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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 12/11/2015 Scarica PDF

La fideiussione escussa è un rapporto pendente ai sensi dell'art. 169bis l.f.?

Luciana Cipolla, Avvocato in Milano


Sommario: 1. La massima - 2. Il caso - 3. La questione - 4.  Soluzioni giuridiche – 5 Osservazioni.


     

1. La massima

Tribunale di Milano, Seconda Sezione Civile, 28 settembre 2015, Ordinanza.

L’avvenuta escussione della garanzia comporta che il rapporto di fideiussione non possa considerarsi contratto pendente atteso che, ai fini dell’applicazione dell’art. 169 bis l.f., è necessario che le prestazioni del contratto (o l’esecuzione della garanzia) non siano ancora eseguite.

Il contratto di pegno che garantisca più rapporti non può essere dichiarato sospeso o sciolto con riguardo a uno solo dei rapporti garantiti.

Anche prescindendo dall’attuale dettato normativo dell’art. 169 bis l.f. che fa decorrere l’effetto dello scioglimento come anche della sospensione dal momento della comunicazione del provvedimento giudiziale, considerando l’esercizio del potere di scioglimento del creditore quale esercizio di un diritto potestativo contenuto in un atto giuridico recettizio, non può comunque sostenersi che l’effetto dello scioglimento del contratto retroagisca al momento in cui il ricorrente abbia proposto domanda di sospensione dei rapporti pendenti in assenza di un provvedimento specifico sull’istanza di sospensione.

 

2. Il caso

Con ricorso depositato in data 19 gennaio 2015 una società  proponeva domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 161, VI comma, l.f. chiedendo, tra l’altro, la sospensione, ai sensi dell’art. 169 bis l.f., (i)  del contratto intercorso con altra società avente ad oggetto  l’acquisto delle quote di una società di diritto indiano, (ii) della fideiussione rilasciata dalla Banca a garanzia del pagamento del relativo corrispettivo e, infine, (iii) del pegno avente ad oggetto titoli rilasciato a titolo di controgaranzia a favore della Banca.

Il Giudice Delegato, ritenuta necessaria l’instaurazione del contraddittorio con le controparti contrattuali, concedeva termine per il deposito di osservazioni o deduzioni.

Successivamente, la medesima società proponeva domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 160 l.f.. Nel piano concordatario la società, dando atto dell’avvenuta proposizione dell’istanza di scioglimento di cui si è riferito poc’anzi e del fatto che su di esse non risultava emesso alcun provvedimento da parte del Tribunale, chiedeva altresì l’autorizzazione, ai sensi dell’art. 169 bis l.f., allo scioglimento dei predetti contratti.

Con decreto depositato in cancelleria in data 5 giugno 2015 il Giudice Delegato, ritenuta nuovamente necessaria l’instaurazione del contraddittorio con le controparti contrattuali sull’istanza di sospensione di cui sopra, concedeva a queste termine per il deposito di osservazioni o deduzioni.

La Banca, in tal sede, si opponeva al provvedimento di scioglimento rilevando come in epoca successiva al deposito della domanda di concordato in bianco ma anteriore persino all’istanza di scioglimento, si fosse verificata l’escussione della fideiussione rilasciata dalla Banca con conseguente impossibilità di considerare tale rapporto “pendente”.

Con provvedimento emesso in data 22 luglio 2015 e depositato in data 27 luglio 2015, il Giudice Delegato autorizzava lo scioglimento dei menzionati contratti.

Il Tribunale di Milano, accogliendo il reclamo proposto dalla Banca, ha revocato il provvedimento del Giudice Delegato e rigettato l’istanza di sospensione ex art. 169 bis l.f. avente ad oggetto la fideiussione rilasciata dalla Banca nonchè l’atto costitutivo di pegno.

   

3. La questione

I temi posti all’esame del Tribunale  sono:

- se la fideiussione costituisca “rapporto pendente”;

- se l’avvenuta escussione della garanzia possa determinare l’esaurimento del rapporto negoziale con conseguente impossibilità di configurare il rapporto di garanzia come rapporto pendente;

- se lo scioglimento del vincolo fideiussorio incida sullo scioglimento dell’atto di pegno allorchè questo garantisca anche crediti diversi e ulteriori rispetto a quello portato dalla fideiussione;

-  se l’effetto dello scioglimento del rapporto retroagisca al momento in cui la società ha depositato domanda di sospensione dei rapporti pendenti.

   

4. Soluzioni giuridiche

Il Tribunale milanese ha affermato che l’avvenuta escussione della garanzia comporta che il rapporto di fideiussione non possa considerarsi contratto pendente ai fini dello scioglimento dello stesso.

Ciò in quanto ai fini dell’applicazione dell’art. 169 bis l.f.  è necessario che le prestazioni del contratto (o, nel caso di specie, l’esecuzione della garanzia) non siano ancora eseguite. Nel momento in cui, a seguito dell’escussione della garanzia, il garante paga si verifica l’estinzione della fideiussione, essendo l’adempimento del fideiussore il naturale mezzo di estinzione del rapporto di garanzia, cui consegue l’emersione della facoltà del garante di agire in surrogazione o in regresso nei confronti del debitore principale.

Quanto precede assumendo che la fideiussione rientri, di per sé, nella categoria dei contratti pendenti per i quali sia possibile invocare l’applicazione dell’art. 169 bis l.f. .

 

Su questo punto il Tribunale meneghino non ha preso espressamente posizione ma si ricorda che lo stesso Tribunale di Milano aveva già avuto modo di pronunciarsi, con provvedimento dell’11 settembre 2014 (Presidente Ciampi, Estensore D’Aquino, in www.ilcaso.it), affermando che la nozione di contratti pendenti nel concordato preventivo di cui all’art. 169 bis l.f. è sovrapponibile a quella dei contratti pendenti nel fallimento di cui all’art. 72 l.f. Di talchè un contratto può essere considerato pendente nel concordato se sarebbe pendente anche nel fallimento.

Lo scioglimento di uno di tali contratti comporterebbe quindi anche lo scioglimento della obbligazione accessoria fideiussoria prestata allo scopo di garantire l’esecuzione delle prestazioni successive e non ancora eseguite. Tale provvedimento è stato poi confermato dalla Corte d’Appello di Milano, Sezione IV civile, in data 29 gennaio 2015 (Presidente Buono, Consigliere Relatore Fagnoni, www.ilcaso.it).

Ma si trattava di fattispecie relativa ad una fideiussione non ancora escussa e, quindi, ontologicamente differente da quella qui esaminata nella quale, come si diceva, l’efficacia della garanzia era venuta meno a seguito dell’escussione e dell’avvenuto pagamento da parte del garante.

Con riguardo, poi, alle conseguenze in tema di carenza di interesse ad agire in capo alla società in concordato ad ottenere l’emissione di un provvedimento autorizzativo in relazione ad un contratto che ha già esaurito i propri effetti alla data della domanda si ricorda che la giurisprudenza di legittimità ha affermato che:

L'interesse ad agire richiede non solo l'accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice, poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto che essa intenda in tal modo conseguire. Ne consegue che non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano solo elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto, il quale può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella sua interezza” (Cass. 4 maggio 2012, n. 6749).

Il Tribunale milanese ha poi affrontato la questione relativa all’effetto retroattivo dello scioglimento del rapporto osservando che, pur prescindendosi dall’attuale dettato normativo dell’art. 169 bis l.f. (che fa decorrere l’effetto dello scioglimento, come anche della sospensione dal momento della comunicazione del provvedimento giudiziale, considerando l’esercizio del potere di scioglimento del creditore quale esercizio di un diritto potestativo contenuto in un atto giuridico recettizio), è sufficiente osservare  come detto argomento presupponga  che l’effetto dello scioglimento si saldi a un precedente effetto sospensivo dell’istanza di sospensione.

Effetto sospensivo che peraltro nel caso di specie non sarebbe è mai verificato, non avendo il Tribunale mai provveduto sull’istanza di sospensione inizialmente depositata, di talchè il mancato verificarsi dell’effetto sospensivo impedisce che possa, anche in via puramente logica, saldarsi l’effetto dello scioglimento a quello della sospensione dei contratti in oggetto, che hanno continuato a produrre i loro effetti sino (quanto alla fideiussione) alla sua escussione.

Tale effetto retroattivo, sempre secondo il Tribunale,  deve necessariamente negarsi, atteso che il disposto di cui all’art. 169 bis l.f. è chiaro nel prevedere che il debitore possa essere autorizzato a sciogliersi o a sospendere i contratti in corso di esecuzione e non contempla affatto l’ipotesi per cui sia il provvedimento del Tribunale o del Giudice Delegato a determinare automaticamente gli effetti della sospensione o dello scioglimento, tantomeno con effetto retroattivo.

Conferma di quanto precede si ricava anche dall’opinione di autorevole dottrina, secondo cui “quanto agli effetti veri e propri della modifica ex art. 169-bis legge fallim. dei contratti in corso, ci pare che gli stessi non possano prodursi dal momento della comunicazione effettuata dall’imprenditore al terzo con l’intenzione di provocare l’effetto dello scioglimento o della sospensione. Lo scioglimento non potrà quindi prodursi in modo automatico dalla data della decisione del tribunale o dalla domanda di concordato” (Benassi, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo: il compito dell’imprenditore di dar forma alla proposta e la tutela del terzo contraente, in ilcaso.it, pagg. 6-7).

 

Il Tribunale, accogliendo il reclamo proposto con riguardo alla fideiussione, ha accolto anche quello relativo al contratto di pegno nella misura in cui tale pegno non garantiva solo il debito di regresso derivante dal menzionato contratto ma anche un diverso finanziamento di talchè l’estinzione del pegno non avrebbe potuto discendere dall’estinzione di uno solo dei rapporti garantiti, sopravvivendo in ogni caso il mutuo chirografario in essere.

Sul punto il Collegio ha affermato che, anche a volersi ritenere superabile (richiamando Tribunale di Milano 11 settembre 2014 in tema di collegamento negoziale) la circostanza che l’atto di costituzione di pegno (limitatamente all’obbligazione  di regresso del garantito nei confronti del fideiussore) non ha natura di contratto a prestazioni corrispettive in quanto contratto reale che si perfeziona all’atto della consegna del bene al creditore garantito, il presupposto dello scioglimento dal contratto di pegno è lo scioglimento del richiamato rapporto fideiussorio a garanzia del cui rapporto di regresso è stato prestato.

Precluso lo scioglimento del rapporto fideiussorio è precluso anche lo scioglimento del pegno.

   

5. Osservazioni

Il provvedimento del Tribunale meneghino pare condivisibile con riguardo ai plurimi punti affrontati.

In particolare, con riferimento al pegno, diversamente argomentando, il creditore garantito avrebbe corso il rischio di perdere il privilegio pignoratizio dallo stesso vantato nei confronti del debitore concordatario in relazione al debito garantito, il quale costituisce ormai credito liquido ed esigibile in conseguenza del pagamento effettuato a seguito dell’escussione.

Come autorevolmente statuito dalla giurisprudenza di merito infatti:

la ratio ispiratrice della disciplina che consente lo scioglimento o la sospensione dei contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo rappresenta un'equilibrata soluzione di compromesso fra le esigenze dell'imprenditore in crisi e il sacrificio imposto al contraente in bonis; essa è, infatti, individuabile nella volontà di attribuire al debitore che propone il concordato la facoltà di far venir meno un rapporto contrattuale per il prosieguo del rapporto, in modo da liberarlo dall'esecuzione della prestazione divenuta superflua o eccessivamente onerosa a fronte della rinuncia alla prestazione a suo favore. La disciplina può, pertanto, trovare applicazione solamente con riferimento alle prestazioni future e non alle pregresse, poiché, diversamente opinando, si consentirebbe all'imprenditore un beneficio indiscriminato e privo di ragionevolezza, soprattutto avuto riguardo all'interesse di una controparte che ha già adempiuto agli obblighi derivanti dal rapporto contrattuale” (App. Venezia, 16 novembre 2014, in www.ilcaso.it).


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