Diritto Penale


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 14738 - pubb. 14/04/2016

Depenalizzazione civile: il giudice penale non può decidere l’appello ai soli effetti civili

Tribunale Cosenza, 26 Febbraio 2016. Est. Giusi Ianni.


Depenalizzazione ex dlgs. 7 del 2016 – Abolizione di reato – Giudizio di appello – Assoluzione dell’imputato – Capi civili – Revoca – Sussiste – Potere del giudice penale di decidere l’appello agli effetti civili – Esclusione



Il reato di ingiuria è stato depenalizzato e trasformato in illecito (esclusivamente) civile dal d.lgs. 7/2016. L’intervenuta depenalizzazione del reato di ingiuria esonera il giudice dal prendere posizione sulla fondatezza dell’appello agli effetti civili. A differenza, infatti, del coevo d.lgs. 8/2016 (operante un intervento di depenalizzazione mediante conversione in illecito amministrativo di taluni reati), il d.lgs. 7/2016 non contiene una norma che imponga al giudice di decidere sull’appello agli effetti civili malgrado l’assoluzione dell’imputato per il mutamento normativo sopravvenuto e ciò impedisce l’applicazione analogica – che sarebbe in malam partem per l’imputato - dell’art. 578 c.p.p., operante solo per il caso di dichiarazione di estinzione del reato per amnistia o prescrizione. Trattasi di differenza di regime che non appare irragionevole, in quanto la ratio dell’opera di depenalizzazione portata avanti dal d.lgs. 7/2016 è quella di collocare integralmente in ambito privatistico talune controversie prima di rilevanza penale, sicché, grazie all’iniziativa della persona offesa, potrà essere il giudice civile a decidere sulla sussistenza dei presupposti per la condanna dell’odierno imputato al risarcimento del danno e per la conseguente applicabilità delle sanzioni pecuniarie civili di nuova introduzione (di cui è espressamente prevista l’applicazione retroattiva, con il limite del giudicato). Se così non fosse – e se, quindi, il giudice penale, in grado di appello, potesse decidere agli effetti civili sulla fondatezza del gravame – la persona offesa alcun interesse avrebbe più ad agire in sede civile, così frustrandosi la prevista applicazione retroattiva delle sanzioni privatistiche di nuova introduzione (di competenza, appunto, del giudice civile). Nel caso, invece, della conversione in illecito amministrativo, la previsione da parte del d.lgs. 8/2016 di un regime analogo a quello previsto dall’art. 578 c.p.p. ben si giustifica con il fatto che l’eventuale pretesa risarcitoria della persona offesa nessuna tutela potrebbe avere dinanzi all’Autorità Amministrativa, a cui il giudice penale deve rimettere gli atti nell’assolvere l’imputato perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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