Civile


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 08/10/2021 Scarica PDF

L'autotutela ed il contratto preliminare: le sopravvenienze nel diritto civile e nel diritto amministrativo tra discrezionalità, effetti obbligatori e causa

Micaela Lopinto, Avvocato in Brescia


Sommario: Abstract; 1. La ratio del potere discrezionale della pubblica amministrazione di agire in autotutela: il controllo delle sopravvenienze come “scopo” del provvedimento di revoca; 2. Il contratto preliminare: la gestione delle sopravvenienze come “causa” del contratto; 3. Conclusioni: il controllo delle sopravvenienze assume rilievo sia nel diritto civile sia nel diritto amministrativo.

     

Abstract

Il presente contributo si prefigge l’obiettivo di evidenziare, volutamente in pochissime e “leggere” righe, un particolare punto di contatto tra l’autotutela discrezionale ed il contratto preliminare ad effetti obbligatori, rappresentato dal controllo delle sopravvenienze. E ciò al fine di evidenziare uno dei possibili ed innumerevoli punti di contatto esistenti tra il diritto civile ed il diritto amministrativo, anche in circostanze meno note e più improbabili.

 

 

1. La ratio del potere discrezionale della pubblica amministrazione di agire in autotutela: il controllo delle sopravvenienze come “scopo” del provvedimento di revoca.

Sia prima, quando ancora si parlava di poteri impliciti, sia dopo, quanto si sono inseriti gli artt. 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241 del 1990, anche post. legge n. 15 del 2005, l’autotutela ha sempre rappresentato una forma di espressione del potere discrezionale della pubblica amministrazione. Le ipotesi di autotutela etereo-imposta si contano sulla punta delle dita (art. 211 del codice appalti, per fare un esempio[1]). Il carattere discrezionale discende dall’esigenza di non paralizzare l’azione amministrativa di fronte alle ripetute istanze dei privati che certamente interverrebbero se sulla Pa gravasse un vero e proprio obbligo di attivare il suo potere di riesame del provvedimento asseritamente illegittimo. Il potere di riesame, e, dunque, il potere di emanare un provvedimento (di secondo grado) che conferma o demolisce l’efficacia del provvedimento iniziale rappresenta un momento di “autoanalisi”, di “esame della coscienza” che non interviene solamente nell’ipotesi in cui si ravvisino degli “errori” che rappresentano un quid pluris rispetto alle “imprecisioni” formali bensì anche e soprattutto nell’ipotesi in cui siano intervenuti dei mutamenti di fatto ovvero delle “sopravvenienze” che mutano le circostanze in base alle quali si era emanato il primo provvedimento. Il potere di revoca di cui all’art. 21 quinquies della legge sul procedimento serve esattamente a questo. Il provvedimento di secondo grado, che, si è detto, poteva essere emanato anche prima della codificazione, trova la sua causa ultima nella gestione delle sopravvenienze. Non può essere etero - imposto ma trova “causa” nell’esistenza di mutamenti di fatto e di circostanze che impongono una nuova valutazione discrezionale idonea a modificare gli effetti del primo provvedimento amministrativo.

 

2. Il contratto preliminare: la gestione delle sopravvenienze come “causa” del contratto.

Il terreno amministrativo non è l’unico in cui le sopravvenienze assumono rilievo. Le sopravvenienze, infatti, incidono anche nei contratti tra privati e, per quel che qui interessa, nella disciplina del contratto preliminare e del successivo contratto definitivo. Le tesi che hanno interessato i rapporti tra i due negozi autonomi collegati in modo genetico sono tantissime. C’è chi ha visto semplicemente il preliminare come schema causale ed il definitivo come atto di adempimento che trova causa nello schema iniziale. Ma c’è anche chi ha approfondito la questione, vedendo nel rapporto preliminare-definitivo una funzione di controllo delle sopravvenienze (cd. teoria della doppia causa o del doppio contratto[2]). Poiché il preliminare è propedeutico non solo a produrre effetti obbligatori volti a garantire lo scambio di consensi nel definitivo, bensì consente di promettere anche le prestazioni del definitivo, al definitivo (stipulato appositamente più avanti nel tempo) si attribuisce la funzione di gestione delle sopravvenienze, ovvero di gestione dei mutamenti di fatto intervenuti dal giorno della promessa delle prestazioni/consensi, al giorno della stipula del secondo contratto.

 

3. Conclusioni: il controllo delle sopravvenienze assume rilievo sia nel diritto civile sia nel diritto amministrativo.

Come nell’autotutela la sopravvenienza incide sul provvedimento di primo grado, comportando l’emanazione di un provvedimento di secondo grado demolitorio del primo, così la sopravvenienza incide sul contratto preliminare e sul definitivo o imponendo una rettifica delle condizioni contrattuali in sede di definitivo o impedendo la stessa stipula del definitivo. Ancora, come nell’autotutela di cui all’art. 21 quinquies il potere della pubblica amministrazione trova causa nell’esigenza di far fronte a mutamenti di fatto, così il preliminare trova ragion d’essere e, dunque, causa, nella esigenza di garantire il controllo dei mutamenti di fatto. Ed, infine, come l’esercizio del potere di autotutela trova causa nella scelta discrezionale di emanare il provvedimento di secondo grado, così il contratto definitivo, a fronte di sopravvenienze, trova causa nella scelta discrezionale di proseguire nella negoziazione iniziata con il preliminare. L’autotutela discrezionale di cui all’art. 21 quinquies ed il collegamento negoziale genetico tra preliminare e definitivo hanno, dunque, in comune la stessa “causa”, lo stesso “scopo”: il controllo delle sopravvenienze. Resta, tuttavia, da chiedersi se sia davvero paragonabile la causa contrattuale privatistica (che, si sa, costituisce la ragione che giustifica la stipula del contratto) a ciò che è e resta – senza alcun dubbio e quasi senza margine alcuno di riflessione – “tecnicamente” più corretto qualificare come una semplice ratio legis. Infatti, nonostante gli innumerevoli modi di utilizzo degli schemi privatistici nel diritto amministrativo, nonostante le tesi che riconducono l’art. 11 l. n. 241 del 1990 nelle maglie dei negozi giuridici[3], nonostante i parallelismi continui tra lo stesso art. 11 e l’art. 21 quinquies, l’emanazione di un provvedimento in autotutela resta pur sempre espressione di un potere esercitato iure imperii e non iure privatorum[4]. Ciò nonostante, può ugualmente evidenziarsi uno stesso filo conduttore, rappresentato dalla necessità (tramite un secondo contratto nei rapporti tra privati, tramite un secondo provvedimento amministrativo nei rapporti privato-pubblica amministrazione) di sopperire ad una esigenza affine: la gestione dei mutamenti di fatto[5].



[1] La norma, testualmente, così dispone: “1. Su iniziativa della stazione appaltante o di una o più delle altre parti, l'ANAC esprime parere, previo contraddittorio, relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. Il parere obbliga le parti che vi abbiano preventivamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito. Il parere vincolante è impugnabile innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa ai sensi dell'articolo 120 del codice del processo amministrativo. In caso di rigetto del ricorso contro il parere vincolante, il giudice valuta il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell'articolo 26 del codice del processo amministrativo. 1-bis. L'ANAC è legittimata ad agire in giudizio per l'impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. 1-ter. L'ANAC, se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del presente codice, emette, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati. Il parere è trasmesso alla stazione appaltante; se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall'ANAC, comunque non superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l'ANAC può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo. Si applica l'articolo 120 del codice del processo amministrativo di cui all'allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. 1-quater. L'ANAC, con proprio regolamento, può individuare i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di cui ai commi 1-bis e 1-ter. 2. [Qualora l'ANAC, nell'esercizio delle proprie funzioni, ritenga sussistente un vizio di legittimità in uno degli atti della procedura di gara invita mediante atto di raccomandazione la stazione appaltante ad agire in autotutela e a rimuovere altresì gli eventuali effetti degli atti illegittimi, entro un termine non superiore a sessanta giorni. Il mancato adeguamento della stazione appaltante alla raccomandazione vincolante dell'Autorità entro il termine fissato è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria entro il limite minimo di euro 250 e il limite massimo di euro 25.000, posta a carico del dirigente responsabile. La sanzione incide altresì sul sistema reputazionale delle stazioni appaltanti, di cui all'articolo 36 del presente codice. La raccomandazione è impugnabile innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa ai sensi dell'articolo 120 del codice del processo amministrativo.]”. Ultimo comma abrogato dal D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56.

[2] La predetta teoria è stata inaugurata con una storica sentenza delle Sezioni Unite n. 1720/1985.

[3] Sul tema, con particolare riferimento alle tesi negoziali, tra tanti che vi si sono dedicati, G.P. CIRILLO, I contratti e gli accordi delle amministrazioni pubbliche, in www.giustiziamministrativa.it, https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/studio_cirillo_11_chk.

[4] La riflessione, oltre a basarsi sulla naturale e lampante scissione tra potere pubblicistico e potere privatistico, prende spunto dal rapporto (rectius: dalla dialettica) tra contratto e norma.

Ancora, sui rapporti tra autotutela e contratto, per un approfondimento, si segnala un contributo libero in rete e, precisamente: https://www.sipotra.it/wp-content/uploads/2019/03/AUTOTUTELA-AMMINISTRATIVA-E-CONTRATTO.pdf; per un approfondimento sui rapporti tra causa ed autotutela nel diritto privato e nel diritto amministrativo si segnala un contributo libero in rete e, precisamente: https://iris.unipa.it/retrieve/handle/10447/101748/136220/L'autotutela%20nel%20diritto%20privato%20una%20funzione,%20una%20categoria.pdf, con particolare riferimento alle pp. 35 e ss.

[5] Per un approfondimento sull’autotutela in linea generale, tra tanti: R. LORUSSO, Le condizioni per l’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione di una gara d’appalto, in Riv. Il diritto amministrativo, full text: https://www.ildirittoamministrativo.it/Le-condizioni-per-annullamento-ufficio-aggiudicazione-di-una-gara-appalto-Roberto-Russo/ted613 .


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