Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 14589 - pubb. 01/07/2010

Obblighi e responsabilità del commissario dell'amministrazione straordinaria poi revocato

Cassazione civile, sez. I, 11 Febbraio 2000, n. 1507. Est. Losavio.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Organi preposti al fallimento - Curatore - Obblighi - Responsabilità - Del commissario dell'amministrazione straordinaria poi revocato - Fattispecie in tema di avvenuto riconoscimento della causa di prelazione in relazione a credito ipotecario inefficace

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Organi preposti al fallimento - Curatore - Obblighi - Responsabilità - Revoca del curatore o del commissario dell'amministrazione straordinaria - Azione di responsabilità - Prescrizione decennale (ratio)



Il comportamento del commissario dell'amministrazione straordinaria diretto a riconoscere la causa di prelazione di un credito vantato come ipotecario, benché inefficace, costituisce violazione di un dovere essenziale d'ufficio, idoneo a comportare la lesione al principio fondante del concorso paritario dei creditori; esso legittima, perciò, il nuovo commissario a far valere come interesse proprio della procedura quello dei creditori ipotecari di grado posteriore e chirografari danneggiati dall'indebita preferenza e ad esercitare l'azione di responsabilità dell'art. 199 legge fall. contro il commissario revocato. (massima ufficiale)

L'azione di responsabilità contro il curatore revocato (e contro il commissario dell'amministrazione straordinaria) decorre dal provvedimento di revoca e contestuale nomina del nuovo curatore e si prescrive (in ragione del fatto che non ha natura extracontrattuale) nell'ordinario termine decennale. (massima ufficiale)


Il testo integrale



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
SEZIONE PRIMA


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Rosario DE MUSIS - Presidente -
Dott. Giovanni LOSAVIO - Rel. Consigliere -
Dott. Giuseppe MARZIALE - Consigliere -
Dott. Francesco FELICETTI - Consigliere -
Dott. Giuseppe Maria BERRUTI - Consigliere -


ha pronunciato la seguente


S E N T E N Z A


sul ricorso proposto da:
DE LUCA FLAVIO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA MANCINELLI 60, presso l'avvocato C. PROSSOMARITI, rappresentato e difeso dall'avvocato RAFFAELE CRESCENZI, giusta mandato a margine del ricorso;


- ricorrente -


contro


ACHILLE LAURO Srl in amm. straordinaria, GRUPPO FLOTTA ACHILLE LAURO in amm. straordinaria, in persona del Commissario pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA GERMANICO 197, presso l'avvocato BRUNO FRANCESCO SAVERIO, rappresentati e difesi dall'avvocato SETTIMIO DI SALVO, giusta procura speciale per Notaio Sabatino Santangelo di Napoli rep. n. 46977 dell'11.6.1999;


- resistente -


avverso la sentenza n. 1730/97 della Corte d'Appello di NAPOLI, depositata il 26/06/97;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/07/99 dal Consigliere Dott. Giovanni LOSAVIO;
udito per il resistente, l'Avvocato Di Salvo, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Guido RAIMONDI che ha concluso per l'accoglimento del terzo motivo;
assorbito il quarto motivo; rigetto nel resto del ricorso.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Rigettando l'appello principale di Flavio De Luca, commissario revocato delle Amministrazioni straordinarie della società a r.l. "Achille Lauro Lines" e della impresa individuale "Achille Lauro", e quello incidentale degli attuali commissari delle stesse Amministrazioni straordinarie, al De Luca succeduti, Valeria Marsiglia, Giuseppe Angeloni e Mario Sica, la Corte d'appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale di Napoli che aveva accolto il capo della domanda - proposta dagli attuali commissari ex art. 199 legge fallimentare - diretto all'accertamento del comportamento negligente del De Luca (per avere, come commissario, rinunciato all'azione revocatoria delle tre garanzie ipotecarie iscritte dal Banco di Roma su beni immobili della impresa individuale "Achille Lauro" insolvente), ma aveva rigettato il consecutivo capo della stessa domanda diretto alla condanna al risarcimento dei danni conseguenti.
Rigettando la eccezione di prescrizione, riproposta dal De Luca con il primo motivo dell'appello, la Corte di merito asseriva che il termine a quo doveva farsi coincidere con il momento - della revoca del commissario chiamato in responsabilità - a partire dal quale il diritto poteva essere azionato dal nuovo commissario (art. 2935 c.c.; quando, per altro, l'art. 2941, n. 7, c.c. dispone che la prescrizione rimanga sospesa "tra le persone giuridiche e i loro amministratori finché sono in carica per le azioni di responsabilità contro di essi".
Quanto al motivo che riproponeva la eccezione di difetto di legittimazione attiva dei nuovi commissari, rilevava che essi sono titolari di un interesse autonomo collegato alla procedura, che li legittima all'azione di responsabilità nell'interesse dell'intero ceto creditorio. La Corte di merito ribadiva per altro l'interesse ex art. 100 c.p.c. della amministrazione straordinaria all'accertamento di una condotta che si prospetta come potenzialmente produttiva di danni concreti riferibili alla massa creditoria e negava che la decisione impugnata fosse viziata da contraddizione per avere il Tribunale, da un lato, accolto il capo della domanda diretto all'accertamento del comportamento negligente del commissario come fonte di responsabilità per lui, ma poi, dall'altro, rigettato il capo della medesima domanda - ritenuto autonomo - diretto alla condanna al risarcimento dei danni conseguenti, per la ragione che allo stato mancava la prova - in considerazione dell'attivo dichiarato ma ancora da realizzarsi - che il riconoscimento della prelazione non avrebbe comportato il soddisfacimento integrale dei creditori iscritti ma di grado posteriore e dei chirografari. Rigettando l'appello incidentale della amministrazione straordinaria, che lamentava la mancata condanna generica al risarcimento del danno, la Corte d'appello rilevava per contro che una tale domanda non era stata proposta neppure nel corso del giudizio di primo grado e come domanda nuova era inammissibile in appello. Rigettava infine il motivo del ricorso principale diretto a contestare ogni profilo di colpa nel comportamento del commissario De Luca, rilevando che l'autorizzazione alla transazione con il Banco di Roma data dal ministero su istanza del commissario e il previo parere favorevole del comitato dei creditori dovevano considerarsi formalità inidonee ad escludere la colpevole mala gestio, consistita nell'aver riconosciuto l'efficacia di iscrizioni ipotecarie per oltre 4 miliardi e 700 milioni di lire, avvenute pochi mesi prima della dichiarazione di insolvenza, a favore del Banco di Roma che era per certo a conoscenza della effettiva situazione economico- patrimoniale dell'impresa debitrice.
Contro questa sentenza l'avv. Flavio De Luca ha proposto ricorso per cassazione deducendo quattro motivi di impugnazione. I commissari della amministrazione straordinaria della impresa individuale Achille Lauro non hanno contraddetto con controricorso, ma attraverso il loro difensore - cui hanno conferito procura speciale allo scopo - hanno partecipato all'udienza di discussione, concludendo per il rigetto del ricorso.


MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce "violazione e falsa applicazione" degli artt. 2941, n. 7, 2947, 2935 c.c. e 199 legge fallimentare, nonché vizio di motivazione, e lamenta che i giudici di merito non abbiano fatto operare il termine quinquennale della prescrizione dalla consumazione dell'asserito fatto dannoso (maggio 1985) imputato al commissario (essendo stata la domanda proposta con citazione notificata il 14 maggio 1993), secondo il generale principio affermato per l'azione di responsabilità degli amministratori delle società iscritte, quando la sospensione del termine ex art. 2941, n. 7, c.c. non era stata eccepita dai Commissari e non poteva essere rilevata d'ufficio. Il motivo è infondato.
Non si è mai dubitato - così in dottrina come in giurisprudenza - che la prescrizione dell'azione di responsabilità contro il curatore revocato (e quindi, per il duplice rinvio dell'art. 1, comma 6, legge 95/1979 all'art. 199 l.f. e di quest'ultimo disposto all'art. 38 l.f., contro il commissario della amministrazione straordinaria) decorra dal provvedimento di revoca e contestuale nomina del nuovo curatore e l'unica pronuncia di questa Corte che espressamente affermò il principio (sez. III, 4 ottobre 1996, n. 8716) attiene a controversia nella quale l'azione di responsabilità era stata promossa dal fallito ritornato in bonis (contro il curatore, a suo tempo revocato, del suo fallimento) e si discuteva se la prescrizione fosse rimasta sospesa nei confronti del fallito durante la procedura di fallimento: ebbene, motivando la risposta negativa a tale questione, il giudice di legittimità (sull'implicito presupposto che la responsabilità del curatore non debba qualificarsi come extracontrattuale e non sia perciò applicabile il disposto dell'art. 2947, primo comma, c.c.) affermò che opera al riguardo l'ordinario termine prescrizionale, con decorrenza - appunto - dal provvedimento di revoca del curatore. E il fondamento di tale decorrenza (non esplicitamente argomentato in quella decisione poiché la questione non era controversa nel relativo giudizio) è agevole individuare nella considerazione che l'azione di responsabilità a norma dell'art. 38, secondo comma, l.f. (e dell'art. 199, secondo comma, l.f.) sorge ex novo a favore del "nuovo curatore" (e del "nuovo" commissario), ad essa legittimato, e in via esclusiva, durante la procedura, sul necessario specifico presupposto del provvedimento di revoca del precedente curatore (e del precedente commissario). (Nè nella specie può dirsi perciò operante il disposto dell'art. 2935 c.c. - cui fa richiamo il ricorrente - che postula la preesistenza del diritto - e del suo titolare legittimato all'azione - rispetto al momento in cui il diritto stesso può essere fatto valere). Soluzione diversa - è appena il caso di aggiungere - è stata a ragione adottata (Cass. SS.UU. 6 ottobre 1981, n. 5241) per la (diversa) azione di responsabilità che il curatore esercita a norma dell'art. 146 secondo comma l.f. (art. 2394, comma tre, c.c.) contro gli amministratori della società fallita, giacché, secondo il modello dell'azione come disegnato dal comma due del medesimo art. 2394 c.c., l'evento lesivo dell'interesse dei creditori si realizza con il verificarsi dell'insufficienza del patrimonio sociale "al soddisfacimento dei loro crediti" e quando tale evento - come ben può avvenire - è anteriore alla dichiarazione di fallimento, in quel momento sorge l'azione di responsabilità a favore dei creditori e da quel momento decorre la prescrizione pure nei confronti del curatore che succede ai creditori nella legittimazione all'azione.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 100 c.p.c. e 199 l.f., nonché dei principi ispiratori della procedura ex lege 95/1979 e critica la motivazione della decisione nel punto in cui la Corte di merito ha rigettato la eccezione di difetto di legittimazione dei nuovi commissari all'azione di responsabilità, alla quale sarebbero stati legittimati in via esclusiva i soli creditori direttamente danneggiati dalla attribuzione della preferenza ipotecaria al Banco di Roma, dovendo escludersi che il riconoscimento relativo abbia recato pregiudizio alla "intera massa dei creditori", anche avuto riguardo alla specialità della procedura di amministrazione straordinaria, la cui primaria finalità di interesse generale (il risanamento della "grande" impresa insolvente) ben può comportare il sacrificio dell'interesse dei creditori.
La censura è infondata.
Benché il ricorrente denunci violazione dell'art. 100 c.p.c., ripropone in realtà la questione in diritto (oggetto di un motivo dell'appello) se il pregiudizio in ipotesi cagionato a una sola categoria di creditori dall'indebito riconoscimento della causa di preferenza di un credito insinuato come ipotecario legittimi il nuovo commissario all'azione di responsabilità, contro il commissario revocato, ex art. 199 l.f.: e la risposta che la Corte di merito ha dato al riguardo, riconoscendo la legittimazione nella specie dei nuovi commissari, deve essere condivisa. Non può dubitarsi, infatti, che la realizzazione della par condicio creditorum costituisca la finalità primaria delle procedura concorsuali (e indefettibile pure nella amministrazione straordinaria) e dunque quel comportamento del commissario prospettato come diretto a riconoscere, benché inefficace, la causa di prelazione di un credito vantato come ipotecario costituisce violazione di un dovere essenziale dell'ufficio, è idoneo a comportare per certo la lesione al principio fondante del concorso paritario dei creditori e legittima perciò il nuovo commissario a far valere come interesse proprio della procedura quello dei creditori ipotecari di grado posteriore e chirografari danneggiati dalla indebita preferenza e ad esercitare l'azione di responsabilità ex art. 199, secondo comma, l.f. contro il commissario revocato.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 277 e 278 c.p.c., nonché vizio di motivazione e violazione del principio di concentrazione del giudizio sull'an e sul quantum e critica la decisione per avere la Corte di merito scomposto la unitaria domanda di risarcimento dei danni per un definito importo, accolto il capo della domanda relativo all'accertamento di un comportamento negligente e rigettato quello della stessa domanda diretto alla conseguente condanna, per la asserita ragione che allo stato faceva difetto la prova del pregiudizio - dunque della lesione del diritto - e tale constatazione doveva comportare il riconoscimento che l'azione di responsabilità del commissario per un comportamento prospettato come tale da cagionare uno specifico danno era integralmente priva di fondamento.
La censura è fondata (e nell'accoglimento di essa rimane assorbito il quarto motivo proposto in linea subordinata, con il quale il ricorrente, denunciando violazione degli artt. 2697 c.c., 6 bis e ss. legge 95/1979, nonché vizio di motivazione, censura la decisione nel punto in cui - senza adeguata argomentazione - è stata ritenuta provata la colpa del commissario De Luca in ordine alla transazione da lui conclusa con il Banco di Roma previa approvazione del comitato di creditori e autorizzazione del ministero competente ed è stata postulata la esistenza di un pregiudizio per la procedura come conseguenza di quella transazione, omessa la considerazione dei vantaggi che invece ne erano per essa derivati e dato per certo l'esito favorevole della - rinunciata - azione revocatoria delle garanzie ipotecarie in contestazione). L'autonomo e diretto esame degli atti processuali, cui questa Corte è tenuta per essere stato denunciato un errore in procedendo, offre infatti elementi sicuri di giudizio nel senso che i "nuovi" commissari con l'atto introduttivo formularono una unitaria domanda di condanna al risarcimento dei danni, determinata anche nella "quantità" "dovuta" (art. 278 c.p.c.) - dunque domanda di condanna c.d. specifica - sul fondamento del previo accertamento di individuati profili di responsabilità del revocato commissario. E se tali profili - l'an della pretesa - sono letteralmente enunciati nelle prime due delle tre proposizioni (i capi a, b e c) in cui si articola la formulazione della pretesa stessa, ciò non può certo valere ad integrare due distinte domande avanzate entrambe in via principale, di mero accertamento l'una e di condanna l'altra, e palese è dunque l'errore dei giudici di primo grado (condiviso dalla Corte d'appello che ha integrato la motivazione sul punto, ritenuta carente nella sentenza del Tribunale) che hanno "accolto il capo a) della domanda proposta dagli attori", arbitrariamente scindendo la unitaria pretesa, e rigettato il capo c) nel quale era stata espressa la richiesta di "condannare l'avv. Flavio De Luca al risarcimento del danno nella misura indicata, ovvero in subordine a quella ritenuta di giustizia" (conclusioni degli attori riportate nella sentenza del Tribunale).
È appena il caso di richiamare il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità (Cass. SS.UU., n. 1324 del 1997 e n. 2124 del 1994) nel senso della ammissibilità del giudizio limitato ab origine all'accertamento dell'an debeatur e cioè all'accertamento del fatto illecito anche solo potenzialmente dannoso; e pure della ammissibilità della istanza dell'attore, avanzata nel corso del giudizio unitario (su an e quantum), diretta ad ottenere la sola pronuncia sull'an, alla condizione del consenso - pur se implicito - del convenuto, necessario poiché tale istanza postula la modificazione della originaria domanda estesa al quantum. Ebbene, la lettura degli atti e della sentenza di primo grado rende convinti che gli attori mantennero ferma nel giudizio la domanda di condanna al risarcimento del danno determinato nel suo importo (dunque di condanna c.d. specifica) e anzi che il Tribunale non intese considerare, ammettere e accogliere una subordinata domanda limitata all'accertamento dell'an, avendo fatto seguire alla argomentazione in ordine all'apprezzamento della "evidente negligenza che ha caratterizzato la condotta certamente tenuta dal convenuto" come "causa della collocazione in prelazione del credito del Banco di Roma" la constatazione conclusiva che tale accertamento "non giustifica, tuttavia, l'accoglimento della spiegata pretesa risarcitoria, non potendo dirsi acquisita prova alcuna in ordine all'effettiva verificazione di un danno in rapporto di causalità diretta con la medesima condotta dianzi descritta" (pag. 15-16 della sentenza di primo grado).
Sicché si ha la conferma che il Tribunale considerò come domanda unitaria - l'unica proposta dai commissari attori - la "spiegata pretesa risarcitoria" e intese rigettarla per difetto della prova (non solo sul quantum ma) innanzitutto sulla sussistenza stessa di un apprezzabile pregiudizio per la procedura come effetto della pur accertata condotta negligente del commissario revocato. E con una siffatta motivazione della decisione è in palese contrasto il dispositivo (che non trova alcuna rispondenza nella argomentazione del testo della sentenza) là dove il Tribunale "accoglie il capo a) della domanda proposta dagli attori" e per l'effetto dichiara che la negligente condotta tenuta dall'avvocato De Luca [...] è stata causa e ha determinato la collocazione con prelazione ipotecaria al passivo dell'amministrazione straordinaria [...] del credito di lire 4.720.000.000 del Banco di Roma". Rigettando l'appello proposto sullo specifico punto dall'avv. De Luca, la Corte di merito ha inteso integrare la motivazione della sentenza impugnata - ritenuta carente al riguardo - e ha affermato che gli attori avevano proposto due distinte domande ("la prima mira a una decisione dichiarativa di responsabilità, la seconda tende a una pronuncia di condanna per risarcimento danni"), senza avvertire che, in astratta ipotesi, la domanda di mero accertamento del diritto si pone necessariamente in alternativa e in linea subordinata rispetto a quella di condanna alla determinata prestazione e che dunque, in concreto, i capi a) e b) della "spiegata pretesa risarcitoria" (a pag. 16 della sentenza di primo grado) integrano la enunciazione dell'an della unitaria domanda e costituiscono l'oggetto di quell'accertamento direttamente funzionale all'accoglimento della richiesta di condanna - a una prestazione quantificata - formulata consecutivamente e consequenzialmente nel capo c) delle conclusioni. Palese è infine la contraddizione interna alla decisione dei giudici di appello, là dove essi hanno rigettato anche l'appello incidentale dei commissari attori (diretto a conseguire la condanna generica al risarcimento dei danni) sul rilievo che una tale domanda era stata proposta per la prima volta in secondo grado (poiché di essa non v'era traccia alcuna nell'atto introduttivo del giudizio, dove il danno era stato quantificato in lire 4 miliardi e 270 milioni) e come domanda nuova doveva essere considerata inammissibile.
4. La decisione impugnata, che ha postulato una autonoma domanda di mero accertamento del diritto - invece non formulata dagli attori -, si risolve quindi in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) e deve, in accoglimento del terzo motivo del ricorso, essere sul punto cassata. E poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa ben può essere decisa nel merito - a norma dell'art. 384, primo comma, seconda ipotesi, c.p.c. - con l'integrale rigetto della unitaria domanda dai commissari proposta sul fondamento dell'art. 199 l.f. e diretta alla condanna del commissario revocato al risarcimento del danno quantificato in un importo determinato (dunque alla condanna c.d. specifica). Gli attori infatti, come hanno affermato i giudici di primo grado con statuizione non investita dalla impugnazione incidentale, non hanno offerto la prova della sussistenza di un danno effettivo, riferibile - come alla sua causa - alla condotta negligente del commissario revocato (sicché, mancando la prova della lesione stessa del diritto azionato, la domanda deve essere rigettata).
Nella natura della controversia ravvisa il Collegio giusti motivi di compensazione tra le parti delle spese dell'intero giudizio.


P.Q.M.


La Corte, rigetta il primo e il secondo motivo del ricorso, accoglie il terzo e dichiara assorbito il quarto; cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito a norma dell'art. 384 c.p.c., rigetta la domanda proposta dai commissari della amministrazione straordinaria della impresa individuale Achille Lauro; compensa tra le parti le spese dell'intero giudizio.
Roma, 9 luglio 1999.
Depositato in cancelleria l'11 febbraio 2000.