EsecuzioneForzata


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 11/01/2016 Scarica PDF

La natura afflittiva del fermo amministrativo dei beni mobili registrati: la pronuncia chiarificatrice delle Sezioni Unite

Angelo Ginex, Avvocato in Bari


Sommario: 1. Premessa. - 2. Il caso affrontato. - 3. L'evoluzione normativa del fermo amministrativo. - 4. La discontinuità della giurisprudenza di legittimità. - 5. La tesi sulla natura afflittiva. - 6. Considerazioni conclusive.


     

1. Premessa

La manifesta lacunosità delle disposizioni normative recate dall'art. 86 del D.P.R. n. 602/1973, che disciplina il fermo amministrativo dei beni mobili registrati, ha sospinto gli operatori del diritto a formulare opinioni interpretative eterogenee, non solo in merito alla natura giuridica del provvedimento di fermo, ma, conseguentemente, anche all'autorità giudiziaria competente ad accogliere le istanze di tutela del privato.

La presenza di variegate opinioni interpretative ha reso necessaria una pronuncia chiarificatrice delle Sezioni Unite, le quali, con la pregevole ordinanza in esame, hanno dunque risolto l'annosa querelle esistente in materia, concretando profili di tutela maggiormente certi e costituzionalmente orientati in favore del privato, profondamente leso nel proprio diritto di difesa, perché "sballottato" da un organo giudiziario all'altro.

Con la citata pronuncia del 22 luglio 2015, n. 15354, le Sezioni Unite hanno affermato infatti che il provvedimento di fermo amministrativo dei beni mobili registrati deve essere configurato come atto di natura cautelare e coercitiva, con la conseguenza che l'impugnativa dello stesso deve avvenire secondo le regole del rito ordinario di cognizione e nel rispetto delle norme generali in tema di riparto della competenza per materia e per valore.

   

2. Il caso affrontato

La vicenda trae origine dalla opposizione, da parte di un cittadino, avverso il provvedimento di fermo amministrativo, disposto da Equitalia S.p.A., conseguente al mancato pagamento della cartella esattoriale, riguardante sanzioni amministrative (contravvenzioni al codice della strada), per l'importo complessivo di circa 4.000 euro.

Il Giudice di Pace investito della controversia dichiarava la propria incompetenza per materia a conoscere l'opposizione spiegata richiamando il noto arresto delle Sezioni Unite del 2011[1], secondo cui il provvedimento di fermo amministrativo ha natura esecutiva e, pertanto, la competenza per l'impugnazione dello stesso è inderogabilmente del Tribunale, ex art. 9, comma 2, c.p.c..

La controversia veniva riassunta innanzi al Tribunale, che, in totale disaccordo con quanto statuito dalle Sezioni Unite nel 2011, affermava che, pur condividendo l'orientamento di legittimità secondo cui il fermo amministrativo è atto strettamente funzionale all'esecuzione forzata, esso non può tuttavia qualificarsi come atto esecutivo e pertanto, ritenendosi anch'esso incompetente, invocava d'ufficio il regolamento di competenza.

In particolare, il Tribunale riteneva, conformemente a quanto statuito dalle Sezioni Unite nel 2007 e 2009[2], che il fermo amministrativo costituisce misura cautelare atipica a contenuto inibitorio di carattere provvisorio, con la chiara funzione di garantire il soddisfacimento della pretesa di credito da parte dell'Amministrazione procedente e, come tale, certamente preordinata alla successiva esecuzione forzata, ma non sarebbe atto esecutivo.

Conseguentemente, il Tribunale riteneva che la tutela giudiziale invocabile si materializzasse innanzi all'autorità giudiziaria ordinaria, competente per valore, con il rimedio dell'opposizione all'esecuzione, ex art. 615, comma 1, c.p.c..

A seguito di tale conflitto negativo di competenza, la Corte di Cassazione, attesa l'esistenza di precedenti confliggenti in materia, riteneva opportuno sottoporre tale questione al Primo Presidente, che ha valutato l'opportunità di devoluzione della vicenda alle Sezioni Unite.

   

3. L'evoluzione normativa del fermo amministrativo

Le Sezioni Unite della Suprema Corte, investite della vertenza su rappresentata, hanno preliminarmente ritenuto opportuno ripercorrere, almeno per grandi linee, la turbolenta evoluzione normativa che ha caratterizzato l'istituto.

Sotto tale profilo, le stesse hanno evidenziato, innanzitutto, che l'istituto del fermo amministrativo era disciplinato, in un primo momento, dall'art. 91-bis del D.P.R. n. 602/1973, la cui ratio era solo quella di impedire la circolazione del mezzo, al fine di consentirne il ritrovamento e il successivo pignoramento.

Con le modifiche operate dal D.Lgs. n. 26/1999, la disciplina del fermo venne trasferita nell'art. 86 del D.P.R. n. 602/1973, prevedendone però una estensione a tutti i beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri e la determinazione della sua adozione sempre ad opera dell'ufficio finanziario.

Successivamente, con il D.Lgs. n. 193/2001 il potere discrezionale di disporre il fermo fu affidato direttamente al Concessionario (oggi, Agente della riscossione), dopo l'inutile decorso del termine di cui all'art. 50, comma 1, del D.P.R. n. 602/1973, così svincolando il provvedimento di fermo dall'esito negativo del pignoramento per mancato reperimento del bene.

L'art. 3, comma 41, del D.L. n. 203/2005, chiarì poi, con norma di interpretazione autentica, che, sino alla emanazione del decreto ministeriale con il quale sarebbero stati stabiliti le modalità, i termini e le procedure per l'attuazione del fermo, questo poteva essere eseguito dai Concessionari nel rispetto delle disposizioni di cui al D.M. n. 503/1998. Così l'Agenzia delle Entrate adottò una risoluzione con la quale consentì ai Concessionari di procedere in via diretta al fermo, a condizione che l'iscrizione dello stesso fosse preceduta da un preavviso, contenente un ulteriore invito a pagare le somme dovute.

Con l'art. 35, comma 26 quinquies, del D.L. n. 223/2006, il Legislatore inserì nel novero degli atti impugnabili dal contribuente innanzi alle Commissioni tributarie anche il fermo amministrativo e l'iscrizione di ipoteca, a tal fine modificando l'art. 19 del D.P.R. n. 546/1992.

Da ultimo, l'art. 86, comma 2, del decreto citato, così come modificato, prevede che, decorso inutilmente il termine di cui all'art. 50, comma 1, l'Agente della riscossione può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, provvedendo alla notifica di una comunicazione preventiva contenente l'avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà eseguito il fermo, senza necessità di ulteriore comunicazione, mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari, salvo che il debitore o i coobbligati, nel predetto termine, dimostrino all'Agente della riscossione che il bene mobile è strumentale all'attività di impresa o della professione.

   

4. La discontinuità della giurisprudenza di legittimità

Dopo aver ripercorso, per grandi linee, il turbolento iter normativo che ha caratterizzato l'istituto del fermo amministrativo, gli Ermellini si sono soffermati sulla giurisprudenza delle Sezioni Unite, evidenziando come la stessa non fosse scevra da significative incoerenze.

 Preliminarmente, le Sezioni Unite hanno evidenziato come non possa essere paventato alcun dubbio interpretativo in merito alle istanze di tutela avverso un provvedimento di fermo amministrativo concernente crediti di natura tributaria, poiché, in tal caso, la competenza sarà senza dubbio quella delle Commissioni tributarie e le forme quelle prescritte dal D.Lgs. n. 546/1992.

Al contrario, il diverso atteggiarsi delle tesi interpretative prospettate dalle Sezioni Unite in ordine alla natura giuridica del fermo che non riguarda crediti tributari manifesta riflessi applicativi e procedurali divergenti, che ledono il diritto di difesa del privato per la mancanza di una tutela certa in ragione di una competenza "ballerina".

Al turbolento iter normativo sopra sinteticamente riportato si è unita quindi una giurisprudenza di legittimità e delle Sezioni Unite altalenante, discontinua ed incoerente.

Se, da un lato, in una serie di arresti giurisprudenziali del 2007 e 2009, le Sezioni Unite hanno qualificato il fermo amministrativo come atto sostanzialmente cautelare e, quindi, solo prodromico alla esecuzione forzata, da ciò derivando una tutela giudiziaria esperibile innanzi al giudice ordinario, competente per valore, con il rimedio di cui all'art. 615, comma 1, c.p.c., dall'altro, le medesime, con la nota pronuncia del 2011 che ribalta completamente il predetto orientamento, hanno affermato che il provvedimento di fermo ha natura propriamente esecutiva e, quindi, la competenza è inderogabilmente del Tribunale, ex art. 9, comma 2, c.p.c..

   

5. La tesi sulla natura afflittiva

La varietà di opzioni dogmatiche e delle connesse scelte processuali di volta in volta enunciate dalla giurisprudenza di legittimità e delle stesse Sezioni Unite ha imposto una definitiva presa di posizione in ordine alla natura giuridica del fermo amministrativo, al fine di eliminare ogni incertezza sui tempi e sui modi in cui effettuare l'impugnativa, nonché sul giudice competente a conoscerne.

A tal fine, con la pronuncia in esame, le Sezioni Unite, conferendo pregio, seppure con qualche correttivo, alla tesi dispiegata dal Tribunale nell'ordinanza di rimessione, hanno affermato tout court che il fermo dei beni mobili registrati non è annoverabile nella categoria degli atti esecutivi, suffragando l'assunto con argomentazioni di carattere letterale, sistematico e teleologico.

In particolare, le Sezioni Unite hanno evidenziato, sotto un primo profilo, come la configurazione dell'istituto in termini di atto esecutivo o prodromico all'esecuzione risulta difficilmente compatibile con il dettato normativo dell'art. 491 c.p.c., a tenore del quale l'espropriazione forzata ha inizio con il pignoramento, e dell'art. 50 del D.P.R. n. 602/1973, che abilita l'Agente della riscossione a procedere ad espropriazione forzata quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento.

Peraltro, l'esperibilità dell'impugnativa del fermo amministrativo nelle forme e nei termini di cui agli artt. 615 o 617 del codice di procedura civile, con il limite che essa mai potrà svolgersi secondo il meccanismo bifasico delle opposizioni all'esecuzione o agli atti esecutivi, rappresenta una spia inequivocabile di una difficoltà strutturale del provvedimento ad essere calato nell'ambito del processo esecutivo.

Si aggiunga altresì che la tesi della alternatività del fermo rispetto all'esecuzione forzata consente di attribuire, senza imbarazzo alcuno, la giurisdizione sulla impugnativa di tali atti, allorché siano afferenti a crediti di natura tributaria, al giudice tributario, laddove il contrario orientamento esigerebbe una verifica della compatibilità di siffatta disciplina con il precetto costituzionale che vieta l'istituzione di giudici speciali.

Da ultimo, le Sezioni Unite hanno rilevato come il fermo si collochi temporalmente tra la notificazione della cartella di pagamento ed il pignoramento, sia un atto discrezionale dell'Agente della riscossione in quanto l'adozione dello stesso non costituisce passaggio indefettibile per l'avvio della procedura esecutiva, la legge non preveda la possibilità di convertirlo in pignoramento e non siano previsti termini alla sua durata.

Sulla scorta di tali argomentazioni, le Sezioni Unite hanno dunque affermato che, quanto meno dal momento in cui il Legislatore ha svincolato il fermo amministrativo dall'esito infruttuoso del pignoramento, sopprimendo la condizione del mancato reperimento del bene, alla quale esso era prima subordinato, il provvedimento di fermo non può non essere ricostruito in termini di misura alternativa alla esecuzione.

In altri termini, si tratta di una misura puramente afflittiva, volta a indurre il debitore all'adempimento, pur di ottenerne la rimozione. Come tale essa deve ritenersi impugnabile secondo le regole del rito ordinario di cognizione e nel rispetto delle norme generali in tema di riparto di competenza per materia e per valore, configurandosi la corrispondente iniziativa giudiziaria come un'azione di accertamento negativo della pretesa dell'esattore di eseguire il fermo.

   

6. Considerazioni conclusive

Appare evidente come l'impostazione dispiegata dalle Sezioni Unite con la pronuncia in esame sia volta a conferire al provvedimento di fermo amministrativo le vesti di atto provvisorio avente natura cautelare e coercitiva, preordinato al soddisfacimento della pretesa di credito da parte dell'Amministrazione procedente.

Le conseguenze di tale prospettazione, sia in termini di scelta del rito da seguire che del Giudicante destinatario delle istanze di tutela del privato, si concretano nella investitura dell'Autorità Giudiziaria Ordinaria, nella figura del Giudice di Pace e del Tribunale, a seconda del valore e della materia, e nella celebrazione di un rito ordinario di cognizione, che assume i connotati di un'azione di accertamento negativo della pretesa dell'esattore di eseguire il fermo.

Conclusivamente, l'intervento chiarificatore delle Sezioni Unite appare quindi pregevole, atteso che le medesime delineano in maniera compiuta e definitiva i profili definitori dell'istituto del fermo, evitando l'inconcludenza di argomentazioni fini a se stesse, e preservano il diritto di difesa del privato istante, concretando profili di tutela maggiormente certi, fondati sulla definitiva individuazione del rito da seguire e del giudice competente in caso di impugnativa.



[1] Cfr. SS.UU., ordinanza 12 ottobre 2011, n. 20931.

[2] Cfr. SS.UU.,  ordinanza 17 gennaio 2007, n. 875; SS.UU., ordinanza 5 marzo 2009, n. 5286; SS.UU., ordinanza 11 maggio 2009, n. 10672.


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