Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 15339 - pubb. 29/06/2016

Parere del Consiglio di Stato sullo schema di 'decreto SCIA'

Consiglio di Stato, 30 Marzo 2016. Est. Mastandrea, Deodato.


Riforma organica della pubblica amministrazione – Raccomandazioni – Legge 124 del 2015

S.C.I.A. – Inquadramento – Natura giuridica – Segnalazione alla P.A. – Instaurazione di un «contratto amministrativo» – Conseguenze – Privato titolare di un interesse oppositivo a contrastare le determinazioni per effetto delle quali l’amministrazione, esercitando il potere inibitorio, repressivo o conformativo, incida negativamente sull’agere licere oggetto della segnalazione

S.C.I.A. – Tutela del terzo controinteressato – De Jure Condendo

Liberalizzazione – Direttiva Europea Servizi, n. 123 del 2006 – Certezza dei rapporti giuridici – Limiti al potere di autotutela – Art. 6 legge 124 del 2015 – Modifica dell’art. 21-nonies l. 241 del 1990 – Nuovo “paradigma” dei rapporti tra privato e PA – Immodificabilità – Inoppugnabilità



Le raccomandazioni generali sulla riforma di cui alla legge n. 124 del 2015 sono le seguenti: - l’importanza di una legge che consideri la riforma della pubblica amministrazione come un ‘tema unitario’ (non, quindi, un’ulteriore riforma di singole parti dell’apparato pubblico, ma una riforma complessiva dei rapporti tra Stato e cittadino); - la necessità di una ‘visione nuova’ della pubblica amministrazione, che si occupi con strumenti moderni e multidisciplinari di crescita e sviluppo e non più solo di apparati e gestione, che sia informatizzata e trasparente, che consideri l’impatto ‘concreto’ degli interventi sul comportamento dei cittadini, sulle imprese, sull’economia; - la rilevanza cruciale di una solida fase di implementazione della riforma, anche dopo l’approvazione dei decreti attuativi; - l’importanza, in particolare, della creazione di una cabina di regia per l’attuazione ‘in concreto’, che curi anche (rectius, soprattutto) gli strumenti non normativi di intervento quali: la formazione dei dipendenti incaricati dell’attuazione, la comunicazione istituzionale a cittadini e imprese sui loro nuovi diritti, l’adeguata informatizzazione dei procedimenti, etc.; - il coinvolgimento degli stakeholders sin dalla impostazione della fase attuativa; - l’importanza di un fine tuning della riforma attraverso una fase di monitoraggio e verifica dell’impatto delle nuove regole, nonché con la definizione, se del caso, di interventi correttivi, o di quesiti per l’attuazione delle nuove normative da porre al Consiglio di Stato. Le più approfondite considerazioni del parere n. 343/2016 su tali punti devono, pertanto, ritenersi integralmente riprodotte dal parere in oggetto. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

La SCIA è ‘istituto non provvedimentale’, che si inserisce in un quadro informato ai princìpi di liberalizzazione e di semplificazione, nonché ai princìpi di certezza dei rapporti giuridici e di tutela dell’affidamento legittimo. Lo scopo perseguito dal legislatore risulta almeno triplice: a) favorire le attività – specie privati attraverso un generale economiche – dei soggetti rafforzamento degli istituti di liberalizzazione e semplificazione, con il correlato ridimensionamento sia della “regolazione delle attività economiche ingiustificatamente intrusiva” (cfr., ex multis, C. Cost. n. 200 del 2012), sia dei poteri inibitori e di autotutela delle amministrazioni competenti, incidenti sulle iniziative già in atto e consolidate; b) assicurare, in ogni caso, maggiore certezza a livello interpretativo per il funzionamento degli istituti di semplificazione, anche nell’interesse delle amministrazioni, mediante una migliore formulazione delle regole riguardanti la SCIA, l’annullamento di ufficio e la sospensione; c) garantire, con adeguate prescrizioni attuative, un migliore funzionamento “in concreto” dei meccanismi di SCIA e silenzio assenso (ad es., in relazione alle modalità di presentazione e dei contenuti standard degli atti di segnalazione). La SCIA, pertanto, non è un mero modulo di semplificazione procedimentale che consente al privato di conseguire, per silentium, un titolo abilitativo di matrice provvedimentale, ma rappresenta, come chiarito anche dal D.L. n. 70 del 2011, uno strumento di liberalizzazione imperniato sulla diretta abilitazione legale all’immediato esercizio di attività affrancate dal regime autorizzatorio (Ad. Pl., n. 15 del 2011). La principale caratteristica dell’istituto risiede, infatti, nella sostituzione dei tradizionali modelli provvedimentali autorizzatori ‘a regime vincolato’ con un nuovo schema, ispirato alla liberalizzazione delle attività economiche private, consentite ‘direttamente dalla legge’ in presenza dei presupposti normativamente stabiliti. L’attività dichiarata può, quindi, essere intrapresa senza il bisogno di un consenso “a monte” dell’amministrazione, poiché esso è surrogato dall’assunzione di auto-responsabilità del privato, insita nella segnalazione certificata, costituente, a sua volta, atto soggettivamente ed oggettivamente privato. In questo assetto legislativo – che appare del tutto coerente anche con l’evoluzione del diritto europeo, culminata con la direttiva servizi del 2006 – non c’è spazio, sul piano concettuale e strutturale, per alcun potere preventivo di tipo ampliativo (autorizzatorio, concessorio e, in senso lato, di assenso), che sarebbe stato comunque un potere non discrezionale, ma vincolato all’accertamento dei requisiti di legge. Tale potere viene sostituito da un potere successivo, anch’esso non discrezionale ma vincolato alla mera verifica della sussistenza dei presupposti di legge per l’esercizio dell’attività denunciata (rectius, segnalata), con connessa previsione di strumenti inibitori e repressivi in caso di esito negativo. Il dichiarante è, quindi, titolare di una situazione soggettiva originaria, che rinviene il suo fondamento diretto ed immediato nella legge, sempre che ricorrano i presupposti normativi per l’esercizio dell’attività e purché la mancanza di tali presupposti non venga stigmatizzata dall’amministrazione con il potere inibitorio, repressivo o conformativo, da esercitare comunque nei termini di legge. Si può, quindi, affermare che il privato è titolare di una posizione di vantaggio immediatamente riconosciuta dall’ordinamento, che gli consente di realizzare direttamente il proprio interesse, previa instaurazione di una relazione con la pubblica amministrazione, ossia un «contatto amministrativo», mediante l’inoltro della segnalazione certificata. Il privato è, poi, titolare di un interesse oppositivo a contrastare le determinazioni per effetto delle quali l’amministrazione, esercitando il potere inibitorio, repressivo o conformativo, incida negativamente sull’agere licere oggetto della segnalazione. L’innovatività del modello e l’emancipazione dell’attività segnalata da un ‘titolo amministrativo’ di natura pubblicistica è confermata dalla generalizzazione del meccanismo della segnalazione a immediata efficacia legittimante, rafforzato sia dalla legge n. 124 del 2015, che riduce e razionalizza l’interferenza amministrativa sull’attività del privato con riguardo agli interventi successivi (come si evince anche dalle modifiche degli articoli 21 e 21-nonies della l. n. 241), sia dalla bozza di decreto delegato, che consolida e chiarisce ulteriormente il suddetto meccanismo, insistendo anche sulla ‘unicità’ e ‘onnicomprensività della segnalazione immediatamente legittimante. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

De Jure condendo, in materia di SCIA, sarebbe auspicabile un intervento legislativo sulla questione della tutela del terzo che affermi di subire una lesione nella propria sfera giuridica per effetto dell’avvio dell’attività, con particolare riguardo all’utilizzabilità dell’azione di accertamento, anche atipica, volta a far dichiarare che l’attività avviata non è conforme alle norme amministrative, ovvero dell’azione contro il silenzio amministrativo, conformemente a quanto previsto dal comma 6-ter dell’articolo 19 della legge n. 241. Fermi restando gli indirizzi giurisprudenziali consolidati sulla conoscenza dell’attività che si assume contra legem, e quindi sul dies a quo per la tutela del controinteressato, i nuovi limiti imposti dalla riforma all’intervento ex post dell’Amministrazione potrebbero, oggi, difficilmente conciliarsi con i tempi di instaurazione del giudizio ex art. 31 c.p.a. (che, in base al comma 6-ter dello stesso art. 19, costituisce strumento di tutela esclusivo contro l’omesso esercizio del potere di verifica del legittimo utilizzo della segnalazione). Va segnalata l’esigenza di ricercare soluzioni per riconoscere una effettiva tutela del terzo che, però, non vanifichino neppure l’esigenza di certezza definitiva sottesa ai nuovi termini massimi dell’art. 21-nonies e che siano compatibili con il principio della liberalizzazione riaffermato al punto precedente. Ciò potrebbe avvenire, a titolo di mero esempio, innestando meccanismi tipici della tutela sul provvedimento (che si scandiscono con una tempistica ben definita, che conferisce certezze sia alle iniziative dei terzi che al titolare del provvedimento impugnato) in un contesto che resti coerente con la liberalizzazione delle attività in parola (e quindi con l’impossibilità di un rimedio annullatorio, anche avverso un silenzio significativo). In questo modo, si potrebbe costruire, in ipotesi, una tutela speciale che potrebbe far leva sul rimedio dell’azione di accertamento (nel caso di specie, accertamento da parte del giudice dell’assenza dei requisiti previsti dalla legge per l’esercizio di un’attività soggetta a SCIA) e che dovrebbe essere comunque in grado di far consolidare, dopo un certo termine, l’attività ‘libera’, alla stregua di quanto già accade per le attività ‘non libere’ ma soggette a provvedimenti autorizzativi. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

L’articolo 6 della legge n. 124 del 2015, con la modifica dell’art. 21-nonies, in materia di annullamento di ufficio dell’atto amministrativo, ha introdotto un termine finale generale per l’adozione di atti di autotutela (e, nel caso della SCIA, di atti repressivi, inibitori o conformativi). Tale confine temporale introduce un “nuovo paradigma” nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione: nel quadro di una regolamentazione attenta ai valori della trasparenza e della certezza, il legislatore del 2015 ha fissato termini decadenziali di valenza nuova, non più volti a determinare l’inoppugnabilità degli atti nell’interesse dell’amministrazione, ma a stabilire limiti al potere pubblico nell’interesse dei cittadini, al fine di consolidare le situazioni soggettive dei privati. In altri termini, la legge n. 124, con la novella all’art. 21-nonies della legge n. 241, ha introdotto una nuova ‘regola generale’ che sottende al rapporto tra il potere pubblico e i privati: una regola di certezza dei rapporti, che rende immodificabile l’assetto (provvedimentale-documentale-fattuale) che si è consolidato nel tempo, che fa prevalere l’affidamento. Una regola speculare – nella ratio e negli effetti – a quella dell’inoppugnabilità, ma creata, a differenza di quest’ultima, in considerazione delle esigenze di certezza del cittadino (mentre l’inoppugnabilità considera, da decenni, quelle dell’amministrazione, con un termine nove volte più breve). Una regola che, per essere effettiva, deve essere applicata senza prestarsi a prassi elusive quale sarebbe, ad esempio, quella di ritenere che per il rispetto del termine di diciotto mesi sia sufficiente un mero avvio dell’iter dell’autotutela, magari privo di motivazioni e destinato a protrarsi per anni, mentre invece il termine va riferito alla compiuta adozione degli atti di autoannullamento o, nel caso della SCIA, degli atti inibitori, repressivi o conformativi. Questa ‘regola generale’ appare confermata dall’abrogazione del comma 2 dell’art. 21 della legge n. 241, che prevedeva l’applicabilità delle più gravi sanzioni per l’assenza originaria di titolo ogni qual volta gli strumenti del silenzio assenso e della DIA fossero stati impropriamente utilizzati o, addirittura, ogni qual volta le attività avviate in forza degli stessi fossero in contrasto con l’impianto normativo (situazioni che, in presenza di un titolo espresso, avrebbero goduto delle garanzie dei limiti dell’autotutela). Ora, opportunamente, la riforma del 2015 ha abrogato tale disposizione e ha coerentemente chiarito che i limiti, motivazionali e temporali, all’adozione di atti di annullamento d’ufficio valgono anche per gli interventi inibitori, ripristinatori o conformativi successivi al decorso del termine ordinario di controllo (60 o 30 giorni) sulle attività intraprese con la SCIA. Non si tratta, del resto, di una novità assoluta nel sistema. Nello stesso spirito, già la legge 30 dicembre 2004 n. 311, all’art. 1, comma 136 (ora coerentemente abrogato dalla stessa l. n. 124), aveva stabilito che l’annullamento di “provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati deve tenere indenni i privati stessi dall'eventuale pregiudizio patrimoniale derivante, e comunque non può essere adottato oltre tre anni dall'acquisizione di efficacia del provvedimento, anche se la relativa esecuzione sia perdurante”. La novità importante è che tale meccanismo è diventato, ora, un elemento qualificante, di valenza generale, nei rapporti tra cittadino e potere. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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