Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 14818 - pubb. 20/04/2016

Donazione di cosa in tutto o in parte altrui

Cassazione Sez. Un. Civili, 15 Marzo 2016, n. 5068. Est. Petitti.


Donazione di cosa altrui in tutto o in parte – Nullità – Limiti

Donazione di cosa altrui in tutto o in parte – Validità – Elementi costitutivi – Donazione obbligatoria di dare – Requisiti – Ipotesi del coerede che doni uno dei beni compresi nella comunione



La donazione di cosa, in tutto od in parte, altrui (qual è la quota del bene indiviso di una massa ereditaria da parte del coerede), è nulla per mancanza di causa donandi, salvo che l’alterità del bene sia nota alle parti e risulti dal titolo, traducendosi in una donazione obbligatoria di dare. Infatti, prima ancora che per la possibile riconducibilità del bene altrui nella categoria dei beni futuri, di cui all’art. 771, primo comma, cod. civ., la altruità del bene incide sulla possibilità stessa di ricondurre il trasferimento di un bene non appartenente al donante nello schema della donazione dispositiva e quindi sulla possibilità di realizzare la causa del contratto (incremento del patrimonio altrui, con depauperamento del proprio). (Le SSUU enunciano il seguente principio di diritto: La donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa, a meno che nell’atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell’attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio. Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

In materia di donazione, se il bene si trova nel patrimonio del donante al momento della stipula del contratto, la donazione, in quanto dispositiva, è valida ed efficace; se, invece, la cosa non appartiene al donante, questi deve assumere espressamente e formalmente nell’atto l’obbligazione di procurare l’acquisto dal terzo al donatario. La donazione di bene altrui vale, pertanto, come donazione obbligatoria di dare, purché l’altruità sia conosciuta dal donante, e tale consapevolezza risulti da un’apposita espressa affermazione nell’atto pubblico (art. 782 cod. civ.). Se, invece, l’altruità del bene donato non risulti dal titolo e non sia nota alle parti, il contratto non potrà produrre effetti obbligatori, né potrà applicarsi la disciplina della vendita di cosa altrui. Alle medesime conclusioni deve pervenirsi per il caso in cui oggetto della donazione sia un bene solo in parte altrui, perché appartenente pro indiviso a più comproprietari per quote differenti e donato per la sua quota da uno dei coeredi. Non è, infatti, dato comprendere quale effettiva differenza corra tra i "beni altrui" e quelli "eventualmente altrui", trattandosi, nell’uno e nell’altro caso, di beni non presenti, nella loro oggettività, nel patrimonio del donante al momento dell’atto, l’unico rilevante al fine di valutarne la conformità all’ordinamento. In sostanza, la posizione del coerede che dona uno dei beni compresi nella comunione (ovviamente, nel caso in cui la comunione abbia ad oggetto una pluralità di beni) non si distingue in nulla da quella di qualsivoglia altro donante che disponga di un diritto che, al momento dell’atto, non può ritenersi incluso nel suo patrimonio. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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