Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 14819 - pubb. 20/04/2016

Risarcimento del danno vs PA e vincolo urbanistico

Cassazione civile, sez. I, 18 Marzo 2016, n. 5443. Est. Valitutti.


Comportamento illecito della P.A. – Risarcimento del danno – Azione ex art. 2043 c.c. – Domanda proposta prima delle modifiche introdotte dal dlgs 80/1998 – Giurisdizione del GO – Sussiste

Potestà comunale di imposizione di vincoli preordinati all’esproprio o all’inedificabilità – Mancanza reiterazione alla scadenza del termine di efficacia – Cd. Vuoto urbanistico



In relazione a domanda di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. da comportamento della P.A., proposta prima delle modificazioni del sistema di riparto della giurisdizione introdotte con il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, e successive modificazioni, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, al quale spetta, in linea di principio, la cognizione su questioni di diritto soggettivo, giacché tale natura deve attribuirsi al diritto al risarcimento del danno, che è diritto distinto dalla posizione giuridica soggettiva la cui lesione sia fonte di danno ingiusto, la quale può avere natura di diritto soggettivo, di interesse legittimo - nelle sue varie configurazioni, correlate alle diverse forme di protezione - o di interesse comunque rilevante per l’ordinamento (cfr. Cass. S.U. 500/1999; 2206/2005; 13711/2005; 25515/2006; 123737/2008). In siffatta ipotesi, infatti, il giudice adito può procedere direttamente ad accertare l’illegittimità del provvedimento amministrativo, nell’ambito della qualificabilità del fatto controverso come illecito a norma dell’art. 2043 cod. civ. (cfr., ex plurimis, Cass.S.U. 500/1999; S.U. 1852/2009; Cass. 13619/2004; 18486/2006). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

In materia urbanistica, poiché la potestà dei Comuni d’imporre vincoli preordinati all’esproprio o all’inedificabilità non è illimitata, decadendo tali vincoli, ai sensi dell’art. 2 della legge 19 novembre 1968, n. 1187 (applicabile ratione temporis), al termine del quinquennio (per la Regione Sicilia, ai sensi dell’art. 1 della legge regionale 5 novembre 1973, n. 38, al termine del periodo di dieci anni), si determina, in caso di mancata reiterazione dei vincoli pregressi o di mancato inserimento dei terreni nell’ambito di una precisa pianificazione conformativa, una condizione di "vuoto urbanistico", disciplinata dall’art. 4, ultimo comma, della legge n. 10 del 1977, dovuta alla violazione dell’obbligo di ripianificazione incombente sulla P.A. Tuttavia, la situazione di inedificabilità conseguente alla sopravvenuta inefficacia di talune destinazioni di piano (cosiddetto vuoto urbanistico) è per sua natura provvisoria, avendo l’autorità comunale l’obbligo di reiterare il vincolo (con previsione di indennizzo), ovvero, in alternativa, di provvedere all’integrazione dello strumento pianificatorio divenuto parzialmente inoperante, stabilendo la nuova destinazione da assegnare all’area interessata.
Qualora la P.A. rimanga inerte, dunque, la situazione conseguente non è equiparabile alla compressione del diritto dominicale provocata dai vincoli preordinati all’esproprio, né è definibile come espropriazione di valore, attesa la provvisorietà del regime urbanistico di salvaguardia, per cui nessuna aspettativa si crea nel proprietario in ordine al conferimento di particolari qualità edificatorie oltre quei limiti o, ancor meno, riguardo a possibili lottizzazioni. Egli, però, non resta senza tutela nei confronti dell’inerzia dell’ente territoriale, ben potendo, ove vi abbia interesse, promuovere gli interventi sostitutivi della Regione (ex art. 4, comma 7, della l. n. 10 del 1977), oppure reagire attraverso la procedura di messa in mora per far accertare l’illegittimità del silenzio. Solo in caso di persistente inerzia della p.a. può configurarsi la lesione del bene della vita identificabile nell’interesse alla certezza circa la possibilità di razionale e adeguata utilizzazione della proprietà, con conseguente diritto del privato al risarcimento del danno subito (cfr. Cass. 8384/2008; 18105/2010; 8530/2010). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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