Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 11519 - pubb. 05/11/2014

Ritardi del magistrato e illecito disciplinare: chiarimenti dalle Sezioni Unite, sul magistrato di sorveglianza

Cassazione Sez. Un. Civili, 24 Ottobre 2014, n. 22611. Est. Di Palma.


Deposito dei provvedimenti in ritardo – Triplo dei termini previsti dalla Legge – Magistrato di sorveglianza – Termini – Individuazione

Deposito dei provvedimenti in ritardo – Illecito disciplinare – Valutazione dell’organo disciplinare – Precisazioni



Per il magistrato di sorveglianza, i “termini” cui rapportare il parametro tipico per la valutazione disciplinare (“il triplo dei termini previsti dalla legge”) non sono espressamente e specificamente “previsti” né dalla legge di ordinamento giudiziario (art. 45 del R.d. 30 gennaio 1941, n. 12), né dalla legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), e successive modificazioni (artt. da 68 a 71-sexies e gli altri articoli ivi richiamati), né dal codice di procedura penale o dalle sue norme di attuazione (rispettivamente, artt. da 677 a 684 e da 189 a 193, nonché gli altri articoli ivi richiamati). Ed allora - nell'accettata assenza di termini specifici per il compimento degli atti del magistrato di sorveglianza -, in applicazione del canone ermeneutico di cui all'art. 12, secondo comma, delle disposizioni sulla legge in generale, tale lacuna può essere colmata con la menzionata disposizione generale del codice di rito penale, di cui all'art. 128, comma 1, primo periodo, da coordinarsi con l'obbligo di osservanza delle norme processuali, che è  imposto (pure) ai magistrati “anche ai fini della responsabilità disciplinare” dall'art. 124, comma 2, dello stesso codice. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

La fattispecie prevista dall'art. 2, comma 1, lettera q), del d.lgs. n. 109 del 2006 richiede, quale presupposto per la sanzionabilità dei ritardi, la necessaria concorrenza della reiterazione, della gravità e della ingiustificatezza degli stessi, conformemente alla chiara formulazione letterale della disposizione, con la conseguenza che tali elementi debbono essere contestualizzati alla luce del complessivo carico di lavoro, in riferimento a quello mediamente sostenibile dal magistrato a parità di condizioni, della laboriosità e dell'operosità, desumibili dall'attività svolta sotto il profilo quantitativo e qualitativo, e di tutte le altre circostanze utili che, per loro natura, implicano un tipico apprezzamento di fatto e che, quindi, sono essenzialmente devolute alla valutazione di merito della Sezione disciplinare del C.S.M., non censurabile in sede di legittimità ove assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria (La Corte ha cassato la sentenza disciplinare del CSM che aveva sanzionato un magistrato della Sorveglianza per avere depositato in ritardo 1110 provvedimenti, su di un totale di 3948, nel periodo tra 2010 e 2012). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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