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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 12/01/2016 Scarica PDF

In tema di interruzione della prescrizione dell'azione revocatoria: il recente intervento delle Sezioni Unite

Luigi Giordano, Giudice


Sommario: 1. Premessa. - 2. L’indirizzo giurisprudenziale che estende alla revocatoria fallimentare il principio della “scissione degli effetti della notificazione”. - 3. segue: L’orientamento prevalente contrario a tale estensione. - 4. Il quadro dottrinale: l’indirizzo incline ad applicare anche agli atti sostanziali il principio in esame. - 5. segue: La tesi che limita agli atti processuali l’applicazione della regola della diversa decorrenza. - 6. Segue: L’indirizzo che circoscrive l’estensione della scissione alla notifica di atti processuali che producono effetti sostanziali non perseguibili in via stragiudiziale. - 7. La sentenza delle Sezioni Unite n. 24822 del 2015. - 8. segue: la certezza del diritto non è un ostacolo all’estensione della regola agli effetti sostanziali. - 9. segue: La tecnica interpretativa del bilanciamento dei beni in conflitto impone la scissione degli effetti in caso di diritti che possono essere fatti valere solo in via giudiziaria. - 10. Considerazioni conclusive.


     

1. Premessa

Ai sensi dell’art. 2903 cod. civ., l’azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell’atto. La notificazione della citazione entro il termine indicato produce l’effetto interruttivo della prescrizione secondo la previsione dell’art. 2943 cod. civ. Questo effetto sostanziale dell’avvio del giudizio si determina quando il notificante consegna l’atto all’ufficiale giudiziario per l’inoltro al destinatario ovvero nel momento in cui l’atto è ricevuto da quest’ultimo?

Il principio della diversa decorrenza degli effetti della notificazione, nella sfera giuridica, rispettivamente, del mittente e del destinatario, in altri termini, opera solo sul piano processuale, ove sembra confinato dalla giurisprudenza prevalente[1], oppure si estende anche agli effetti sostanziali della domanda giudiziaria e, più in generale, agli atti sostanziali?

Il tema, oggetto della recente decisione delle Sezioni Unite n. 24822 del 7 luglio 2015, depositata il 9 dicembre 2015, è stato affrontato da diverse pronunce della Suprema Corte, che hanno accolto soluzioni diametralmente opposte. Queste decisioni, in verità, riguardavano la determinazione del momento perfezionativo della notificazione dell’azione revocatoria fallimentare. La questione, però, appare analoga a quella che riguarda la revocatoria ordinaria, essendo ormai pacifica la natura costitutiva all’azione revocatoria fallimentare: come quella ordinaria, infatti, tende all’attuazione di un diritto potestativo, volto a caducare gli effetti dell’atto di disposizione dannoso[2]. Il carattere costitutivo dell’azione è strettamente correlato alla modifica ex post di una situazione giuridica preesistente, al fine di ripristinare la garanzia patrimoniale del debitore. L’assoggettabilità del bene uscito dal patrimonio del debitore all’azione esecutiva si realizza mediante il processo, senza la cooperazione volontaria del terzo acquirente.

Nel caso della revocatoria fallimentare, in particolare, il curatore non esercita un diritto di credito alla restituzione della somma o dei beni, ma un diritto potestativo alla proposizione dell’azione revocatoria che, con l’emissione della sentenza, determina la modifica della situazione giuridica preesistente nella sfera giuridica dell’acquirente, senza il consenso di quest’ultimo.

 

2. L’indirizzo giurisprudenziale che estende alla revocatoria fallimentare il principio della “scissione degli effetti della notificazione”

In tema di prescrizione della revocatoria fallimentare, dunque, è intervenuta una decisione che ha riconosciuto rilievo, anche sul piano sostanziale, al principio della “scissione degli effetti della notificazione”. Secondo questa pronuncia, il termine di prescrizione per la proposizione dell'azione revocatoria fallimentare può dirsi interrotto quando l'atto di citazione è consegnato, per la notifica, all'ufficiale giudiziario[3].

Il presupposto da cui muove questa sentenza è rappresentato dall’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la situazione giuridica, vantata dalla massa ed esercitata dal curatore, non integra un diritto di credito (alla restituzione della somma o dei beni) esistente prima del fallimento (né nascente all'atto della dichiarazione dello stesso) e indipendentemente dall'esercizio dell’azione giudiziale, ma costituisce un diritto potestativo all’esercizio dell’azione revocatoria, rispetto al quale non è configurabile l’interruzione della prescrizione per mezzo di semplice atto di costituzione in mora[4]. L’ordinamento, pertanto, non attribuisce al curatore mezzi di tutela alternativi, anche stragiudiziali, idonei a interrompere la prescrizione, rispetto all’atto introduttivo del giudizio[5].

Il credito della massa dei creditori fallimentari verso l’accipiens, per la restituzione del bene o della somma a questi versata nel periodo sospetto dall'imprenditore poi fallito, in altri termini, nasce solo per effetto della sentenza, di natura costitutiva, che abbia pronunciato la revoca del pagamento stesso; ne consegue che la prescrizione del diritto alla revoca ed alla restituzione dell'indicato pagamento non può essere interrotta per mezzo di un semplice atto di costituzione in mora, occorrendo, invece, la proposizione della domanda giudiziale di revoca. L’effetto interruttivo dell'atto di costituzione in mora è configurabile solo quando si faccia valere un diritto corrispondente ad un’obbligazione già sorta, non un diritto condizionato all'esperimento di un'azione costitutiva.

Dalla mancanza di altri mezzi di tutela del diritto potestativo si desume che la limitazione temporale del diritto, determinata sul piano sostanziale dalle norme relative alla prescrizione, debba operare anche sul piano processuale, con uno stretto collegamento tra diritto azionabile e domanda giudiziale.

La domanda giudiziale è essa stessa manifestazione del diritto potestativo di chiedere l’inefficacia relativa dell'atto pregiudizievole nei confronti dei creditori concorsuali. L’effetto interruttivo della prescrizione, però, si produce dal momento della consegna all’organo della notificazione, ma solo se la domanda medesima sia stata ritualmente notificata.

 

3. segue: L’orientamento prevalente contrario a tale estensione

L’indirizzo giurisprudenziale prevalente, tuttavia, è orientato ad escludere che in questa materia possa trovare applicazione il principio della scissione degli effetti della notificazione. Si sostiene che, ai fini della tempestività dell’interruzione della prescrizione ex art. 2943, primo comma, cod. civ., dell’azione revocatoria fallimentare, occorre aver riguardo al momento in cui l’atto introduttivo del corrispondente giudizio giunge alla conoscenza legale (non necessariamente effettiva) del destinatario e non già a quello, antecedente, in cui esso sia stato affidato all'ufficiale giudiziario od all'ufficio postale[6].

Alla stregua della giurisprudenza nettamente prevalente, gli effetti sostanziali dell’atto giudiziale vanno distinti da quelli processuali. La diversa decorrenza opera solo per gli atti processuali e non per gli atti sostanziali, né per gli effetti sostanziali della domanda. L’atto interruttivo della prescrizione è atto recettizio anche nella revocatoria fallimentare; il principio della scissione soggettiva della notificazione trova la sua giustificazione nella tutela dell'interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo del procedimento notificatorio per la parte sottratta alla sua disponibilità ed è per questo circoscritto ai soli atti processuali; l’estensione della regola fuori da tale ambito sarebbe in contrapposizione con il principio generale di certezza dei rapporti giuridici che, ai fini dell’efficacia degli atti unilaterali recettizi, richiede la conoscenza o conoscibilità dell'atto da parte della persona interessata.

Non sorge un contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., perché il principio della scissione degli effetti della notificazione tutela l'interesse del notificante a non vedersi addebitato l'esito intempestivo della notifica, mentre la prescrizione incide sul diverso profilo sostanziale del diritto, rispetto al quale si pone, in via prevalente, la tutela della certezza del diritto del destinatario.

 

4. Il quadro dottrinale: l’indirizzo incline ad applicare anche agli atti sostanziali il principio in esame

Rispetto al panorama giurisprudenziale illustrato, in cui prevale nettamente la tesi che confina la regola della diversa decorrenza degli effetti solo alla disciplina degli atti processuali, le posizioni dottrinali sono più articolate.

Un primo orientamento è incline ad estendere la diversa decorrenza alla notificazione di atti sostanziali, escludendo che l’art. 1334 cod. civ., il quale detta la regola opposta, possa rappresentare un effettivo ostacolo. Non essendo contestabile che l’interruzione della prescrizione si abbia solo con il perfezionamento del procedimento di notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, un tale effetto, al pari dell’impedimento della decadenza, deve essere provvisoriamente anticipato al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario: secondo la Corte costituzionale la tutela del diritto di agire e di difendersi in giudizio impone di neutralizzare il rischio di addebitare al notificante diligente l’esito intempestivo del procedimento di notificazione, che dopo la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario è sottratto al suo controllo.

La mancata applicazione agli atti giudiziali delle regole civilistiche sul momento in cui gli atti recettizi producono i propri effetti, in particolare, sarebbe giustificata dalla necessità di salvaguardare le garanzie costituzionali nel processo civile, “senza peraltro che tale diversità di disciplina recida il collegamento tra l’interruzione della prescrizione ed il perfezionamento del procedimento di notificazione, poiché l’effetto interruttivo provvisoriamente anticipato a vantaggio del notificante si consolida definitivamente con tale perfezionamento, cioè con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (o con l’evento considerato dalla legge come equivalente alla ricezione)”[7].

Il medesimo risultato interpretativo è stato propugnato da chi[8], pur reputando gli interventi della Consulta in questa materia eccedenti rispetto allo scopo[9], ha rilevato che, una volta affermato come di portata generale, il principio della “scissione” rappresenta, in forza dell’identità di ratio, una “copertura … estesa anche ad ogni preclusione in genere”. In particolare, è stato reputato “arduo” immaginare l’esclusione di detto principio in ipotesi di “notificazione di atti sostanziali, appartenenti alla sfera del diritto tributario (avvisi di accertamento, cartelle di pagamento, istanze di rimborso o di esenzione, ecc.), del diritto amministrativo in genere (istanze, provvedimenti, ecc.) e del diritto privato (atti di messa in mora, disdette, opzioni, prelazioni, e così via)”[10], essendo frutto di un equivoco l’addurre ad ostacolo la natura recettizia di detti atti, giacché, se è vero che questi si perfezionano solo con la loro notificazione al destinatario, “tutto ciò non esclude affatto che gli effetti loro propri non siano imputabili al momento iniziale di attuazione del procedimento notificatorio, sempre che ovviamente esso sia stato perfezionato con l’entrata dell’atto stesso nella sfera giuridica del suo destinatario”.

Un altro orientamento dottrinale[11], poi, avverte che il tema del momento di produzione degli effetti sostanziali della domanda non possa essere affrontato unitariamente. La necessità di scongiurare una prescrizione o una decadenza non imputabile al notificante, impone di ritenere applicabile il principio della scissione in relazione ai diritti potestativi a necessario esercizio giudiziale. In questo caso, infatti, ricorre la medesima esigenza di tutela del notificante, derivante dall’art. 24 Cost., che ha determinato la Corte Costituzionale ad introdurre la regola in esame. Sebbene sia più complessa la questione relativa ai termini sostanziali il cui rispetto sia possibile anche mediante atti stragiudiziali, invece, la soluzione favorevole all’estensione del principio della scissione è fatta discendere dall’applicazione agli atti processuali con effetti sostanziali delle norme processuali, anche in deroga a quelle sostanziali. Viene evocata la categoria della “fattispecie sostanziale all’interno dell’atto processuale”: l’atto di affermazione del diritto è interno all’atto processuale. Questa situazione permetterebbe la possibilità di una deroga alla disciplina sostanziale[12] e la conseguente applicazione delle regole processuali. Ne deriva l’applicazione del principio della “scissione”, in deroga alle regole del diritto civile, per garantire un effetto conservativo rispetto alla situazione giuridica fatta valere, ricorrendo la stessa ratio che ne ha determinato l’introduzione in ambito processuale.

 

5. segue: La tesi che limita agli atti processuali l’applicazione della regola della diversa decorrenza

Un diverso indirizzo dottrinale, invece, in senso radicalmente opposto rispetto all’orientamento appena illustrato, esclude che la regola della scissione della decorrenza degli effetti possa essere applicata al di fuori degli atti processuali. La possibilità di interrompere la prescrizione con la notifica dell’atto che avvia il giudizio o di evitare una decadenza sostanziale, richiederebbe il perfezionarsi della notifica nei confronti del destinatario, perché è necessario che l’atto giunga nella sua sfera di conoscibilità. Più specificamente, l’interruzione della prescrizione consegue alla conoscenza da parte del destinatario dell’atto introduttivo del giudizio. Quando questo è rappresentato da un ricorso, la mancanza di una specifica disposizione, che faccia retroagire al tempo del deposito detto effetto interruttivo, è stata una scelta del legislatore che non ha recepito il progetto Chiovenda secondo cui la “semplice annotazione della domanda nel registro delle cause civili è nondimeno efficace ad impedire ogni decadenza di diritto e di termini”. Ne deriva che, finanche nel caso di procedimento introdotto con ricorso, cui deve seguire il decreto del giudice, solo la notifica del ricorso e del decreto al destinatario interrompe la prescrizione[13].

L’anticipazione degli effetti della notifica, invero, serve soltanto “ad evitare che il ritardo nell’esecuzione della notifica faccia incorrere la parte richiedente in una decadenza”, sicché “ad ogni altro fine” gli effetti devono essere simultanei per il notificante e per il destinatario[14]. In particolare, l’effetto interruttivo della prescrizione determinato dalla notifica della domanda giudiziale debba aversi all’effettivo compimento della notificazione, giacché detto effetto “normalmente presuppone un atto recettizio”[15].

E’ stato anche evidenziato che l’estensione del principio della diversa decorrenza potrebbe derivare solo dalla “declaratoria di incostituzionalità delle norme che, dettando la regola della recettizietà, prevedono che gli effetti della notificazione degli atti stragiudiziali debbano ricollegarsi alla conoscenza anziché alla consegna all'ufficiale giudiziario dell'atto stragiudiziale da notificare”[16].

Il principio della diversa decorrenza, così come enucleato dalla giurisprudenza costituzionale, dunque, lascerebbe ferma la necessità che, qualora dalla notificazione derivino conseguenze per il destinatario, il suo perfezionamento sia segnato dalla conoscenza (o legale conoscibilità) dell’atto[17].

Anche con riguardo ai diritti potestativi, inoltre, opera la funzione pubblicistica dell’istituto della prescrizione che consiste nella salvaguardia della certezza dei rapporti giuridici. Ne consegue che deve essere riconosciuto l’interesse del destinatario dell’azione ad avere conoscenza (legale) dell’eventuale esercizio del diritto entri il termine di prescrizione. Il soggetto passivo ha interesse a sapere se può ritenersi liberato dalla situazione di soggezione, così potendo, per esempio, disporre del bene oggetto dell’atto che potrebbe essere oggetto di azione revocatoria.

 

6. Segue: L’indirizzo che circoscrive l’estensione della scissione alla notifica di atti processuali che producono effetti sostanziali non perseguibili in via stragiudiziale

Una soluzione intermedia tra quelle illustrate propone di estendere il principio in esame soltanto alla notificazione di atti processuali che producono effetti sostanziali non perseguibili in via stragiudiziale. Si afferma che l’area operativa del principio in esame raggiunge anche i casi in cui la notificazione dell’atto sia imposta dalla legge, la quale non ammette equipollenti all’atto processuale, pur ricollegandovi effetti sostanziali. In simili fattispecie, la notifica dell’atto produce effetti “che si riverberano sulla stessa possibilità di utilizzare lo strumento processuale per la tutela dei propri diritti”, riferendosi “all’esercizio dei poteri di impugnazione in senso lato dei provvedimenti giudiziali, o all’impugnativa degli atti della P.A. nel processo generale di legittimità, oppure alla necessità che l’azione venga esercitata entro i termini di prescrizione del diritto o comunque a pena di decadenza”[18]. Risulta, allora, “conforme al rispetto del diritto di difesa di colui che vi ricorre valutarne la diligenza in base ai soli incombenti che gli sono direttamente imputabili ed evitando di inibirgli, in tutto o in parte, l’uso dello strumento processuale quando il mancato funzionamento del meccanismo sia imputabile a fattori estranei alla gestione dei suoi poteri di impulso”.

Questo indirizzo dottrinale sottolinea che “la più genuina vocazione degli interventi della Consulta, in punto di decorrenza degli effetti della notifica per colui che la richiede, sembra dunque quella di impedire che la prescrizione del diritto o la decadenza dal potere di azione o dall’esercizio di facoltà processuali precludano la piena gestione di questo mezzo garantito dalla Costituzione a chi intenda tutelare i propri diritti, pur non essendo imputabili alla parte che vi è incorsa”.

Questi argomenti vengono ulteriormente sviluppati da chi propone, con riguardo alla prescrizione, di distinguere, in modo netto, le fattispecie in cui può essere interrotta indifferentemente mediante atti processuali o stragiudiziali (definite “ipotesi interruttive ambivalenti”) da quelle in cui può essere interrotta solo per mezzo di atti giudiziali (“ipotesi interruttive giudiziali”), come avviene per i diritti potestativi a necessario esercizio giudiziale[19].

Nel primo caso, il titolare del diritto è libero di scegliere il ricorso all’atto interruttivo stragiudiziale o processuale e, se opta per la citazione, accetta implicitamente di sottostare alla natura recettizia della notificazione, assumendosene il rischio, come suggeriscono ragioni desumibili dalla necessità di salvaguardare la certezza del diritto.

Nella seconda ipotesi, la sovrapposizione dell’esercizio del diritto sostanziale e del diritto di agire in giudizio, implicando il diretto coinvolgimento dell’art. 24 Cost., comporta l’applicazione del principio di scissione, sicché l’effetto interruttivo della prescrizione deve essere collegato alla mera consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.

Secondo questa tesi, quando il rispetto del termine sostanziale dipende esclusivamente dalla proposizione della domanda giudiziale, si ripropongono le medesime esigenze di tutela del notificante che sono state riconosciute in riferimento ai termini processuali derivanti dal diritto alla tutela giurisdizionale di cui all’art. 24 Cost.[20]. Questa norma costituzionale “si collega a baluardo della più complessiva ed effettiva possibilità di ottenere adeguata tutela del proprio diritto e non della garanzia dell’esercizio del diritto sul piano meramente formale”[21]. La distinzione tra carattere sostanziale e processuale del termine, d’altra parte, “è per lo più scevra di un valore intrinseco collegato alla specifica funzione assolta dal termine e può mutare in ragione dell’evoluzione della disciplina”[22].  

Tale indirizzo, inoltre, fa leva sulla struttura dei diritti potestativi, la cui realizzazione non richiede la collaborazione del soggetto passivo, che versa in uno stato di mera soggezione, per cui sembra ragionevolmente potersi prescindere, ai fini dell’interruzione della prescrizione, dall’esaurimento del procedimento partecipativo, a differenza che per i diritti di credito, la cui soddisfazione avviene tramite la prestazione del debitore[23].

   

7. La sentenza delle Sezioni Unite n. 24822 del 2015

Nel contesto giurisprudenziale e dottrinale descritto è intervenuta la sentenza delle Sezioni Unite n. 24822 del 2015, che ha affrontato specificamente la “questione di particolare importanza” relativa ai limiti operativi del principio della diversa decorrenza degli effetti della notificazione nelle sfere giuridiche, rispettivamente, del notificante e del destinatario al fine di individuare il momento di interruzione della prescrizione dell’azione revocatoria ordinaria ex art. 2903 cod. civ.

La decisione si sviluppa a partire da una considerazione preliminare: l’incostituzionalità della disciplina che ancorava il perfezionamento della notificazione al momento della conoscenza (o della conoscibilità legale) del destinatario, sancita dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 477 del 2002 e dalle pronunce successive, è stata affermata sia sotto il profilo del diritto di difesa, sia sotto il profilo della ragionevolezza. Nell’impostazione della sentenza della Corte costituzionale citata, però, il primo parametro svolge <<una funzione logica complementare e aggiuntiva>>, perché <<il vero parametro di costituzionalità è il principio di ragionevolezza>>.

Tale riflessione rappresenta un utile premessa per affrontare il tema oggetto del giudizio, perché assicura potenzialità espansiva al principio affermato nella sentenza della Corte Costituzionale, non limitandolo agli atti giudiziari ed amministrativi in cui viene effettivamente in rilievo il diritto di difesa. 

L’applicazione del principio di ragionevolezza, infatti, implica il bilanciamento dei beni in conflitto, da condurre attraverso vari passaggi logici. Si tratta degli <<steps>> durante i quali, nel confrontare i beni in conflitto, si tiene conto dei sacrifici richiesti alle parti, facendo prevalere i beni di rilievo costituzionale e, comunque, provocando il sacrificio di minore entità; si considera la mancanza di colpa di una o di tutte le parti titolari dei beni in conflitto; si valuta la materiale possibilità di adempiere di ciascuna parte a pesi o oneri che servano per il bilanciamento dei valori contrapposti. In tale ultimo caso, in forza del principio di precauzione, un onere di diligenza per contemperare i sacrifici richiesti alle parti va imposto preferibilmente alla parte che può agevolmente può rispettarlo.

La tecnica del bilanciamento, adottata dalla Corte Costituzionale e dalle Corti Europee nell’esercizio delle rispettive funzioni, deve essere adoperata anche dal giudice ordinario quando procede ad un’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni normative.

Il ricorso al bilanciamento tra gli beni o interessi contrapposti, però, determina che la scissione soggettiva degli effetti della notificazione non possa costituire regola valida per tutte le ipotesi: nel compiere un simile giudizio per interpretare una disposizione è ben possibile che si debba giungere a soluzioni diverse, assegnandosi rilievo preminente in un caso normativo alla tutela del notificante ed in un altro al notificato.

   

8. segue: la certezza del diritto non è un ostacolo all’estensione della regola agli effetti sostanziali

La sentenza, quindi, affronta la principale obiezione all’estensione del principio della diversa decorrenza degli effetti agli atti sostanziali o agli effetti sostanziali degli atti processuali. Si ravvisa, infatti, nel timore di un pregiudizio per il superiore principio della certezza delle situazioni giuridiche la maggiore remora giurisprudenziale alla più ampia applicazione del principio della scissione degli effetti della notificazione. Tale paura va dominata, considerando che il principio in esame determina una distinzione tra l’an ed il quando degli effetti della notifica: la consegna dell’atto all’organo incaricato di notificarlo <<produce per il notificante effetti immediati, ma provvisori, che si stabilizzano e diventano definitivi se e solo se la notifica viene validamente perfezionata>>. Questa considerazione vale ad escludere qualsiasi lesione al valore della certezza delle situazioni giuridiche.

Secondo la decisione, invero, il <<vero problema è l’incertezza medio tempore>>, nel periodo, cioè, che segue la consegna dell’atto da parte del notificante e che precede la ricezione legale da parte del destinatario. La tecnica del bilanciamento permette di affrontare questa incertezza nell’interpretare le disposizioni normative, procedendo ad un giudizio che non vale in generale, ma per categorie di atti.

Per gli atti processuali, all’esito del bilanciamento tra i valori contrapposti, la necessità di salvaguardare il diritto di difesa conduce alla piena applicazione del principio della scissione, perché bisogna assicurare al notificante l’intero termine di legge.

Per gli atti negoziali unilaterali, il bilanciamento è compiuto dallo stesso legislatore nell’art. 1334 cod. civ., che esclude il ricorso della regola della scissione, precludendo un’interpretazione diversa.

Per la domanda di revocatoria il problema interpretativo è più delicato perché la notificazione della citazione produce oltre all’effetto processuale, anche quello sostanziale di interruzione della prescrizione. In nome della certezza delle situazioni giuridiche, allora, si afferma che l’interruzione della prescrizione si verifichi al momento della consegna dell’atto di citazione al destinatario. Questo orientamento, secondo le Sezioni Unite, è criticabile sotto diversi profili.

Si risolve, in primo luogo, nell’estensione dell’art. 1334 cod. civ. agli atti processuali con effetti sostanziali. Tale applicazione, però, deve essere esclusa in forza del criterio ermeneutico letterale, che impedisce di applicare una regola nata per regolare atti unilaterali negoziali agli atti processuali.

L’estensione dell’art. 1334 cod. civ., poi, non può avvenire in via di interpretazione analogica, perché non ricorre la eadem ratio tra la disciplina degli effetti degli negoziali e quella degli effetti processuali. Anzi, in mancanza di una precisa disposizione che regola gli effetti della notifica di atti processuali che producono anche effetti sostanziali dovrebbe estendersi, in base al principio dell’analogia iuris, il principio generale della scissione sancito dalla sentenza della Corte Costituzionale.  

 Il fatto che l’atto processuale produca anche effetti sostanziali, del resto, non muta la sua natura, né gli fa assumere una valenza duplice o mista, processuale e sostanziale.

L’incertezza giuridica che deriva dall’applicazione del principio della scissione, infine, è solo temporanea, essendo destinata a dissolversi e consistendo in 'danno temporaneo che ben può essere imposto ad una parte incolpevole (il notificando) per evitare un danno ben più grave e definitivo al notificante, parte ugualmente incolpevole'.

 

9. segue: La tecnica interpretativa del bilanciamento dei beni in conflitto impone la scissione degli effetti in caso di diritti che possono essere fatti valere solo in via giudiziaria

La prescrizione, più in generale, è interrotta dall’esercizio del diritto. Se il diritto deve essere esercitato con la notificazione dell’atto di citazione, dare inizio al giudizio è atto di esercizio del diritto. Ai fini dell’interruzione della prescrizione, allora, rileva soltanto che l’avente diritto abbia compiuto quanto necessario per l’avvio del procedimento, non che il destinatario lo venga a sapere nel termine. Il completamento del procedimento di notificazione serve solo al convenuto, il quale potrà verificare se la prescrizione sia o meno maturata.

Sulla base della tecnica interpretativa del bilanciamento, la decisione delle Sezioni Unite accoglie la soluzione che applica la scissione del momento di decorrenza anche agli effetti sostanziali che possono essere conseguiti solo con atti processuali. Sono in conflitto valori di rilievo preminente. Il notificante che consegna l’atto nel termine di legge non ha colpe nel caso di ritardi addebitali all’organo deputato alla notificazione; egli, in questo caso, subirebbe un danno che dipende dal comportamento altrui. Il destinatario, invece, seppur analogamente senza colpa, godrebbe di un vantaggio senza merito perché è soltanto il puro caso – il ritardo dell’organo deputato alla notificazione - che gli attribuisce un guadagno. Per non ascrivere al notificante incolpevole la perdita definitiva del diritto, è sufficiente imporre al notificante un lieve peso, consistente nell’onere di attesa. L’attribuzione di questo peso, consistente nell’attendere l’esito del procedimento di notificazione, a sua volta, è suggerita dal rispetto del più generale principio di precauzione, che raccomanda di assegnare l’onere di adempimento necessario a bilanciare i beni in conflitto alla parte che più agevolmente è in grado di adempiere.

La soluzione proposta appare alla Supera Corte quella più ragionevole perché l’attesa non pregiudica la sfera giuridica del destinatario, mentre il notificante, in caso contrario, subirebbe un danno definitivo.

   

10. Considerazioni conclusive

La sentenza delle Sezioni Unite, in conclusione, accoglie la tesi della scissione degli effetti per il notificante ed il destinatario nel caso di citazione per l’azione revocatoria ordinaria. La ragionevolezza è la cifra interpretativa che ispira la soluzione accolta dalla Suprema Corte.

Sebbene emessa in tema di revocatoria ordinaria, per le ragioni espresse in precedenza, la decisione appare idonea ad essere applicata anche nella materia della revocatoria fallimentare.

L’applicazione agli effetti sostanziali della domanda di una regola diversa da quella dettata dall’art. 1334 cod. civ. per gli atti unilaterali negoziali non genera alcuna difficoltà insolubile, ma rappresenta la diretta conseguenza del ricorso alla logica del bilanciamento, in virtù della quale, per definizione, non si può giungere ad una soluzione valida per tutti i casi.

La diversa decorrenza, però, opera sul piano degli effetti sostanziali solo quando il diritto non si può far valere se non con un atto processuale. Sotto questo profilo la sentenza ha raccolto le sollecitazioni dottrinali che invitavano a considerare la peculiarità dei diritti potestativi a necessario esercizio giudiziale[24]. In tutti gli altri casi, il diritto può essere fatto valere anche fuori dal processo ed il ricorso alla citazione è frutto di una scelta della parte. Gli effetti sostanziali della notifica dell’atto di citazione, con cui la parte ha preferito di esercitare il proprio diritto, allora, decorreranno dalla data di ricezione da parte del destinatario.



[1] Cfr., tra le altre Cass. 8 giugno 2012, n. 9303, secondo cui la regola della scissione degli effetti non opera in tema di esercizio del diritto di riscatto dell’immobile locato; Cass. 15 luglio 2011, n. 15671, che esclude la diversa decorrenza degli effetti nel caso di esercizio del diritto di riscatto del fondo rustico; Cass. 11 giugno 2009, n. 13588 (ma anche Cass. 6 marzo 2003, n. 3373; Cass. 27 giugno 2008, n. 17644), secondo cui la consegna all’ufficiale giudiziario della citazione non è idonea ad interrompere il termine di prescrizione del diritto; Cass. 24 aprile 2010, n. 9841, secondo cui la consegna del verbale di accertamento all’ufficiale giudiziario per la notifica non vale ad interrompere il termine di prescrizione quinquennale del diritto alla riscossione.

[2] Cfr., tra le altre, Cass. Sez. U, 13 giugno 1996, n. 5443; Cass. 5 settembre 1996, n. 8086; Cass. 15 febbraio 2007, n.  3379.

[3] Cass. 25 ottobre 2007, n. 22366, in Foro It., 2009, 2, 1, 516.

[4] L’ipotesi interruttiva della prescrizione di cui all’art. 2943, quarto comma, cod. civ., secondo l’opinione dominante in giurisprudenza, non può applicarsi ad una situazione nella quale non è configurabile l’esistenza di un diritto di credito, ma solo di un diritto potestativo ad una pronuncia giurisdizionale che lo faccia sorgere. Un atto di intimazione o messa in mora stragiudiziale non vale ad interrompere la prescrizione, perché è irrilevante l’attività del destinatario, che è un  mero soggetto passivo. L’interruzione, pertanto, può intervenire solo per mezzo dell’esercizio dell’azione giudiziaria e, dunque, con la notificazione dell’atto di citazione.

[5] L’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’interruzione della prescrizione dell’azione revocatoria non può avvenire mediante una messa in mora con atto stragiudiziale appare pacifico. Cfr. Cass. 26 luglio 2012, n. 13302; Cass. 6 agosto 2010, n. 18438; Cass. 8 gennaio 2003, n. 58; Cass. 5 settembre 1996, n. 8086; Cass., Sez. U, 13 giugno 1996, n. 5443. Per la revocatoria ordinaria, cfr. Cass. 15 febbraio 2007, n. 3379. In dottrina, cfr. Bianca, Diritto civile, Milano, 2012, V, 647.

[6] Cfr. di recente, Cass. 29 novembre 2013, n. 26804, la quale ha escluso che la natura potestativa del diritto fatto valere dal curatore possa determinare l’estensione del principio in esame anche al termine di prescrizione dell’azione revocatoria. In precedenza, Cass. 3 dicembre 2012, n. 21595.

[7] Caponi, Interruzione della prescrizione con la consegna della citazione all’ufficiale giudiziario (e retroattività della sanatoria), in Foro it., 2005, I, 1278 ss.; Caponi, La nuova disciplina del perfezionamento della notificazione nel processo civile (art. 149, 3° comma, c.p.c.), in Foro it., 2006, V, 166.

[8] Glendi, La notificazione degli atti dopo l’intervento della Corte costituzionale, in Corr. giur., 2004, 1315.

[9] Secondo Glendi, op. ult. cit., 1315, , “emerge prima facie un vizio di ultrapetizione o di eccesso di mezzo al fine. Se il fine era propriamente quello di preservare il notificante dalle conseguenze pregiudizievoli ad esso non imputabili del ritardato perfezionamento del procedimento notificatorio in capo al destinatario, e in specie dal maturare di prescrizioni o decadenze a suo carico, non era necessariamente il caso di addirittura ipostatizzare una generale scomposizione soggettiva del procedimento notificatorio in due momenti, fra loro strutturalmente distinti e singolarmente produttivi di effetti nei confronti, rispettivamente, del notificante e del notificatario, ben potendosi ugualmente conseguire l'indicato obiettivo senza discostarsi dalla regola generale del perfezionamento della notificazione unitariamente intesa nel solo momento dell'entrata dell'atto nella sfera legale del suo destinatario, salvo riconoscere, agli anzidetti fini, determinati effetti, cioè propriamente quelli di mettere il notificante al riparo da prescrizioni, decadenze o preclusioni in genere maturabili a suo carico, attraverso la retrodatazione degli effetti della notifica al momento dell'impulso iniziale del procedimento notificatorio, cioè al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, ovvero, in alternativa, considerando detta consegna quale fattispecie negativa di per sé sufficiente ad escludere il maturare delle prescrizioni, decadenze o preclusioni, sia pure condizionatamente all'effettivo compimento della fattispecie notificatoria in capo al destinatario dell'atto”.

[10] Questo indirizzo dottrinale sottolinea che “proprio sul piano della garanzia costituzionale è difficile nettamente distinguere il profilo processuale da quello sostanziale, a cui lo stesso processo definitivamente mira, tant'è che non ha fors'anche neppure senso chiedersi se la prescrizione o la decadenza, a cui l'intervento della Corte costituzionale non ha mancato di attribuire rilievo, attengano solo alla sfera sostanziale, e non a quella processuale, e in ragione di ciò prefissare limiti in relazione ai parametri di cui agli artt. 3 e 24 Cost.”.

[11] Poli, Sub art. 137, in A A.V.V., Commentario del codice di procedura civile, diretto da Comoglio, Consolo, Sassani e Vaccarella, Torino, 2012, 709 e ss.

[12] Ad esempio, si sostiene che l’interruzione della prescrizione si produca anche in caso di domanda proposta da un soggetto diverso dal titolare del diritto  ed anche con riferimento a diritti differenti da quello fatto valere, ove siano concorrenti o strettamente connessi.

[13] Cfr., Oriani, Processo di cognizione e interruzione della prescrizione, Napoli, 1977, 315 e ss.  Nella stessa direzione, con riferimento al rito del lavoro, tra gli altri, Tarzia, Manuale del processo del lavoro, Milano, 1999, 89.                                                                                                                                                                                                                                                                                        

[14] Balena, Comunicazioni, notificazioni e termini processuali, inBalena-Bove, Le riforme più recenti del processo civile, Bari, 2006, 41.

[15] Balena, Istituzioni di diritto processuale civile, Bari, 2014, 276.

[16] Dalmotto, Difficoltà interpretative poste della nuova regola sulla scissione del perfezionamento della notifica postale, in www.judicium.it, Relazione tenuta in data 20 febbraio 2003 presso l’Ufficio dei referenti della Formazione decentrata di Torino in cui, peraltro, è precisato che una simile “aprirebbe una sorta di vaso di Pandora. Ci si dovrebbe infatti domandare quale senso abbia differenziare il regime della notifica degli atti stragiudiziali da quello della loro semplice comunicazione per mezzo, ad esempio, di lettera raccomandata, a cui, in materia stragiudiziale, si ricorre normalmente con preferenza rispetto alla più formale notificazione. E dal momento che non si potrebbe trovare alcuna giustificazione razionale, sarebbe inevitabile assistere all'equiparazione tra notificazioni e semplici spedizioni postali”.

[17] Jarach, In quale momento la notificazione dell’azione di revocatoria fallimentare interrompe la prescrizione?, in Il fallimento, 2009, 1326. Secondo Corte Cost. 23-01-2004, n. 28, peraltro, “la produzione degli effetti che alla notificazione stessa sono ricollegati e` [comunque] condizionata al perfezionamento del procedimento notificatorio anche per il destinatario e che, ove a carico di costui la legge preveda termini o adempimenti o comunque conseguenze dalla notificazione decorrenti, gli stessi debbano comunque calcolarsi o correlarsi al momento in cui la notifica si perfeziona nei suoi confronti”.

[18] Delle Donne, Il perfezionamento della notifica per il notificante tra diritto di difesa e principio del contraddittorio: riflessioni a margine di un recente intervento interpretativo della Consulta, in Giur. it., 2004, 940-944.

[19] Si veda Poli, Sub art. 137, in AA.VV., Commentario del codice di procedura civile, diretto da Comoglio, Consolo, Sassani e Vaccarella, Torino, 2012; Follieri, L’interruzione della prescrizione: recettizietà e momento perfezionativo della notifica, in Obbl. e Contr., 2010, 811

[20] Cfr. Poli, Sub art. 137, in AA.VV., Commentario del codice di procedura civile, cit., 711, in cui si precisa che il legislatore si riferisce, secondo i casi, alla prescrizione o alla decadenza, mentre parte della dottrina ritiene che la categoria dei cd. diritti potestativi a necessario esercizio giudiziale sia sottoposta a termini di decadenza.

[21] Poli, Sub art. 137, in AA.VV., Commentario del codice di procedura civile, cit., 714.

[22] Poli, Sub art. 137, in AA.VV., Commentario del codice di procedura civile, cit., 714.

[23] Follieri, L’interruzione della prescrizione: recettizietà e momento perfezionativo della notifica, in Obbl. e Contr., 2010, 811. Cfr. anche Vitalone, Azione revocatoria ordinaria, in Le azioni revocatorie: la disciplina, il processo, a cura di Vitalone, Patroni Griffi e Riedi, Milano, 2014, 85, che, con specifico riguardo all’azione revocatoria, sottolinea come l’effetto interruttivo della prescrizione si produce quando l’atto introduttivo del giudizio sia stato consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica o inoltrato al servizio postale, non avendo rilevanza il momento in cui giunge nella sfera personale di percezione del destinatario che versa in uno stato di soggezione rispetto al diritto potestativo del creditore ed al quale non è richiesta alcuna collaborazione per soddisfare il diritto fatto valere con la domanda.

[24] Si veda Poli, Sub art. 137, in AA.VV., Commentario del codice di procedura civile, diretto da Comoglio, Consolo, Sassani e Vaccarella, Torino, 2012; Follieri, L’interruzione della prescrizione: recettizietà e momento perfezionativo della notifica, in Obbl. e Contr., 2010, 811


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