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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 24/11/2015 Scarica PDF

L'infalcidiabilità del credito iva fra concordato preventivo e transazione fiscale

Edoardo Postacchini, Giudice Sezione Civile del Tribunale di Perugia



La giurisprudenza di merito dopo la sentenza della Corte Costituzionale, n. 225/2014 (Nota ad App. Ancona, 1.06.2015, n. 625)

  

Sommmario: 1. Premessa; 2. Il dibattito sulla versione originaria dell’art. 182 ter L. Fall. 2.1. Il diritto dell'UE e la posizione della Corte di Giustizia: le successive modifiche di cui al D.L. 185/2008; 3. La posizione della Cassazione; 4. Le oscillazioni della giurisprudenza di merito; 5. L’intervento della Corte Costituzionale; 6. Conclusioni.

 

 

1. Premessa

La Corte di Appello di Ancona, con la sentenza n. 625 del 1.06.2015, si è pronunciata sulla nota questione dell'infalcidiabilità del credito IVA in sede di concordato preventivo, recependo pienamente la decisione della Corte Costituzionale nella sentenza n. 225/2014.

La vicenda trae origine dalla domanda di concordato preventivo “in bianco”. La proposta prevedeva la falcidia di alcuni crediti, fra cui quello IVA, per una percentuale del 60%. Il Tribunale, ritenendo il credito IVA non falcidiabile, sulla scorta della giurisprudenza di legittimità, dichiarava inammissibile il concordato preventivo, poiché privo di fattibilità giuridica e, sussistendone i presupposti, emetteva sentenza di fallimento. Con ricorso alla Corte d’Appello, il legale rappresentante dell’impresa chiedeva la revoca della sentenza di fallimento, nonché, in subordine, proponeva eccezione di illegittimità comunitaria dell’art. 182 ter L. Fall., chiedendo il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ai sensi dell’art. 267 TUE, al fine di stabilire l’eventuale contrasto fra la norma sulla transazione fiscale e gli artt. 4, par. 3, TUE e con gli artt. 2 e 22 della direttiva 77/388/CEE.

La questione era posta in questi termini: è legittima una norma che impedisca la falcidia del credito IVA nonostante poi, nell’eventuale sede fallimentare, l’integrale cessione del patrimonio del debitore sia comunque insufficiente al soddisfacimento di tali crediti?

Questa osservazione è stata posta sulla scorta della dottrina prevalente, che ha criticato la soluzione legislativa di non falcidiabilità dell’IVA.

La Corte d’Appello di Ancona, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia, in particolare le sentenze del 17.08.2008 (C-132/06), del 11.12.2008 (C-174/07) e del 29.03.2010 (C-500/10), nonché la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 225/2014 e quelle della Corte di Cassazione, ha rigettato l’eccezione, altresì ritenendo che l'art. 41 Cost. non comprenda il diritto di non fallire, ossia di addivenire ad una soluzione concordata della crisi d'impresa.

Per quanto interessa in questa sede, la sentenza è rilevante poiché si inserisce, come detto, nell’orientamento della giurisprudenza di merito che, dopo la sentenza della Corte Costituzionale del luglio 2014, sembra ormai ammettere senza riserve la non falcidiabilità dell’IVA in relazione anche al concordato preventivo.

Occorre, dunque, ricostruire il dibattito anteriore alla sentenza della Corte Costituzionale, onde apprezzarne gli effetti sulla giurisprudenza di merito

   

2. Il dibattito sulla versione originaria dell'art. 182 ter L. Fall.

L'art. 182 ter L. Fall. è stato aggiunto dal D.Lgs 5/2006[1].

La norma prevedeva la possibilità, per il debitore, di proporre, con il piano di cui all'art. 160 L. Fall.[2], “il pagamento, anche parziale, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell'Unione Europea”. Per tali ultimi crediti, era possibile solo una dilazione. Nessuna indicazione era fornita circa l'IVA. Visto il silenzio del legislatore, l'Agenzia delle Entrate emanava la circolare n. 40E/2008, con cui prendeva chiaramente posizione sulla ricomprensione dell'IVA fra le risorse dell'Unione Europea, escludendo la possibilità di falcidia in sede concordataria[3].

L'Agenzia, basandosi sull'ottavo considerando della direttiva CEE 112/2006, secondo cui le risorse della Comunità Europea sono costituite, fra l'altro, dai proventi dell'IVA, ottenute applicando un'aliquota comune ad una base imponibile determinata secondo regole uniformi a livello comunitario, riconduceva l'IVA a risorsa dell'Unione, escludendone, pertanto, la possibilità di falcidia[4].

Sul versante giurisprudenziale, non si riscontravano posizioni uniformi. Da un lato, infatti, vi era chi riteneva che l'IVA fosse compresa fra le risorse dell'Unione[5]; dall'altro, invece, si riteneva, anche sulla scorta della normativa di derivazione europea, che il suddetto credito rientrasse nel divieto posto dall'art. 182 ter L. Fall.[6].

Un'ulteriore questione posta all'attenzione della giurisprudenza era la natura facoltativa od obbligatoria della transazione fiscale. Il dibattito correva fra chi riteneva che il debitore, ai fini della decurtazione concordata dei crediti tributari, dovesse necessariamente esperire la transazione fiscale, con le forme ed il consenso dell'amministrazione previsti dall'art. 182 ter L. Fall., e chi, al contrario, riteneva che tale falcidia potesse essere ottenuta anche mediante il concordato preventivo ex art. 160 L. Fall.[7]: la transazione fiscale, pertanto, non era l'unico modo a disposizione del debitore per ottenere una decurtazione del debito tributario: avendo l'art. 182 ter L. Fall. natura facoltativa, l'obiettivo poteva ben essere ottenuto attraverso l'utilizzo del concordato preventivo, con le differenti ripercussioni in termini di voto da parte dei creditori [8].

Il tema è rilevante e verrà sviluppato nel prosieguo, poiché l'opzione, da parte della Corte di Cassazione, per la natura facoltativa, ha fatto sorgere l'ulteriore questione, oggetto della sentenza annotata, cioè se il divieto di falcidia dell'IVA sia applicabile solo nella transazione fiscale ex art. 182 ter L. Fall. o se, invece, tale divieto costituisca una regola generale, dunque applicabile anche alla decurtazione del credito IVA derivante da concordato preventivo senza transazione fiscale.

   

2.1. Il diritto dell'UE e la posizione della Corte di Giustizia: le successive modifiche di cui al D.L. 185/2008

La legislazione dell'Unione Europea constava, inizialmente, della direttiva 77/388/CEE, successivamente abrogata dalla direttiva 2006/112/CEE, con cui l'ordinamento comunitario ha voluto sottoporre l'imposta sul valore aggiunto ad un processo di uniformazione, derivante dalla necessità di adeguamento delle legislazioni nazionali alla creazione di un mercato unico[9]. In particolare, gli artt. 2 e 22 dir. 77/388/CEE imponevano allo Stato membro di adottare tutte le misure legislative ed amministrative al fine di garantire che l’IVA fosse interamente riscossa nel territorio. A tale fine, gli Stati membri erano obbligati a garantire una riscossione effettiva delle risorse proprie della Comunità e a non creare differenze significative nel trattamento dei contribuenti, in ottemperanza al principio di neutralità fiscale.

Come detto, la direttiva del 1977 è stata sostituita da quella del 2006, il cui ottavo considerando recita: “in applicazione della decisione 2000/597/CE, Euratom del Consiglio, del 29 settembre 2000, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee, il bilancio delle Comunità europee, salvo altre entrate, è integralmente finanziato da risorse proprie delle Comunità. Dette risorse comprendono, tra l'altro, quelle provenienti dall'IVA, ottenute applicando un'aliquota comune ad una base imponibile determinata in modo uniforme e secondo regole comunitarie”.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è espressa più volte circa la compatibilità di una normativa nazionale (in particolare italiana[10]) che escludesse la riscossione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, dei tributi IVA.

Poiché le norme nazionali censurate consentivano il mancato versamento dell’imposta in oggetto, esse sono state dichiarate incompatibili con il diritto comunitario[11]; diversamente, la riscossione del tributo è stata considerata recessiva solo nel bilanciamento con un diritto fondamentale, quale quello alla ragionevole durata del processo[12].

Sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia, il legislatore nazionale, con l'art. 35, comma 5, D.L. 185/2008, conv. in L. 2/2009, ha apportato una modifica all'art. 182 ter L. Fall., inserendovi l'inciso secondo cui, con riguardo all'imposta sul valore aggiunto e alle ritenute operate e non versate, la proposta di transazione può prevedere solo una dilazione, non già una falcidia.

Tale novella legislativa è dovuta, come specificato anche dalla Relazione di accompagnamento, dalla necessità di adeguare il diritto nazionale agli obblighi comunitari in materia di imposta sul valore aggiunto[13]. Il legislatore, pertanto, ha posto fine alle questioni interpretative. Tuttavia, non si era ancora sopito il dibattito circa la natura facoltativa od obbligatoria della transazione fiscale[14].

   

3. La posizione della Cassazione

Con due importanti sentenze del 2011[15], la Suprema Corte si è espressa per la prima volta in merito alle due questioni che avevano fino a quel momento costituito l'oggetto del dibattito.

In primo luogo, la Corte è stata chiamata a stabilire se la transazione fiscale ex art. 182 ter L. Fall. fosse l'unico modo, per il debitore, di ottenere una decurtazione del credito tributario o se, invece, ciò fosse possibile anche con il piano concordatario ex art. 160 L. Fall..

L'ulteriore questione posta all'attenzione dei giudici era, poi, se il divieto di falcidia dell'IVA attenesse solo allo speciale procedimento disciplinato dall'art. 182 ter o se, al contrario, tale disposizione contenesse una norma sostanziale, valida anche per il concordato preventivo.

Quanto alla prima questione, la Corte, svalutando l'elemento letterale degli artt. 160 e 182 ter (“il debitore può proporre”)[16], ha ritenuto che il procedimento ex art. 182 ter ha una natura diversa da quello di cui all'art. 160. Secondo tale interpretazione, sebbene l'effetto dei procedimenti sia comune, conducendo alla decurtazione concordata di un debito tributario, con il concordato preventivo ciò può avvenire sulla base della maggioranza dei voti, dunque anche con il voto contrario dell'Amministrazione Finanziaria[17], mentre, con la transazione fiscale, il consenso di quest'ultima è imprescindibile; il procedimento ex art. 182 ter, inoltre, produce effetti ulteriori, quali il “consolidamento” del debito tributario[18] e l'estinzione dei giudizi pendenti.

Circa la seconda questione, la Corte ha statuito che il divieto di falcidia dell'IVA sia una norma eccezionale di natura sostanziale, valida, pertanto, sia nell'ambito della transazione fiscale che nel concordato preventivo.

Il giudice di merito aveva ritenuto il contrario, giudicando ammissibile, sotto il profilo della fattibilità giuridica, un concordato preventivo che prevedeva una decurtazione del debito IVA. La Corte, nel considerare la riforma operata con il D.L. 185/2008, ha desunto la volontà del legislatore di adeguarsi alle indicazioni provenienti dall'Unione Europea. La soluzione della falcidiabilità dell'IVA in sede di concordato, inoltre, avrebbe comportato un'illogicità intrinseca al sistema, in quanto la decurtazione sarebbe dipesa unicamente dalla volontà del debitore, il quale avrebbe potuto aggirare il divieto di cui all'art. 182 ter semplicemente proponendo, invece che la transazione fiscale, la domanda di concordato preventivo.

Quanto alla natura del divieto, nella motivazione si legge: “non si tratta di norma processuale come tale connessa allo specifico procedimento di transazione fiscale ma di norma sostanziale, in quanto attiene al trattamento dei crediti nell'ambito dell'esecuzione concorsuale, dettata da motivazioni che attengono alla peculiarità del credito e prescindono dalle particolari modalità con cui si svolge la procedura di crisi”[19].

Questa posizione è stata confermata da successive sentenze della Cassazione, con cui si è ribadita la natura inderogabile del credito IVA e, di conseguenza, la portata sostanziale del divieto di falcidia[20].

Nonostante questa presa di posizione, la Corte si è soffermata solo brevemente su un punto cruciale, che ha costituito l'argomento della successiva contrastante giurisprudenza di merito[21]: l'infalcidiabilità dell'IVA e l'ordine dei privilegi.

Infatti, ai sensi dell'art. 160, comma 2[22], L. Fall., “la proposta può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile,in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione”; a chiusura della norma, si pone, poi, un ulteriore limite alla proposta concordataria: “il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione”. L'IVA, ai sensi dell'art. 2752, comma 2, c.c., è munita di privilegio generale sui mobili del debitore. Nell'ordine stabilito dall'art. 2778 c.c., essa è posta al n. 19), per cui viene postergata ad altri crediti, ritenuti dall'ordinamento più rilevanti: è il caso delle retribuzioni dovute ai lavoratori, ai sensi degli artt. 2751 bis e 2777 c.c..

L'infalcidiabilità assoluta dell'IVA nelle soluzioni concordate comporterebbe, secondo una parte della dottrina, una contraddizione con l'art. 160, comma 2, L. Fall.. Se, infatti, in sede di concordato, non è possibile falcidiare l'IVA, ciò altererebbe l'ordine dei privilegi, poiché un credito posto al diciannovesimo posto verrebbe preferito rispetto ai crediti antergati, con violazione dell'art. 2778 c.c.[23].

La Corte di Cassazione, motivando brevemente sul punto, ha sostenuto che l'obbligo di integrale pagamento dell'IVA si pone come eccezione posta dal legislatore, in considerazione degli obblighi comunitari, anche al fine di non privare di funzionalità la soluzione concordata; rispettando l'art. 160, comma 2, L. Fall., infatti, l'integrale pagamento dell'IVA sarebbe possibile solo previo integrale pagamento di tutti i crediti antergati, cosa che, stante la situazione di crisi d'impresa, renderebbe impraticabile la soluzione concordata e comporterebbe sempre una dichiarazione di fallimento, in contrasto con le tendenze legislative.

La questione, comunque, lungi dall'esaurirsi con l'intervento nomofilattico della Cassazione, ha suscitato, nella giurisprudenza di merito successiva, un profondo contrasto[24].

       

4. La giurisprudenza di merito

Dopo gli arresti del 2011, non c'è stata una piena uniformazione, da parte della giurisprudenza di merito, all'interpretazione fornita dalla Cassazione.

Molte sentenze, infatti, hanno svalutato gli argomenti addotti dalla Suprema Corte, ritenendo dirimente il necessario rispetto dell'ordine dei privilegi posto dall'art. 160, comma 2, L. Fall..

In tal senso, la Corte d'Appello di Venezia[25], in dichiarato contrasto con la Corte di Cassazione, ha riformato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile, sulla scorta delle sentenze della Cassazione, nn. 22931 e 22932 del 2011, una proposta di concordato che prevedeva la falcidia del debito IVA. In tale occasione, la Corte d'Appello di Venezia ha rilevato che, se il legislatore avesse voluto attribuire all'IVA una natura di credito “superprivilegiato”, sarebbe dovuto intervenire direttamente sull'art. 2778 c.c., poiché, altrimenti, tale credito verrebbe ad assumere diverso trattamento in base alla diversa procedura esecutiva avviata[26]: in sede di esecuzione individuale, essa manterrebbe il diciannovesimo posto, mentre, in sede di concordato preventivo, essa, essendo infalcidiabile, acquisirebbe sostanzialmente una collocazione antecedente. Il divieto di cui all'art. 182 ter L. Fall., pertanto, è stato ritenuto limitato a tale norma, senza estensione all'art. 160[27].

In altre pronunce, si è ritenuto che il divieto di falcidia dell'IVA fosse limitato alla procedura di cui all'art. 182 ter L. Fall., in quanto norma eccezionale[28], per cui un piano concordatario che prevedesse una falcidia del debito IVA è stato ritenuto ammissibile[29]: secondo questo approccio, le due disposizioni di cui agli artt. 160 e 182 ter L. Fall. avrebbero un diverso campo di applicazione[30].

Non manca chi, sulla scorta degli argomenti utilizzati dalla Cassazione nel 2011, fa leva sull'illogicità cui si perverrebbe adottando un'interpretazione restrittiva del divieto al solo procedimento ex art. 182 ter[31].

Accanto a questo filone contrastante con l'interpretazione fornita dalla Cassazione, si pone un diverso orientamento della giurisprudenza di merito, incline ad accogliere l'opzione ermeneutica della Cassazione. L'obbligo di pagamento integrale è stato ritenuto di natura sostanziale, determinato dai vincoli europei[32]: l'effetto di alterazione dell'ordine dei privilegi sarebbe una conseguenza della deroga legislativa[33].

   

5. L'intervento della Corte Costituzionale

Il Tribunale di Verona, con l'ordinanza del 10 aprile 2013, ha sollevato eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 160 e 182 ter L. Fall., con riferimento agli artt. 97 e 3 Cost.[34].

La Corte Costituzionale, con la sentenza del 24 luglio 2014, n. 225, ha dichiarato non fondata la questione.

Circa l'art. 97 Cost., il giudice remittente sosteneva che l'impossibilità di falcidiare il credito IVA, con conseguente impossibilità di pervenire alla soluzione concordata, avrebbe imposto al debitore il fallimento, ciò comportando il concorso dei creditori secondo le cause legittime di prelazione. Poiché l'IVA, nel sistema delineato dall'art. 2778 c.c., si trova al diciannovesimo posto, l'Amministrazione Finanziaria rimarrebbe verosimilmente insoddisfatta o, al più, soddisfatta solo parzialmente. Nel ragionamento del giudice a quo, una soluzione concordata che consentisse un soddisfacimento anche solo parziale sarebbe comunque migliore della liquidazione fallimentare, stante la postergazione dei crediti IVA di cui all'art. 2778 c.c.. La norma che impone il divieto di falcidia, generando le conseguenze descritte, sarebbe stata pertanto contraria al principio di buon andamento di cui all'art. 97 Cost..

La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione, principalmente sulla base della normativa UE e della giurisprudenza della Corte di Giustizia, in considerazione degli obblighi assunti dallo Stato Italiano verso tale ordinamento sovranazionale, ai sensi degli artt. 11 e 117 Cost.. Ha poi sostenuto che la possibilità di una dilazione, che costituisce il limite massimo di espansione della procedura, non è irragionevole sotto il profilo del buon andamento, giustificandosi, sul piano prognostico, “proprio per il persistere, in capo all'amministrazione finanziaria, della possibilità di riscuotere il tributo in futuro, con la contestuale approvazione di un piano di concordato idoneo a consentire il graduale superamento dello stato di crisi dell'impresa”.

Quanto all'art. 3 Cost., il giudice a quo aveva sostenuto che l'impossibilità, per l'Amministrazione Finanziaria, di pervenire ad una soluzione concordata che prevedesse la falcidia dell'IVA avrebbe posto la stessa in una posizione di svantaggio nei confronti degli altri creditori: essi, infatti, anche se privilegiati, potrebbero evitare la liquidazione fallimentare, ottenendo una somma comunque non inferiore a quanto avrebbero ottenuto in caso di fallimento (art. 160, comma 2, L. Fall.).

La Corte Costituzionale, facendo propria l'interpretazione della Cassazione del 2011, ha ritenuto che la natura eccezionale della norma sia il riflesso di un trattamento peculiare attribuito dal legislatore al credito IVA, sulla base del quale viene apportata una deroga all'ordine legale delle prelazioni ex art. 2778 c.c..

In conclusione, il Giudice delle Leggi ha statuito che: “oltre che sull'inammissibile raffronto tra fattispecie normative eterogenee - che riflette, come si è detto, un'opzione del legislatore interno necessitata dalla peculiare disciplina dell'IVA derivante dalle regole comunitarie - la non fondatezza della questione riposa, altresì, sul rilievo che la norma interna in materia di transigibilità del credito IVA è, di per sé, disciplina eccezionale rispetto al principio dell'indisponibilità della pretesa erariale”[35].

   

6. Conclusioni

La pronuncia della Corte Costituzionale ha sortito effetti sulla giurisprudenza di merito, la quale, stando alle prime reazioni, si è assestata su posizioni di inammissibilità della falcidia concordataria. Su tale scia si pongono alcune pronunce, nonché, da ultimo, la sentenza annotata.

Alcune recenti sentenze di merito[36] hanno ritenuto che il credito IVA, stante la natura sostanziale dell’art. 182 ter L. Fall., non può essere oggetto di falcidia, per cui rimane solo la possibilità, sia in sede di concordato preventivo che di transazione fiscale, di una dilazione.

In posizione di contrasto, invece, si rileva un decreto del Tribunale di Benevento del 25 settembre 2014[37], con cui, in controtendenza rispetto all’orientamento di legittimità e costituzionale, si è ammesso un concordato preventivo con tali caratteristiche. In motivazione, oltre al riferimento alla giurisprudenza di merito contraria all’orientamento della Cassazione, espresso con le sentenze del 2011, vi è altresì un riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale. Il Tribunale di Benevento ha svalutato la pronuncia della Consulta, ritenendola limitata allo specifico procedimento di transazione fiscale, non già alla questione generale, comune sia alla transazione fiscale che al concordato preventivo, della falcidiabilità dell’IVA.

La sentenza della Corte di Appello di Ancona di cui alla presente nota, invece, affronta l'argomento dal punto di vista delle esigenze finanziarie dello Stato. Prendendo a riferimento la pronuncia della Corte Costituzionale, che ha dato preminente rilevanza alla natura comunitaria del debito IVA, la Corte di Appello di Ancona giustifica il rigetto del reclamo sulla base del bilanciamento fra diritti.

Nella parte finale della motivazione, infatti, si legge che: “il diritto dell’imprenditore ad ottenere un concordato preventivo, volto ad evitare il fallimento, deve ragionevolmente contemperarsi con l’obbligo di riscossione dello Stato membro. In detto giudizio di comparazione degli opposti interessi, le esigenze economiche e finanziarie, poste a diretto a servizio degli interessi della comunità come strumento fattivo della realizzazione degli scopi comunitari, vanno ritenute senz’altro prevalenti rispetto all’interesse del ceto creditorio di vedere ammesso un concordato con apporto di nuove finanze o all’interesse dell’imprenditore di evitare la declaratoria di fallimento. Sulle esigenze finanziarie dello Stato può infatti prevalere solo un diritto fondamentale dell’individuo, e tale non è il diritto di cui agli artt. 160 e ss. L. Fall. (non è possibile configurare un diritto di evitare il fallimento come esplicazione della libertà d’impresa)”.

La Corte di merito, dunque, sembra porre mente alla sentenza della Corte di Giustizia UE del 29.03.2010 (C-500/10), laddove questa aveva giudicato prevalente il diritto alla ragionevole durata del processo sull'obbligo di riscossione dell'IVA.

Le motivazioni della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale sono principalmente basate sulla qualificazione dell'IVA come risorsa propria dell'Unione Europea. Sulla scorta di ciò, la Corte anconetana dà rilevanza all'obbligo di riscossione imposto allo Stato Membro, sanzionato nelle altre occasioni dalla Corte di Giustizia[38], ritenendolo prevalente rispetto al diritto di non fallire.

Da quanto emerge nella giurisprudenza di merito e nel perdurante dibattito dottrinale, la sentenza della Corte Costituzionale, lungi dal chiudere la discussione, potrebbe, da un lato, generare un assestamento nell'indirizzo interpretativo, ma, dall'altro, far riflettere sulla reale natura del divieto, basato più sui vincoli comunitari che su un'intrinseca ragionevolezza[39].



* Tirocinante negli uffici giudiziari ex art. 73, D.L. 69/2013.

[1] Sulla transazione fiscale, in generale, si vedano: Caiafa, Concordato preventivo e transazione fiscale, in Dir. fall., 2009, pp. 403 e ss.; Capolupo, La transazione fiscale: aspetti sostanziali, in Fisco, 2006, pp. 3015 e ss.; Giordano, Effetti della transazione fiscale “fuori” e “dentro” il concordato preventivo, in Dir. Fall., 2011, 5, pp. 528 e ss.;Mazzuoccolo, Transazione fiscale: nuove disposizioni introdotte dall’art. 182-ter del R.D. n. 267/1942, in Fisco, 2006, pp. 2258 e ss.; Miconi, La transazione fiscale, in Fall., 6, 2015, pp. 729 e ss.; Paluchowski, Art. 182 ter, in Commentario alla Legge Fallimentare, a cura di Paluchowski e Pajardi, pp. 1068 e ss.;Trombella, La transazione fiscale: dalle incertezze interpretative alle interpretazioni azzardate, nota a Trib. Milano, 13 dicembre 2007, n. 13728, in Riv. Dir. Trib., 4, 2008, pp. 271 e ss.; Corti, Lamperti, La transazione fiscale e previdenziale: prassi applicative e attuali criticità dell'istituto, in Riv. Dott. Comm., 2013, 3, pp. 531 e ss.; Stasi, La transazione fiscale, in Fall., 2008, 1, pp. 105 e ss.; ID., La transazione fiscale, in Fall., 2008, 7, pp. 733 e ss.; Zanichelli, Transazione fiscale e pagamento percentuale dei crediti tributari nel concordato preventivo: più dubbi che certezze, in Fall., 2007, 5, pp. 579 e ss..

[2] L'estensione agli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all'art. 182 bis L. Fall. è stata prevista solo successivamente, con il D.Lgs 169/2007.

[3] Del Federico, Le ultime modifiche alla disciplina della transazione fiscale secondo l'Agenzia delle Entrate, in Fall., 2009, 11, pp. 1356 e ss..

[4] Il divieto, tuttavia, non si riteneva sussistente per gli accessori e le sanzioni relativi a tale credito.

[5] Trib. Milano, 13 dicembre 2007, n. 13728: “la proposta di transazione fiscale di cui all'art. 182 ter l. fall. deve ritenersi ammissibile anche con riferimento all'Imposta sul valore aggiunto dal momento che la quota di i.v.a. dovuta da uno Stato membro dell'Unione Europea nulla ha a che vedere con il tributo i.v.a. dovuto dal contribuente italiano ed amministrato dalle agenzie fiscali”. Lo Cascio, La disciplina della transazione fiscale: orientamenti interpretativi innovativi, in Fall., 2008, 3, pp. 338 e ss.; Del Federico, La nuova transazione fiscale secondo il Tribunale di Milano: dal particolarismo tributario alla collocazione endoconcorsuale, in Fall., 2008, 3, pp. 342 e ss..

[6] Trib. Piacenza, 1 luglio 2008: “non possono formare oggetto di transazione fiscale, le somme dovute all'Erario a titolo di IVA, in quanto tale tributo costituisce risorsa propria dell'Unione Europea”.

[7] Stasi, La transazione fiscale nel concordato preventivo, in Fall., 2011, 1, p. 87 ; Gaffuri, Aspetti problematici della transazione fiscale, in Rass. Trib., 2011, 5, pp. 1115 e ss.; Fabiani, La falcidiabilità di tutti i crediti tributari e l’equivoco della lettura della cassazione, in Fall., 2014, 3, p. 266; Russo, Obbligatorietà o facoltatività della transazione fiscale nell’ambito del concordato preventivo, in Fisco, 2014, 18, pp. 1764 e ss..

[8] Andreani, L'obbligo di pagamento dell'IVA e delle ritenute nel concordato preventivo con e senza transazione fiscale, in Riv. Dir. Trib., 2013, 10, pp. 1001 e ss..; Corti, Lamperti, op. cit., p. 551.

[9] Cfr. i consideranda nn. 3 e 4 della direttiva 77/388/CEE.

[10] Quanto alle legislazioni di altri Stati Membri, si veda la sentenza del 28 settembre 2006 (C-128/05), riguardante la legge austriaca.

[11] Con la sentenza del 17.08.2008 (C-132/06), la Corte ha valutato la compatibilità dell’art. 8 L 289/2002, che contemplava la possibilità di sottrarsi, a certe condizioni, all’accertamento e alle sanzioni tributarie, con le norme europee sopra menzionate. Poiché la legge sospetta di incompatibilità con la normativa comunitaria realizzava un condono fiscale, realizzando un’esenzione dal pagamento dell’IVA, la Corte ha dichiarato sussistente il contrasto.

[12] La sentenza del 29.03.2010 (C-500/10) ha avuto ad oggetto l’art. 3, comma 2 bis, D.L. 40/2010, convertito, con modifiche, in L. 73/2010, il quale riguardava norme in tema di durata ragionevole del processo.

Questo diritto è stato ritenuto prevalente rispetto all’effettiva riscossione dell’IVA da parte dello Stato membro: la disciplina nazionale, pertanto, è stata giudicata compatibile con l’ordinamento comunitario. La Corte, infatti, ha statuito che: “l’obbligo di garantire l’efficace riscossione delle risorse dell’Unione non può contrastare con il rispetto del principio del termine ragionevole di un giudizio il quale, in forza dell’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, si impone agli Stati membri quando attuano il diritto dell’Unione e la cui tutela si impone anche in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU”.

[13] Relazione di accompagnamento, sub. Art. 32: “Con i commi 5 e 6 si prevede che in caso di piano di concordato preventivo di cui all’art. 160 del R.D. 267/42, il debitore non può proporre il pagamento parziale del tributo relativo all’IVA, mentre si mantiene la possibilità di dilazione di pagamento. La Direttiva Comunitaria vieta allo Stato membro di disporre una rinuncia generale, indiscriminata e preventiva al diritto di procedere ad accertamento e verifica. Pertanto, ai fini IVA la presente proposta non comporta effetti”.

[14] L'Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 14E/2009, ha poi ribadito, sulla scorta della modifica legislativa, il proprio orientamento.

[15] Cass., 4 novembre 2011, nn. 22931 e 22932. Cayro, Sugli effetti “tipici” della transazione fiscale alla luce di due recenti pronunce della Suprema Corte, in Rass. Trib., 2012, pp. 139 e ss.; Nicoletti, La natura “opzionale” della transazione fiscale e il necessario soddisfacimento dell’IVA nel concordato preventivo, in Fisco, 2012, pp. 1289 e ss.

[16] L'argomento letterale era stato proposto da una parte della dottrina, al fine di sostenere che la transazione fiscale fosse solo una modalità facoltativa di falcidia del debito tributario. Cfr. La Malfa, Del consolidamento dei debiti fiscali, e del carattere vincolante del ricorso alla transazione ex art. 182 ter legge fallim. per la falcidia dei crediti privilegiati fiscali (note in margine a Trib. Roma, 16 dicembre 2009), in Dir. Fall., 2011, 3-4, pp. 369 e ss..

[17] Ciò sulla base dell'art. 184 L. Fall., secondo cui: “il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato”. Cfr. Fauceglia, La transazione fiscale e la domanda di concordato preventivo, in Dir. fall., 2009, p. 487.

[18] Sulla punto, si veda: Randazzo, Il consolidamento del debito tributario nella transazione fiscale, in Riv. Dir. Trib., 10, 2008, pp. 825 e ss.

[19] Critico, in dottrina, La Croce, Il credito erariale IVA tra orientamenti UE e arresti della Cassazione, in Fall., 2012, 2, p. 156.

[20] Cass., 16 maggio 2012, n. 7667: “in tema di omologazione del concordato preventivo con transazione fiscale, secondo l'istituto di cui all'art. 182 ter l. fall., anche per le procedure cui non sia applicabile ratione temporis l'art. 32 d.l. 29 novembre 2008 n. 185 (convertito nella l. 28 gennaio 2009 n. 2), [...] sussiste l'intangibilità del predetto debito d'imposta, in quanto le entrate derivanti dall'applicazione di un'aliquota uniforme, valida per tutti gli Stati membri, agli imponibili relativi a detto tributo [...] costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio dell'Unione europea, e quindi, il relativo credito, attenendo comunque a tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea, non può essere oggetto di accordo per un pagamento parziale”. Cfr. anche: Cass., 30 aprile 2014, n. 9541 e Cass., 25 giugno 2014, n. 14447, di analogo tenore. Dal punto di vista penale, cfr. Cass., 31 ottobre 2013, n. 44283.

[21] L’argomento sarà affrontato nel successivo paragrafo.

[22] Inserito dal D.Lgs 169/2007.

[23] Proprio per tale ragione, la norma dell'art. 182 ter L.Fall. è ritenuta da taluni sospetta di illegittimità costituzionale; cfr. Corti, Lamperti, op. cit., p. 553

[24] La decisione della Cassazione ha ricevuto diverse critiche in dottrina. Cfr. La Malfa, Divieto di falcidia dell’IVA, specialità dell’art. 182 ter e riflessi su consolidamento dei debiti e cessazione delle liti, in Fall., 4, 2015, p. 471; l’A. critica l’impostazione della Suprema Corte, che ha ritenuto possibile il c.d. “doppio binario”, secondo cui la decurtazione del debito tributario sarebbe possibile sia con il concordato preventivo, sia con la transazione fiscale, ferma l’infalcidiabilità del debito IVA. La norma di cui all’art. 182 ter sarebbe speciale rispetto all’art. 160, onde la falcidia tributaria sarebbe possibile solo con il procedimento di transazione fiscale. Bezzi, La falcidiabilità dell’IVA nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, in Fisco, 2014, 19, pp.1865 e ss.; Vella, Transazione fiscale facoltativa e trattamento iva inderogabile, in Fall., 2012, 2, pp. 172 e ss..

[25] Sent. 23 dicembre 2013

[26] Su questo argomento, in termini: Trib. Campobasso, 31 luglio 2013, n. 539: “il pagamento integrale dell'IVA è previsto solo dall'art. 182 ter l.fall e che la tesi della Suprema Corte, sulla natura sostanziale dell'obbligo di pagamento integrale dell'IVA, renderebbe detto credito super privilegiato in senso sostanziale, creando, altresì, disparità di trattamento del concordato preventivo rispetto ad altre procedure concorsuali”.

[27] Trib. Cosenza, 29 maggio 2013: “è ammissibile la proposta di concordato preventivo che, anche senza richiesta di transazione fiscale, preveda il pagamento solo parziale del credito Iva, in quanto la contraria disposizione dell'art. 182 ter l. fall, costituisce regola eccezionale che non può prevalere sulle norme dettate in tema di graduazione dei privilegi e fatte proprie dall'art. 160 l. fall.”; in termini: Trib. Como, 29 gennaio 2013, n. 2; Trib. Varese, 30 giugno 2012.

[28]Trib. Campobasso,31 luglio 2013: “è ammissibile la proposta di concordato preventivo che, senza richiesta di transazione fiscale, preveda il pagamento solo parziale del credito Iva, in quanto la contraria disposizione dell'art. 182 ter l. fall, costituisce regola eccezionale che non può prevalere sulle norme dettate in tema di graduazione dei privilegi e fatte proprie dall'art. 160 l. fall.”. Nello stesso senso: App. Genova, 27 luglio 2013.

[29] In tal senso: Tribunale Busto Arsizio, 7 ottobre 2013 n. 15.

[30]Trib. Perugia, 16 luglio 2012: “il pagamento al di fuori della transazione fiscale dei crediti privilegiati è regolato autonomamente dall'art. 160 l. fall, che non contempla fra le condizioni di ammissibilità del concordato anche quella del pagamento integrale del credito IVA”.

[31] Trib. Rossano, 31 gennaio 2012: “poiché la transazione fiscale è un istituto cui il debitore può facoltativamente ricorrere, non è ammissibile la proposta di concordato preventivo che preveda il pagamento solo parziale del credito Iva e per ritenute non versate, in quanto non si può far dipendere il pagamento integrale dì tali tributi dalla scelta discrezionale del debitore di attivare, oppure no, le transazione fiscale”.

[32] Trib. Padova, 30 maggio 2013: “il principio del pagamento integrale dell’Iva, così come delle ritenute alla fonte, trattandosi di norma sostanziale e non processuale, attinente al trattamento concorsuale del credito tributario in oggetto - in considerazione, quanto all’IVA, della sua particolare natura di credito d’imposta armonizzata a livello comunitario sulla cui riscossione gli stati membri hanno determinati vincoli che non consentono possa formare oggetto di accordo per un pagamento parziale neppure ai sensi dell’art. 182 ter l.f. costituisce pertanto presupposto di ammissibilità della proposta concordataria”; in termini: Trib. Brescia, 11 giugno 2013.

[33] Trib. Milano, 29 maggio 2013; Trib. Vicenza, 18 aprile 2013; Trib. Reggio Emilia, 29 maggio 2014.

[34] Miconi, Dubbi sulla costituzionalità dell’infalcidiabilità dell’IVA nel concordato preventivo, in Fall., 2014, 3, pp. 322 e ss.; La questione era già stata sollevata presso la Corte d’Appello di Bologna, che l’aveva rigettata per manifesta infondatezza, aderendo all’impostazione della Cassazione: App. Bologna, 28 maggio 2014.

[35] La sentenza è stata criticata da quella parte della dottrina favorevole alla falcidiabilità di tutti i crediti: cfr. Stasi, L'infalcidiabilità dell'IVA alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale, in Fall., 2015, 1, pp. 46 e ss.

[36] App. Bologna, 3 novembre 2014; Trib. Busto Arsizio, 17 marzo 2015; Trib. Parma, 12 maggio 2015.

[37] Pubblicato in www.ilcaso.it.

[38] Cfr. nota 11.

[39] La Malfa, Divieto di falcidia IVA, specialità dell'art. 182 ter, cit., pp. 477-478.


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