Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 867 - pubb. 01/07/2007

Contratti ABi e limiti alla concorrenza

Autorità garante della concorrenza , 28 Ottobre 2004. Est. Grillo.


Contrattualistica predisposta dall’A.B.I. per le banche associate per prestazione di alcuni servizi di investimento e l’utilizzo delle carte di credito – Idoneità ad uniformare il comportamento delle banche in relazione a determinate variabili sensibili per il corretto esplicarsi della concorrenza – Sussistenza – Conflitto di interessi e jus variandi.



 


 


I592 - ASSOCIAZIONE BANCARIA ITALIANA
Provvedimento n. 13697

L'AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO

NELLA SUA ADUNANZA del 28 ottobre 2004;

SENTITO il Relatore Professor Michele Grillo;

VISTA la legge 10 ottobre 1990, n. 287;

VISTO il Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1998, n. 217;

VISTA la comunicazione effettuata dall'Associazione Bancaria Italiana, ai sensi della legge n. 287/90, trasmessa dalla Banca d'Italia in data 25 luglio 2003;

VISTA la propria delibera del 6 novembre 2004, con la quale è stata avviata un'istruttoria, ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 287/90, nei confronti dell'Associazione Bancaria Italiana, per presunta infrazione all'articolo 2 della stessa legge, in relazione alla contrattualistica predisposta in favore delle proprie associate avente ad oggetto la prestazione di alcuni servizi di investimento e l'utilizzo delle carte di credito;

VISTA la documentazione prodotta dall'Associazione Bancaria Italiana in data 17 febbraio e 23 giugno 2004;

SENTITI in audizione i rappresentanti dell'Associazione Bancaria Italiana in data 24 giugno 2004;

VISTA la comunicazione delle risultanze istruttorie inviata all'Associazione Bancaria Italiana in data 6 agosto 2004;

VISTA la ulteriore documentazione prodotta dall'Associazione Bancaria Italiana in data 10, 23 e 27 settembre 2004;

SENTITI in audizione finale innanzi al Collegio, in data 28 settembre 2004, i rappresentanti legali dell'Associazione Bancaria Italiana;

VISTI tutti gli atti del procedimento;

CONSIDERATO quanto segue:

I. PREMESSA

1. In data 6 novembre 2003, l'Autorità ha avviato un procedimento istruttorio ai sensi degli artt. 2 e 14 della legge n. 287/90, nei confronti dell'Associazione Bancaria Italiana (di seguito anche ABI) avente ad oggetto gli schemi contrattuali "Servizi di investimento" e "Condizioni generali per l'utilizzo della carta di credito"; lo schema contrattuale relativo ai servizi di investimento, a sua volta si compone di una parte generale denominata "Disposizioni comuni" e di tre sezioni che trattano specificatamente il: "Servizio di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari" (sottosezione A), il "Servizio di gestione di portafogli" (sottosezione B) ed il "Servizio di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari" (sottosezione C).
Gli schemi contrattuali sono stati comunicati, ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 287/90, dall'ABI alla Banca d'Italia e da questa successivamente trasmessi all'Autorità. Il procedimento è stato avviato in quanto i predetti schemi, predisposti dall'ABI a favore dell'intero sistema bancario, sono apparsi suscettibili - sebbene non vincolanti per le associate ABI - di uniformare il comportamento delle banche in relazione a variabili sensibili per il corretto esplicarsi delle dinamiche concorrenziali. Nel corso dell'istruttoria, da ultimo, in particolare, con atto pervenuto in data 27 settembre 2004 [Cfr. doc. n. 59.], l'ABI ha modificato alcune delle clausole contrattuali contenute negli schemi notificati al fine di risolvere aspetti restrittivi della concorrenza emersi nel corso di istruttoria.

II. LA PARTE

2. L'ABI è un'associazione senza scopo di lucro, alla quale aderiscono la quasi totalità delle banche nonché un ampio numero di altri intermediari finanziari, operanti sul territorio nazionale. In particolare, al dicembre 2003, l'ABI riuniva più di 700 banche e 250 intermediari finanziari (società finanziarie, di leasing, di factoring e di intermediazione mobiliare). Fanno parte dell'ABI anche alcune importanti associazioni di categoria del settore, quali l'Associazione Intermediari Mobiliari (Assosim), l'Associazione Italiana delle Società ed Enti di Gestione Mobiliare e Immobiliare (Assogestioni) e l'Associazione Nazionale delle Società di collocamento di prodotti finanziari e di servizi di investimento (Assoreti). Risultano, inoltre, associati all'ABI anche i principali operatori attivi nell'emissione di carte di credito in Italia, quali CartaSi, American Express e Diners [Informazioni tratte dal sito internet dell'ABI.].
L'ABI, pertanto, rappresenta, in via diretta o indiretta, la quasi totalità degli operatori attivi nell'offerta dei servizi oggetto degli schemi contrattuali notificati ed ha, tra i suoi compiti istituzionali, quello di rappresentare, tutelare e promuovere gli interessi comuni dei soggetti ad essa associati.
L'ABI, sin da tempi risalenti, predispone la modulistica contrattuale che disciplina le condizioni generali nei rapporti tra le imprese associate all'ABI medesima e la loro clientela. Questa contrattualistica, che viene nel tempo ampliata ed aggiornata, ha ad oggetto la pressoché totalità dei servizi bancari e finanziari offerti alla clientela dalle imprese associate all'ABI.

III. IL PROCEDIMENTO ISTRUTTORIO

3. Nel corso del procedimento sono state effettuate audizioni con l'ABI e con due operatori bancari, Unicredito Italiano e Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio. Sono, inoltre, state sentite in audizione alcune associazioni di consumatori ed alcune associazioni di operatori attivi nell'offerta dei servizi disciplinati dai contratti. In particolare, sono state svolte audizioni con Federconsumatori e ADOC-Associazione per la Difesa e l'Orientamento dei Consumatori, che partecipano ad un tavolo di lavoro permanente con l'ABI concernente molteplici iniziative e che, in quest'ambito, hanno collaborato con l'ABI nella redazione degli schemi generali di contratto. E' stata ascoltata anche ACU-Associazione dei Consumatori e Utenti, la quale ha interrotto la collaborazione con l'ABI prima del completamento degli schemi contrattuali. Quanto alle associazioni di operatori, sono state sentite Assoreti, associazione di categoria dei promotori finanziari, e Assogestioni, associazione che rappresenta le imprese attive nel settore del risparmio gestito.
Inoltre, al fine di acquisire informazioni utili per la valutazione degli schemi contrattuali in esame, sono state inviate richieste di informazioni all'ABI e ad alcune banche italiane, tra le quali rientrano i principali gruppi bancari italiani, nonché alla Consob e ad Assosim, associazione di categoria delle società di investimento mobiliare.
La fase istruttoria si è conclusa il 28 settembre 2004, data in cui si è altresì svolta l'audizione dell'ABI dinanzi al Collegio.

IV. I MERCATI RILEVANTI

4. Gli schemi contrattuali in esame riguardano l'offerta di due distinte tipologie di servizi: i "Servizi di investimento" e "L'utilizzo di carta di credito". A sua volta, come premesso, lo schema contrattuale relativo ai servizi di investimento disciplina i seguenti servizi: A) il"servizio di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini in strumenti finanziari", B) il "servizio di gestione di portafogli" e C) il "servizio di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari". 
Le attività di negoziazione, ricezione e trasmissione ordini ed il servizio di gestione di portafogli di investimento rientrano tra i servizi di investimento definiti dall'articolo 1, comma 5 del Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 - Testo Unico della Finanza (di seguito anche T.U.F.) [L'art. 1, comma 5 del T.U.F. definisce che "Per servizi di investimento si intendono le seguenti attività, quando hanno per oggetto strumenti finanziari: a) negoziazione per conto proprio; b) negoziazione per conto terzi; c) collocamento, con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente; d) gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi; e) ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione".], mentre l'attività di consulenza in strumenti finanziari viene definita dal medesimo testo unico "servizio accessorio" ai servizi di investimento (articolo 1, comma 6, lett. f del T.U.F.).

IV.1 I servizi di investimento

La negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari

5. Il servizio di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari, qualificabile come attività di risparmio amministrato, viene svolta da intermediari autorizzati e consiste nella compravendita, ai fini di investimento, di strumenti finanziari per conto di un investitore che ha effettuato il conferimento di singoli ordini ai medesimi intermediari. Il servizio si compone sostanzialmente di due fasi: 1) la ricezione dell'ordine di investimento da parte dell'intermediario e la sua eventuale trasmissione ad un altro intermediario negoziatore; 2) l'esecuzione effettiva dell'ordine, ossia la negoziazione dei titoli sui mercati finanziari regolamentati o anche non regolamentati [I mercati possono essere ufficialmente riconosciuti (regolamentati) e quindi rientrare nella disciplina dettata dal T.U.F. la quale definisce, tra l'altro, i requisiti per l'accesso al mercato e le modalità di organizzazione e funzionamento degli stessi. I mercati non regolamentati, comunemente denominati "over the counter", sono caratterizzati dall'assenza di un luogo fisico, o logico, di svolgimento e accentramento delle negoziazioni, dalla mancanza di una specifica regolamentazione, dall'assenza di quotazioni ufficiali, dalla presenza di contrattazioni non standardizzate relativamente agli importi unitari ed alle scadenze, dalla mancanza di organismi centrali di compensazione. La trattativa tra acquirente e venditore avviene in modo diretto, con la determinazione del prezzo basata sulla legge dell'offerta e della domanda.]. 
6. L'attività di ricezione e trasmissione ordini è considerata servizio di investimento ai sensi dall'articolo 1, comma 5, lettera e) del T.U.F. [Questo articolo fa, più precisamente, riferimento all'attività "ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione". L'attività di mediazione, consistente nel porre in contatto due o più investitori per la conclusione di un'operazione in strumenti finanziari, non è disciplinata dagli schemi contrattuali oggetto di istruttoria.] e può essere svolta da banche e SIM [Le società di intermediazione mobiliare (SIM) sono imprese, diverse dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del T.U. bancario, autorizzate a svolgere servizi di investimento.]purché dotate di apposita autorizzazione [ Per l'esercizio dei servizi di investimento gli intermediari devono ottenere una autorizzazione, specifica per ciascuno di essi, che viene rilasciata dalla Consob per le SIM e dalla Banca d'Italia per le banche e gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del T.U. bancario (cfr. artt. 18 e 19 del T.U.F.). ]. Tale attività consiste nella ricezione di ordini di acquisto o vendita di strumenti finanziari e nella loro trasmissione a soggetti autorizzati alla negoziazione o al collocamento. In genere, la ricezione e trasmissione di ordini viene svolta anche dagli intermediari che non dispongono dei requisiti e della costosa organizzazione necessari per essere autorizzati ad operare direttamente sui mercati [Cfr. risposta di Assosim del 28 giugno 2004 (doc. n. 46).]. Il rapporto tra l'intermediario che raccoglie l'ordine e l'intermediario negoziatore è disciplinato da un apposito contratto. Di norma, per la remunerazione della ricezione e trasmissione ordini l'intermediario trattiene una percentuale sui diritti spettanti all'intermediario negoziatore.
7. La negoziazione di ordini su strumenti finanziari si può realizzare in conto proprio o per conto terzi.
La negoziazione in conto proprio, servizio di investimento ai sensi dell'articolo 1, comma 5, lettera a) del T.U.F., può essere effettuata da banche e SIM appositamente autorizzate [Oltre che da banche e SIM, la negoziazione in conto proprio può essere svolta, limitatamente alla negoziazione di strumenti finanziari derivati, da intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale previsto dall'art. 107 T.U.B. (art. 18, comma 3 del T.U.F.).] e consiste nell'attività di acquisto e vendita di strumenti finanziari svolta dall'operatore per conto proprio, movimentando quindi proprie posizioni in titoli. Nella negoziazione in conto proprio, l'intermediario svolge il ruolo di controparte contrattuale dell'investitore al quale vende, o dal quale compra, strumenti finanziari destinati a entrare o fuoriuscire nel patrimonio dell'intermediario finanziario stesso. 
Il Regolamento Consob n. 11522/98, concernente la disciplina degli intermediari (nel seguito anche Regolamento intermediari), prevede che nella negoziazione in conto proprio gli intermediari, all'atto della ricezione dell'ordine, comunichino all'investitore il prezzo al quale sono disposti a comprare o vendere gli strumenti finanziari ed eseguano l'operazione contestualmente all'assenso dell'investitore [Art. 32, comma 5, del Regolamento Consob n. 11522/98.]. Sul prezzo pattuito, inoltre, l'intermediario non può applicare alcuna commissione [Art. 32, comma 5, del Regolamento Consob n. 11522/98. La stessa Consob, inoltre, nella Comunicazione n. DI/99014081 del 1° marzo 1999, "Informazioni sulle operazioni eseguite dagli intermediari in contropartita diretta con la clientela aventi ad oggetto titoli di Stato", ha chiarito che nella negoziazione in conto proprio l'intermediario agisce in "qualità di dealer" e "lucra sugli spreads applicati (differenza tra il prezzo a cui è disposto a vendere e il prezzo a cui è disposto a comprare), che devono remunerare, oltre ai costi diretti relativi alle transazioni, il rischio di mercato insito nelle posizioni assunte".].
8. La negoziazione per conto terzi rappresenta, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, lettera b)del T.U.F., un servizio di investimento distinto dalla negoziazione in conto proprio e può essere offerta da banche, SIM o agenti di cambio, dotati di specifica autorizzazione. Nella negoziazione per conto terzi l'intermediario non si pone in contropartita diretta, ma compra e vende a soggetti terzi per conto dell'investitore alle migliori condizioni possibili in quel dato momento, sulla base degli ordini conferiti dall'investitore. Si tratta quindi di attività dibrokeraggio [Così qualificata nella citata Comunicazione Consob n. DI/99014081 del 1° marzo 1999.], in cui il soggetto si pone nei confronti della clientela senza movimentare posizioni in proprio. Il Regolamento intermediari dispone che, nel caso della negoziazione per conto terzi, fatto salvo il diritto alle commissioni e alle spese sostenute, il prezzo praticato al cliente per la vendita o l'acquisto del titolo sia quello ricevuto o pagato dall'intermediario [ Art. 32, comma 6, Regolamento Consob n. 11522/98.]. Di norma, la remunerazione del servizio di intermediazione è rappresentata da una commissione calcolata in percentuale sul prezzo pagato o corrisposto per il titolo oggetto della negoziazione, a cui vengono aggiunti eventuali diritti fissi, tasse sui contratti, nonché compensi per oneri e spese.
9. In genere, un investitore non esprime preferenze circa l'operatività in conto proprio o conto terzi. Si tratta, infatti, di una scelta che rientra tra le facoltà tipiche dell'intermediario, il quale si orienterà in un senso o in un altro al ricorrere di determinate condizioni relative al titolo da negoziare ed alle proprie modalità organizzative [Cfr. comunicazione di Assosim del 28 giugno 2004 (doc. n. 46).]. Qualora l'intermediario intenda negoziare in conto proprio, configurandosi nei confronti del cliente un'operazione fuori mercato, la normativa di settore, come premesso, impone comunque che venga ottenuta l'autorizzazione dall'investitore.
10. Dal punto di vista del consumatore finale, le attività di ricezione e trasmissione ordini e di negoziazione, illustrate nei paragrafi precedenti costituiscono diverse fasi finalizzate alla erogazione di un unico servizio di investimento. Di norma, le predette attività vengono disciplinate dal medesimo contratto (così avviene nel caso dei contratti oggetto del procedimento) ed il consumatore paga un prezzo comprensivo sia del costo della ricezione e trasmissione ordini che di quello della negoziazione. Ciascuna di queste attività, tuttavia, potrebbe configurare un mercato distinto. Come visto, infatti, esse necessitano ognuna di una specifica autorizzazione e non tutti i soggetti svolgono entrambe le attività. Anche con riferimento alla sola negoziazione potrebbe distinguersi il servizio svolto dagli intermediari in conto proprio da quello svolto in conto terzi, stanti le diverse modalità di esecuzione del servizio e di remunerazione dello stesso.
Ai fini del presente procedimento, tuttavia, non sembra necessario pervenire ad una così puntuale definizione merceologica dei mercati. La valutazione concorrenziale dei contratti in esame, infatti, non si modificherebbe nel caso in cui le attività sopra individuate venissero considerate mercati distinti ovvero segmenti facenti parte di un unico mercato rilevante.
11. Ai fini della definizione geografica dei mercati rileva la circostanza che i contratti predisposti dall'ABI rappresentano modelli standard che potranno essere presi come riferimento dalle banche per la definizione delle proprie forme contrattuali (dovendo essere da queste completati con la definizione delle condizioni strettamente economiche). Dalle informazioni raccolte nel corso del procedimento è emerso che l'elaborazione dei contratti per la ricezione, trasmissione e negoziazione di ordini su strumenti finanziari viene fatta dagli operatori in maniera centralizzata e che alle agenzie locali non è, di norma, consentito intervenire sulle clausole normative dei predetti contratti [Cfr. verbale dell'audizione con Banca Etruria del 18 giugno 2004 (doc. n. 41) e con UniCredito del 17 giugno 2004 (doc. n. 40). ]. La dimensione geografica per la valutazione dei contratti di riferimento è, pertanto, da ritenersi nazionale.
12. Con specifico riferimento all'attività di negoziazione di ordini in strumenti finanziari, i volumi negoziati da banche e SIM, nel 2003, sono stati pari a circa 19.209 miliardi di euro, di cui 16.333 miliardi negoziati in conto proprio e 2.876 per conto terzi [Fonte: dati di Banca d'Italia (cfr. doc. n. 49).]. Il 79% delle negoziazioni è stato effettuato da banche e il 21% da SIM. Quanto ai ricavi degli intermediari derivanti dalle attività di negoziazione titoli e di raccolta ordini, sulla base degli ultimi dati disponibili, relativi al 2002, emerge che le commissioni da intermediazione derivanti dalle suddette attività sono state rispettivamente pari a 1.158 milioni di euro e 982 milioni di euro [Fonte: Relazione annuale Consob per l'anno 2003.]. Il valore di tali ricavi si è notevolmente incrementato nel corso degli ultimi anni. Dal 1996 al 2002, infatti, il valore delle commissioni derivanti dalla negoziazione (pari a 484 milioni di euro nel 1996) è più che raddoppiato, mentre quello delle commissioni derivanti dalla raccolta ordini (pari a 343 milioni di euro nel 1996) si è quasi triplicato.

In particolare, si osserva che malgrado la contrazione dei volumi negoziati nei mercati di borsa, che si è realizzata a partire dalla seconda metà del 2001, l'attività di negoziazione si è mantenuta negli ultimi anni su livelli comunque notevolmente superiori a quelli mostrati all'inizio del periodo considerato.

Il servizio di gestione su base individuale di portafogli investimento

13. La gestione su base individuale di portafogli d'investimento, di cui all'articolo 1, comma 5, lettera d), del T.U.F. si fonda su un contratto di mandato, tramite il quale il cliente conferisce l'incarico ad un soggetto autorizzato di gestire il patrimonio conferito mediante investimenti in strumenti finanziari. Secondo il consolidato orientamento dell'Autorità, l'attività di gestione individuale di portafogli di investimento costituisce un mercato rilevante distinto all'interno del settore del risparmio gestito [Cfr. provv. dell'Autorità n. 11175 del 5 settembre 2002, caso C5196 - BANCA DI ROMA/BIPOP-CARIRE e provv. n. 7771 del 2 dicembre 1999, caso C3597 - BANCA INTESA/BANCA COMMERCIALE ITALIANA.]. Infatti, a differenza dei fondi di investimento, che sono gestiti in monte, nelle gestioni individuali il patrimonio di ogni cliente è distinto in ogni momento da quello degli altri clienti.
14. L'esercizio professionale nei confronti del pubblico del servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi è riservato, ai sensi degli artt. 18, comma 1 e 33, comma 2, lettera a) del T.U.F., alle SIM, alle banche e alle società di gestione del risparmio (SGR).
15. All'interno delle gestioni patrimoniali si distinguono le gestioni patrimoniali mobiliari tradizionali o classiche (GPM), il private banking e le gestioni patrimoniali in fondi (GPF); in queste ultime l'investimento avviene in quote di fondi comuni. Le GPM e le GPF, dedicate alla clientela retail, vengono offerte secondo un'articolazione in linee di gestione tendenzialmente standardizzate; nel private banking, invece, dedicato ad investitori con ingenti disponibilità di somme da investire [A titolo di esempio, si rileva che secondo le informazioni pervenute da parte di Banca Intesa in data 21 maggio 2004, indicativamente rientrano nella propria clientela private banking le persone fisiche aventi un patrimonio presso la banca di almeno un milione di euro (doc. n. 23).], la gestione è personalizzata e il cliente può anche avere un ruolo attivo dando indicazioni sulle modalità con cui il portafoglio deve essere gestito.
16. Come già rilevato per la negoziazione, i contratti predisposti dall'ABI rappresentano modelli standard che potranno essere presi come riferimento dalle banche per la definizione delle proprie forme contrattuali e che, comunque, dovranno essere da queste completati con la definizione delle condizioni strettamente economiche. Poiché, nel servizio di gestione, l'elaborazione delle forme contrattuali viene effettuata assieme alla produzione in maniera accentrata a livello nazionale [Cfr. verbale dell'audizione con Assogestioni del 9 giugno 2004 (doc. n. 34).], la dimensione geografica per la valutazione dei contratti di riferimento è da ritenersi nazionale.
17. Il valore delle gestioni patrimoniali individuali è stato nel 2002 pari a 401,7 miliardi di euro [Cfr. dati del sito di Assogestioni (doc. n. 47).]. Di questi, circa 164 miliardi sono stati gestiti dalle banche, 34 miliardi dalle SIM e 203 miliardi dalle SGR. Le gestioni patrimoniali, inoltre, sono notevolmente cresciute nel corso degli ultimi anni. Rispetto al 1996, infatti, anno in cui il valore delle gestioni era di 134,6 miliardi di euro, vi è stata una crescita del 298%[Cfr. dati del sito di Assogestioni (doc. n. 47).].
Quanto alle commissioni di intermediazione derivanti dalle gestioni patrimoniali, queste si sono sostanzialmente quadruplicate dal 1996 al 2002, passando da 547 a 2.198 milioni di euro [Fonte: Relazione annuale Consob per l'anno 2003.].
Si osserva, infine, che il peso delle gestioni patrimoniali sulle attività finanziarie delle famiglie ha mostrato anch'esso una crescita, passando dall'8% del 1999 al 9,5% nel 2002 [Fonte: Relazione annuale Consob per l'anno 2003.].

Emerge, inoltre, che le commissioni percepite dagli intermediari sono cresciute in misura maggiore rispetto al valore delle gestioni, con ciò indicando una crescita, nel periodo considerato, del costo dell'attività di gestione patrimoniale.

La consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari

18. L'attività di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari rientra, ai sensi dell'articolo1, comma 6, lett. f) T.U.F., tra i servizi accessori ai servizi di investimento. L'esercizio professionale nei confronti del pubblico di tale servizio non è, quindi, riservato agli intermediari autorizzati a prestare servizi di investimento ma è libero.
19. La consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari si caratterizza per l'indipendenza del consulente rispetto agli investimenti consigliati e dal fatto di avere riguardo alla universalità di prodotti disponibili [La consulenza, in particolare, si caratterizza per: a) dall'esistenza di un rapporto bilaterale e personalizzato fra il consulente e il cliente; b) dalla posizione di strutturale indipendenza del consulente rispetto agli investimenti consigliati; c) dall'inesistenza di limiti predeterminati in capo al consulente circa gli investimenti da consigliare; d) dalla circostanza che l'unica remunerazione percepita dal consulente sia quella ad esso pagata dal cliente nel cui interesse il servizio è prestato; su questi punti v. a titolo esemplificativo la comunicazione della Consob n. DIN/1071590 del 21 settembre 2001 rinvenibile sul sito www.consob.it. Secondo Assosim, la strutturale indipendenza dell'intermediario normalmente può essere garantita dalla separatezza fisica ed organizzativa dei diversi comparti di attività (doc. n. 46).]. Tale tipologia di consulenza si distingue da quella "funzionale alla vendita", collegata all'offerta dei servizi di investimento, corrispondente all'attività di presentazione, illustrazione e comparazione dei prodotti e servizi venduti [Sul punto v. anche il verbale dell'audizione con Assoreti dell'11 maggio 2004 (doc. n. 15). ]. 
20. Nel corso dell'audizione con Assogestioni è emerso che, allo stato attuale, la forma più diffusa di consulenza è quella effettuata dagli intermediari nel contesto della vendita dei servizi di investimento. L'offerta, da parte di intermediari, del servizio di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari, se correttamente distinta dalla consulenza finalizzata alla vendita, risulta, quindi, ancora poco diffusa. Tale dato risulta confermato dalla circostanza che dai dati pervenuti dalle banche cui sono state richieste informazioni, tutte attive nell'offerta di servizi di investimento, solo una ha affermato di erogare il servizio di consulenza in materia di strumenti finanziari [Cfr. risposta di Unicredito (doc. n. 32).].
21. Alla luce di quanto precede, l'attività di consulenza in materia di strumenti finanziari appare costituire un mercato distinto dai servizi di investimento e non una mera fase dell'offerta di detti servizi.
Quanto alla dimensione geografica del mercato della consulenza, valgono le medesime considerazioni effettuate in precedenza per i servizi di investimento e, pertanto, la dimensione geografica è da ritenersi nazionale.

IV.2 Il mercato delle carte di credito

22. Il secondo schema contrattuale in esame riguarda le "Condizioni generali per l'utilizzo di carta di credito". Il mercato di riferimento per la valutazione di tale schema è, quindi, il mercato delle carte di credito, il quale, secondo l'orientamento espresso dall'Autorità in occasione di precedenti procedimenti [Cfr. da ultimo il provv. dell'Autorità n. 13434 del 28 luglio 2004, caso I566 CARTASI –AMERICAN EXPRESS.], costituisce un mercato distinto da quello di altri strumenti di pagamento alternativi al contante.
Nell'ambito del mercato delle carte di credito, i contratti in esame, disciplinando i termini e le modalità di utilizzo da parte della clientela delle carte di credito emesse dalla banca, interessano l'attività di issuing. 
23. Per quanto riguarda la definizione geografica del mercato, l'Autorità, nei precedenti citati, ha ritenuto che questa debba ritenersi nazionale. Infatti, le condizioni di emissione delle carte e di convenzionamento degli esercenti da parte delle banche sono apparse sufficientemente uniformi all'interno del territorio nazionale. Per contro, considerato che la maggior parte delle categorie di esercenti ottiene il convenzionamento con le banche nazionali, che le condizioni di acquiring non sono sufficientemente omogenee tra i vari Paesi e che lo stesso avviene per l'emissione delle carte, si è escluso che il mercato abbia dimensione maggiore del territorio nazionale.
Peraltro, così come avviene per i servizi di investimento, anche per le carte di credito la contrattualistica viene predisposta dalle società emittenti in maniera accentrata a livello nazionale.
24. Il numero complessivo delle carte di credito attive in circolazione nel 2003 è stato di circa 12,6 milioni mentre le operazioni effettuate il medesimo anno sono state circa 374 milioni, cui è corrisposto un importo di circa 35 miliardi di euro. Tali valori risultano incrementati rispetto al 2002. In tale anno, infatti, il numero di carte attive ammontava a 11,6 milioni ed il controvalore delle operazioni con carta di credito era stato di circa 34 miliardi di euro [Fonte: Banca d'Italia.].
Con riferimento al segmento dell'issuing, nel 2002 l'operatore principale del mercato risultava essere CartaSi, con una quota in termini di valore delle transazioni effettuate dai titolari pari al 56,7%. Tra gli altri operatori del mercato rilevano American Express con il 12,5%, Deutsche Bank con il 9% circa, Banca Intesa e Diners Club con circa il 5%, nonché Banca Nazionale del Lavoro, Banca Sella e UniCredito con quote di circa l'1,3% [Cfr. provv. dell'Autorità n. n. 13434 del 28 luglio 2004, caso I566 CARTASI –AMERICAN EXPRESS.].

V. I CONTRATTI NOTIFICATI

25. I testi contrattuali oggetto dell'istruttoria sono stati comunicati a tutte le imprese associate all'ABI mediante apposita pubblicazione sul bollettino dell'ABI [Per i servizi di investimento si veda, Circolari ABI del 22 maggio 2003, Serie legale n. 14. Mentre per l'utilizzo delle carte di credito si veda Circolari ABI del 25 giugno 2003, Serie Legale n. 20.]. In sede di diffusione alle proprie associate di entrambi i testi contrattuali in esame, l'ABI ha specificato che la loro compatibilità con la legge n. 287/90 è oggetto di accertamento e ha invitato esplicitamente le associate medesime a non farne concreto uso fino agli esiti dell'accertamento.
Tale modulistica è stata anche discussa con alcune associazioni di consumatori [L'ABI ha inaugurato tale prassi a seguito di un protocollo di intesa firmato con alcune associazioni di consumatori in data 23 dicembre 1997. Con queste modalità sono state adottate le "Condizioni generali relative al rapporto banca-cliente" e il "Contratto di finanziamento fondiario stipulato in atto Unico"; v. il provvedimento della Banca di Italia n. 150/A del 30 maggio 2001, previo parere dell'Autorità del 10 maggio 2001 (I477).], ciò secondo l'ABI al fine di attestare "l'accresciuta trasparenza con la quale il sistema creditizio agisce per la redazione della modulistica in oggetto" [Cfr. nota di accompagnamento allo schema contrattuale relativo all'utilizzo di carte di credito (doc. n. 45).].
26. I testi in esame non hanno efficacia vincolante nei confronti delle imprese associate all'ABI; secondo l'Associazione "tale schema [n.d.r. quello relativo ai servizi di investimento]costituisce pur sempre una mera traccia, priva di ogni valore vincolante o di raccomandazione, di cui ciascuna banca potrà avvalersi o meno ed al quale potrà apportare tutte le modifiche ritenute opportune" [Così la nota di accompagnamento allo schema contrattuale sui servizi di investimento pubblicata sul bollettino dell'ABI. In termini pressoché identici si esprime la nota di accompagnamento allo schema contrattuale relativo all'utilizzazione delle carte di credito.].
Si rileva, tuttavia, che piuttosto che una mera traccia, gli schemi contrattuali in esame - sulla base di quanto affermato dalla stessa ABI – risultano finalizzati a costituire una vera e propria fonte di regolazione complessiva dei rapporti banca-cliente, uniformando la prassi delle imprese associate [Infatti, nella nota che accompagna la comunicazione alle associate dello schema sui servizi di investimento si rinviene che "Una tale costruzione negoziale [n.d.r. si riferisce all'articolazione dello schema servizio di investimento] si ricollega, del resto alla premessa – posta proprio all'inizio delle cennate Condizioni generali relative al rapporto banca-cliente – ove il cliente prende atto che sia i rapporti esistenti che quelli in futuro costituiti con la banca "sono regolati, oltre che dalle leggi e dalla disciplina contrattuale relativa a ciascuno di essi, anche dalle seguenti condizioni generali".
E' opportuno altresì rammentare che l'adozione di un simile schema offre la possibilità, a seconda delle scelte organizzative, di utilizzare un sistema di tipo "modulare" dell'articolato in questione, facendo inizialmente sottoscrivere solo le clausole relative alle condizioni generali (nella presente fattispecie, unitamente alle disposizioni comuni) e la sezione (o sottosezione) riguardante il singolo servizio al momento richiesto dal cliente, con successivo impiego, ove se ne ravvisi la necessità, degli ulteriori schemi negoziali di riferimento". Parimenti, nella nota comunicata alle associate, relativa allo schema sulle carte di credito, si rinviene che la sua stessa struttura ne agevola l'adozione da parte della banca: "Inoltre, il medesimo articolo [n.d.r. art. 1 della modulistica per l'utilizzo delle carte di credito] rinvia ad un modulo allegato, la cui predisposizione viene curata dall'emittente, nel quale sono indicati i limiti di importo e le modalità di utilizzo. Ciò semplifica le operazioni di aggiornamento di tali dati, da effettuare comunque nel rispetto delle disposizioni contenute nel contratto in parola", parimenti " Gli artt. 5 e 6 riguardano la validità della carta, i rinnovi e le modalità di utilizzo, a proposito delle quali, esplicitando ulteriormente quanto già contemplato dell'art. 1 si è previsto un rinvio ad istruzioni di carattere tecnico che, non essendo inserite nel testo contrattuale, possono in tal modo essere agevolmente aggiornate".]. Peraltro, la stessa Banca d'Italia richiama esplicitamente, quale utile strumento di integrazione della vigente normativa, una funzione di regolazione contrattuale delle associazioni di categoria del settore bancario, tra le quali l'ABI occupa senz'altro un ruolo preminente [Così infatti le Istruzioni di Vigilanza: "le iniziative di autoregolamentazione degli operatori (codice di condotta, sistemi di composizione stragiudiziale delle controversie, ecc.) anche intraprese a livello di categoria o concordate con le associazioni rappresentative dell'utenza rappresentano un utile strumento di integrazione della disciplina. Tale iniziativa, contribuendo a definire e a diffondere modelli di comportamento funzionali al miglioramento dei rapporti con la clientela, innalzano il grado di condivisione e di effettività della normativa in materia di trasparenza" (così le istruzioni di vigilanza aggiornate al luglio 2003, Titolo X, Cap. I, Sez. I, punto 1.2).]; ciò quindi contribuisce ad attribuire all'ABI un ruolo centrale nei rapporti delle sue associate con la clientela ed ad accrescere la significatività per il settore bancario dei contratti in esame.
27. Come già accennato, l'ABI nel corso del procedimento ha apportato alcune modifiche agli schemi originariamente notificati, di cui si darà conto nella sezione IX del presente provvedimento.
Detti schemi regolano profili quali l'oggetto del contratto, la durata, gli obblighi informativi nel rapporto banca-cliente, le cause di recesso, la sospensione e la risoluzione del contratto, la specificazione delle clausole vessatorie, la legge applicabile e così via; inoltre, talvolta, nella loro versione originale, si sono spinti persino a trattare direttamente o indirettamente condizioni di natura economica.
Gli schemi originariamente notificati rappresentano una modulistica contrattuale sostanzialmente completa che le banche devono integrare semplicemente con l'indicazione delle condizioni economiche applicate. Ogni articolo è stato redatto come una clausola contrattuale compiuta, che la banca può limitarsi ad inserire nel contratto per sottoporla alla sottoscrizione da parte del cliente. Va, infatti, ricordato che la modulistica in esame attiene a contratti c.d. di massa che sono predisposti dalla parte proponente il servizio e sottoposti alla clientela, tendenzialmente, per l'adesione. 
28. Come emergerà nel seguito, gli schemi sopra descritti acquistano rilievo da un punto di vista antitrust considerati nel loro complesso, tuttavia in essi sono state individuate delle specifiche clausole idonee a produrre restrizioni della concorrenza, sulle quali si è incentrato il procedimento; in particolare si segnalano:
A. in entrambi gli schemi contrattuali, la disciplina della modifica unilaterale delle condizioni economiche da parte delle banche (c.d. ius variandi);
B. nel solo schema relativo ai servizi di investimento, le clausole in materia di operazioni finanziarie eseguite da parte delle banche in situazioni di conflitto di interessi;
C. in entrambi gli schemi contrattuali, singole clausole che sollevano problematiche di diversa natura, non riconducibili ad un'unica categoria, quali l'introduzione di un legame artificioso tra servizi indipendenti (tie in), la fissazione di condizioni economiche a carico del cliente e/o scarsa trasparenza contrattuale.

V.1 Le modifiche unilaterali

29. In via preliminare, si ricorda che lo ius variandi consente ad una delle parti del contratto di modificare il contenuto della volontà negoziale così come si è compiuta al momento della conclusione del contratto. In sostanza, il consenso prestato sulle condizioni contrattuali, presente al momento della stipulazione può essere successivamente superato dalle modifiche stabilite da una soltanto delle parti in causa.
Lo ius variandi può avere ad oggetto sia le condizioni economiche che le clausole c.d. normative dei contratti, vale a dire quelle che disciplinano i diritti e obblighi delle parti senza imporre a carico del cliente un onere direttamente economico.
Parimenti, sempre per un migliore inquadramento della tematica, è opportuno ricordare che, in termini astratti, lo ius variandi economico può realizzarsi sia in senso favorevole che sfavorevole al cliente. Nella presente istruttoria l'esame si è concentrato soltanto sulle modifiche unilaterali in senso sfavorevole delle condizioni economiche in quanto sono quelle che, oggetto di specifica disciplina da parte dell'ABI, sollevano i problemi di restrittività concorrenziale.

Le clausole dei contratti notificati relative allo ius variandi

30. Nello schema relativo ai servizi di investimento, la clausola relativa allo ius variandi è contenuta nell'articolo 5 della sezione "Disposizioni Comuni" e interessa, quindi, la ricezione, trasmissione e negoziazione di ordini, la gestione di portafogli e la consulenza. Il citato articolo 5, nell'originaria formulazione, dispone quanto segue: "Ai sensi dell'articolo 30, comma 2 lett. b), del regolamento approvato dalla CONSOB con delibera del 11522 del 1° luglio 1998, e successive modifiche e integrazioni, la banca si riserva la facoltà di modificare le condizioni economiche applicate al rapporto. Le comunicazioni relative saranno validamente effettuate mediante lettera semplice all'ultimo indirizzo indicato dal cliente ed entreranno in vigore con la decorrenza indicata in tale comunicazione. In ipotesi di variazioni generalizzate delle condizioni economiche, la comunicazione potrà essere effettuata in modo impersonale, mediante l'inserzione di appositi avvisi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione scritta ovvero dalla data di pubblicazione dell'avviso nella gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il cliente ha il diritto di recedere dal rapporto senza penalità e di ottenere, in sede di liquidazione dello stesso, l'applicazione delle condizioni precedentemente applicate".
La formulazione di tale articolo, pur non richiamandola espressamente, ricalca sostanzialmente la disciplina prevista in materia dagli artt. 117 e 118 del T.U.B. e dalla successiva normativa di attuazione (sulla quale vedi infra sezione IV).
Nella versione originaria dello schema contrattuale relativo all'utilizzo delle carte di credito loius variandi è regolato, dall'articolo 17, che richiamando espressamente la normativa del T.U.B., regola la materia in maniera sostanzialmente analoga a quella appena descritta per i servizi di investimento [L'art. 17 reca "Determinazione e modifica delle condizioni", e dispone quanto segue: "Le condizioni economiche applicate ai rapporti in essere con il Titolare sono indicate dall'Emittente nel/i modulo/i allegato/i.
L'Emittente si riserva altresì la facoltà di modificare le condizioni applicate al presente rapporto. In caso di variazioni in senso sfavorevole al Titolare, queste gli saranno rese note mediante apposita comunicazione, anche impersonale, nel rispetto di quanto previsto dagli artt. 118 e 161, comma 2, del Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 e delle relative disposizioni di attuazione.
Entro 15 gg. Dalla suddetta comunicazione, il Titolare, ai sensi dell'art. 118, comma 3 del Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, ha diritto di recedere dal rapporto senza penalità e di ottenere, in sede di liquidazione dello stesso, l'applicazione delle condizioni precedentemente praticate".]. Nel complesso, vista la sostanziale analogia delle clausole, è possibile una trattazione unitaria delle stesse.
Le clausole in esame disciplinano l'ambito di applicazione delle modifiche, le modalità di comunicazione al cliente delle condizioni modificate, la facoltà di recesso che il cliente può esercitare come conseguenza delle nuove condizioni applicate. Esse dunque disciplinano in maniera completa ed esauriente il profilo dello ius variandi.
31. Come definite nella versione dei contratti oggetto di notifica, le clausole in questione definiscono l'ambito di applicazione dello ius variandi in favore della banca in termini ampi; infatti, per un verso, le clausole non prevedono alcuna limitazione alle condizioni economiche che possono essere modificate in corso di rapporto, con la conseguenza che tutte le condizioni economiche che compongono la struttura di prezzo possono essere modificate in senso sfavorevole al cliente (si veda nel seguito per una descrizione delle condizioni economiche relative ai servizi disciplinati dai contratti in esame).
Per altro verso, l'esercizio dello ius variandi non è stato subordinato alla sussistenza o alla esplicitazione di una ragione tecnica e/o economica che abbia indotto la banca ad applicare al cliente condizioni più onerose.
32. Secondo quanto stabilito dai contratti notificati, una volta definite unilateralmente le nuove condizioni, la banca le comunica al cliente e, nei casi di modifiche applicate alla generalità della clientela, questa comunicazione può essere effettuata in maniera impersonale, mediante la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, anziché attraverso una comunicazione individuale.
Le clausole sopra riportate, inoltre, non assicurano al cliente che la modifica gli venga effettivamente comunicata prima della sua concreta applicazione. Le clausole, infatti, non impongono un obbligo di comunicare al cliente con preavviso le modifiche intervenute [Cfr. verbale audizione ABI del 24 giugno 2004 (doc. n. 45).].
33. Il cliente, qualora non sia soddisfatto delle nuove condizioni, può recedere dal contratto, senza penalità e con l'applicazione, in sede di liquidazione, delle condizioni previgenti. Tuttavia, il cliente può esercitare il recesso nei termini appena descritti soltanto entro 15 giorni dalla comunicazione delle nuove condizioni, comunicazione che, come già osservato, nel caso delle modifiche generalizzate, può essere rappresentata anche dalla sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Decorso tale termine, il cliente può comunque recedere dal contratto [Cfr. art. 15 del contratto sulle carte di credito e art. 4 del contratto sui servizi di investimento.], subendo, tuttavia, i maggiori costi derivanti dall'applicazione delle nuove clausole più onerose (ad esempio, un canone annuale della carte più elevato, commissioni più elevate e così via) e da, eventuali, nuovi costi di uscita.
34. Si rileva, infine, che nello schema contrattuale originariamente notificato relativo alle carte di credito, l'articolo 1 prevede che il limite di spesa e le modalità di utilizzo possano essere modificate unilateralmente dall'emittente per ragioni di efficienza, previo preavviso, e comunicate con lettera scritta; in caso di modifiche alle modalità di utilizzo della carta di credito su ATM, la comunicazione può avvenire tramite "avvisi esposti sugli stessi". Qualora vi siano esigenze di sicurezza, i limiti e le modalità di utilizzo della carta possono essere modificati dall'Emittente anche senza preavviso.
35. Nei paragrafi che seguono verranno illustrate le informazioni rilevanti raccolte nel corso del procedimento in materia di ius variandi.

Lo ius variandi nella prassi

36. Sono state richieste informazioni ad alcune banche italiane in relazione alle principali condizioni economiche che caratterizzano i servizi in esame, alle ragioni economiche sottostanti allo ius variandi e alle modalità - contrattualmente previste e/o concretamente adottate - per la comunicazione di tali modifiche [Le richieste di informazioni sono state inviate a Banca Intesa Spa (di seguito Banca Intesa), Banca di Roma Spa (di seguito Banca di Roma), SanPaolo IMI Spa (di seguito SanPaolo IMI), Banca Sella Spa (di seguito Banca Sella), Banca Lombarda e Piemontese Spa (di seguito Banca Lombarda e Piemontese), Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio Scarl (di seguito Banca Etruria) e UniCredito Italiano Spa (di seguito UniCredito).]. Unicredito e Banca Etruria sono, inoltre, state sentite in audizione. 
37. Per quanto riguarda la ricezione, trasmissione e negoziazione di ordini, le principali condizioni economiche che, di norma, regolano l'offerta del servizio sono individuabili, per singola operazione, in commissioni e diritti fissi, valute di regolamento, oneri e spese sui contratti.
In particolare, le commissioni vengono calcolate in percentuale sul valore dell'operazione e variano in funzione della tipologia di strumento finanziario negoziato. Per quanto riguarda le banche cui sono state richieste informazioni, le commissioni vanno da un minimo di circa 0,1-0,2% per la compravendita di BOT ad un massimo di circa 0,7% per i titoli azionari, i warrant e i diritti di opzione. Il valore delle commissioni può aumentare nel caso di compravendita di titoli quotati su mercati esteri. Nell'applicazione delle commissioni, poi, è a volte previsto un minimo per operazione che varia, anch'esso, in funzione dei titoli trattati e può assumere valori che vanno da circa 3 euro fino a circa 20 euro.
Il diritto fisso viene richiesto sia per le operazioni eseguite che per gli ordini non eseguiti e/o revocati; il valore del diritto fisso è compreso tra i 2 e i 6 euro circa ad operazione.
38. Le condizioni economiche principali del servizio di gestione sono costituite sostanzialmente da commissioni e spese, il cui valore varia in funzione della linea prescelta e della composizione del portafoglio investito. In particolare, le condizioni economiche di norma comprendono una commissione di gestione annua (da 0,3% a 1,6%) o trimestrale (0,05%-0,40%), applicata sulla base della valorizzazione globale del patrimonio. Nella maggior parte dei casi è richiesta una commissione di ingresso il cui valore è di circa 1-2% del valore totale del patrimonio affidato in gestione. Alcune gestioni prevedono anche una commissione di extra performance (10%-20%), ovvero un costo per il cambiamento di linea (circa 15 euro).
Tra le condizioni economiche del servizio di gestione sono anche incluse le spese amministrative ed il costo delle imposte per l'accensione del contratto di gestione, per il rendiconto, nonché per ogni informazione contabile aggiuntiva.
Per accedere a una determinata linea, infine, la banca stabilisce l'entità del conferimento minimo iniziale.
39. Per le carte di credito le condizioni economiche più significative sono la quota annuale (variabile in funzione della tipologia di carta, con valori che possono andare dai 15 euro circa fino ad oltre 500 euro), le commissioni su operazioni in valuta (circa 1-1,75%) e su anticipo contante (circa 3-4%), nonché il tasso d'interesse applicato sulle dilazioni di pagamento. I contratti di emissione delle carte di credito prevedono, inoltre, spese per i servizi di emergenza (quali blocco carta, emissione carta sostitutiva o anticipo contante di emergenza, il cui costo è di circa 10-20 euro), nonché spese per l'invio dell'estratto conto (circa 1-1,5 euro) e per la relativa imposta bollo (pari a 1,29 euro per estratti conto superiori a 77,47 euro). Tra le voci economiche relative all'utilizzo delle carte di credito alcune banche includono anche i limiti per il ritiro di contante ed i massimali di utilizzo. Infine, al cliente possono essere addebitate una serie di voci di costo relative ai casi in cui si verifichino situazioni di mancati o ritardati pagamenti.
40. Si osserva, infine, che dalle informazioni raccolte è emerso che nel corso del 2003 e dei primi sei mesi del 2004 quasi tutte le singole banche interpellate hanno usufruito della possibilità di modificare in senso sfavorevole al cliente le condizioni economiche. Nella maggior parte dei casi, nel periodo considerato, esse hanno apportato almeno due modifiche generalizzate alle condizioni economiche, modifiche sfavorevoli alla clientela [Più precisamente, dal 2003, Banca Lombarda e Piemontese ha effettuato una variazione alle condizioni economiche relative ai servizi di investimento, Banca Etruria ha effettuato due variazioni alle condizioni economiche relative ai servizi di investimento aventi ad oggetto una molteplicità di commissioni e voci di spesa, Banca Intesa ne ha effettuate due relative ai servizi di investimento, riguardanti anch'esse una molteplicità di commissioni e voci di spesa, UniCredito ha effettuato tre modifiche, Banca di Roma ha effettuato quattro modifiche (due per i servizi di investimento e due per le carte di credito). Nei soli servizi di negoziazione e di emissione delle carte di credito SanPaolo IMI non risulta avere effettuato modifiche generalizzate sfavorevoli alla clientela. Con riferimento, infine, a Banca Sella, dalle informazioni pervenute emerge che negli ultimi sei mesi la banca non ha effettuato variazioni economiche sfavorevoli alla clientela.]. Alcune tra queste variazioni sono state particolarmente articolate nel senso che hanno comportato contestualmente la variazione di numerose voci economiche [Ad esempio, una modifica alle condizioni economiche relativa alla negoziazione titoli, effettuata nel 2003 da Banca Etruria, ha comportato l'aumento di cinque diverse commissioni, nonché di cinque voci di spesa (cfr. doc. n. 29).].
41. In generale, i soggetti interpellati riconducono la necessità di prevedere modifiche unilaterali delle clausole economiche alla natura "di durata" dei rapporti contrattuali in esame[Cfr., ad esempio, le risposte di SanPaolo Imi (doc. n. 26), di Banca Intesa (doc. n. 23) e di Banca Sella (doc. n. 21).]. Nell'ambito di tali rapporti, infatti, è necessario adeguare le condizioni contrattuali pattuite inizialmente alle variazioni del contesto economico e di mercato che possono verificarsi nel corso del tempo. Le condizioni economiche vengono modificate in quanto, nel tempo, si modificano i parametri di riferimento sulla base dei quali la banca stabilisce i prezzi dei prodotti. Detti parametri, incidendo sui costi sopportati dalle banche per la fornitura del servizio, rendono necessario l'aggiornamento dei prezzi al fine di garantire alla banca adeguati margini di redditività [Cfr. verbale dell'audizione di Banca Etruria del 18 giugno 2004 (doc. n. 40).].
Ad avviso di alcune banche, la facoltà di modifica unilaterale riduce i costi di transazione in quanto in alternativa occorrerebbe procedere alla disdetta dei singoli rapporti con il conseguente insorgere di una ingente mole di costi di negoziazione [Cfr. risposta di Banca Sella (doc. n. 21) e di SanPaolo Imi (doc. n. 26).]. L'incremento del costo dell'attività bancaria, peraltro, andrebbe, a detrimento anche degli stessi consumatori a cui verrebbero praticati prezzi più elevati [Cfr. risposta di Banca Sella (doc. n. 21) e verbale dell'audizione con l'ABI del 24 giugno 2004 (doc. n. 45).]. Nelle risposte alle richieste di informazioni si rileva, inoltre, come, ad avviso delle banche, la facoltà di modifica unilaterale sia controbilanciata dalla facoltà di recesso del cliente [Cfr. risposta di SanPaolo Imi del 28 maggio 2004 (doc. n. 26); risposta Banca Sella del 21 maggio 2004 (doc. n. 21).].
42. Per quanto attiene, poi, alle specifiche ragioni economiche che conducono alle modifiche nel corso dello svolgimento del contratto, alcune banche indicano come cause prevalenti le fluttuazioni del mercato, l'aumento dei costi o cambiamenti nella politica commerciale delle banche [Cfr. risposta di SanPaolo IMI (doc. n. 26) e verbale dell'audizione con Banca Etruria (doc. n. 40).]. Un operatore comunica di avere aumentato le commissioni sulle negoziazioni di azioni estere per remunerare con maggiori margini di redditività il relativo servizio e di aver aumentato il canone per l'utilizzo della carta di credito perché, dopo un periodo promozionale, ha ritenuto di procedere ad un recupero di maggiori margini di redditività [A titolo di esempio, alcuni possibili cause di aumento dei costi che possono condurre a modifiche unilaterali sono state individuate nell'aumento dei costi del lavoro o delle tariffe postali, nonché in investimenti in software o in aggiornamenti delle procedure, cfr. risposta di Banca di Roma del 31 maggio 2004 (doc. n. 27).]. 
Altre cause di modifica possono rinvenirsi in mutamenti del contesto regolamentare [Cfr. ad esempio la risposta di Banca di Roma (doc. n. 27). Questa ha inserito una commissione su ordini ineseguibili a seguito di una comunicazione della Consob che prevedeva un obbligo di informativa al cliente anche per tali operazioni .] ovvero dell'assetto strutturale dei gruppi bancari [Cfr. risposta di Banca Intesa ove la modifica di alcune condizioni economiche è stata anche motivata con il riassetto societario del gruppo, al fine di rendere omogeneo il trattamento delle banche (doc. n. 23).].
43. In relazione alle modalità contrattualmente previste per la comunicazione delle modifiche generalizzate sfavorevoli alla clientela, dall'esame dei contratti attualmente in vigore inviati dalle banche è emerso che solo in rari casi è previsto l'invio di una lettera individuale al cliente quale unica forma di comunicazione. Nella quasi totalità dei contratti, infatti, è prevista la facoltà di utilizzare forme di comunicazione impersonali (quali la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale o l'affissione di fogli informativi nei locali della banca) per la comunicazione di modifiche generalizzate sfavorevoli alla clientela.
Dai contratti, inoltre, è emerso che nella maggior parte dei casi viene previsto che il diritto di recesso deve essere esercitato entro 15 giorni dalla comunicazione delle modifiche. In alcuni casi, tuttavia, tale termine non è specificato e, solo per un operatore, risulta essere fissato in 30 giorni [Cfr. risposta di UniCredito (doc. n. 32).].
44. Quanto ai comportamenti concretamente adottati dalle banche, nelle risposte alle richieste di informazioni la maggior parte di esse ha affermato di avvalersi, nella prassi, di forme di comunicazione impersonale per le modifiche generalizzate sfavorevoli alla clientela. Si rileva, tuttavia, che due operatori appartenenti ai principali gruppi bancari italiani hanno, in alcuni casi, comunicato le modifiche alle condizioni economiche anche mediante l'invio di lettere al cliente [Cfr. risposte di UniCredito (doc. n. 32) e di Banca Intesa (doc. n. 23).].

Il punto di vista delle associazioni dei consumatori

45. L'ACU, associazione che ha lasciato il tavolo di lavoro con l'ABI, ha, in primo luogo, rilevato l'importanza delle clausole relative alle modifiche unilaterali delle condizioni economiche per il consumatore [Cfr. verbale dell'audizione del 26 maggio 2004 (doc. n. 25).], facendo emergere, inoltre, che la trattazione delle modifiche unilaterali nei contratti predisposti dall'ABI è da ritenersi, ai fini della tutela dei diritti dei consumatori, insoddisfacente. Questo orientamento è stato espresso anche da Federconsumatori e dall'ADOC, parti firmatarie dei contratti con l'ABI [Cfr. verbale dell'audizione del 19 maggio 2004 (doc. n. 18).]. Dette associazioni hanno spiegato che per giungere alla firma dei contratti, nell'ambito di una trattativa globale con l'ABI, si sono accettate anche clausole, come quelle in esame, ritenute meno condivisibili. Ad avviso della Federconsumatori e dell'ADOC, il problema delle modalità di comunicazione al cliente delle modifiche unilaterali è quindi ancora attuale.
L'ACU ritiene che gli schemi generali di contratto non dovrebbero contenere clausole relative alle modifiche unilaterali. Da un lato, infatti, le modalità di comunicazione previste non sono soddisfacenti in quanto non consentono al cliente di esercitare il diritto di recesso dal contratto. Dall'altro, ad avviso dell'ACU, qualunque sia la modalità di comunicazione prevista, questa, se inserita in uno schema generale, potrebbe condurre ad un'uniformità di comportamenti e inibire eventuali miglioramenti da parte di singole banche.

Altre esperienze simili a livello europeo

46. Si ritiene utile illustrare nel seguito alcune modalità di disciplina dello ius variandiadottate nell'ambito di condizioni generali di contratto predisposte dalle associazioni bancarie in Francia e nel Regno Unito [Cfr. doc. n. 48.]. Tali schemi contrattuali riguardano servizi offerti dalle banche diversi da quelli disciplinati dai contratti in esame. Ciononostante, si ritiene che tali informazioni possano comunque costituire un utile strumento di confronto.
47. Per quanto riguarda la Francia, è emerso che la Fédération Bancarie Française ha predisposto, nel gennaio 2003, una "Charte" relativa alle convenzioni dei conti di deposito. In relazione alle modifiche delle tariffe dei prodotti e dei servizi, adottando la "Charte" le banche si impegnano a comunicare al cliente con lettera individuale ogni "progetto" di modifica dei prezzi tre mesi prima della data prevista per l'applicazione delle modifiche. L'assenza di contestazioni da parte del cliente entro un periodo di due mesi significherà l'accettazione delle modifiche.
48. Nel Regno Unito la British Bankers' Association ha adottato nel marzo 2003 un codice volontario, The Banking Code, nel quale vengono fissati alcuni standard di comportamento per le banche nella fornitura alla propria clientela di servizi bancari. Nel codice viene stabilito che tutti i cambiamenti ai termini e condizioni dei contratti, se sfavorevoli per il cliente, devono essere comunicati personalmente almeno 30 giorni prima dell'applicazione del cambiamento. A partire dalla data di tale comunicazione, al cliente sono lasciati 60 giorni per esercitare il diritto di recesso senza dover pagare alcun extra charge.

V.2 Il conflitto di interessi

49. La seconda problematica, circoscritta allo schema contrattuale relativo ai servizi di investimento, riguarda il conflitto di interessi. Nello svolgimento della propria attività, un intermediario può trovarsi ad operare in situazioni nelle quali è incentivato a perseguire un proprio interesse che può non essere pienamente convergente con quello dell'investitore. In tali situazioni si verifica, quindi, un conflitto di interessi tra intermediari e investitori. Il conflitto può realizzarsi in situazioni di fatto molto variegate, sostanzialmente riconducibili a rapporti di gruppo, a rapporti d'affari propri o di società del gruppo e alla prestazione congiunta di più servizi.
A titolo esemplificativo, un intermediario versa in una situazione di conflitto di interessi quando vende ai propri clienti titoli emessi da esso stesso o da altre società del gruppo cui appartiene; ancora, il conflitto di interessi può derivare dalla partecipazione di intermediari del gruppo di appartenenza ai consorzi di collocamento di taluni titoli; sempre a titolo di esempio, inoltre, si ha conflitto di interessi nei casi in cui gli intermediari collochino strumenti finanziari emessi da imprese che hanno nei loro confronti o nei confronti di altre società del gruppo un'esposizione debitoria.
Il fenomeno del conflitto di interessi ha acquisito maggiore rilevanza anche a seguito del "concentrarsi nelle banche italiane di molte funzioni ulteriori rispetto a quella tradizionale del credito: prestatori di servizi di investimento in via diretta, soci di controllo delle principali società di gestione del risparmio; organizzatori e collocatori delle più importanti emissioni azionarie ed obbligazionarie […]" [Così si è espresso il Presidente della Consob Lamberto Cardia in occasione dell'audizione del 20 gennaio 2004 innanzi alle Commissioni Riunite di Camera e Senato ai fini dell'indagine conoscitiva su "I rapporti tra il sistema delle imprese, i mercati finanziari e la tutela del risparmio".].
50. La materia del conflitto di interessi è oggetto di una specifica regolamentazione che sarà nel seguito richiamata (v. infra par. VI); tuttavia, al fine di meglio apprezzare le clausole presenti nella modulistica ABI notificata, è opportuno segnalare sin da ora che le operazioni in conflitto di interessi sono disciplinate, in particolare, dagli artt. 27 e 45 del Regolamento intermediari e che queste disposizioni hanno rappresentato - entro certo limiti - un punto di riferimento testuale per l'ABI nella redazione delle clausole contrattuali.
Tali articoli configurano due regimi diversi in materia di conflitto di interessi. In particolare, l'articolo 27 prevede che il cliente debba rilasciare all'intermediario un'autorizzazione ad operare in situazione di conflitto in occasione di ogni singola operazione effettuata. L'articolo 45, invece, relativo specificamente al servizio di gestione portafogli, consente - entro certi limiti - che l'autorizzazione venga rilasciata una tantum in sede di stipula del contratto.

Le clausole previste dai contratti dell'ABI

51. Nello schema contrattuale dell'ABI relativo ai servizi di investimento, l'articolo 3 delle disposizioni comuni [Che recita come segue: "La banca può consigliare ovvero effettuare con o per conto della propria clientela operazioni in cui abbia direttamente o indirettamente, anche in relazione a rapporti di gruppo, alla presentazione congiunta di più servizi, o ad altri rapporti di affari propri o di società o enti del gruppo, un interesse in conflitto, purché abbia preventivamente informato per iscritto il cliente circa la natura e l'estensione del proprio interesse nell'operazione ed il cliente abbia espressamente acconsentito per iscritto all'effettuazione della stessa. …".] ricalca l'articolo 27 del Regolamento intermediari (sul quale v. infra) e si riferisce, quindi, al compimento delle operazioni in conflitto di interessi, previo rilascio di un'informativa dettagliata al cliente che descriva con riferimento alla specifica operazione la situazione di conflitto di interessi in cui l'intermediario si trova.
Come affermato dall'ABI con riferimento alla versione originaria dello schema [Cfr. verbale dell'audizione con l'ABI del 24 giugno 2004 (doc. n. 45).], tale articolo, sebbene compreso nelle Disposizioni Comuni, non si applica al servizio di consulenza previsto dalla sottosezione C dello schema in esame. Il "consigliare" richiamato nel testo dell'articolo, infatti non si riferisce al servizio di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari ma attiene ai consigli informali rilasciati contestualmente all'erogazione dei servizi di ricezione, trasmissione e negoziazione di ordini ovvero di gestione individuale di portafogli.
In sostanza, come emergerà anche dal prosieguo, nella versione originale dei contratti l'articolo 3 delle disposizioni comuni disciplina la materia del conflitto di interessi solamente con specifico riferimento ai servizi di cui alla sottosezione A (negoziazione titoli). 
52. Nella sottosezione B, relativa al servizio di gestione portafogli, le disposizioni in materia sono integrate dall'articolo 8 [L'art. 8 è costruito sulla falsariga dell'art. 45 del Regolamento intermediari sul quale v. infra.] e dall'allegato 2 della medesima sottosezione. L'originaria formulazione della clausola, completa del menzionato allegato, è tale da attirare l'attenzione dell'investitore soltanto sulla possibilità di rilasciare alla banca l'autorizzazione ad effettuare operazioni in conflitto di interessi. Non è stata invece menzionata la circostanza che tale autorizzazione presuppone da parte della banca una dettagliata informativa sulla quale il cliente può maturare il consenso a rilasciare l'autorizzazione medesima. Pertanto, questa clausola costituisce sostanzialmente un mero strumento, previsto dall'ABI, a disposizione della banca per ottenere l'autorizzazione ad effettuare continuativamente, tendenzialmente per tutta la durata del rapporto di gestione, operazioni in conflitto di interessi.
Questa autorizzazione copre, come subito si vedrà, diverse ipotesi che contemplano una vasta gamma di possibili operazioni da eseguire in regime di delega preventiva (in particolare, l'articolo 8 commi 1, 4 e 6). In particolare, il comma 1, che si riferisce alle tipologie di strumenti finanziari menzionati al comma 1 dell'articolo 45 del Regolamento Consob, prevede che "Fermo restando quanto previsto all'articolo 3 delle Disposizioni comuni, il cliente può autorizzare la banca ad eseguire le operazioni ….. in via continuativa ovvero entro limiti temporali stabiliti dalla normativa di riferimento vigente …. nelle quali la stessa possa avere direttamente o indirettamente un conflitto". L'indicazione che la banca "possa" avere direttamente o indirettamente un conflitto appare esaurire la descrizione sulla natura dei conflitti di interesse nei quali si trovano le banche al momento della conclusione del contratto [In questo contesto, appare incongruo il richiamo all'art. 3 delle Disposizioni Comuni, che tratta dell'informativa sul conflitto di interessi che l'intermediario deve rilasciare prima di ogni singola operazione, posto che l'art. 8 induce a sottoscrivere un'autorizzazione valevole in via continuativa e che quindi, assorbe l'autorizzazione volta per volta. Peraltro, tale rinvio opera esclusivamente con riferimento al citato comma 1 e non concerne le ipotesi di cui ai commi successivi.].
53. Parimenti, nei contratti oggetto dei notifica, l'articolo 8 comma 4 delinea una seconda ipotesi, che si distingue dalla precedente in quanto avente ad oggetto strumenti finanziari diversi da quelli elencati al comma 1, nella quale rileva l'autorizzazione preventiva; essa riguarda le operazioni "nelle quali [n.d.r. la banca] abbia una posizione in conflitto di interessi aventi ad oggetto strumenti finanziari diversi da quelli descritti al precedente comma 1", a condizione che gli strumenti finanziari così inseriti nel portafoglio dell'investitore non superino una percentuale del controvalore del portafoglio medesimo[Questo limite non è indicato nella modulistica in esame in quanto è oggetto di specificazione da parte dei singoli intermediari e comunque non potrà essere superiore al limite previsto dall'art. 45, Regolamento intermediari richiamato in nota nella stessa modulistica.]. Anche in questa seconda ipotesi, l'articolo 8 sembra riservare in capo alla banca la facoltà di effettuare operazioni in conflitto di interesse senza una chiara descrizione delle situazioni in conflitto.
Le stesse osservazioni valgono con riferimento all'articolo 8 comma 6 che menziona situazioni di conflitto ancora diverse dalle precedenti, in base al quale la banca può "eseguire operazioni quali l'acquisto o la sottoscrizione di strumenti finanziari emessi e/o collocati da soggetti con i quali la banca o altri soggetti appartenenti allo stesso gruppo intrattengono rapporti di affari che comportino a loro favore la retrocessione di commissioni ovvero altri vantaggi o utilità economiche", senza la previsione di ulteriori informazioni che debbano essere fornite dalla banca al cliente.
Si osserva, infine, che il contratto notificato nulla prevede sulla possibilità da parte dell'investitore di revocare l'autorizzazione prevista dall'articolo 8, né su eventuali revisioni, nel corso dello svolgimento del rapporto, dell'ambito di applicazione di detta autorizzazione, in ragione dell'eventuale mutamento delle situazioni di conflitto di interessi che caratterizzano l'intermediario.
54. Per il concreto rilascio dell'autorizzazione prevista dall'articolo 8, l'ABI allega allo schema contrattuale relativo ai servizi di investimento un modulo che deve essere sottoscritto dall'investitore (cfr. allegato 2 alla sottosezione B). L'articolo 1 di tale allegato, recante "Conflitto di interessi", prospetta all'investitore solo la scelta tra due differenti opzioni: "( ) il cliente rilascia l'autorizzazione di cui all'articolo 8 del contratto per il servizio di gestione di portafogli" oppure "( ) il cliente non rilascia l'autorizzazione di cui all'articolo 8 del contratto per il servizio di gestione di portafogli".
La modulistica predisposta dall'ABI e parte integrante dello schema contrattuale notificato, peraltro, può ritenersi completa, nel senso che così come è stata proposta, una banca, ancorché non vincolata, può utilizzarla con la propria clientela senza apportarvi alcuna modifica.
Infatti la clausola in esame non richiama alcuna documentazione ulteriore fornita dalla banca a completamento del testo contrattuale.

La risposta della Consob alla richiesta di informazioni

55. Nell'ambito del procedimento istruttorio, si è ritenuto opportuno acquisire alcune informazioni dalla Consob con riferimento alla regolamentazione dei servizi di investimento, per i profili in questa sede rilevanti [Con richiesta inviata in data 1° giugno 2004 (doc. n. 28).]. Ciò, tra l'altro, al fine di chiarire la tipologia di informazioni in ipotesi di conflitto di interesse che l'intermediario deve rilasciare nel corso dello svolgimento dei servizi di investimento regolati dal contratto ABI, con particolare attenzione al servizio di gestione portafogli poiché in quest'ambito rileva l'autorizzazione in via continuativa di cui si è detto sopra.
Alla Consob sono stati inoltre richiesti chiarimenti in ordine alla prestazione del servizio di consulenza.
56. In risposta alla richiesta di informazioni, in merito al conflitto di interessi, la Consob ha richiamato, tra l'altro, la normativa del Regolamento intermediari e, in particolare, l'articolo 27 che disciplina in via generale la materia del conflitto di interessi nella prestazione dei servizi di investimento e l'articolo 45 che tratta specificatamente del servizio di gestione portafogli.
In questo contesto, la Consob ha evidenziato che, al fine di acquisire da parte del cliente l'autorizzazione a svolgere in via continuativa operazioni in conflitto di interesse di cui all'articolo 45, l'intermediario deve, in sede di conclusione del contratto, fornire un'informativa esauriente sulle situazioni di conflitto di interesse in cui egli versa, analoga a quella prestata ai sensi dell'articolo 27 del Regolamento Consob n. 11522/98. In particolare, la Consob precisa che "non sussiste alcun dubbio che l'estensione dell'informativa in materia di conflitti, prevista nella prestazione del servizio di gestione, debba essere almeno equivalente, sul piano qualitativo, a quella prevista in via generale dall'articolo 27" [Cfr. la risposta della Consob alla richiesta di informazioni (doc. n. 50).]. In particolare, dunque, l'articolo 45 del Regolamento Consob, analogamente all'articolo 27 del medesimo Regolamento, impone agli intermediari di individuare, in sede di conclusione del contratto, in concreto le situazioni in conflitto di interessi nelle quali versa l'operatore, non essendo dunque idonea al rilascio dell'autorizzazione in via continuativa una descrizione meramente generica dei conflitti di interesse nei quali l'intermediario può eventualmente trovarsi durante lo svolgimento del rapporto contrattuale. In sostanza, dunque, l'autorizzazione deve avere ad oggetto situazioni compiutamente conosciute dall'investitore.
57. A fronte di una specifica domanda sul punto, la Consob precisa altresì che l'informativa rilasciata dall'intermediario al momento della conclusione del contratto non esaurisce i profili relativi al rapporto tra l'operatore e il cliente sulla questione del conflitto di interessi. Infatti "non sussiste alcun dubbio che l'informativa sul conflitto debba essere tempestivamente aggiornata in presenza di modificazioni nelle situazioni conflittuali: tale aggiornamento, inoltre, non può che essere preventivo rispetto alle operazioni da porre in essere e deve essere autorizzato espressamente dal cliente". Le modalità attraverso cui modificare eventualmente nel tempo l'ambito di estensione dell'autorizzazione in questione sono lasciate all'autonomia delle parti ed infatti sul punto la Consob specifica che "Quanto alle forme contrattuali delle modifiche, resta riservata all'intermediario la scelta in ordine alla sottoscrizione di un nuovo contratto ovvero all'integrazione, nel rispetto delle disposizioni civilistiche, generali e speciali, di rilievo (la cui interpretazione è demandata all'Autorità Giudiziaria)".
58. Passando ora alla consulenza, la Consob distingue tra la c.d. consulenza "in senso stretto", vale a dire la consulenza intesa quale servizio accessorio ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1. comma 6, lett. f) del T.U.F., e la consulenza c.d. "incidentale".
La consulenza in senso stretto, necessita della conclusione di un apposito contratto ed è priva "di una diretta e inscindibile strumentalità rispetto ad altri servizi di investimento". L'intermediario inoltre deve potere consigliare gli investimenti senza l'esistenza di limiti predeterminati e, in rapporto a tali investimenti, deve essere in una posizione di "strutturale indipendenza".
Quanto alla consulenza c.d. incidentale, essa è connaturata alla prestazione dei servizi di investimento e, nel servizio di gestione, è perfino "assorbita nell'attività svolta dal gestore che individua le operazioni da compiere e le pone direttamente in essere".
Alla consulenza, in entrambe le forme appena ricordate, sono in ogni caso applicabili i principi generali che regolano il comportamento degli intermediari nella prestazione dei servizi di investimento, principi che attribuiscono ampio rilievo, ed in diverse forme, alla tutela dell'investitore in caso di conflitto di interessi.

La trattazione del conflitto nella prassi e la posizione delle associazioni di categoria degli intermediari

59. Nei contratti inviati dalle banche in risposta alla richiesta di informazioni, emerge che il problema del conflitto di interessi viene disciplinato in maniera sostanzialmente equivalente a quella prevista dagli schemi contrattuali notificati dall'ABI. L'informativa sul conflitto di interessi si esplica quindi con modalità differenti a seconda che si tratti del servizio di negoziazione titoli oppure del servizio di gestione portafogli. Nel primo caso, infatti, l'avvertenza all'investitore viene data per ogni singola operazione man mano che l'investitore impartisce ordini. Nel rilasciare tale avvertenza, le banche sono tenute a specificare la natura del conflitto di interessi originata dall'operazione oggetto dell'ordine. Nel secondo caso, alcune banche, nella risposta alla richiesta di informazioni, hanno specificato quale è la classificazione delle tipologie di conflitto adottata per la richiesta dell'autorizzazione. Per alcune banche queste vengono, in sostanza, ricondotte all'emissione o al collocamento dei titoli oggetto dell'ordine da parte della banca o di società appartenenti al medesimo gruppo[In particolare, SanPaolo IMI codifica i possibili motivi di conflitto nella seguente maniera: i) titolo emesso da SanPaolo Imi Spa; ii) titolo collocato da SanPaolo Imi Spa; iii) titolo emesso da società del gruppo bancario SanPaolo Imi Spa; iv) titolo collocato da società del gruppo bancario SanPaolo Imi Spa; mentre ad avviso di Banca Sella il conflitto può insorgere per la partecipazione a consorzi di collocamento di strumenti finanziari; per emissione di prestiti obbligazionari da parte della stessa banca o, infine, il per collocamento di fondi di una società del gruppo.]. Un altro operatore distingue, invece, tra: i) rapporto d'affari, ii) rapporti di gruppo: strumenti finanziari emessi da controllante, iii) strumenti finanziari emessi dalla banca [Cfr. risposta di Banca di Roma (doc. n. 27).].
In sostanza, dalla documentazione agli atti, sembrano ricorrenti le clausole in base alle quali, relativamente al servizio di gestione portafogli, la banca avvisa che in linea generale ed astratta si possono verificare operazioni in situazioni di conflitto derivanti da rapporti di gruppo, di affari o di altra natura, senza che queste vengano specificamente elencate ed autorizzate.
Ciò è stato confermato anche da quanto affermato dalle banche e dalle associazioni di operatori sentite in audizione [Cfr. verbale dell'audizione di UniCredito del 17 giugno 2004 (doc. n. 40) e verbale dell'audizione di Banca Etruria del 18 giugno 2004 (doc. n. 41).]. 
60. Rileva, poi, quanto affermato da Assosim in relazione alle modalità di rilascio dell'autorizzazione una tantum. Secondo l'Associazione degli intermediari mobiliari, infatti, la natura dei singoli conflitti deve essere indicata nel contratto di gestione in maniera esaustiva. Pertanto, qualora l'intermediario dovesse avere, con riferimento a particolari strumenti finanziari, diverse tipologie di conflitto, dovrebbe indicarne la natura distintamente. Assosim, inoltre, rileva che, rispetto del dettato normativo, l'intermediario è comunque libero di scegliere soluzioni differenti correlate ad informative più o meno dettagliate ed esaustive[Cfr. risposta di Assosim (doc. n. 46).].
61. Dalle audizioni, inoltre, è emerso che nella gestione di portafogli, data la specifica natura del servizio, non sarebbe materialmente possibile fornire al cliente ex ante - al momento della sottoscrizione del contratto - l'elenco dettagliato delle operazioni in conflitto di interessi. Inoltre, nell'ambito dello svolgimento del servizio di gestione non sarebbe praticabile nemmeno la richiesta di un'autorizzazione ad operare in conflitto di interessi in corrispondenza di ogni operazione. Oltre al consistente aggravio di costi che ne deriverebbe va considerato che nell'attività di gestione il fattore temporale è molto importante. Quindi dover attendere l'autorizzazione per eseguire l'operazione potrebbe pregiudicarne la convenienza [Cfr. verbale dell'audizione di Banca Etruria del 18 giugno 2004 (doc. n. 41).]. 
Secondo Assogestioni, per quanto riguarda il servizio di gestione individuale, il problema del conflitto di interessi non si può risolvere al momento della stesura del contratto ma solo attraverso una corretta informazione al cliente nel corso dello svolgimento del servizio. L'Associazione, con particolare riferimento al rilascio dell'autorizzazione una tantum, affermache: "Non è materialmente possibile individuare ex-ante i singoli titoli per i quali potrebbe configurarsi un conflitto d'interesse; tali titoli possono essere specificati solo ex-post nel rendiconto di gestione" [Verbale dell'audizione di Assogestioni del 9 giugno 2004 (doc. n. 34). Un suggerimento analogo è stato avanzato da Banca Etruria nel corso dell'audizione del 18 giugno 2004 (doc. n. 41).].
62. Per quanto riguarda il livello di consapevolezza della clientela in materia di conflitto di interessi, ad avviso di Assoreti, "In generale, è difficile che il cliente percepisca esattamente i rischi legati al conflitto di interessi in quanto vi è un problema di definizione del conflitto. Bisognerebbe chiarire molto bene quali siano le situazioni che originano un vero conflitto di interessi suscettibile di arrecare danno. In linea di massima, non basta infatti che una banca cerchi di vendere un prodotto del proprio Gruppo per creare un conflitto significativo. Il problema sorge quando una banca cerca di vendere prodotti realmente pregiudizievoli, come può avvenire ad esempio nel caso della vendita di prodotti di società nei cui confronti la banca ha un'esposizione debitoria, come è avvenuto nei casi Cirio e Parmalat. Peraltro, in questi ultimi casi andrebbe distinta l'entità dell'affidamento. Il problema è che gli obblighi di informazione riguardano nella stessa misura tipologie di conflitto di interessi diverse che vengono, invece, percepite allo stesso modo dall'investitore" [Verbale dell'audizione di Assoreti dell'11 maggio 2004 (doc. n. 15).].
63. Si rileva, infine, che il problema relativo al conflitto di interessi tocca anche l'attività di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari. Secondo l'ABI [Cfr. comunicazione dell'ABI del 23 giugno 2004 (doc. n. 43).], anche nell'erogazione di tale servizio l'intermediario dovrebbe portare a conoscenza dell'investitore eventuali operazioni in conflitto di interessi. Analogamente, ad avviso dell'unico operatore bancario - tra quelli destinatari delle richieste di informazioni - attivo nell'offerta di consulenza, nell'erogazione di tale servizio sarebbe necessario fornire al cliente un'informativa in relazione ad eventuali situazioni di conflitto di interessi in cui potrebbe trovarsi il consulente. Secondo tale operatore la sola indipendenza strutturale del consulente potrebbe non essere sufficiente[UniCredito evidenzia come, nel caso in cui l'operazione consigliata venga effettuata successivamente da un intermediario diverso ed esterno al gruppo al quale appartiene il consulente, il cliente sarà "avvertito" sole delle situazioni di conflitto di interessi che riguardano tale intermediario ma potrebbe non venire a conoscenza di un'eventuale situazione di conflitto in cui versava il consulente, cfr. verbale dell'audizione di Unicerdito (doc. n. 40).].
Una migliore separazione dell'attività di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari potrebbe però, secondo Assogestioni, attenuare il problema del conflitto di interessi[Verbale dell'audizione di Assogestioni del 9 giugno 2004 (doc. n. 34).].

Il punto di vista delle associazioni dei consumatori

64. Da parte delle associazioni dei consumatori sono state espresse perplessità sia nei confronti della normativa vigente, che non affronterebbe efficacemente la materia, sia nei confronti della prassi contrattuale delle banche [Cfr. verbale dell'Associazione Consumatori e Utenti (ACU) del 26 maggio 2004 (doc. n. 25): "Il problema è che la normativa vigente prevede modalità contrattuali che disciplinano la comunicazione al cliente sulle operazioni in conflitto di interessi che non sono sufficientemente chiare e comprensibili per i consumatori, e quindi questi non vengono attualmente tutelati."].
In ogni caso, alcune associazioni hanno affermato che, a seguito dei casi Cirio e Parmalat, hanno assunto una posizione drastica auspicando il divieto di effettuare operazioni in conflitto di interessi [Cfr. verbale dell'audizione dei rappresentanti di ADOC e Federazione Nazionale di Consumatori e Utenti del 19 maggio 2004 (doc. n. 18) e verbale dell'Associazione Consumatori e Utenti (ACU) del 26 maggio 2004 (doc. n. 25).].
Ciò si riflette anche sulla posizione relativa alla modulistica ABI oggetto di istruttoria: "nella versione attuale, le clausole in materia di operazioni in conflitto di interessi stabiliscono alcuni oneri informativi; secondo l'interpretazione data dalle Associazioni, rileva l'articolo 3 delle disposizioni comuni, al quale rinvia anche il successivo articolo 8, che si riferisce ad un'informativa relativa ai singoli titoli per i quali la banca versa in una situazione di conflitto di interesse. Lo schema prevede inoltre il rilascio da parte del cliente di un'autorizzazione preventiva. Tuttavia, in considerazione dei recenti avvenimenti, è in corso un'approfondita riflessione sulle forme di tutela dell'investitore nel caso di operazioni di questo tipo, che potrebbe condurre ad una revisione del protocollo di intesa con l'ABI" [Cfr. verbale in forma sintetica dell'audizione dei rappresentanti di ADOC e Federazione Nazionale di Consumatori e Utenti del 19 maggio 2004 (doc. n. 18).].

V.3 Altre clausole

Il tie in

65. In sede di avvio si era altresì soffermata l'attenzione su clausole, contenute nello schema contrattuale relativo ai servizi di investimento, idonee a determinare un legame artificioso tra l'offerta di diversi servizi, portando alla formalizzazione di una pratica di tie ingeneralizzata. Come verrà più dettagliatamente specificato nel seguito, l'ABI, ancor prima delle risultanze istruttorie, ha proposto di apportare alcune modifiche a tali clausole al fine di superare i profili problematici che esse sollevano.
In particolare, gli schemi contrattuali predisposti dall'ABI, nella loro formulazione originaria, dispongono che per lo svolgimento dei servizi di investimento il cliente debba accendere presso il medesimo intermediario conti correnti e/o conti di deposito titoli.
Tali disposizioni si rinvengono nell'articolo 8 della sottosezione A relativa al servizio di ricezione, trasmissione e negoziazione di ordini, nell'articolo 9 della sottosezione B, relativa al servizio di gestione portafogli e nell'allegato 1, contenente il modulo di adesione contrattuale.
66. Nella sezione relativa al "Servizio di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari" (sottosezione A), all'articolo 8, è previsto che "Gli strumenti finanziari oggetto delle operazioni di cui alla presente sottosezione saranno immessi o registrati nel deposito a custodia e/o amministrazione di titoli e strumenti finanziari presso la banca". 
Tale disposizione inserisce, pertanto, nell'attività di compravendita di strumenti finanziari l'obbligo di accendere un conto titoli presso il medesimo intermediario a cui si danno le disposizioni di negoziazione dei titoli.
67. Anche le clausole contrattuali relative al servizio di gestione portafogli sollevano problematiche analoghe. Con riferimento a tale servizio, inoltre, lo schema contrattuale sembra richiedere al cliente non solo l'accensione di un conto titoli ma anche l'apertura di unconto corrente.
Infatti, l'articolo 9 della sezione del contratto relativa a tale servizio (sottosezione B) prevede che "Nell'esecuzione dell'incarico la banca è tenuta ed è espressamente autorizzata dal cliente:
- a depositare presso di sé gli strumenti finanziari in gestione [...]
- a versare ogni importo liquido facente parte del patrimonio sul conto corrente di gestione acceso presso la banca o altri intermediari" (sottolineatura aggiunta).

Ciononostante, nel modulo contrattuale da sottoporre al cliente all'atto dell'acquisto dei servizi di investimento (allegato 1), nella parte relativa al "Servizio di gestione di portafogli", è stata utilizzata la seguente formula:

"Vi conferisco/conferiamo l'incarico di gestire [...] il mio patrimonio di seguito specificato:
a) somma di euro da accreditare sul c/c n. …a me/noi intestato acceso presso di Voi,
b) strumenti finanziari specificati [...] immessi o registrati nel deposito a custodia e/o amministrazione di titoli e strumenti finanziari n. [...] a me/a noi intestato acceso presso di Voi" (sottolineatura aggiunta).
L'articolo 9 della sottosezione A, quindi, lascia aperta la possibilità che il conto corrente di appoggio alla prestazione del servizio venga aperto presso un intermediario diverso. Tuttavia, tale possibilità appare superata dal modulo contrattuale di adesione sopra descritto.
68. Per quanto concerne l'originaria previsione relativa al deposito titoli presso la medesima banca che eroga il servizio di investimento, secondo l'ABI i motivi sottostanti sono riconducibili ad esigenze di efficienza. In assenza di un tale conto, le modalità di erogazione dei servizi di negoziazione e di gestione sarebbero più complesse e ci sarebbero maggiori oneri per la clientela. Tali servizi, infatti, presuppongono un flusso costante di informazioni ed istruzioni cui conseguono corrispondenti operazioni contabili (ad es. provvista necessaria per investimenti, accredito delle cedole o del controvalore dei titoli…).
Per quanto riguarda il conto corrente previsto per il servizio di gestione, l'ABI ha specificato che si tratta di un conto dedicato esclusivamente allo svolgimento del medesimo servizio, meno oneroso di un conto corrente ordinario. Analogamente a quanto affermato per il conto titoli, l'ABI ha osservato come i motivi dell'inserimento della clausola relativa al conto corrente siano riconducibili a ragioni di efficienza.
Per entrambi i casi, tuttavia, l'ABI ha chiarito che non sussistono vincoli di natura tecnica che rendano necessari i legami sopra descritti. 
69. Sul punto, appare utile richiamare in questa sede anche quanto affermato da Assoreti ed Assogestioni nel corso delle audizioni. Dette associazioni hanno sostenuto che non sussiste alcuna ragione tecnica che imponga l'apertura da parte di un investitore di conti correnti e/o di gestione presso l'intermediario che svolge il servizio [Ciò appare confermato anche dal fatto che Banca Etruria per il servizio di gestione prevede contrattualmente che il conto titoli possa essere aperto anche presso altri intermediari (cfr. doc. n. 29).]. Assoreti evidenzia, tuttavia, che l'accensione di conti presso altri intermediari potrebbe condurre ad un aumento del costo dei servizi. Assogestioni, peraltro, ha sostenuto che per l'erogazione del servizio di gestione non è necessaria da parte del cliente l'accensione di alcun conto.

Altri aspetti problematici

70. Oltre agli aspetti delineati nei paragrafi precedenti, gli schemi contrattuali dell'ABI oggetto di notifica contengono anche altre clausole che sollevano profili di problematicità. Tali clausole riguardano, per i servizi di investimento, la composizione del compenso per il servizio di negoziazione e, per l'utilizzo delle carte di credito, l'attribuzione al cliente degli oneri fiscali.
Si premette che, analogamente a quanto effettuato per il tie in, in relazione a tali clausole l'ABI si è mostrata disponibile, sin da una fase iniziale del procedimento, a modificare il testo per eliminare eventuali incompatibilità con la disciplina a tutela della concorrenza.
71. Nella sezione relativa alla negoziazione di ordini, il contratto dell'ABI riporta due clausole relative alla definizione del prezzo praticato dall'intermediario al cliente. In sostanza, queste clausole sono volte a riportare nel contratto le previsioni dettate in materia dal Regolamento Consob n. 11522/98, le quali stabiliscono che nella negoziazione in conto proprio, diversamente da quella per conto terzi, la banca non può richiedere alcuna commissione. Tuttavia, nella parte relativa alla negoziazione per conto terzi, la formulazione originaria della clausola del contratto riporta in maniera non corretta la relativa disposizione Consob, rendendo in tal modo scarsamente trasparente il prezzo del servizio di intermediazione reso, che appare fornito a titolo gratuito, non essendo esplicitato che il cliente deve comunque pagare commissioni e spese. 
In particolare, l'articolo 2, comma 5 del contratto dell'ABI dispone che nel caso in cui l'ordine di negoziazione sia eseguito dalla banca per conto terzi, "il prezzo praticato al cliente è esclusivamente quello ricevuto o pagato dalla banca". Nel Regolamento Consob, invece, l'articolo 32, comma 6, prevede che "nella prestazione del servizio di negoziazione per conto terzi, ferma restando l'applicazione delle commissioni e delle spese, il prezzo praticato all'investitore è esclusivamente quello ricevuto o pagato dall'intermediario".
72. In relazione, poi, al contratto dell'ABI per l'utilizzo della carta di credito, nella sua versione originaria esso contiene un articolo (articolo 16) che prevede che "Gli oneri fiscali che l'Emittente dovesse sostenere in relazione ai rapporti posti in essere con il Titolare, sono a carico di quest'ultimo". 
Gli oneri fiscali relativi ai contratti per l'utilizzo di carte di credito sono essenzialmente costituiti dall'imposta di bollo sull'emissione degli estratti conto.
Come emerso dalle informazioni raccolte, l'attribuzione di tali oneri alla clientela è rimessa alla discrezione delle singole banche. Alcune di esse, ad esempio, sostengono direttamente tale costo e non fanno pagare nulla alla clientela [Cfr. verbale dell'audizione dell'ABI (doc. n. 45) e risposta richiesta informazioni di Unicredito (doc. n. 32).].
Attraverso l'articolo 16 sopra descritto, pertanto, lo schema contrattuale notificato dall'ABI disciplina direttamente una componente del prezzo del servizio in oggetto.

VI. INQUADRAMENTO NORMATIVO DELLE PRINCIPALI CLAUSOLE DEI CONTRATTI

VI.1 Inquadramento normativo dello ius variandi

73. Ai nostri fini, è utile richiamare la normativa degli artt. 117 e 118 del T.U.B. e successiva attuazione, il T.U.F. integrato dalla regolamentazione Consob e, infine, le disposizioni dell'articolo 1469bis del codice civile. Il contenuto di questa normativa con riferimento alloius variandi è esemplificato nella Tabella 1 posta al termine della presente sottosezione.

La normativa di settore

74. Negli artt. 117 e 118 del T.U.B., che si applicano allo schema contrattuale relativo alle carte di credito, si rinviene che: "La possibilità di variare in senso sfavorevole al cliente il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione deve essere espressamente indicata nel contratto con clausola approvata specificamente dal cliente" (articolo 117, comma 5) e che "Se nei contratti di durata è convenuta la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni, le variazioni sfavorevoli sono comunicate al cliente nei modi e nei termini stabiliti dal CICR.
Le variazioni contrattuali per le quali non sono state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci.
Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione scritta, ovvero dall'effettuazione di altre forme di comunicazione attuate ai sensi del comma 1, il cliente ha diritto di recedere dal contratto senza penalità e di ottenere, in sede di liquidazione del rapporto, l'applicazione delle condizioni precedentemente applicate" (articolo 118).
In base a tali disposizioni, lo ius variandi costituisce oggetto eventuale, e non necessario, di una clausola contrattuale che deve essere "specificamente approvata" dal cliente [Con ciò richiamando una terminologia simile a quella utilizzata all'art. 1341 del Codice Civile, relativo ad alcune clausole che possono essere inserite nelle condizioni generali di contratto ma che risultano particolarmente onerose per il contraente c.d. debole.].
75. La normativa appena citata è completata dalla normativa di attuazione ed in particolare dalla successiva delibera del Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio (CICR) del 4 marzo 2003, Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari [In G.U. del 27 marzo 2003, n. 72. Sino all'emanazione delle disposizioni di attuazione, lo stesso T.U.B. ha fatto salva la permanenza in vigore sia della normativa primaria antecedente al T.U.B. medesimo nonché di quella secondaria emanata in attuazione della normativa che il T.U.B. stesso andava a sostituire.], ove all'articolo 11 è previsto che: "Nei contratti di durata, le variazioni sfavorevoli al cliente, riguardanti tassi di interesse, prezzi e altre condizioni delle operazioni e dei servizi, sono comunicate al cliente con la chiara evidenziazione delle variazioni intervenute.
2. Le variazioni sfavorevoli generalizzate possono essere comunicate alla clientela in modo impersonale, mediante apposite inserzioni nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, anche ai fini dell'esercizio del diritto di recesso previsto dall'articolo 118, comma 3, del testo unico bancario.
3. Le variazioni di cui al comma 2 sono in ogni caso comunicate individualmente al cliente alla prima occasione utile, nell'ambito delle comunicazioni periodiche o di quelle riguardanti operazioni specifiche".
Tale disposizione, in attuazione dell'articolo 118, comma 3 sopra citato, prevede la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale quale possibile modalità di comunicazione per le variazioni generalizzate sfavorevoli alla clientela [Così da intendersi "quelle relative ad una categoria omogenea di operazioni e servizi accessibili da parte di tutti clienti (ad esempio, le variazioni della struttura dei tassi per i rapporti di conto corrente)", cfr. il punto 2, del Titolo X, Capitolo I, Sezione IV delle Istruzioni di Vigilanza per le Banche, predisposte dalla Banca di Italia. Le Istruzioni di Vigilanza appena menzionate costituiscono un'ulteriore fonte secondaria ad integrazione della materia.]. Tale modalità di comunicazione costituisce una mera facoltà per gli operatori che possono dunque, anche a fronte di modifiche generalizzate, utilizzare forme di comunicazioni individuali.
76. Per quanto concerne la normativa relativa ai servizi di investimento, l'articolo 23 comma 4 del T.U.F. prevede che le "disposizioni del titolo VI Capo I del T.U. bancario non si applicano ai servizi di investimento né al servizio accessorio previsto all'articolo 1, comma 6, lett. f)" [n.d.r. è quest'ultimo la consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari]. Pertanto la disciplina speciale sullo ius variandi di cui agli artt. 117 e 118 del T.U.B., sopra descritta, non trova applicazione nell'ambito dei servizi di investimento in quanto tali articoli fanno parte del Titolo VI Capo I del T.U.B. [La ratio di tale disposizione deriva dalla circostanza che la normativa contenuta nel Titolo VI, Capo I del T.U.B. si applicava soltanto alle banche ed agli intermediari finanziari ma non alle società di intermediazione mobiliare (SIM). Pertanto, prima dell'entrata in vigore del T.U.F., i contratti aventi ad oggetto i servizi di investimento subivano una trattamento diverso a seconda che fossero posti in essere, da un lato dalle banche o dagli intermediari finanziari, e dall'altro dalle SIM. Il T.U.F. ha superato questa discrasia prevedendo che tutti i contratti relativi i servizi di investimento, a prescindere dalla natura dell'operatore, soggiacciano alla normativa ivi prevista.].
Sul contenuto dei contratti relativi ai servizi di investimento rileva inoltre richiamare l'articolo 30 del Regolamento intermediari Consob ove si prevede che il contratto con l'investitore deve contenere una serie di elementi tra cui "… stabilire il periodo di validità e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le modificazioni del contratto stesso…".
Tale disposizione non prevede una specifica disciplina in ordine alle modifiche unilateralmente apportate dagli intermediari alle condizioni contrattuali nell'ambito dei servizi di investimento e, da questo punto di vista, appare neutrale.

Il codice civile e il rapporto con la disciplina specifica di settore

77. Su impulso comunitario [Trattasi dell'intero capo XIV-bis del Titolo II, Dei contratti in generale, inserito nel codice civile dall'art. 25 della legge del 6 febbraio 1996, n. 52 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 1994 (in S.O. alla Gazz. Uff., 10 febbraio 1996, n. 34). Questa normativa ha attuato la direttiva Ce del Consiglio del 5 aprile 1993 n. 13, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (in G.U.C.E. L 95 del 21 aprile 1993).], è stata introdotta nel codice civile una specifica normativa sulle clausole abusive nei contratti con i consumatori (artt. 1469 bis e ss). In linea generale sono abusive, e quindi illecite, le clausole che impongono un significativo squilibrio, a sfavore del consumatore, nei diritti e negli obblighi derivanti dal contratto. In particolare, l'articolo 1469 bis, comma 3 tipicizza, in via non esaustiva, alcune fattispecie che si presumono abusive, salvo prova contraria [Con particolare riferimento allo ius variandi cfr. artt. 1469 bis, comma 2, nn. 11, 12 e 13 ai quali si rinvia. ]. Per quanto rileva nel caso in esame, viene affermata – dall'articolo 1469bis, comma 3, punto 11 – la natura abusiva della clausola che consente all'impresa di effettuare modifiche unilaterali senza un giustificato motivo indicato nel contratto.
Parallelamente, riconoscendo una posizione peculiare ai servizi finanziari, l'articolo 1469 bis commi 4, 5 e 6 stabilisce un diverso regime per tali servizi. In quest'ambito, ai nostri fini merita segnalare l'articolo 1469 bis comma 4 che, nei contratti a tempo indeterminato (quali quelli in esame), consente al professionista di "modificare, qualora sussista un giustificato motivo, le condizioni del contratto, preavvisando, entro un congruo termine il consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto" (articolo 1469 bis, comma 4, n. 2). Nei servizi finanziari, pertanto, da un lato, si consente all'impresa di effettuare modifiche unilaterali dovute a giustificato motivo anche se tale motivo non è stato indicato nel contratto [Non è agevole l'individuazione di quale siano i motivi che possano legittimamente giustificare la modifica unilaterale. La nozione di giustificato motivo è definita dalla giurisprudenza e non rileva approfondirla in questa sede; a titolo esemplificativo, si ricorda la sentenza della Corte di Appello di Roma del 24 settembre 2002 (in Foro It., I, 332, 2003) relativa alla vessatorietà di clausole di contratti bancari e finanziari aventi ad oggetto lo ius variandi, ove quest'ultimo è stato ritenuto ammissibile in quanto subordinato alla sussistenza del giustificato motivo consistente nel dovere adeguare le clausole contrattuali alle "nuove disposizioni di legge"; non altrettanto è stato riconosciuto con riferimento al giustificato motivo consistente nell'adeguare le clausole contrattuali ad "esigenze organizzative", quest'ultima infatti è "una formula vaga e sostanzialmente rimessa all'unilaterale determinazione della banca. Si aggiunga che in materia contrattuale è eccezionale la rilevanza delle condizioni personali del contraente nello svolgimento del rapporto". Ancora, "nei contratti conclusi tra il consumatore e il professionista deve essere giudicata vessatoria la clausola che consente al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio quando ricorre un giustificato motivo talmente vago e generico da permettere al professionista di introdurre nel contratto tutte le modifiche che ritiene opportune" (Trib. Torino 22 settembre 2000), "Sono vessatorie, e ne deve essere inibito l'uso ai sensi dell'art. 1469 sexies c.c., le clausole contenute nelle condizioni generali di contratto …… con le quali … è previsto che il concessionario possa modificare unilateralmente le condizioni contrattuali in caso di accordi con gestori stranieri o qualora sussista un ulteriore "giustificato motivo"" (Trib. Torino 12 aprile 2004).]. Dall'altro, tuttavia, si obbliga l'impresa che offre servizi finanziari a dare, di tali modifiche, un preavviso al cliente. Questi elementi valgono, per un verso, a circoscrivere l'applicazione dello ius variandi a situazioni ove il mutamento delle condizioni non dipenda dalla mera volontà di una della parti e, per l'altro, a consentire al consumatore di recedere dal contratto ponendo così fine ad un rapporto contrattuale che non soddisfa più le sue esigenze.
Per i servizi finanziari, la disciplina codicistica è, dunque, finalizzata a consentire la possibilità di adeguare nel tempo le condizioni contrattuali, laddove ciò sia necessario, senza per questo risolversi nell'attribuire una potestà di modificare ad libitum le condizioni contrattuali sulle quali il contraente ha comunque già prestato il proprio consenso in occasione della conclusione del contratto.
78. Tra la normativa degli artt. 117 e 118 del T.U.B., integrato dalla successiva regolamentazione di attuazione, e quella di cui agli artt. 1469 bis e ss. del codice civile si pone un problema di rapporto fra norme in quanto entrambe concernenti lo ius variandi [Il rapporto tra queste disposizioni non appare interamente risolto né dal criterio temporale (la legge successiva abroga quella anteriore, in questo caso il codice civile abrogherebbe il T.U.B. sul punto) né dal criterio di specialità (entrambe le discipline infatti rappresentano una normativa avente carattere speciale).], problema affrontato sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina. In particolare, si è posta la questione di stabilire se la normativa a tutela del consumatore si applicasse anche ai contratti rientranti nell'ambito di applicazione del T.UB. e della successiva normativa di attuazione. Allo stato la questione è stata risolta in termini positivi ed, infatti, si è affermato che l'articolo 1469bis, comma 4, n. 2 sopra richiamato si applica ai servizi bancari e che, quindi, lo ius variandi delle banche debba essere condizionato dalle previsioni del codice civile [Così, per esempio, App. Roma 24 settembre 2002 "E' vero che l'art. 118 t.u. in materia bancaria e creditizia lo prevede senza limiti diversi dalla pattuizione preventiva. Tuttavia la previsione va integrata con la (successiva) disciplina in tema di clausole vessatorie, ancora una volta ammissiva del diritto di variare le condizioni economiche in presenza di un giustificato motivo, che dalla clausola in questione è del tutto espunto".].
79. Nella tabella che segue, sintetizzando quanto esposto in precedenza, si comparano le previsioni dello ius variandi contenute negli schemi ABI, nel codice civile, nel T.U.B., nel T.U.F. e nella normativa secondaria. Sono evidenziati in grassetto gli elementi che distinguono tale normativa rispetto alle clausole originariamente notificate.

Tabella 1 - Ius variandi

Ius variandi economico

Contratti ABI nella versione originaria

Codice Civile*

TUB e Delibera CICR

TUF e Regolamento Consob

servizi di investimento

-sono consentite modifiche unilaterali sfavorevoli
-comunicazione anche impersonale
-diritto di recesso entro 15gg

- sono consentite modifiche unilaterali sfavorevoli solo con giustificato motivo
-preavviso/ comunicazione immediata al consumatore
-diritto di recesso

Non si applica ai servizi di investimento in virtù dell'articolo 23, comma 4 del T.U.F.

Modalità di eventuali modifiche contrattuali da disciplinarsi nel contratto stesso

carte di credito

-sono consentite modifiche unilaterali sfavorevoli
-comunicazione anche impersonale
-diritto di recesso entro 15gg

-sono consentite modifiche unilaterali sfavorevoli solo con giustificato motivo
- preavviso/ comunicazione immediata al consumatore
-diritto di recesso

- sono consentite modifiche unilaterali sfavorevoli
-comunicazione anche impersonale, mapersonale alla prima occasione utile
-diritto di recesso entro 15gg

Non si applica

* Si applica solo nei contratti con i consumatori.


VI.2 Inquadramento normativo relativo al conflitto di interessi

80. Ai fini della tutela dell'investitore e dell'integrità dei mercati, i servizi di investimento sono regolati sul piano comunitario dalla direttiva 93/22/CEE del Consiglio del 10 maggio 1993, recentemente sostituita dalla direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004 [Rispettivamente in G.U.C.E. L141 dell'11 giugno 1993 e in G.U.C.E. L 145 del 30 aprile 2004. In particolare, la direttiva 93/22/Cee è abrogata a partire da 24 mesi dopo la pubblicazione della direttiva 2004/39/CE. Sugli obblighi che gravano sulle imprese di investimento e sugli enti creditizi per assicurare la trasparenza del mercato v. anche la recente direttiva 2003/125/CE della commissione del 22 dicembre 2003, recante modalità di esecuzione della direttiva 2003/6/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la corretta presentazione delle raccomandazioni di investimento e la comunicazione al pubblico di conflitti di interesse in G.U.C.E. 224 dicembre 2003.].
Con particolare riferimento alla direttiva 93/22/Cee, l'articolo 11 specifica, tra le regole di comportamento alle quali devono sottostare gli intermediari, che questi ultimi devono "sforzarsi di evitare i conflitti di interessi e, qualora ciò non sia possibile, a provvedere a che i suoi clienti siano trattati in modo equo". Anche, la direttiva 2004/39/CE, dopo avere ricordato che "la gamma sempre più ampia di attività che molte imprese di investimento esercitano simultaneamente ha aumentato la possibilità che vi siano conflitti di interessi tra queste attività e gli interessi dei clienti. E' pertanto necessario prevedere regole volte a garantire che tali conflitti non si ripercuotano negativamente sugli interessi dei loro clienti" (29° considerando), prevede che "Gli stati membri prescrivono che le imprese di investimento adottino ogni misura ragionevole per identificare i conflitti di interesse che potrebbero insorgere tra tali imprese [...] e i loro clienti o tra due clienti al momento della prestazione di qualunque servizio di investimento o servizio accessorio o di una combinazione di tali servizi… Quando le disposizioni organizzative o amministrative adottate dall'impresa non sono sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato, l'impresa di investimento informa chiaramente i clienti prima di agire per loro conto, della natura generale e/o delle fonti di tali conflitti di interessi" (articolo 18, comma 1).
81. Sul piano nazionale, il T.U.F., all'articolo 21, stabilisce il principio generale secondo cui nella prestazione dei servizi di investimento e accessori - quale è la consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari [La recente direttiva 2004/39/CE ha sul punto apportato una novità, includendo la consulenza tra i servizi di investimento e non più tra i servizi accessori; ciò in quanto "Per via della sempre maggiore dipendenza degli investitori dalle raccomandazioni personalizzate, è opportuno includere la consulenza in materia di investimenti tra i servizi di investimento che richiedono un'autorizzazione" (3° considerando). Ovviamente il T.U.F. risente ancora dell'impostazione della direttiva n. 93/22/Cee e per questo include la consulenza fra i servizi accessori. Peraltro, la più recente impostazione è una sorta di ritorno al passato in quanto la normativa precedente al T.U.F. ed, in particolare, l'art. 1 della legge 2 gennaio 1991, n. 1, Disciplina dell'attività di intermediazione mobiliare e disposizioni sull'organizzazione dei mercati mobiliari (SIM), qualificava la consulenza in materia di valori mobiliari quale servizio di investimento a tutti gli effetti. ] - i soggetti abilitati devono "comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati" e devono "organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento".
82. Passando alle previsioni di dettaglio, rilevano i citati artt. 27 e 45 del Regolamento intermediari (sui quali v. tabella 2 seguente) [E' in corso una procedura per la modifica del Regolamento intermediari finalizzata, altresì, a rafforzare le forme di tutela delle situazioni in conflitto di interessi, cfr. la citata relazione del Presidente Cardia in data 20 gennaio 2004.]. In particolare, l'articolo 27 del Regolamento Consob n. 11522/98, prescrive che "Gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni con o per conto della propria clientela se hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo, dalla prestazione congiunta di più servizi o da altri rapporti di affari propri o di società del gruppo, a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l'investitore sulla natura e l'estensione del loro interesse nell'operazione e l'investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto all'effettuazione dell'operazione" (comma 2).
83. Accanto al regime stabilito dall'articolo 27, che per quanto rileva nei contratti in esame si applica al servizio di negoziazione e - nei suoi principi generali - alla consulenza, il Regolamento intermediari prevede, al successivo articolo 45, un regime specifico per il servizio di gestione individuale di portafogli. Il tratto caratteristico dell'articolo 45 è la possibilità per la banca di ottenere dal cliente, in sede di conclusione del contratto, un'autorizzazione c.d. una tantum, vale a dire che consente lo svolgimento in via continuativa di operazioni in conflitto di interessi. Il rilascio di tale autorizzazione è comunque subordinato a specifiche condizioni a tutela dell'investitore di cui subito si dirà.
L'articolo 45 delinea una serie di ipotesi nelle quali la disciplina dell'articolo 27 lascia il posto all'autorizzazione una tantum; sebbene variegate, queste ipotesi hanno un tratto in comune, vale a dire che - in ogni caso - l'autorizzazione una tantum è condizionata alla circostanza che "la natura dei singoli conflitti sia descritta nel contratto e che l'investitore le abbia espressamente autorizzate" (comma 1) [In termini pressoché identici anche i commi 3 e 4 che contemplano ipotesi in cui è possibile derogare al regime di cui all'art. 27 sopra descritto.].
Gli obblighi che gravano sugli intermediari non si esauriscono al momento della conclusione del contratto. Infatti, qualora l'intermediario voglia porre in essere operazioni in conflitto di interessi non segnalate al momento del rilascio dell'autorizzazione egli deve aggiornare l'informativa relativa al conflitto di interessi ed ottenere un apposito nuovo consenso dell'investitore [Cfr. la risposta della Consob alla richiesta di informazioni (doc. n. 50).].
84. Quanto al servizio di consulenza, in base all'articolo 21 del T.U.F., già richiamato, anche per la prestazione di tale servizio gli intermediari sono tenuti ad organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio del conflitto di interesse.

Tabella 2 - conflitto di interessi

Conflitto di interessi

Contratti ABI nella versione originaria

Regolamento Consob e TUF

gestione

Art. 8
- Autorizzazione una tantum previa informativa generica

Art. 45
- Autorizzazione una tantum previa informativa sulla natura dei singoli conflitti

consulenza

Assente

Previsione generale contenuta nell'articolo 21 del TUF volta adassicurare la massima tutela dell'investitore


VII. LE ARGOMENTAZIONI DELL'ABI

85. Nel corso del procedimento, l'ABI ha avanzato alcune argomentazioni in relazione alle clausole degli schemi contrattuali sopra descritte e sulle quali si è incentrata l'attività istruttoria [Cfr. comunicazioni del 17 febbraio 2004 (doc. n. 11), del 23 giugno 2004 (doc. n. 43) e del 23 settembre 2004 (doc. n. 58), nonché verbali delle audizioni svoltesi in data 24 giugno 2004 (doc. n. 44), 10, 17 e 28 settembre 2004 (docc. nn. 56, 57 e 60).]. Come già detto, l'ABI ha, inoltre, proposto alcune modifiche agli schemi notificati di cui si darà conto complessivamente nella sezione IX.

VII.1 Ius variandi

86. Con riferimento alle clausole relative allo ius variandi, l'ABI indica che l'inserimento di tali clausole risponde ad una precisa ragione di carattere economico. In particolare, poiché i contratti disciplinano rapporti con una durata protratta nel tempo, secondo l'ABI è inevitabile che si producano modificazioni nelle situazioni e nei parametri che hanno concorso a determinare il livello delle condizioni economiche fissate inizialmente. L'inserimento della clausola relativa allo ius variandi, pertanto, sarebbe finalizzato a instaurare un meccanismo di semplificazione in assenza del quale l'aggiornamento delle condizioni economiche richiederebbe le procedure laboriose e complesse connesse al recesso della banca dal contratto, necessario quando le condizioni inizialmente convenute non fossero più sostenibili, il cui onere finirebbe per gravare in capo al cliente.
Benché l'ABI non contesti che la normativa vigente lasci spazio per soluzioni diverse, essa ritiene che è irrealistico pensare che, nei contratti di durata, le banche si privino della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni economiche applicate al cliente.
L'inserimento nella contrattualistica di una specifica disposizione sullo ius variandi appare pertanto doverosa. Se così non fosse, l'ABI renderebbe alle proprie associate un servizio inadeguato. Ciò andrebbe, in particolare, a danno delle banche di piccole dimensioni che sprovviste di una forte struttura legale interna poggiano significativamente sui servizi prestati dall'ABI.
87. L'ABI, inoltre, afferma la legittimità della disciplina contrattuale predisposta per lo ius variandi, sia per quanto riguarda l'utilizzo della carta di credito, che per i servizi di investimento. Le clausole, infatti, si limiterebbero a richiamare la norma di carattere generale contenuta al Titolo VI, articolo 118 del T.U.B., che dà la facoltà alle banche, nell'offerta dei servizi bancari, di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali nei rapporti con la clientela e rinvia al Comitato interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) la definizione delle modalità e dei termini delle comunicazioni delle variazioni sfavorevoli alla clientela. Al riguardo, l'ABI evidenzia che la comunicazione mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è stata da ultimo esplicitamente prevista dal CICR in occasione della nuova disciplina sulla trasparenza.
L'ABI sostiene che le norme del T.U.B. relative allo ius variandi siano applicabili ai servizi di investimento. A tal fine, l'associazione, in primo luogo richiama la normativa di riferimento, ossia il Regolamento Consob n. 11522/98, la quale stabilisce che il contratto debba prevederele modalità da adottare per le modifiche del contratto stesso. L'ABI, quindi, sostiene che l'inserimento della clausola relativa allo ius variandi nei contratti relativi ai servizi di investimento è finalizzata a dare attuazione alle disposizioni della Consob attraverso un'estensione analogica dell'articolo 118 del T.U.B. anche ai servizi di investimento. Ad avviso dell'ABI, l'estensione sarebbe del tutto ragionevole data l'evidente analogia delle situazioni e delle esigenze.
88. In relazione alla comunicazione impersonale prevista negli schemi generali di contratto per le modifiche generalizzate sfavorevoli alla clientela, ad avviso dell'ABI questa sarebbe una modalità di comunicazione necessaria dati gli elevati costi che altrimenti dovrebbero essere sostenuti dalle imprese. In particolare, l'alternativa alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale sarebbe estremamente onerosa in quanto occorrerebbe inviare a tutti i clienti raccomandate con ricevuta di ritorno. Solo attraverso una raccomandata, infatti, la banca potrebbe stabilire in maniera inequivocabile la data da cui far decorrere i giorni previsti per l'esercizio senza penalità del diritto di recesso. Peraltro, "In assenza di un tale riferimento temporale certo, nel caso in cui il cliente receda anche dopo molto tempo dal mutamento delle condizioni, la banca sarebbe costretta ad applicargli per tale arco temporale, in sede di liquidazione del rapporto, le più favorevoli condizioni economiche antecedenti. Per tale ragione la banca si assume il rischio che ciò possa avvenire solo per le modifiche non generalizzate [Cfr. verbale dell'audizione del 24 giugno 2004 (doc. n. 44).]". Per contro, come espressamente previsto nel contratto (articolo 5 - disposizioni comuni), l'ABI prevede che la comunicazione individuale delle modifiche unilaterali sia effettuata mediante lettera semplice.
89. Con riferimento al contratto relativo all'utilizzo delle carte di credito e, in particolare, in merito alle clausole che conferiscono alla banca la facoltà di modificare i limiti di spesa e le modalità di utilizzo (articolo 1), l'ABI specifica che detta previsione ha un ambito di applicazione diverso dallo ius variandi delle condizioni economiche di cui all'articolo 17 dello schema contrattuale. In particolare, l'articolo 1 opera nel quadro delle esigenze di efficienza o di sicurezza e per questo prevede un regime diverso in relazione al preavviso, data la particolare urgenza con le quali potrebbero doversi apportare le modifiche. 
90. Oltre a sostenere la legittimità della disciplina contrattuale in esame, l'ABI rileva che la documentazione in atti dimostrerebbe che gli operatori si discostano dagli schemi contrattuali proposti dall'ABI. Infatti due tra i più grandi gruppi bancari italiani (UniCredito e Banca Intesa) hanno dichiarato di adottare sistemi di comunicazione alla clientela ulteriori e diversi rispetto a quelli consentiti dalla legge e indicati nelle previsioni contrattuali di cui si tratta, con ciò confermando che nessun apprezzabile coordinamento si è in realtà realizzato tenuto conto della dimensione e diffusione sul territorio di tali soggetti.

VII.2 Conflitto di interessi

91. Secondo l'ABI, il conflitto di interessi avrebbe una rilevanza molto modesta nell'apprezzamento della clientela, la quale sostanzialmente avverte tale problema solo in seguito a pregiudizi effettivi.
L'ABI, inoltre, ha affermato che le clausole contenute nello schema contrattuale relativo ai servizi di investimento in materia di conflitto di interessi sono state redatte in piena conformità alle previsioni normative, nel rispetto in particolare, degli artt. 27 e 45 del Regolamento Consob n. 11522/98. L'eventuale parziale difformità tra l'articolo 45 del Regolamento Consob, che prevede la descrizione nel contratto della natura dei singoli conflitti, e l'articolo 8 dello schema di contratto dell'ABI, che non contiene tale previsione, potrebbe essere ricondotta alla circostanza che nella predisposizione dei contratti si è operata una sintesi della normativa. Nell'ambito di tale sintesi non si sono riprodotte per intero tutte le norme rilevanti, anche per evitare una contrattualistica eccessivamente voluminosa. Ad ogni modo, eventuali difformità testuali tra il contratto e la normativa non fanno venire meno la vincolatività di quest'ultima per gli intermediari.

VII.3 Altre clausole

92. Con riferimento alle clausole contenute nello schema relativo ai servizi di investimento suscettibili di creare un legame artificioso nell'offerta di diversi servizi da parte di un intermediario (tie in), l'ABI ha specificato che tali clausole sarebbero state introdotte per motivi di efficienza. In particolare, l'accensione presso l'intermediario che eroga il servizio di investimento di un conto corrente e/o di un conto titoli costituirebbe una pratica idonea ad agevolare lo svolgimento del servizio e a ridurne il costo.
L'ABI, inoltre, come in precedenza ricordato, ha specificato che si tratta di un "conto corrente di gestione", dedicato esclusivamente allo svolgimento del servizio e meno oneroso di un conto corrente ordinario.
93. In relazione alle definizione della struttura del compenso per il servizio di negoziazione, l'ABI ha riconosciuto che, nello schema contrattuale notificato, la clausola relativa al prezzo nella negoziazione in conto terzi è stata effettivamente mal formulata e che l'intenzione era, invece, quella di riprodurre l'articolo 32, comma 6 del regolamento Consob.
94. Con riferimento all'articolo relativo all'attribuzione alla clientela degli oneri fiscali nell'utilizzo delle carte di credito, l'ABI ha osservato che la clausola in esame è consueta nei contratti legati all'uso della carta; inoltre tale clausola era presente anche nel "Contratto di finanziamento revolving e carta" di Assofin, sul quale l'Autorità si è espressa in passato favorevolmente senza sollevare questo rilievo specifico.

VIII. VALUTAZIONE GIURIDICA DEI CONTRATTI OGGETTO DI NOTIFICA

VIII.1 La qualificazione della fattispecie

95. Le banche e gli istituti finanziari aderenti all'ABI sono imprese, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge n. 287/90. L'ABI costituisce, pertanto, un'associazione di imprese. Le condizioni generali di contratto per l'utilizzo delle carte di credito e quelle relative ai servizi di investimento predisposte e diffuse dall'ABI ai propri associati tramite apposite circolari del 22 maggio 2003 e 25 giugno 2003, costituiscono deliberazioni di un'associazione di imprese e rientrano pertanto nella fattispecie di intesa definita dall'articolo 2, comma 1, della legge n. 287/90.

VIII.2 Oggetto delle intese

96. Con gli schemi generali di contratto notificati, l'associazione di categoria ha proposto alle associate una standardizzazione delle condizioni contrattuali applicate alla clientela nell'offerta dei servizi di investimento e nell'utilizzo delle carte di credito. Detta standardizzazione costituisce una forma di coordinamento orizzontale idonea ad influenzare il comportamento dei singoli operatori nella predisposizione dei propri contratti. Sebbene, infatti, si tratti di indicazioni non vincolanti, le norme proposte dall'ABI costituiscono quanto meno un sicuro punto di riferimento e riducono il livello di incertezza circa il comportamento dei concorrenti sul mercato, risultando quindi suscettibili di uniformare aspetti delle strategie commerciali dei soggetti che offrono i servizi interessati. A tal proposito rileva segnalare l'importanza delle banche, destinatarie dirette degli schemi contrattuali notificati, nell'offerta dei servizi in questione, nonché la circostanza che la diffusione di tali schemi è estesa anche ad imprese non bancarie. L'ABI, infatti, non rappresenta soltanto soggetti bancari ma riunisce, direttamente o indirettamente - attraverso l'adesione di altri organismi associativi -, la quasi totalità degli operatori sui mercati interessati.
Peraltro, la stessa Banca di Italia invita gli operatori del mercato a guardare agli schemi delle associazioni di categoria come fonte integrativa della normativa vigente [Cfr. Istruzioni di Vigilanza: "le iniziative di autoregolamentazione degli operatori (codice di condotta, sistemi di composizione stragiudiziale delle controversie, ecc.) anche intraprese a livello di categoria o concordate con le associazioni rappresentative dell'utenza rappresentano un utile strumento di integrazione della disciplina. Tale iniziativa, contribuendo a definire e a diffondere modelli di comportamento funzionali al miglioramento dei rapporti con la clientela, innalzano il grado di condivisione e di effettività della normativa in materia di trasparenza" (così le istruzioni di vigilanza aggiornate al luglio 2003, Titolo X, Cap. I, Sez. I, punto 1.2).].
Inoltre, nella versione originaria dei contratti, l'ABI si è spinta oltre la definizione di mere tracce indicative utili per le banche nella redazione dei contratti, predisponendo testi contrattuali che possono essere direttamente sottoscritti dal cliente, completi perfino della modulistica accessoria, modulistica significativa perché disciplina le modalità di conferimento alle banche degli incarichi da parte della clientela. Peraltro, come ricordato precedentemente, le circolari ABI di accompagnamento alla diffusione degli schemi contrattuali notificati portano a configurare quest'ultimi come fonte di regolazione dei rapporti banca/cliente.
Pertanto, gli schemi negoziali in esame, a prescindere dal carattere non vincolante, costituiscono manifestazione di volontà dell'ABI atta a determinare un coordinato comportamento delle imprese aderenti sul mercato [Peraltro, è un punto pacifico in giurisprudenza e nei precedenti dell'Autorità l'idoneità a restringere la concorrenza anche di intese consistenti in deliberazioni e/o raccomandazioni non vincolanti; cfr. la sentenza della Corte di giustizia del 27 gennaio 1987, C-45/85, Verband, v. anche decisione della Commissione del 5 giugno 1996, IV/34.983 – Fenex. Sul consolidato orientamento dell'Autorità per tutti v. il provvedimento 31 marzo 1993 n. 1047, Federazione Italia Spedizionieri, spec. p. 20.].
Essi, peraltro, sono già stati diffusi agli associati ABI e, benché siano stati portati a conoscenza dei medesimi con l'avvertenza della pendenza della loro valutazione sotto il profilo antitrust, tali schemi continuano tutt'oggi a costituire un punto di riferimento per l'attività delle associate idoneo ad uniformarne la prassi contrattuale.
97. Il coordinamento proposto con gli schemi contrattuali notificati riguarda, salvo un caso[Ci si riferisce all'art. 16 del contratto relativo all'utilizzo di carte di credito in materia di oneri fiscali addebitati alla clientela.], condizioni contrattuali diverse dal prezzo. Come si vedrà nei paragrafi seguenti, con riferimento ad alcune clausole, tuttavia, la standardizzazione di tali condizioni, nell'originaria formulazione risulta idonea a favorire un'organizzazione del mercato tale da ridurre sensibilmente la pressione concorrenziale cui sono sottoposte le imprese, oltre a tradursi in condizioni contrattuali sfavorevoli per i consumatori.
98. Nei paragrafi che seguono si richiamano i profili restrittivi della concorrenza emersi nel corso dell'istruttoria con riferimento alle clausole contenute negli schemi contrattuali oggetto di notifica e descritte nella parte in fatto, riguardanti: i) la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni economiche, per entrambi gli schemi contrattuali; ii) la disciplina del conflitto di interessi, per il solo schema relativo ai servizi di investimento; iii)altre clausole, per entrambi gli schemi contrattuali.
Si ricorda che tali clausole sono state significativamente modificate nei termini illustrati in dettaglio nella sezione IX che segue. La valutazione della nuova versione degli schemi effettuata nella successiva sezione X.

LA FACOLTÀ DI MODIFICARE UNILATERALMENTE LE CONDIZIONI ECONOMICHE

99. Preliminarmente preme rilevare che, sotto il profilo della tutela della concorrenza, oggetto di esame non è la liceità ai fini civilistici dell'adozione delle clausole relative allo ius variandi, bensì la compatibilità con la normativa a tutela della concorrenza della definizione di tali clausole nell'ambito di schemi generali di contratto predisposti da un'associazione di imprese e diffusi presso la generalità degli operatori di un mercato. In questa prospettiva, come si argomenterà nel seguito, l'inserzione delle clausole acquista una specifica valenza anticoncorrenziale derivante dal coordinamento su variabili competitivamente rilevanti delle condizioni di offerta dei servizi alla clientela.
100. A quest'ultimo riguardo vale osservare che le clausole relative allo ius variandirappresentano un aspetto particolarmente significativo per il consumatore in quanto, pur non avendo natura "strettamente" economica, vanno ad incidere direttamente sul prezzo del servizio offerto consentendone la variazione sfavorevole al cliente nel corso del contratto. L'impatto delle modifiche sfavorevoli delle condizioni economiche, peraltro, risulta di notevole rilevanza nell'ambito dei servizi in esame. Infatti, le condizioni economiche relative a tali servizi, illustrate nella parte in fatto, comprendono una serie di costi che il consumatore deve sostenere in maniera frequente e continuata nel tempo.
Nel valutare tale impatto, inoltre, rileva la circostanza che nell'ambito dei servizi in esame si riscontrano per il consumatore significativi costi di cambiamento dell'operatore cui rivolgersi. Basti osservare che nella gestione risulta essere frequente l'applicazione di una commissione di ingresso commisurata in percentuale al patrimonio conferito in gestione. Inoltre, nella gestione l'interruzione del rapporto potrebbe incidere negativamente sul timing ottimale per la massimizzazione del rendimento complessivo del servizio. Quanto alla negoziazione, il consumatore può trovarsi a sostenere costi rilevanti nei casi - più che frequenti - in cui il cambiamento dell'operatore comporti anche il trasferimento del conto titoli. Per le carte di credito, i costi di cambiamento sono da rinvenirsi sia nel pagamento della quota annuale nella circostanza che, in caso di recesso anticipato del cliente, questa non venga comunque restituita, sia nel fatto che un consumatore può avvalersi della carta di credito per il pagamento di numerose utenze e servizi, il cui trasferimento può risultare particolarmente oneroso. Dati i costi di cambiamento, quindi, i consumatori si trovano esposti al rischio di subire comportamenti opportunistici da parte degli operatori bancari.
101. La modalità con cui l'ABI ha introdotto negli schemi originariamente notificati le clausole relative allo ius variandi è stata tale da far apparire l'inserimento di dette clausole come un elemento necessario nei contratti e non – come invece previsto dalla normativa vigente – solo come una eventualità, lasciata alla discrezione delle banche. Nei contratti notificati, infatti, non vi è alcun riferimento alla circostanza che le banche potrebbero anche non inserire clausole relative alle modifiche unilaterali; anzi, la formulazione utilizzata dall'ABI, è idonea a far apparire la presenza stessa delle clausole relative allo ius variandiproprio come un adempimento necessario alle disposizioni normative vigenti [Si rileva che nello schema relativo ai servizi di investimento, la clausola relativa alle modifiche unilaterali appare quale esplicito adempimento alle disposizioni dell'art. 30 del TUF ("Ai sensi dell'art. 30 del TUF … la banca si riserva la facoltà di modificare le condizioni economiche applicate al rapporto"). Posto che l'articolo 30 del TUF non stabilisce che la banca debba riservarsi la facoltà di modifica unilaterale delle condizioni, tantomeno stabilisce le forme con le quali tale facoltà dovrà esplicarsi, il richiamo alla normativa può essere fuorviante.].
L'inserimento negli schemi generali di contratto della facoltà di modifica unilaterale delle condizioni economiche, peraltro generalizzata e incondizionata alla sussistenza di un giustificato motivo, è idoneo ad uniformare il comportamento delle imprese in relazione ad un ambito nel quale il libero funzionamento del mercato potrebbe condurre a selezionare diversamente le clausole contrattuali. In particolare, tale clausola rappresenta una forma di coordinamento sulla decisione commerciale – che invece dovrebbe essere lasciata all'autonomia delle imprese – di inserire sistematicamente nei contratti clausole attraverso le quali le banche si riservano la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni economiche dei servizi offerti, senza circoscriverne in alcun modo né l'ambito di applicazione né le motivazioni sottostanti.
102. Pur ammettendo che, come sostenuto dall'ABI, nell'ambito di rapporti di durata lo ius variandi può consentire alle banche di ridurre i costi di transazione determinati dalla necessità di adeguare il contenuto del contratto a circostanze emerse nel tempo, si rileva, tuttavia, che a priori non è possibile escludere che una banca compia scelte differenti. Non vi sono infatti preclusioni a che una banca - per attirare domanda - decida di sopportare i rischi legati al modificarsi degli eventi nel corso dello svolgimento del contratto impegnandosi a non variare le proprie condizioni economiche, almeno per un certo lasso di tempo ovvero in relazione solo ad alcune di tali condizioni o al verificarsi di determinate circostanze.
Sul punto l'ABI ha più volte rilevato come l'unica soluzione alternativa al sistema delle modifiche unilaterali sarebbe il recesso della banca dal contratto, con un evidente danno per il consumatore.
Tale argomentazione non è condivisibile in quanto è ben possibile che le banche – se spinte dal corretto funzionamento della concorrenza – ipotizzino delle soluzioni differenti, eventualmente anche basate su diverse combinazioni della durata del contratto e dei meccanismi di rinnovo dello stesso, maggiormente idonee a conferire al consumatore effettive garanzie circa le scelte d'acquisto effettuate.
103. Così come originariamente inserite negli schemi dell'ABI, quindi, le clausole relative allo ius variandi, che conferiscono alla banca la facoltà di modificare in ogni momento e per qualunque motivo le condizioni economiche applicate, compromettono la capacità del consumatore di basare le proprie scelte su ragionevoli aspettative di medio-lungo periodo. La scelta dell'operatore con cui intrattenere rapporti duraturi, quali quelli bancari e finanziari disciplinati dai contratti in esame richiede, infatti, al consumatore una comparazione tra offerte concorrenti che tenga anche conto del loro sviluppo nel tempo. Pertanto, in assenza di qualunque certezza in relazione alla stabilità di tutte le condizioni economiche di un servizio, è difficile che il consumatore possa effettuare scelte di acquisto consapevoli e basate su un effettivo confronto tra le condizioni dei vari operatori di un mercato.
Una volta instaurato un rapporto con un operatore, peraltro, il sistema proposto dall'ABI riduce le probabilità che un consumatore cambi il soggetto presso cui acquistare il servizio in presenza di una offerta alternativa concorrenziale. Da un lato, infatti, la scarsa significatività dell'esito del processo di ricerca del migliore operatore è idonea a disincentivare un consumatore ad intraprendere la ricerca di offerte migliori. Dall'altro, il consumatore è meno incentivato a rispondere positivamente ad eventuali offerte più convenienti da parte di altri operatori del mercato. E' probabile, infatti, che un consumatore non trovi conveniente sopportare i sopra citati costi di cambiamento per godere di benefici, in termini di condizioni migliori, che potrebbero, tuttavia, venire meno in tempi anche brevi. Rileva, al riguardo, l'esempio di un operatore, il quale ha esplicitamente affermato che una delle modifiche effettuate rispondeva all'esigenza di recuperare margini di redditività a seguito di un periodo promozionale.
In definitiva, l'introduzione generalizzata di un elemento di incertezza nella definizione delle condizioni economiche che caratterizzano i servizi in esame risulta idonea ad ostacolare la mobilità della clientela tra le imprese; queste, meno vincolate dal confronto concorrenziale con i propri concorrenti, hanno quindi la possibilità di esercitare un maggiore potere di mercato nei confronti dei propri clienti.
104. Quanto, poi, alle specifiche modalità attraverso le quali l'ABI ha strutturato la clausola dello ius variandi nei contratti originariamente notificati, queste appaiono caratterizzate dall'essere quanto più vantaggiose possibile per le imprese a scapito della clientela. In relazione alle modalità di comunicazione impersonale delle modifiche generalizzate sfavorevoli alla clientela, si rileva che la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale risulta essere un mezzo scarsamente efficace per fornire al consumatore una tempestiva informazione in ordine alle modifiche apportate e per dare alle stesse un rilievo significativo [Peraltro, la clausola dell'ABI omette di indicare che, a correttivo della pubblicazione in gazzetta, in base alla delibera del CICR più volte citata, gli operatori debbono comunque comunicare individualmente alla prima occasione utile la modificazione contrattuale intervenuta. Dunque, neanche ex post, la clientela è messa nella condizione di conoscere efficacemente la condizioni economiche applicate.]. Considerato, inoltre, che lo schema dell'ABI prevede tempi particolarmente limitati - 15 giorni - per l'esercizio del diritto di recesso senza penalità e che non è garantito il preavviso, il consumatore non viene posto nelle condizioni di reagire efficacemente alle variazioni del prezzo del servizio da lui acquistato, eventualmente decidendo di rivolgersi ad un altro operatore.
105. Le clausole relative allo ius variandi originariamente predisposte dall'ABI, quindi, costituiscono una forma di coordinamento che si sostanzia in un livello qualitativo dell'offerta insoddisfacente per il consumatore e tale da consentire l'adozione da parte delle banche di comportamenti opportunistici. E' evidente che, data la scarsa trasparenza in ordine alle modifiche e il limitato lasso di tempo previsto per il recesso senza penalità e alle precedenti condizioni, un consumatore può facilmente trovarsi - almeno per un certo periodo di tempo - nella situazione di dover sostenere costi per il servizio acquistato più elevati di quelli inizialmente pattuiti, senza avere assunto alcuna decisione al riguardo. Ciò con un immediato vantaggio di natura economica per l'operatore, il quale scaduto il termine dei 15 giorni può applicare le condizioni peggiorative senza essere esposto al rischio di doverle rimborsare.
Inoltre, poiché le clausole dell'ABI prevedono, in caso di modifiche generalizzate, una comunicazione al cliente non efficace, questo non è messo nella condizione di poter innescare pienamente un nuovo processo di scelta. In tal senso, anche le specifiche modalità proposte dall'ABI per la disciplina dello ius variandi contribuiscono ad ostacolare la mobilità della clientela nell'ambito dei servizi in esame.
106. In conclusione, le clausole degli schemi contrattuali relative allo ius variandi risultano restrittive della concorrenza in quanto costituiscono una forma di coordinamento orizzontale delle condizioni di offerta idonea a comprimere un possibile ambito di competizione per le imprese, fissando uno standard suscettibile di ostacolare la mobilità della clientela tra gli operatori del mercato e complessivamente sfavorevole per il consumatore.

IL CONFLITTO DI INTERESSI

107. Come verrà argomentato nei paragrafi seguenti, analogamente allo ius variandi, anche le modalità con le quali l'ABI ha disciplinato il conflitto di interessi nei contratti originariamente notificati risultano idonee ad avere un impatto sull'assetto del mercato tale da ostacolare la mobilità della clientela e, quindi, a conferire alle imprese un maggior potere di mercato. Vale ribadire, anche in relazione al conflitto di interessi, che in questa sede rileva la portata anticoncorrenziale derivante dal coordinamento di natura orizzontale tra le imprese bancarie posto in essere per il tramite degli schemi generali di contratto in esame e non la valutazione della legittimità della disciplina in materia di conflitto di interessi posta in essere da parte di una singola impresa.
Nello schema contrattuale dell'ABI relativo ai servizi di investimento la materia del conflitto di interessi è trattata nelle Disposizioni comuni (articolo 3) e nella sezione relativa al servizio di gestione portafogli (sottosezione B, articolo 8), nonché nel modulo per il rilascio dell'autorizzazione ad operare in conflitto di interessi che dovrà essere sottoscritto dal cliente al momento della sottoscrizione del contratto di gestione (allegato 2 alla sottosezione B).
108. Sebbene il problema legato alla circostanza che un intermediario possa operare in situazioni di conflitto di interessi con l'investitore rilevi con riferimento a tutti i diversi servizi oggetto del citato schema contrattuale - ricezione, trasmissione e negoziazione di ordini, gestione portafogli e consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari - la tematica assume maggiore rilievo per la gestione individuale di portafogli. E', infatti, in relazione a tale servizio che la disciplina del conflitto di interessi da parte dell'ABI solleva maggiori problemi concorrenziali.
Focalizzando pertanto l'attenzione sul tema del conflitto di interessi nel servizio di gestione, si osserva che in tale ambito, il rapporto banca/cliente si caratterizza per un'ampia delega gestionale da parte dell'investitore all'intermediario. All'intermediario, infatti, spetta la scelta discrezionale degli strumenti finanziari che comporranno il portafoglio dell'investitore. Inoltre, nella gestione patrimoniale l'autorizzazione sul conflitto di interessi viene rilasciatauna tantum dall'investitore in sede contrattuale invece che volta per volta, come accade ad esempio nel servizio di negoziazione, in occasione delle singole operazioni di compravendita, e ciò per consentire che il servizio venga svolto in maniera più efficiente.
109. Con riferimento al servizio di gestione, quindi, le clausole originariamente previste dall'ABI si inseriscono in un ambito in cui il rapporto tra la banca e il cliente ha un aspetto ineliminabile di natura fiduciaria. Proprio in quanto il servizio viene svolto in un regime di delega che si dispiega in un orizzonte temporale di lungo periodo, assume rilievo, in una prospettiva concorrenziale, che alla base di questa relazione vi sia quanta più consapevolezza possibile da parte del cliente della natura e qualità del servizio ricevuto, il che implica, in particolare, una capacità costante e sistematica di verifica dell'operato dell'intermediario da parte dell'investitore. Alternativamente, il rapporto tra la banca e il cliente rimarrebbe, infatti, unicamente incentrato su una dipendenza "fiduciaria" del cliente nei confronti della banca, circostanza che si rivela idonea ad elevare significativamente, per sua stessa natura, i costi di mobilità della clientela, ostacolando in tal modo il confronto competitivo tra le imprese bancarie.
E' proprio in questa prospettiva che occorre rilevare come la disciplina proposta dall'ABI in materia di conflitto di interessi uniforma e coordina la trattazione della materia nei contratti degli intermediari, comprimendo gli obblighi informativi nei confronti della clientela e incentivando l'adozione di un modello nel quale l'informazione sul conflitto di interessi è generica e del tutto inefficace. La formulazione della materia adottata in un primo tempo dall'ABI, privando l'investitore di strumenti informativi significativi, compromette l'esercizio di una valutazione oggettiva del profilo del conflitto di interessi da parte della clientela e, esasperando gli aspetti di natura fiduciaria tipici del servizio di gestione, risulta idonea a ridurre la mobilità dei consumatori tra i diversi operatori del mercato.
110. Venendo ad un esame più puntuale delle clausole contrattuali proposte dall'ABI, la trattazione del conflitto di interessi nell'ambito del servizio di gestione è effettuata all'articolo 8 dello schema di contratto, il quale originariamente è stato proposto come una mera riproduzione dell'articolo 45 del Regolamento Consob e, in particolare, del regime derogatorio ivi previsto alla richiesta di autorizzazione per ogni singola operazione eseguita in situazione di conflitto. A questo proposito rileva che, nell'articolo 8 commi 1, 4 e 6, ove sono state indicate le diverse ipotesi in cui può essere utilizzata l'autorizzazione una tantum, si omette di prevedere che il rilascio di tale autorizzazione è subordinato alla circostanza che la "natura dei singoli conflitti" sia descritta nel contratto, come invece è chiaramente specificato nell'articolo 45 del Regolamento Consob che la clausola proposta dall'ABI intende riprodurre. L'articolo 8, infatti, si limita a prevedere la possibilità per la banca – laddove autorizzata - di effettuare operazioni nelle quali "la stessa possa avere direttamente o indirettamente un interesse in conflitto" o la stessa "abbia una posizione in conflitto di interessi", senza contenere alcun riferimento all'obbligo di esplicitare la natura dei singoli conflitti al fine di ottenere la predetta autorizzazione [Né pare dirimente il richiamo all'inizio del medesimo comma 1 del precedente art. 3, in quanto come rilevato nella parte relativa alla descrizione delle clausole, l'art. 8 comma 1 (autorizzazione una tantum) regola un'ipotesi derogatoria rispetto all'art. 3 (autorizzazione volta per volta) e pertanto tale rinvio non chiarisce gli obblighi informativi che devono essere assolti in occasione della conclusione del contratto.]. 
Inoltre, l'articolo 8 deve essere integrato dal relativo allegato 2, la cui sottoscrizione da parte del cliente attua il rilascio dell'autorizzazione una tantum e che, come visto, si limita a richiedere al cliente il conferimento della delega. Né nelle disposizioni contrattuali né nel conferimento dell'incarico è stata prevista una descrizione delle specifiche tipologie di conflitto, tanto meno è stato effettuato alcun rinvio ad una separata documentazione rilasciata al cliente dalla banca sulle situazioni in conflitto di interessi in cui quest'ultima si trova.
Alla luce di quanto esposto, non appare, peraltro, condivisibile quanto originariamente sostenuto dall'ABI, la quale ha argomentato il proprio operato in materia di conflitto di interessi sostenendo di essersi limitata, ancora una volta, a riprodurre norme di legge.
111. Le clausole contrattuali dello schema notificato, complessivamente considerate, si presentano come un testo compiuto che esaurisce, così come confermato dall'ABI [Verbale audizione ABI (doc. 45).], gli obblighi che la banca deve sul punto porre in essere. Così facendo, l'ABI sostanzialmente si è sostituita alle banche nella scelta di come trattare in sede di contratto i conflitti di interessi ed ha posto in essere una forma di coordinamento orizzontale idonea ad uniformare il comportamento degli operatori del settore in relazione a tale aspetto.
La formulazione delle clausole oggetto di istruttoria incide negativamente non soltanto sulla trattazione del profilo del conflitto di interessi al momento della conclusione del contratto – profilo già di per sé molto significativo – ma si riflette su tutto lo svolgimento del rapporto. Le clausole infatti usano una terminologia tale che il cliente non è messo nella condizione di percepire come il rilascio dell'autorizzazione in sede di conclusione del contratto non esaurisca definitivamente il rapporto banca – cliente sul conflitto di interessi; contrariamente a quanto le clausole in esame inducono a ritenere, l'operatore deve farsi puntualmente carico di aggiornare l'informativa sul conflitto di interessi di modo da ottenere un nuovo consenso sulle situazioni in conflitto di interesse che nel tempo si siano venute a creare. In sostanza il consenso prestato in sede di rilascio dell'autorizzazione in via continuativa deve poggiare su una consapevolezza in concreto delle situazioni in conflitto di interesse in cui si trova l'intermediario ed oggetto di autorizzazione. Se l'intermediario matura altre situazioni in conflitto, allora deve aggiornare tempestivamente l'informativa e tale aggiornamento "non può che essere preventivo rispetto alle operazioni da porre in essere e deve essere autorizzato espressamente dal cliente" [Cfr. la risposta della Consob alla richiesta di informazioni.].
112. Lo standard contrattuale originariamente stabilito prevede un trattamento di questa materia generico ed inefficace, sulla base del quale i singoli operatori non sono incentivati ad apportare miglioramenti, ad esempio, integrando i contratti con un'ulteriore propria informativa specifica o assumendo impegni di natura sostanziale che qualifichino sul punto l'operatore e forniscano al cliente la garanzia di essere messo nella condizione di effettuare un costante monitoraggio del proprio operato. In questo contesto, è significativo che le clausole ABI non prevedano la possibilità che l'autorizzazione una tantum sia soggetta a revisione e/o revoca nel corso del rapporto.
Le clausole dell'ABI, in definitiva, uniformano la condotta degli associati verso un trattamento dell'informativa sul conflitto di interessi carente rispetto alla necessità di fornire all'investitore ogni informazione utile sull'interesse che l'intermediario può avere a che egli realizzi un determinato investimento. Così facendo, pertanto, si riduce, per il consumatore, lo spazio entro il quale può effettuare una consapevole ed effettiva valutazione del servizio reso e si aumenta la componente di fiducia che egli deve riporre nei confronti dell'intermediario. Di converso, la pratica generalizzata per gli operatori del settore di impostare il rapporto con il cliente sulla base solo di elementi strettamente fiduciari consente a ciascuna impresa di rafforzare il legame con la propria clientela, ponendola nella condizione di poter svolgere il servizio di investimento soggetto a minori vincoli dal lato della domanda.
Lo schema notificato dall'ABI, quindi, incrementando gli ostacoli alla mobilità dei consumatori contribuisce alla definizione di un assetto di mercato nel quale i consumatori sono significativamente limitati nell'esercizio del loro tipico ruolo attivo di stimolo all'instaurarsi di corrette dinamiche concorrenziali.
113. Quanto al servizio di consulenza, rileva osservare che nello schema in esame, anche in base all'interpretazione fornita dalla stessa ABI, non è stato prescritto alcun onere informativo in relazione alle situazioni di conflitto di interessi. Per contro, come si è ricordato precedentemente, sebbene il servizio di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari non appaia ad oggi ancora sufficientemente sviluppato, la materia del conflitto di interessi in tale ambito non è da trascurarsi, dato l'impatto che questa può avere sulle scelte di investimento. Del resto, anche la stessa ABI ritiene che, alla luce della normativa vigente, le situazioni di conflitto di interessi vadano segnalate anche nell'ambito del servizio di consulenza.

ALTRE CLAUSOLE

114. Come premesso, le altre clausole ritenute problematiche sotto il profilo della concorrenza riguardano, per lo schema relativo ai servizi di investimento, le disposizioni circa l'apertura di conti correnti e/o di gestione (tie in), nonché le modalità di definizione della remunerazione nel caso della negoziazione in conto terzi; per lo schema relativo alle carte di credito, l'attribuzione al cliente degli oneri fiscali. Su tali clausole l'ABI ha ipotizzato fin dalla fase iniziale del procedimento modifiche ai contratti che risultano idonee a rimuovere incompatibilità con la normativa antitrust.
115. Nel contratto notificato relativo ai servizi di investimento sono presenti clausole che determinano un legame artificioso tra l'offerta di diversi servizi, portando alla formalizzazione di una pratica di tie in generalizzata. In particolare, gli schemi contrattuali originariamente predisposti dall'ABI dispongono che per lo svolgimento del servizio di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari il cliente debba accendere un conto titoli presso il medesimo intermediario a cui si conferiscono gli ordini (articolo 8, sottosezione A). Con riferimento al servizio di gestione portafogli, inoltre, lo schema contrattuale richiede al cliente non solo l'accensione di un conto titoli ma anche l'apertura di un conto corrente (articolo 9, sottosezione B e allegato 1).
Gli schemi dell'ABI, pertanto, nella versione notificata contengono clausole idonee ad uniformare il comportamento delle banche in relazione all'offerta congiunta di servizi distinti. Sul punto si osserva che l'introduzione generalizzata di pratiche di tie in, oltre a limitare le possibilità di scelta del consumatore e quindi a ridurne il livello di benessere, ha quale effetto quello di aumentare i costi di mobilità della clientela. Il legame fra diversi servizi, infatti, amplifica i costi di mobilità in quanto un consumatore che dovesse decidere di cambiare banca solo per un determinato servizio si troverebbe a dover sostenere i costi di cambiamento legati all'insieme dei servizi acquistati.
Analogamente a quanto osservato in relazione allo ius variandi ed al conflitto di interessi, anche sotto questo profilo, gli schemi notificati dall'ABI risultano idonei ad incentivare l'adozione generalizzata, da parte delle banche, di comportamenti idonei ad ostacolare la mobilità della clientela e, quindi, ad aumentare il potere di mercato delle imprese.
116. In via residuale, inoltre, si rileva che lo schema contrattuale dell'ABI relativo ai servizi di investimento solleva profili di problematicità anche in relazione alla formulazione dell'articolo relativo al compenso per il servizio di negoziazione (articolo 2, comma 5, sottosezione A).
Come esposto in precedenza, la formulazione originaria dell'ABI in materia riporta in maniera non corretta la relativa disposizione Consob, rendendo in tal modo scarsamente trasparente il prezzo del servizio di intermediazione reso, che appare fornito a titolo gratuito, non essendo stato esplicitato che il cliente deve comunque pagare commissioni e spese.
117. Con riferimento, infine, allo schema contrattuale relativo all'utilizzo delle carte di credito, l'articolo 16 del contratto ABI prevede che "Gli oneri fiscali che l'Emittente dovesse sostenere in relazione ai rapporti posti in essere con il Titolare, sono a carico di quest'ultimo". Come esposto nella parte in fatto, l'attribuzione degli oneri fiscali relativi all'utilizzo di carte di credito alla clientela è rimessa alla discrezione delle singole banche. Alcune di esse, ad esempio, sostengono direttamente tale costo e non fanno pagare nulla alla clientela.
L'articolo 16 dello schema originariamente predisposto dall'ABI, pertanto, configura un'intesa restrittiva della concorrenza, in quanto avente ad oggetto una componente del prezzo di offerta del servizio.

VIII.3 Conclusioni

118. Alla luce di quanto precede, gli schemi contrattuali notificati risultano idonei ad uniformare i comportamenti degli operatori bancari - e più in generale degli associati ABI - in relazione ad aspetti significativi nel processo di scelta del consumatore dell'operatore cui rivolgersi nell'offerta dei servizi di investimento e nell'emissione delle carte di credito. In particolare, lo standard contrattuale originariamente proposto dall'ABI, con riferimento alle clausole esaminate nei paragrafi precedenti, induce, da parte delle imprese operanti sui mercati rilevanti, l'adozione di comportamenti che incrementano i costi di mobilità, riducono la qualità dell'offerta e talvolta direttamente aumentano il prezzo di vendita, con l'effetto complessivo di peggiorare le condizioni di offerta.
119. Più in generale, si osserva che in relazione allo ius variandi, al trattamento del conflitto di interessi ed alle clausole che determinano un legame artificioso tra l'offerta di diversi servizi, l'intesa in esame evidenzia la volontà dell'ABI, quale organismo rappresentativo del sistema bancario nazionale, di uniformare il comportamento delle banche, nonché degli intermediari finanziari operanti in concorrenza con le banche cui pure sono indirizzati i contratti standard, nella predisposizione delle proprie norme contrattuali in modo da modificare artificiosamente il contesto concorrenziale del mercato riducendo di fatto e significativamente la mobilità dei consumatori. 
Per effetto delle clausole esaminate, in particolare di quelle relative allo ius variandi ed al conflitto di interessi, infatti, il cliente viene messo nella condizione di non scegliere il fornitore del servizio con la piena consapevolezza delle caratteristiche e dei costi del servizio, anche in confronto con il servizio reso da altri operatori del mercato, ma piuttosto ad instaurare un rapporto meramente fiduciario.
120. Il fenomeno descritto, che già si verifica in un settore nel quale i costi di cambiamento del fornitore sono per la clientela particolarmente elevati, accresce gli ostacoli alla mobilità.
In tal modo, le banche, per il tramite dell'ABI, ottengono di fidelizzare la clientela, ovvero di renderla meno sensibile alle "lusinghe" di eventuali offerte più vantaggiose, in termini di prezzo e/o qualità, di quella del proprio fornitore.
Come noto, in presenza di ostacoli alla mobilità o, comunque, di una clientela fidelizzata, le imprese risultano in possesso di un potere di mercato ben più ampio di quello che la sola quota di mercato lascerebbe presumere e sono, pertanto, in condizioni di praticare alla clientela condizioni di offerta (in termini di prezzi più elevati e/o qualità inferiore) molto più vicine a quelle di monopolio di quanto altrimenti potrebbero fare. Le norme in esame, dunque, sono volte al mantenimento – ed eventualmente all'accrescimento – di una situazione di mercato nella quale, in virtù degli elevati ostacoli alla mobilità della clientela, le banche detengono un potere di mercato tale da poter praticare condizioni di offerta peggiori di quelle che si realizzerebbero in presenza di una normale dinamica competitiva.
In questo senso, l'intesa così come originariamente configurata – pur non rivolgendosi direttamente alla fissazione dei prezzi – essendo direttamente volta a consolidare gli ostacoli alla mobilità della clientela, risulta finalizzata a consentire agli aderenti all'ABI la fissazione di prezzi più elevati di quelli altrimenti praticabili.
121. Nell'apprezzare la restrittività di tale intesa, occorre, infine, osservare che essa interessa mercati, quali quelli dei servizi di investimento e delle carte di credito, il cui valore ha mostrato una significativa crescita negli ultimi anni e la cui rilevanza per i consumatori risulta in costante espansione.
122. Le intese poste in essere dall'ABI, inoltre, appaiono idonee a restringere in maniera consistente la concorrenza nei mercati rilevanti.
Rileva, al riguardo, la posizione occupata dalle banche e dagli istituti finanziari aderenti all'ABI nei mercati rilevanti. L'ABI, infatti, rappresenta l'intero sistema bancario italiano. Peraltro, tra le associate all'ABI vi sono anche le associazioni di categoria di altri operatori attivi nell'offerta dei servizi di investimento. In particolare, sia Assosim che Assogestioni risultano essere associate all'ABI.
In secondo luogo, le banche, nel loro complesso, rappresentano la principale tipologia di operatori nell'offerta dei servizi di investimento. Risulta, infatti, che nel 2002 circa l'80% dei servizi di investimento veniva svolto dalle banche.
Con riferimento al mercato delle carte di credito rileva che tra le associate all'ABI figurino, oltre alle banche, anche sia il principale operatore del mercato, CartaSi, che gli altri principali operatori non bancari quali American Express e Diners.
123. In conclusione, le intese originariamente oggetto dell'istruttoria, limitatamente alle clausole esaminate nei paragrafi precedenti, hanno un oggetto restrittivo della concorrenza.
Tali schemi sono stati modificati dall'ABI nel termini esposti nei paragrafi successivi. Tuttavia rileva la circostanza, già richiamata, che tali clausole sono già state comunicate dall'ABI ai propri associati e, pertanto, esse costituiscono a tutt'oggi un'intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell'articolo 2, comma 2, lett. a), della legge n. 287/90.

IX. I NUOVI CONTRATTI

124. Come anticipato, nel corso dell'istruttoria l'ABI ha apportato significative modifiche alla contrattualistica originariamente notificata, al fine di rimuovere i profili problematici individuati nel corso del procedimento. Più precisamente, da ultimo in data 27 settembre 2004, l'ABI ha prodotto una nuova versione degli schemi contrattuali, sottoscritta dal legale rappresentante dell'Associazione, nella quale sono state apportate le modifiche di seguito esposte.

IX.1 Sullo ius variandi

125. L'ABI ha eliminato da entrambi gli schemi generali di contratto la disciplina relativa alloius variandi.
In ciascuno schema, è rimasta infatti la sola rubrica dell'articolo, con una nota a piè di pagina che recita "La banca che si riservi la facoltà di modificare unilateralmente nei contratti di durata le condizioni economiche del rapporto deve tenere conto, per la relativa disciplina, delle previsioni del codice civile in materia di contratti con i consumatori". E', in sostanza, una nota di richiamo alla banca che individualmente voglia valersi dello ius variandi, di tenere in conto le disposizioni contenute negli artt. 1469 bis e seguenti del codice civile, in materia di contratti con i consumatori.
126. A questo proposito, l'ABI ha specificato che tale generica indicazione relativa alle modifiche unilaterali appare utile per rendere consapevoli le banche della necessità di distinguere la differente posizione dei consumatori rispetto a quella degli altri clienti, anche tenendo in considerazione il contenzioso civilistico che si è sviluppato su questo profilo. Infatti, se da un lato è vero che il tema dello ius variandi è noto alle banche, tuttavia, non è altrettanto vero che sia nota la disciplina applicabile.
A conferma della opportunità dell'inserimento di un articolo – sebbene privo di contenuto – relativo allo ius variandi - l'ABI ricorda che anche il Regolamento Consob n. 1522/98 prevede che il contratto contenga disposizioni relative alla modifica delle condizioni nel corso dello svolgimento del rapporto.
127. Per altro profilo, l'ABI ha modificato l'articolo 1 delle disposizioni comuni dello schema relativo ai servizi di investimento in modo da renderlo coerente con la soppressione delle clausole relative allo ius variandi. Tale articolo 1, infatti, specifica che i rapporti con il cliente sono regolati anche dalle "Condizioni Generali relative al rapporto banca-cliente" che includono una disposizione sullo ius variandi, ricalcata intermente sulla normativa del T.U.B. e priva dei riferimenti normativa a tutela del consumatore.
Infine, con riferimento all'articolo 1 dello schema relativo alle carte di credito, con il quale originariamente è stata prevista la possibilità per la banca di modificare il limite di spesa e le modalità di utilizzo della carta per motivi di sicurezza ovvero di efficienza, l'ABI ha modificato la clausola nel senso di consentire soltanto modifiche favorevoli al cliente.

IX.2 Sul conflitto di interessi

128. Con riferimento alla contrattualistica relativa ai servizi di investimento, l'ABI ha significativamente modificato l'articolo 8 della sottosezione B sul servizio di gestione portafogli nei termini di seguito descritti nonché privato di qualsiasi contenuto l'allegato 2 previsto per il conferimento della autorizzazione preventiva.
129. L'attuale articolo 8 non esaurisce la trattazione della materia del conflitto di interessi che rimane significativamente in capo alle banche, in funzione della loro specifica situazione. La versione modificata dell'articolo 8, infatti, rimanda ad un modulo separato, privo di contenuti e che, dunque, deve essere integralmente redatto dalle singole banche, finalizzato alla compiuta informativa da rilasciare al cliente per il conferimento della delega ad operare continuativamente in situazioni di conflitto di interessi. In particolare, in tale modulo devono essere indicate le tipologie di conflitto di interessi in cui la banca si trova al momento di conclusione del contratto e per le quali intende richiedere il rilascio della autorizzazione preventiva.
Infatti, l'attuale comma 1 dell'articolo 8 prevede che "il cliente può autorizzare preventivamente la banca, sulla base delle informazioni riportate nel modulo di cui l'allegato 2 al presente contratto […] Nel menzionato modulo sono indicate le tipologie di conflitto di interessi – da aggiornarsi nel corso del rapporto qualora emergano nuove tipologie di conflitto […]".
130. Dallo stralcio appena riportato, emerge un'altra importante modifica all'articolo 8. Quest'ultimo, diversamente dalla formulazione originaria, attualmente prevede che la predetta informativa al cliente debba essere aggiornata nel corso del tempo, qualora la banca versi in situazioni relative a nuove tipologie di conflitto di interessi [Conformemente anche alla risposta della Consob alla richiesta di informazioni dell'Autorità (doc. n. 50).].
131. Inoltre, nella prospettiva di consentire nel corso dello svolgimento del rapporto, una corretta dinamica tra l'intermediario e il cliente, l'ABI ha introdotto la possibilità per il cliente di revocare all'intermediario l'autorizzazione ad agire in situazioni relative al conflitto di interessi.

132. Infine, con riferimento al servizio di consulenza di cui alla sottosezione C dei contratti notificati, l'ABI ha proceduto a modificare l'articolo 1 comma 4, specificando che anche in tale ambito l'intermediario deve informare il cliente delle situazioni di conflitto di interessi in cui eventualmente si trovi.

IX.3 Tie in e le altre clausole

133. Come già ricordato, l'ABI ha prospettato sin da una fase iniziale del procedimento la disponibilità a modificare il testo di alcune clausole sulle quali si osserva quanto segue.
134. Con riferimento al tie in, ha effettuato modifiche significative agli artt. 8 della sottosezione A, 9 della sottosezione B e all'allegato 1 delle Disposizioni comuni.
In particolare, tali clausole, nonché la modulistica allegata, sono state integrate attraverso la previsione esplicita che sia per il servizio di negoziazione che per il servizio di gestione il cliente può aprire il conto corrente ed il conto titoli anche "presso un altro intermediario indicato dal cliente". Inoltre, è stato previsto che l'indicazione di tale intermediario può essere fornita dal cliente anche "in un momento successivo alla sottoscrizione del contratto".
E' stato inoltre chiarito esplicitamente che il conto corrente di appoggio alla prestazione dei servizi di investimento disciplinati dai contratti in esame è un mero conto di gestione e non è il conto corrente abitualmente utilizzato dal cliente.
135. Inoltre, in materia di servizi di investimento, con riferimento all'articolo 2 della sottosezione A, l'ABI ha reso pienamente trasparente la struttura di prezzo del servizio di negoziazione per conto terzi, indicando esplicitamente l'applicazione al cliente delle commissioni ed il rimborso delle spese.
L'ABI, infine, ha soppresso la clausola relativa agli oneri fiscali di cui allo schema contrattuale relativo all'utilizzo della carte di credito (originario articolo 16).

 

X. LA VALUTAZIONE DEI NUOVI SCHEMI CONTRATTUALI

136. Le numerose modifiche apportate dall'ABI ai contratti notificati hanno inciso significativamente sulle clausole oggetto dei rilievi esposti. Infatti, come si è già visto in maggior dettaglio, le modifiche hanno riguardato tutti gli aspetti problematici emersi nel corso del procedimento, ovvero lo ius variandi, il trattamento del conflitto di interessi, nonché le altre clausole di varia natura, quali quelle che comportano un legame fra servizi diversi (tie in), quelle riguardanti il prezzo pagato dall'investitore all'intermediario per il servizio di negoziazione in conto terzi e quelle relative all'attribuzione degli oneri fiscali ai titolari delle carte di credito.
137. In merito a quest'ultimo gruppo di clausole, i nuovi contratti predisposti dall'ABI non contengono più gli elementi ritenuti idonei a produrre restrizioni della concorrenza.
In particolare, in relazione al tie in, l'aver specificato che nello svolgimento del servizio di ricezione, trasmissione e negoziazione di ordini e di quello di gestione di portafogli il cliente può utilizzare conti correnti e conti di gestione aperti presso la banca che eroga il servizio o anche "presso altri intermediari", risulta un elemento idoneo ad impedire che l'ABI, tramite i contratti in esame, incentivi l'istaurarsi – quale prassi delle banche associate – di un legame artificioso nell'offerta di diversi servizi da parte del medesimo operatore.
Quanto al secondo aspetto – la formulazione dell'articolo 2, comma 5, della sezione riguardante la negoziazione in conto terzi di ordini di investimento, relativo al prezzo pagato dall'investitore – la nuova formulazione chiarisce che tale prezzo comprende le commissioni percepite dalla banca nonché le spese da queste sostenute. Con ciò, l'ABI ha anche riallineato la formulazione di tale articolo alla relativa disposizione del Regolamento Consob. Considerato che la corretta formulazione dell'articolo risulta rispondente alla necessità di rendere edotto il cliente in relazione alle effettive voci di costo che gli verranno applicate, i rilievi originariamente mossi appaiono pertanto interamente superati dalle modifiche apportate.
Infine, in relazione all'attribuzione al titolare degli oneri fiscali nell'utilizzo delle carte di credito (articolo 16 del contratto sulle carte di credito), con la completa rimozione di tale clausola dai contratti modificati viene naturalmente meno il profilo di restrittività costituito dall'indicazione di una condizione di prezzo fornita dall'associazione di categoria ai propri aderenti.
138. Passando ora alle modifiche apportate alle clausole relative allo ius variandi, si è già visto che in entrambi gli schemi comunicati l'ABI ha soppresso la disciplina della materia, lasciando soltanto – in ciascun contratto – l'indicazione delle rubriche, con un richiamo in nota relativo alla sussistenza di una specifica normativa a tutela dei consumatori dettata dal Codice Civile.
In conseguenza delle modifiche apportate dall'ABI, viene meno la funzione, originariamente svolta dai contratti notificati, di coordinamento del comportamento delle banche a esercitare la facoltà dello ius variandi, determinandone al contempo, concretamente e puntualmente, le modalità.
La nota alla rubrica prospetta, infatti, l'introduzione dello ius variandi come una circostanza meramente eventuale – e non come uno degli elementi necessariamente naturali dei contratti in esame – con una formulazione, in altri termini, che appare escludere una induzione al coordinamento.
In ogni caso, anche se si dovesse ritenere che un effetto di coordinamento si produca comunque, questo deve essere individuato nel richiamo dell'ABI ai propri associati agli stringenti limiti che il codice civile pone alla prassi commerciale delle banche in favore dei consumatori, laddove il ricorso allo ius variandi è subordinato, oltre che ad un preavviso da darsi alla clientela, alla sussistenza di un giustificato motivo, a sua volta ricondotto dalla giurisprudenza a situazioni molto circoscritte.
139. Viene meno, dunque, l'effetto di coordinare gli istituti bancari verso un comportamento idoneo ad innalzare i costi di mobilità della clientela, rendendola più vulnerabile all'esercizio del potere di mercato da parte delle banche.
140. Le modifiche apportate alle clausole in esame comportano due effetti principali.
I contratti standard predisposti dall'ABI, sotto il delicato profilo del conflitto di interessi, non risultano più completi e direttamente applicabili ma lasciano alle singole imprese il compito di integrare le clausole comuni con la predisposizione individuale della modulistica allegata, la quale, comunque, dovrà – secondo le indicazioni dell'ABI – contenere alcune informazioni essenziali che prima potevano essere omesse.
Inoltre, la nuova formulazione delle clausole relative al conflitto di interessi prevede che sia accresciuta l'informazione che dovrebbe essere fornita ai clienti in occasione della stipula dei contratti di gestione e di consulenza e, successivamente alla stipula, quando le condizioni di conflitto di interesse in cui versa l'operatore si modificano nel corso del rapporto. Diversamente dai contratti originari, infatti, è esplicitamente previsto l'aggiornamento dell'informativa resa al cliente.
Viene, infine, esplicitamente chiarito che il rilascio dell'autorizzazione ad operare in conflitto di interessi può essere revocata dal cliente nel corso del rapporto.
In definitiva, ad esito del procedimento, la traccia di contratto che sarà messa a disposizione delle banche si distingue da quella proposta in origine dall'ABI in quanto porta a compimento i criteri dettati dalla già richiamata regolamentazione emanata della Consob in materia, rappresentata dall'articolo 45 del citato Regolamento intermediari, esplicitando alcuni elementi, quali la necessità dell'aggiornamento dell'informativa e la possibilità di revoca dell'autorizzazione. In questo senso, essa fornisce alle banche una chiave interpretativa della regolamentazione vigente che non costituisce, come in precedenza, un incentivo alle stesse a ridurre la trasparenza in merito alle caratteristiche del servizio prestato.
141. Va osservato poi che, attraverso le modifiche apportate, l'ABI cessa di indurre i propri associati ad adottare clausole contrattuali idonee a ridurre la consapevolezza dei clienti in merito alle caratteristiche del servizio prestato. Come si è argomentato sopra, ciò avrebbe innalzato gli ostacoli alla mobilità delle clientela. Diversamente, la nuova formulazione indica alle imprese l'esigenza che esse, individualmente, informino compiutamente la clientela sui conflitti di interesse in cui esse versano.
Viene meno, dunque, l'indicazione dell'ABI agli associati affinché si stabilisca uno standard informativo insufficiente a rendere consapevole la clientela della qualità del servizio prestato e, di conseguenza, di distinguere il comportamento dei vari operatori di mercato sotto questo specifico profilo, così da compromettere il processo critico di valutazione della qualità e del prezzo del servizio prestato.
La nuova formulazione degli schemi contrattuali non appare funzionale ad esaltare, nel rapporto banca-cliente, l'aspetto fiduciario ma rende possibile che, sulla base dell'iniziativa individuale delle banche, tale rapporto sia maggiormente basato sull'effettiva verifica della capacità dell'operatore di fornire un servizio competitivo per qualità e prezzo. In una situazione di effettiva concorrenza tra gli operatori, ciò dovrebbe indurre che la scelta dell'investitore in relazione alla banca di cui servirsi venga messa in discussione con maggiore facilità e sulla base di elementi concreti di confronto. La possibilità di un effettivo confronto fra gli operatori del mercato è indispensabile per evitare che gli operatori innalzino il proprio potere di mercato e stabiliscano condizioni di offerta dei servizi peggiori di quelle che si realizzerebbero in un regime di concorrenza. Essa, anzi, è idonea ad indurre comportamenti favorevoli alla clientela finalizzati allo scopo di fidelizzare la stessa e/o di accrescerla.
142. Pertanto la nuova formulazione dell'articolo 8 e l'introduzione dell'informativa sul conflitto di interessi anche per il servizio di consulenza risultano idonee a rimuovere le restrizioni della concorrenza individuate nel corso del procedimento.
143. In conclusione, i testi contrattuali predisposti dall'ABI, cosi come modificati da ultimo con la comunicazione del 27 settembre 2004, non sono suscettibili di restringere la concorrenza a i sensi dell'articolo 2 comma 2 della legge 287/90.

Tutto ciò premesso e considerato;


DELIBERA


a) che gli schemi contrattuali originariamente comunicati dall'Associazione Bancaria Italiana, relativi ad alcuni servizi di investimento ed all'utilizzo di carte di credito, sono idonei in relazione al loro oggetto, limitatamente alle clausole richiamate in motivazione, a restringere in maniera consistente la concorrenza all'interno dei mercati interessati in violazione dell'articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90;
b) che gli schemi contrattuali comunicati dall'Associazione Bancaria Italiana, nella versione modificata con nota pervenuta in data 27 settembre 2004, non restringono la concorrenza nei mercati interessati, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge n. 287/90;
c) che l'Associazione Bancaria Italiana si astenga dal diffondere ulteriormente gli schemi contrattuali nella versione originariamente notificata e comunichi entro sessanta giorni dalla notificazione del presente provvedimento le misure adottate al fine di ritirare gli stessi.
Il presente provvedimento verrà notificato ai soggetti interessati e successivamente pubblicato ai sensi di legge.

Avverso il presente provvedimento può essere presentato ricorso al TAR del Lazio, ai sensi dell'articolo 33, comma 1, della legge n. 287/90, entro sessanta giorni dalla data di notificazione del provvedimento stesso.

IL SEGRETARIO GENERALE
Rita Ciccone

IL PRESIDENTE
Giuseppe Tesauro

IL PRESIDENTE
Giuseppe Tesauro