socio - pur potendo ricoprire la posizione di creditore verso la stessa società - non può essere considerato portatore di un autonomo interesse, poiché la delibera assembleare che esprimeva la volontà societaria di chiedere l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria ha efficacia vincolante per tutti i soci, a meno che lo stesso abbia proposto opposizione avverso tale delibera, manifestando in tal modo il proprio dissenso. (massima ufficiale)



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOSAVIO Giovanni - Presidente -
Dott. CAPPUCCIO Giammarco - Consigliere -
Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere -
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -
Dott. CULTRERA Maria Rosaria - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:


ORDINANZA
sul ricorso per REGOLAMENTO DI COMPETENZA proposto da:
ZOCCAI GINO nella qualità di socio ed ex presidente del consiglio di amministrazione della Volare Group S.p.A., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA MONTECITORIO 115, presso l'avvocato LENER RAFFAELE, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati AMBROSETTI ENRICO MARIO, ORTO MARIO, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
VOLARE GROUP S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona del Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE LIEGI 28, presso l'avvocato PIERALLINI LAURA, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato CERISARA LAURA, giusta procura a margine del controricorso;
- resistente -
contro
SODDU VUNCENZO, CRESTANI MARCELLO, MINISTERO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE;
- intimati -
avverso la sentenza n. 74/04 del Tribunale di BUSTO ARSIZIO, depositata il 06/12/04;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 09/06/2006 dal Consigliere Dott. Maria Rosaria CULTRERA;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. L. A. RUSSO, con le quali ai chiede che la Corte di Cassazione, decidendo con ordinanza in camera di consiglio, accolga il ricorso e dichiari la competenza del Tribunale di Vicenza, con le statuizioni opportune. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il sig. Gino Zoccai, socio della società Volare Group s.p.a., ha proposto il presente regolamento di competenza avverso la sentenza in esame n. 74 depositata il 3.12.2004, con cui il Tribunale di Busto Arsizio ha dichiarato lo stato d'insolvenza della società anzidetta, ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria unitamente ad altre due società del medesimo gruppo con decreto ministeriale del 10 novembre 2004, ed ha affermato nel contempo la propria competenza per territorio, contestata dall'attuale ricorrente e dai sigg. Soddu Vincenzo e Crestani Marcello a favore del Tribunale di Vicenza nel cui circondario, segnatamente a Thiene, la società avrebbe avuto, ad avviso dei predetti la sua sede operativa, centro della sua attività direttiva ed amministrativa, ed ove era stata peraltro ubicata la sua sede sociale sino a data prossima alla richiesta di ammissione alla procedura presentato innanzi al Tribunale di Busto Arsizio, presentata appunto il giorno 23 novembre, subito dopo il trasferimento della sede sociale a Gallarate, attuato in forza di Delib. 3 novembre, quando già si era manifestato lo stato d'insolvenza.
Il Tribunale, avendo rilevato che la società era stata operativa sia a Thiene, sia a Gallarate sia infine a Milano, avendo in tutte e tre le dette località sede effettiva, ha ritenuto di attribuire prevalenza ratione loci al foro del luogo ove essa aveva la sede legale al momento della decisione, che era ubicata in Gallarate, ove, com'era emerso dall'istruttoria espletata, si era svolta da sempre attività di contabilità con i fornitori ed era avvenuto lo spostamento concreto e reale del centro operativo della società, e quindi ha affermato la propria competenza.
Il ricorrente censura questa decisione deducendo che la competenza a provvedere s'incardina, a mente della L. Fall., art. 9, nel luogo in cui si trova la sede effettiva dell'impresa che, nella specie, è ubicata in Thiene, ove sono rimasti, anche dopo il trasferimento della sede sociale in Gallarate, come emerge dal fatto che presso detta sede è rimasta depositata la documentazione sociale con i certificati azionari sino al 26 novembre 2004, sono stati predisposti i bilanci, ivi compresa la bozza del bilancio al 31.10.2004, e sono state redatte le comunicazioni ufficiali sino ai primi giorni del dicembre 2004.
Deduce ancora che queste circostanze sono state ignorate dal giudicante che ha invece dato rilievo all'attività di apparenza con i fornitori, che non è invece sufficientemente indicativa, data la sua natura meramente esecutiva. Peraltro il luogo in cui la società appariva era proprio Thiene, da cui partivano le lettere di diffida verso i debitori e furono gestite trattative con la Locat. In ragione di tanto, il trasferimento della sede sociale a Gallarate non assume decisiva rilevanza siccome, in caso di trasferimento della sede sociale nell'imminenza della dichiarazione d'insolvenza, la presunzione di coincidenza della sede effettiva con quella legale dell'impresa opera con riferimento alla sede precedente e non a quella successiva.
L'approdo censurato, pur richiamando tale enunciato, lo ha però smentito, assumendo che esso non opera nel caso in cui al trasferimento della sede si accompagni anche il mutamento del centro operativo dell'impresa, ed è quindi errato.
La società intimata ha resistito con controricorso eccependo in linea preliminare il difetto di legittimazione del ricorrente che ha veste di socio ed è mosso alla presente impugnazione da un interesse di giustizia, che non è però giuridicamente protetto. Nel merito smentisce la fondatezza del motivo rilevando la correttezza della decisione impugnata che risulta confortata dalle circostanze di fatto riscontrate, da cui è emerso che essa ha avuto il proprio centro operativo - Direzioni del personale, delle operazioni di volo e contabilità fornitori e Direzione tecnica - in Gallarate sin dall'agosto 2000, e che presso tale sede dal maggio 2004 si erano ivi insediati anche il Direttore amministrativo e finanziario, l'Amministratore delegato e l'ex Presidente, e presso lo scalo di Malpensa era concentrata la maggior parte dei dipendenti. Di qui la prova dell'effettivo trasferimento della sede operativa presso la nuova sede sociale.
Il P.G., reputata sussistente la legittimazione del ricorrente, ha chiesto l'accoglimento del ricorso, sul rilievo che il trasferimento nella specie risulta finalizzato esclusivamente a spostare la competenza del giudice, a nulla rilevando che esso sia avvenuto a favore di una località ove la società aveva altra dipendenza operativa precedente.
Le parti hanno entrambe depositato memoria difensiva. MOTIVI DELLA DECISIONE
Tanto premesso, deve escludersi in linea preliminare la legittimazione del ricorrente a proporre il presente ricorso. La decisione in esame, come si è rilevato in premessa, esprime duplice statuizione, avendo provveduto sia in ordine all'accertamento dello stato d'insolvenza che in materia di competenza. Questa unitarietà, di carattere solo formale, non unifica correlativamente la legittimazione ai relativi strumenti d'impugnazione che occorre invece verificare in relazione al contenuto specifico del decisum che viene denunciato, e di conseguenza deve essere discriminata a seconda della natura, e della corrispondente disciplina, del mezzo di riesame attivato.
E dunque, il principio già espresso da questa Corte nei precedenti n. 6166/2202 e n. 558/2001 e che viene senz'altro condiviso in linea astratta, secondo "nel caso in cui la sentenza dichiarativa di fallimento abbia statuito anche in materia di competenza, il soggetto legittimato all'opposizione L. Fall., ex art. 18, dispone alternativamente sia del suddetto rimedio sia del regolamento di competenza, ove intenda censurare solo la relativa statuizione", deve essere applicato restrittivamente, e in relazione al singolo caso concreto, non già ponendo una perfetta equazione fra le due diverse posizioni processuali e la conseguente legittimazione ad agire, ma nel senso che il soggetto legittimato all'opposizione può proporre il regolamento di competenza solo abbia rivestito la qualità di parte nel procedimento definito con la sentenza che ha deciso anche sulla competenza. Tanto perché mentre il sistema fallimentare, e in corrispondenza la norma contenuta nel D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 9, consente d'interloquire nel giudizio di opposizione non solo al fallito, ovvero ai creditori istanti, bensì anche a qualunque interessato, dunque anche a soggetti i quali siano rimasti estranei alla fase conclusasi con la sentenza dichiarativa di fallimento, la disposizione processuale ordinaria contenuta nell'art. 43 c.p.c. attribuisce il diritto di sollecitare la verifica sulla competenza solo ed esclusivamente alle "parti" del processo.
Il ricorrente, che pur sarebbe in tesi sicuramente legittimato all'opposizione, e non solo in ragione degl'interesse di giustizia che ha espressamente ventilato, ma per la qualità rivestita di componente del consiglio di amministrazione della società, non ha assunto però formalmente la veste di parte nella fase camerale chiusasi con la pronuncia in esame, avendo agito per sua espressa ammissione per suddetto astratto interesse di giustizia, senza prospettare un suo interesse diretto alla decisione, e non, può pertanto ritenersi legittimato anche al presente regolamento. In ragione di ciò non assume alcun rilievo, ne' in senso ostativo, ne' per affermarne la legittimazione, il fatto, sottolineato nel ricorso, che egli sia anche socio della società - di capitali - che aveva chiesto la dichiarazione del suo stato d'insolvenza. In tale ultima veste, peraltro, infatti, egli non avrebbe neppure la legittimazione a proporre l'opposizione dal momento che, sebbene la L. Fall., art. 18 e parimenti il D.Lgs n. 270 del 1999, art. 9, abilitino all'opposizione, oltre al fallito ed ai creditori istanti, qualunque soggetto interessato (Cass. 1994 n. 2783; 1992 n. 9353; 1977 n. 2339;
1972 n. 2519), e quindi indubbiamente anche il socio della società fallita, il quale peraltro ricopre la posizione di creditore verso la stessa società (cfr. Cass. 1997 n. 1663) come ha rilevato il P.G. nella sua requisitoria scritta, l'opposizione è però preclusa, per espressa previsione contenuta nel comma 2, dell'art. 18, al soggetto che ha chiesto il fallimento.
In ragione di tale esclusione, la posizione del socio, ed a maggior ragione quella del socio che sia anche componente del cda che ha chiesto l'apertura della procedura, data la sua peculiarità, deve essere valutata in concreto, e la legittimazione può essergli attribuita solo se si ravvisi la sua posizione di terzietà rispetto all'ente alla cui compagine appartiene, che ricorre solo se abbia proposto opposizione avverso la delibera che abbia espresso, col suo dissenso, la volontà sociale di chiedere il fallimento, giacché in caso contrario detta delibera è anche per esso vincolante (Cass. n. 558/2001).
Il ricorrente, nel caso di specie, non ha rappresentato al giudice di merito una situazione di conflitto con la società in relazione alla delibera con cui l'ente aveva espresso la sua richiesta di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, ma quale componente del consiglio di amministrazione, come ha dedotto la resistente senza riceverne smentita, partecipò alla seduta del 22.11.2044 in cui venne deliberata l'autorizzazione all'avvio della procedura. Egli non può pertanto essere considerato portatore di un autonomo interesse, meritevole di autonoma protezione, essendo suddetta delibera assembleare pienamente vincolante ed esecutiva anche nei suoi confronti.
Deve essere conseguentemente dichiarata l'inammissibilità del ricorso.
Segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nella misura liquidata in dispositivo. P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 5.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge. Così deciso in Roma, il 9 giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2006