CrisiImpresa


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 19/02/2016 Scarica PDF

Finanziamento all'impresa in crisi e merito creditizio. Una performance impossibile?

Antonio Tullio, Professore


Uno degli aspetti più delicati ed, al contempo, risolutivi di ogni processo di ristrutturazione delle imprese in crisi è quello del sostegno finanziario dell’impresa, attraverso la disponibilità della cosiddetta finanza interinale, vale a dire di quel  supporto finanziario necessario all’impresa durante la fase preparatoria della vera e propria ristrutturazione del debito([1]). Trattasi, infatti, di una fase contraddistinta, di regola, da mesi di negoziati con le banche creditrici e con gli altri intermediari finanziari (quali le società di leasing), da una faticosa predisposizione di piani finanziari ed industriali, sovente modificati in corso d’opera, proprio in relazione all’impossibilità per l’impresa di (continuare a) contare sulle medesime linee di credito (pre)esistenti, in conseguenza della condotta  di uno o più istituti di credito che procedono immediatamente, alla prima richiesta di convocazione di un tavolo negoziale da parte dell’impresa debitrice, a sospendere (quando non anche a revocare) tali linee.

Si registra, per conseguenza, nella prassi, un cronico deficit di cassa dell’impresa,  che determina, per un verso, l’estrema difficoltà per il debitore di far fronte anche alle minimali esigenze operative d’impresa e, per altro verso, un pregiudizio, sovente irrimediabile, al processo di ristrutturazione o, nella migliore delle ipotesi, una peggiore performace del piano di ristrutturazione, che, per l’appunto, sconta ritardi nella sua definizione, proprio in considerazione dell’incertezza sul sostegno finanziario del medesimo; il tutto a danno dei creditori (anche bancari).

Il successo di qualsiasi efficace programma di turnaround e di risanamento aziendale necessita, all’evidenza, di risorse finanziarie adeguate e di  fresh monney (liquidità) da immettere nelle casse, spesso oramai asfittiche, dell’impresa in crisi, la quale, di regola, fa emergere la situazione di crisi in maniera non tempestiva, giungendo a manifestare ai vari stakeholders la propria situazione distressed solo quando non è più in grado di fare altrimenti, o, se vuolsi, allorquando, in assenza di un adeguato  piano di tesoreria, si manifesti l’impossibilità di un regolare approvvigionamento di materia prima e di provvedere al  pagamenti di stipendi, contributi ed imposte.

In siffatto contesto, evidente si appalesa l’acuta tensione fra due esigenze, lette in prospettiva antitetica, ma che, a ben vedere, dovrebbero, per contro, coordinarsi nel superiore interesse della buona riuscita del piano di risanamento: l’esigenza della banca di assumere tempestivamente le necessarie iniziative a tutela delle proprie ragioni di credito, che si traducono nell’impedire nuovi utilizzi della provvista a fronte del deterioramento delle condizioni del debitore, e la consapevolezza che il denegato accesso a queste facilitazioni creditizie rischia di provocare l’interruzione dell’attività d’impresa o di pregiudicarne il processo di risanamento o la miglior liquidazione nell’interesse dei creditori.

La materia dei finanziamenti alle imprese in crisi non aveva formato oggetto di specifica attenzione da parte del legislatore nelle riforme del 2005 e del 2006, se non indirettamente, attraverso il rafforzamento delle garanzie offerte ai potenziali finanziatori dall’esenzione da azioni revocatorie, di cui alle lettere d) e) e g) dell’art. 67, terzo comma L.F. e dalla riformulazione dell’art. 111  L.F., che ricomprende, tra i crediti prededucibili nel fallimento, quelli sorti in funzione o in occasione di qualsiasi procedure concorsuale.

Prendendo atto del manifestarsi di un vero e proprio “credit crunch concorsuale”, la materia dei suddetti finanziamenti ha, poi, trovato attenzione da parte del legislatore, dapprima, nel 2010, con l’introduzione dell’art. 182 quater L.F., che ha disciplinato la prededucibilità dei crediti relativi ai finanziamenti effettuati in esecuzione di un concordato preventivo  o di un accodo di ristrutturazione ex art 182 bis L.F. ed in funzione (c.d. finanza ponte) dell’accesso ad una di queste procedure; quindi, nel 2012, con l’introduzione dell’art. 182 quinqiues L.F., inteso a disciplinare la c.d. finanza interinale; da ultimo, con la recente riforma dell’estate del 2015 ([2]), ove si è, in particolare, introdotta la cosiddetta fattispecie dei finanziamenti interinali urgenti, sulla scia dei first day orders, disciplinati nel Chapter 11 dell’USA Bankruptcy Code ([3]).

Pe motivi di tempo e di sintesi, mi soffermerò brevemente: a)sull’analisi delle recenti novità introdotte in tema finanza interinale, tralasciando, così, la finanza ponte e quella in esecuzione; b) sull’idoneità o meno degli incentivi introdotti dal legislatore, in tema di finanziamenti interinali prededucibili, a sopperire al cosiddetto credit crunch concorsuale.


A) Le novità in tema di finanza interinale

Sono, essenzialmente, due (anzi, se volessimo essere rigorosi, dovemmo dire una e mezza, perché la prima costituisce un mero chiarimento, una sorta di interpretazione autentica di quanto era già previsto dal primo comma dell’art. 182 quinquies L.F.) le novità contenute nell’art. 182 quiquies L.F., dirette, nella mens legislatoris, a facilitare il buon esito del concordato o dell’accordo di ristrutturazione:

1) la possibilità del tribunale di autorizzare finanziamenti prededucibili anche nella fase c.d. prenotativa (questa è la mezza novità);

2) l’introduzione della nuova tipologia dei finanziamenti funzionali a urgenti necessità relative all’esercizio dell’impresa.

 

1) La finanza interinale di cui 1° comma dell’art. 182 quinquies L.F. 

Con l’integrazione apportata al primo comma viene semplicemente, ma opportunamente, chiarito che il finanziamento può essere autorizzato prima che siano stati presentati piano e proposta.

Al riguardo, la Relazione illustrativa alla Conversione in legge del Decreto Legge 17 giugno 2015, n. 83 ([4]), rende contezza del perché di tale (“mezza”) novità, dando atto che “L’art. 1 apporta modifiche all’art. 182 quinquies … con la finalità di facilitare  il reperimento della provvista finanziaria in vista della conclusione dei concordati” e che “le modifiche di cui al primo comma sono volte a meglio chiarire che il tribunale può autorizzare il debitore a contrarre finanziamenti prededucibili nella delicata fase che ha inizio con il deposito della domanda “prenotativa” di cui all’articolo 161, sesto comma, e, dunque, prima che siano stati predisposti il piano e la proposta di concordato, proprio al fine di consentire che ciò avvenga. La diposizione, specifica quindi che ai fini dell’autorizzazione alla contrazione del finanziamento interinale non è necessario che il debitore depositi l’intera documentazione richiesta per l’ammissione alla procedura di concordato, fermo restando che il debitore dovrà allegare l’attestazione dell’esperto in ordine alla funzionalità del finanziamento rispetto alla migliore soddisfazione dei creditori, attestazione del professionista come già previsto dalla norma”([5]).Insomma, il Legislatore è intervenuto a modificare la norma nel senso di inserire una sua interpretazione autentica del (previgente) disposto normativo, onde evitare il proliferare di contrastanti decisioni ed interpretazioni da parte dei vari giudici delegati, a scapito della coerenza sistematica del diritto della crisi di impresa.

Così chiarito che i finanziamenti interinali, di cui al primo comma dell’art. 182 quinquies L.F. possono essere richiesti (e concessi), sia che si verta in una prospettiva di concordato in continuità, che nell’àmbito di una prospettiva meramente liquidatoria, il vero focus rimane l’individuazione di cosa debba intendersi per necessaria funzionalità di tali finanziamenti alla miglior soddisfazione dei creditori.

La norma, infatti, condiziona l’autorizzazione del tribunale alla concessione dei richiesti finanziamenti interinali, alla necessaria attestazione, da parte del professionista designato dal debitore ed in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma lettera d), L.F., che, verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione, “tali finanziamenti sono funzionali alla miglior soddisfazione dei creditori”.

In siffatta prospettiva, allora, occorre interrogarsi sul contenuto e sul tipo di attestazione che il professionista indipendente è chiamato ad effettuare, al fine di fornire al Tribunale, che pure può assumere sommarie informazioni, la base cognitiva su cui valutare la richiesta nuova finanza.

Risulta, infatti, di meridiana evidenza, che, in caso di concessione di finanza interinale, vi sarà, per definizione, un aggravamento dell’esposizione debitoria dell’impresa, il problema essendo, quindi, di valutarne la ragionevolezza in termini prospettici di funzionalità al miglior soddisfacimento dei creditori (sia per una continuità aziendale, che per una più efficiente liquidazione degli asset).

Al riguardo, è stata opportunamente sottolineata, in una recente e ben articolata pronuncia di merito ([6]), la necessità di una diversificazione del tipo di attestazione che il professionista indipendente è chiamato ad effettuare, ai sensi del primo comma dell’art. 182 quinquies L.F., a seconda del diverso strumento di gestione della crisi impresa adottato dal debitore o, se vuolsi, a seconda che la richiesta venga effettuata nell’àmbito di un concordato preventivo, ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti, ex art. 182 bis L.F.

Ed allora:

i) nell’ottica concordataria: l’attestazione dovrà avere ad oggetto la convenienza per i creditori, in termini di concrete prospettive di soddisfacimento e, dunque, di percentuali di maggior realizzo dei propri crediti concorsuali, derivante dalla, ovvia, dilatazione dell’esposizione debitoria della società, per effetto della contrazione di nuovi debiti prededucibili. Tale convenienza non potrà, quindi, che essere valutata in ragione della maggior entità di utili derivanti dalla prosecuzione dell’attività di impresa (consentita dai finanziamenti), o, nell’ipotesi liquidatoria, dall’accrescimento del valore dei beni che possono essere ultimati grazie ai finanziamenti e, per l’effetto, essere venduti a prezzi maggiori. In sintesi: “Allo scopo di garantire i creditori da una possibile violazione della loro garanzia patrimoniale, la convenienza dovrà, pertanto, risolversi in una prospettiva di soddisfacimento secondo percentuali più favorevoli” ([7])

ii) Nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti: la prospettiva non può che essere diversa, trattandosi di uno strumento di natura negoziale, implicante la conclusione di un accordo da parte del singolo creditore aderente ed il diritto all’integrale pagamento per chi non aderisca all’accordo. Ne consegue, all’evidenza, che, nella redazione dell’attestazione, non si porrà il problema del rispetto della garanzia patrimoniale dei creditori o, se vuolsi, della par condicio creditorum. Ciò proprio in considerazione del fatto che ogni creditore è libero, così di aderire all’accordo che gli viene proposto, rinunciando, per l’effetto, in parte qua, al proprio credito o a parte della propria garanzia patrimoniale, come di restarne estraneo, con conseguente possibilità di recupero integrale del credito. In siffatto, diverso, contesto, dunque, il concetto di funzionalità alla migliore soddisfazione dei creditori, non potrà, come nel concordato, essere riferito ad una miglior percentuale di realizzo del credito, bensì, ed esclusivamente, “ad un generico rafforzamento delle possibilità di riuscita del piano sottostante” all’accordo di ristrutturazione ([8]).

Due, poi, mi pare siano gli elementi importanti per indirizzare l’attività attestativa:

a) il parametro su cui effettuare la misurazione del miglior soddisfacimento dei creditori;

b) il limite temporale a cui fare riferimento, la norma richiedendo la verifica del complessivo fabbisogno fino all’omologazione.

Il primo parametro, come altri ha opportunamente osservato ([9]), risiede nel fabbisogno finanziario, che è entità diversa dai soli flussi di cassa e presuppone la determinazione del capitale circolante (id est: la somma algebrica delle attività a breve e delle passività a breve), che può essere stimato solo in presenza di un budget finanziario, sulla scorta di affidabili dati economici previsionali. La legge, però, richiede espressamente che dall’erogazione della finanza interinale i creditori ottengano un vantaggio: non è, dunque, sufficiente dimostrare la semplice assenza di un danno per gli stessi, sul presupposto che la finanza interinale, essendo destinata al pagamento di oneri e debiti sorti in corso di procedura, realizzi, di fatto, una semplice sostituzione di una partita prededucibile con un’altra partita prededucibile, senza danno alcuno nei confronti dei creditori concorsuali.

Occorre, in altri termini, individuare come misurare, in concreto, il necessario vantaggio, per i creditori, cui la finanza interinale risulti, necessariamente, funzionale.

L’approccio più rigoroso e rispettoso della norma imporrebbe la misurazione in termini di risorse disponibili per i creditori nell’ipotesi di liquidazione (ragionevolmente fallimentare) al momento previsto per l’omologa, confrontando i flussi  che ne deriverebbero per i creditori concorsuali, in assenza o in presenza del finanziamento interinale.

Non è, per tanto, sufficiente escludere che la continuità non comporti depauperamento di risorse finanziarie, come opportunamente e congruamente rilevato in un recete provvedimento del Tribunale di Modena ([10]), così, come, per contro, neppure deve assumere rilevanza la perdita risultante dal conto economico, questa componendosi di elementi che non incidono sotto il profilo della soddisfazione dei creditori.

La grandezza differenziale significativa o, se vuolsi, il parametro di riferimento su cui dovrà poggiare questa specifica attestazione, mi pare, dunque, dover essere costituita, come altri, per altro, ha opportunamente rilevato, dal c.d. EBITDA (acronimo per: earns before taxes, interest, depreciation and amortization), che altro non è che il cosiddetto margine operativo lordo, vale a dire un indicatore di redditività che evidenzia, per l’appunto, il reddito di un’impresa basato esclusivamente sulla sua gestione caratteristica, senza, dunque, considerare gli interessi (gestione finanziaria), le tasse (gestione fiscale), il deprezzamento di beni e gli ammortamenti ([11]).

Tale margine dovrà necessariamente essere considerato dal professionista indipendente, nell’attestazione di funzionalità del finanziamento interinale richiesto al miglior soddisfacimento dei creditori, non già nel suo valore assoluto, quanto, piuttosto, nella differenza di valore dell’EBITDA, che deriva dal ricorso alla finanza interinale. Trattasi, quindi, di una valutazione differenziale, al punto che, anche nel caso estremo di un EBITDA negativo, l’ottenimento di nuova finanza potrebbe, comunque, risultare vantaggioso per i creditori, se ne riduce l’entità ([12]).


2) I finanziamenti interinali urgenti di cui al  3° comma dell’art. 182 quinquies L.F.

Assai più significativa risulta la disposizione in tema di finanziamenti urgenti introdotta nel nuovo terzo comma dell’art. 182 quinquies L.F. Sul punto, anche ai fini di una corretta interpretazione delle finalità e dell’àmbito di applicazione della norma, pare opportuno riportare, in parte qua, il testo della Relazione illustrativa alla conversione del decreto legge:

Il nuovo terzo comma consente al debitore di richiedere al tribunale la pronuncia di provvedimenti di urgenza, ispirati ai first days orders previsti nel Chapter 11 statunitense, che autorizzino sin da subito il debitore, che presenti  la domanda prenotativa, a contrarre limitati finanziamenti prededucibili necessari a sostenere l’attività aziendale per il periodo necessario per preparare l’istanza di autorizzazione del vero e proprio finanziamento interinale (la cui funzione è invece di sostenere l’attività d’impresa durante la procedura e quindi per importi ben maggiori).

Ciò alla luce del prevedibile importo ridotto e dell’urgenza che costituisce presupposto di tali finanziamenti, senza che l’impresa debba presentare l’attestazione di un professionista in merito alla funzionalità alla migliore soddisfazione dei creditori, né tanto meno il piano e proposta di concordato” ([13]).

Gli elementi distintivi dei finanziamenti urgenti, rispetto ai finanziamenti interinali di cui al primo comma dell’art. 182 quinquies L.F., mi paiono, dunque, potersi individuare:

a) nella circostanza che le nuove disposizioni sulla finanza urgente si applichino unicamente agli strumenti di risanamento delle imprese in crisi che implichino prosecuzione dell’attività di impresa, mentre le disposizioni di cui al primo comma dell’art. 182 quinquies L.F., sarebbero, quanto meno, compatibili ed astrattamente applicabili a prescindere dall’intenzione di continuare l’attività di impresa;

b) nel fatto che non sia necessaria l’attestazione del professionista in merito alla funzionalità di questa tipologia di finanziamenti alla migliore soddisfazione dei creditori; è richiesta, infatti, una semplice autocertificazione del debitore che deve dichiarare, nel ricorso, la destinazione di tali finanziamenti, l’impossibilità di reperire altrimenti tali finanziamenti ed, infine, il “pregiudizio imminente ed irreparabile all’azienda” che, in assenza di essi, ne deriverebbe ([14]);

c) nel breve arco di tempo nel quale è racchiusa l’utilizzabilità del finanziamento interinale d’urgenza. Mentre, infatti, i finanziamenti interinali di cui al primo comma dell’art. 182 quinquies L.F., presuppongono una valutazione del fabbisogno finanziario dell’impresa fino all’omologazione, i finanziamenti interinali urgenti in esame, hanno, quale limite temporale di utilizzabilità (rectius: autorizzabilità) la  scadenza del termine, eventualmente prorogato, fissato dal tribunale per la presentazione della proposta di concordato completa della relativa documentazione o, nei casi di accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L.F.,  l’udienza fissata per l’ omologazione dell’accordo. Ne consegue, a mio credere, che dopo l’ammissione della procedura di concordato non sia possibile ricorrere a tale nuovi strumenti di finanziamento, dovendosi, per contro, necessariamente richiedere eventuali autorizzazioni a contrarre finanziamenti prededuttivi post ammissione in base al combinato disposto di cui agli artt. 182 quinquies primo comma e 167 L.F.

d) nel carattere di urgenza e strumentalità di tali finanziamenti per l’esercizio dell’attività d’impresa. Trattandosi di risorse apportate da terzi (banche, investitori, fornitori, soci etc.) per fronteggiare le impellenti “necessità relative all’esercizio dell’attività aziendale fino alla scadenza del termine fissato dal tribunale”, i presupposti dell’indifferibilità e dell’utilizzo produttivo, differenziano la fattispecie da quella della finanza interinale di cui al primo comma dell’art. 182 quinquies L.F., per la quale, non riscontrandosi detti caratteri “positivi”, si richiede, invece, una maggiore cautela e, per l’effetto, la necessaria specifica attestazione del professionista incaricato. Del resto, di immediata percezione si appalesa che i finanziamenti di cui al primo comma della richiamata disposizione normativa, dovendo assumere quale parametro quantitativo di riferimento il fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione e, quindi, avendo la funzione di sostenere finanziariamente l’attività di impresa durante tutto l’arco della procedura, risulteranno di importo ben maggiore di quelli in esame, che, per converso, possono essere legittimamente richiesti ed autorizzati esclusivamente per far fronte alle urgenti necessità finanziarie che si rappresentano fino al termine di deposito del piano e della proposta di concordato ovvero di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Non si tratta, quindi, di finanziamenti interinali veri e propri, ma di quelle (di regola modeste) risorse di cui l’impresa ha impellente bisogno, in vista della richiesta dei (ben più ingenti) finanziamenti necessari a supportare l’attività aziendale durante la procedura: donde la superfluità dell’attestazione di funzionalità alla migliore soddisfazione dei creditori, per altro incompatibile con i tempi tecnici di situazioni di urgenza, quali quelle che la norma mira a disciplinare.

Il tema di rapporti tra i finanziamenti interinali di cui al primo comma dell’art. 182 quinquies L.F e quelli disciplinati al successivo terzo comma, è stato, di recente, indagato in una decisione del tribunale di Modena ([15]), che ha, congruamente, motivato la necessità di interpretare tali rapporti nel senso della “eccezionalità” della forma di accesso ai finanziamenti interinali urgenti rispetto a quella “ordinaria” dei finanziamenti interinali, disciplinati al primo comma della richiamata disposizione normativa. In tal senso, il Tribunale di Modena, ha affermato che  l’art. 182 quinquies (…) prevede due modalità di accesso ai finanziamenti in esito ad autorizzazione del Tribunale: quella prevista dal primo comma, utilizzabile sia nella fase prenotativa che in quella susseguente all’ammissione e fino all’omologazione, e quella prevista dal terzo comma utilizzabile solo nella fase prenotativa; nel primo caso il finanziamento può avere un orizzonte temporale esteso fino all’omologazione e l’autorizzazione è subordinata all’attestazione da parte di un professionista qualificato della funzionalità del finanziamento alla migliore soddisfazione dei creditori; nel secondo caso l’orizzonte temporale è più limitato (fino alla scadenza del termine per il deposito del piano e della proposta) e l’autorizzazione è subordinata all’accertamento della funzionalità a “urgenti necessità relative all’esercizio dell’attività aziendale” fino al limite temporale indicato.

La considerazione che la seconda forma di accesso al finanziamento sia stata introdotta in un secondo tempo e connotata dall’urgenza di provvedere e da un termine stringente fissato al tribunale per la decisione induce a ritenere che la prima forma di accesso sia quella da considerarsi ordinaria e quindi perseguibile  allorquando  la  situazione  finanziaria  dell’impresa  consente  da  documentare compiutamente  l’utilità  del  finanziamento  e  al  tribunale  di  decidere  sulla  base  di  una  relazione preceduta da approfonditi riscontri, mentre la seconda sia da considerarsi eccezionale e quindi accessibile allorquando l’incalzare degli eventi non consente di utilizzare l’iter procedurale normale”.

Quanto, poi, ai presupposti richiesti dal terzo comma dell’art. 182 quinquies L.F., per la concessione dei richiesti finanziamenti urgenti, occorre che il debitore fornisca una prova liquida dei presupposti della necessità, dell’urgenza, dell’assenza di alternative reperibili sul mercato finanziario e del grave ed irreparabile pregiudizio, dovendo tali presupposti non solo essere allegati nella relativa istanza, ma, anche, concretamente dimostrati, sì da rendere il decreto autorizzativo del tribunale del tutto analogo ad un provvedimento ex art. 700 c.p.c., da pronunciarsi in via sommaria, ma all’esito di una pur ristretta e celere istruttoria (scilicet: entro 10 giorni), sull’esistenza dei profilî di fondatezza del fumus (destinazione ad attività aziendale) e del periculum (insostituibilità del finanziamento e rischio di danno imminente) ([16]).

Prima di decidere sulla richiesta autorizzativa il tribunale può assumere sommarie informazioni sul piano e sulla proposta in corso di elaborazione e convocare il commissario giudiziale (ove nominato); può, inoltre, sentire senza formalità i principali creditori. Quest’ultima previsione, diretta a consentire l’acquisizione di ulteriori elementi utili ai fini del decidere, dovrebbe consentire un contemperamento tra le esigenze di celerità (che infatti impongono un meccanismo deformalizzato) e l’opportunità di valutare le informazioni di cui dispongono i creditori, unitamente al loro atteggiamento verso il debitore.


B) Sull’idoneità o meno degli incentivi introdotti dal legislatore, in tema di finanziamenti interinali prededucibili, a sopperire al c.d. credit crunch concorsuale.

Così esaminate, seppur per sommi capi, le recenti novità introdotte in tema di finanza interinale, può, allora, procedersi a rispondere al quesito relativo all’idoneità, o meno, di tali incentivi a facilitare l’accesso al credito da parte dell’impresa in situazione distressed che opti per una gestione della propria crisi, ricorrendo agli strumenti del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Occorre, in altri termini, verificare se le disposizioni normative dotino i potenziali finanziatori, da una parte, degli strumenti idonei a valutare l’assunzione del rischio connesso con il sostegno di un’impresa in crisi e, dall’altra parte, di incentivi idonei alla tutela ed alla collocazione della “nuova finanza”.

Al riguardo, quale mera epifania delle conclusioni cui si perviene all’esito dell’indagine, dico subito che tali incentivi difficilmente saranno in grado di consentire lo sviluppo, anche nel nostro Paese, di un mercato specialistico dei cosiddetti DIP Lenders ([17]), alla stregua di quanto registrato negli Stati Uniti.

Ciò in quanto la prededuzione accordata al finanziamento interinale sconta incertezze interpretative e limiti che mal si attagliano al rischio che il finanziatore è chiamato a correre, laddove intenda finanziare un’impresa in crisi.

Sussistono, infatti, dubbi ermeneutici circa il come ed il quando la prededuzione possa operare in favore dei soggetti finanziatori (solo nel successivo fallimento; solo in caso di consecutio delle procedure ?), per effetto dei limiti dell’ellittica formula contenuta nell’art. 182 quinquies L.F, ove si fa riferimento al contrarre finanziamenti “prededucibili ai sensi dell’articolo 111” L.F.

Le banche hanno, infatti, dubitato che la formulazione normativa fosse sufficiente ad escludere il rischio che, in caso di eventuale fallimento successivo al concordato preventivo o all’accordo di ristrutturazione dei debiti, il giudice delegato potesse negare il carattere della prededucibilità in sede di verifica dello stato passivo, considerando, ex post, insussistenti i requisiti alla cui stregua l’autorizzazione sarebbe potuta essere concessa o comunque quelli in presenza dei quali il beneficio della prededuzione potrebbe attualmente riconoscersi. Sarebbe stato, dunque, quanto meno, necessario che la norma avesse previsto un’attribuzione certa e definitiva della prededucibilità del credito, con una formulazione tale da escludere il rischio di ripensamenti successivi e da far valere la prededucibilità indipendentemente dalla consecutio o meno del fallimento alla procedura di concordato.

A ciò aggiungasi, davvero ad abundatiam, che la varietà di opposte interpretazioni fornite dai giudici di merito su diverse tematiche emerse in tema di applicazione della legge fallimentare, in una con la mancata osservanza dei precedenti resi dalla Suprema Corte, in alcuni casi criticati o disapplicati dalle Corti di merito, depongono per orizzonti tutt’altro che favorevoli allo sviluppo di un mercato del credito in favore di imprese distressed ([18]).

A fronte di tali dubbi di natura ermeneutica, si riscontrano, poi, limiti oggettivi alla tutela del credito, quand’anche allocato tra i crediti prededucibili, giacchè:

i) la prededuzione non può operare in caso di insufficienza dell’attivo, con la conseguenza che, in tal caso, il riparto deve avvenire “secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità” (art.111 bis LF.);

ii) la prededuzione non può arrecare pregiudizio ai crediti ipotecari ed a quelli pignoratizi, giusta il disposto del terzo comma dell’art. 111 bis L.F. I finanziamenti prededucibili non possono, quindi, beneficiare del ricavato destinato a siffatti creditori garantiti, posto che nell’ordinamento italiano, a differenza che in quello statunitense, non esiste la possibilità che il giudice autorizzi i creditori prededucibili ad acquisire una così detta superpriority, un superprivilegio che prevalga su creditori muniti di privilegio speciale, pegno, ipoteca. In altri termini, ciò mina la ratio stessa della prededuzione, quale categoria cui riconnettere tutte le ipotesi in cui vi è una rinforzata qualificazione del credito, nel senso del suo diritto all’antergazione o, se vuolsi, all’anteriorità del pagamento. Sotto il profilo semantico, infatti, in tale antergazione parrebbe consistere, ed al contempo esaurirsi, il concetto del prededurre, nell’etimologica considerazione del prefisso latino “prae”,  di originale derivazione indoeuropea, inteso ad attribuire un senso di anteriorità o rafforzamento.

L’omessa esenzione dei finanziamenti interinali concessi in situazioni distressed dall’osservanza dei limiti delle soglie antiusura, come avviene anche in altri Paesi europei, costituisce, all’evidenza, un ulteriore ed assai importante ostacolo allo sviluppo di tali tipologie di finanziamenti, che, scontando un rischio di insolvenza del debitore assai più elevato, dovrebbero, necessariamente, essere maggiormente remunerati. Sennonchè, mentre nella bozza del cosiddetto Investment Compactche era stata licenziata in un primo momento, a fine giugno 2014, (poi, però, non recepita della versione finale del Decreto legge n.3 del 24 gennaio 2015 “Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti”), era stata prevista la deroga alla disciplina in tema di usura relativamente ai finanziamenti autorizzati ex art. 182 quinquies e 167 L.F. concessi da soggetti vigilati, di detta esenzione non si è, poi, più trovata traccia in alcun documento legislativo.

Da ultimo, le nuove politiche di regolamentazione del sistema bancario da parte di governi e banche centrali, imperniate verso una maggiore capitalizzazione del sistema bancario, con l’obiettivo di limitarne l’esposizione al rischio, assicurandosi che siano gli azionisti invece che la fiscalità generale a sopportare i costi di una eventuale crisi, in una con la normativa di vigilanza prudenziale nella  valutazione dei crediti, hanno determinato vincoli troppo stretti all’erogazione del credito, tali da far facilmente prevedere, per un verso, un’asfissia di impieghi nei confronti di distressed business, per altro verso, la necessità di reperire forme di finanziamento alternative al sistema bancario.



[1] Il presente saggio riproduce la relazione tenuta il 21 novembre 2015 al convegno “Il recupero e la contendibilità delle imprese in crisi”, organizzato in Alba, dall’Associazione Albese di Studi di Diritto Commerciale.

[2] Cfr., il Decreto Legge 17 giugno 2015 n. 83, Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2015 n. 132.

[3] Secondo le disposizioni del l’USA Bankruptcy Code, Il finanziamento immediato al debitore può essere oggetto dei c.d. first day orders, vale a dire dei primissimi provvedimenti del giudice necessari all’avvio della procedura. Ciò al fine di garantire subito al debitore quel minimo di liquidità che gli consenta di arrivare alle prime udienze formali dove, nel contradditorio con i creditori, si deciderà invece della vera e propria finanza interinale, quella che servirà per i quattro-sei mesi successivi durante i quali il debitore preparerà e sottoporrà ai propri creditori il piano di ristrutturazione del debito (sul punto, per altro, si segnalano le recenti proposte di modifica del Chapter 11, elaborate dall’American Bankruptcy Institutes Commission, nella bozza licenziata l’8 dicembre 2014).

La disciplina federale americana prevede, inoltre, che la nuova finanza possa essere erogata – previa autorizzazione- solamente dopo che ai creditori sia resa nota, tramite una comunicazione formale, l’intenzione del debitore di formulare tale istanza al tribunale; è altresì contemplata una procedura d’urgenza tale per cui il tribunale può concedere tale autorizzazione anche prima dello spirare del termine previsto per la comunicazione ai creditori: in tal caso, tuttavia, l’urgenza deve essere giustificata dalla necessità di evitare danni immediati ed irreparabili agli attivi dell’impresa. In questa ipotesi, tuttavia, il provvedimento autorizzatorio ha natura temporanea, dovendo essere riconfermato dal tribunale (pena la sua decadenza) entro il termine di 15 gg in un’udienza convocata ad hoc. Rappresenta, senza dubbio, un carattere peculiare della disciplina federale statunitense, il fatto che il soggetto che ha erogato il finanziamento all’impresa durante tale fase riceva – per effetto del provvedimento del tribunale- uno status di creditore privilegiato che, tuttavia, è variabile in dipendenza delle modalità con cui il credito viene erogato:

l’ordinamento riconosce, per tanto, la qualifica di “first priority unsecured creditor”, con un posizionamento analogo a quello dei crediti derivanti dai dipendenti e dei professionisti, essendo, in tal caso, il finanziamento considerato come costo funzionale allo svolgimento della procedura; o

quello di “super - priority claim”, assimilabile al regime della prededuzione, posto che il credito derivante dal finanziamento sarà pagato prima di tutti gli altri.

[4] Cfr., Atti Parlamentari, Camera dei Deputati n. 3201, Disegno di Legge presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dal Ministro dell’Economia e delle Finanze e dal Ministro della Giustizia.

[5] La Relazione, dà atto del dibattito sorto sul tema, rilevando, per l’appunto, come, “Secondo alcuni orientamenti emersi nel dibattito relativo all’interpretazione dell’art 182 - quinquies della legge fallimentare, il debitore che intende richiedere l’autorizzazione alla contrazione dei finanziamenti interinali di cui al primo comma di tale articolo dovrebbe allegare alla relativa istanza, oltre all’attestazione dell’esperto in ordine alla migliore soddisfazione dei creditori, obbligo già espressamente previsto dalla formulazione attuale della legge, anche il piano e la proposta di concordato.

Tale interpretazione – che non trova riscontro nel dato testuale della norma  inserita nella legge fallimentare nel 2012- limita in misura molto significativa l’utilità pratica della nuova disposizione. Infatti, così interpretato, l’articolo 182 – quinquies non farebbe altro che duplicare sostanzialmente quanto già previsto all’articolo 167, secondo comma: la produzione del piano e proposta di concordato presuppongono uno stadio di avanzamento nella predisposizione della documentazione concordataria prossimo, se non equivalente, a quanto richiesto ai fini della presentazione della domanda di ammissione  alla procedura di concordato preventivo ex art 161, commi 2 e 3. In sostanza, l’interpretazione del’ art. 182 quinquies che è emersa in certi orientamenti finisce sostanzialmente per parificare, quanto ai presupposti, la portata dei finanziamenti previsti dall’articolo  in esame con i finanziamenti  interinale ex art 167, secondo comma.

L’effetto è quello di ritardare il momento in cui l’impresa può accedere alla finanza prededucibile nelle more della preparazione della documentazione concordataria, riducendo, in moltissimi casi, le concrete prospettive di risanamento dell’impresa in crisi.

Peraltro, occorre prendere  atto che la definizione della documentazione relativa ai finanziamenti interinali, in ispecie della relativa attestazione, richiede tempi non brevi. Ciò si rivela di particolare criticità nella fase che si apre con il deposito della domanda prenotativa in cui può manifestarsi l’esigenza di un (presumibilmente limitato) intervento per sostenere l’attività aziendale nell’immediato, al fine di preparare l’istanza di autorizzazione del vero e proprio finanziamento  interinale (presumibilmente per importi ben maggiori)”.

[6] Si veda, al riguardo, Trib. Bergamo (decr.), 26 giugno 2014, in www.ilfallimentarista.it.

Sul punto si veda L. GRATTERI, Contenuto dell’attestazione di funzionalità del finanziamento alla miglior soddisfazione dei creditori negli accordi di ristrutturazione, ivi.

[7] Così, Trib. Bergamo (decr.) 26 giugno 2014, cit.

[8] Così, Trib. Bergamo (decr.), 26 giugno 2014, cit.

[9] Così, R. RANALLI, Le attestazioni speciali nel concordato preventivo, in www.ilfallimentarsita.it

[10] Trib. Modena (decr.), 16 luglio 2015, inedito

[11] Così, R. RANALLI, Le attestazioni speciali nel concordato preventivo, cit.

[12] Così, R. RANALLI, Le attestazioni speciali nel concordato preventivo, cit.

[13] Atti Parlamentari, Camera dei Deputati n. 3201, Disegno di Legge presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dal Ministro dell’Economia e delle Finanze e dal Ministro della Giustizia, cit.

La citata Relazione al decreto legge, poi, afferma che:

Più nel dettaglio, in coerenza con la funzione specifica di tali finanziamenti urgenti, si stabilisce che il debitore

a) dichiari che non è in grado di reperire altrimenti le risorse necessarie

b) indichi in maniera specifica la destinazione di tali finanziamenti

c) dimostri che in assenza di tali finanziamenti deriverebbe un pregiudizio imminente e irreparabile all’azienda.

Al fine di permettere al tribunale di disporre di elementi per decidere in merito all’istanza autorizzativa dell’impresa in crisi (tenuto conto dell’assenza, in tale ipotesi, dell’attestazione di un professionista), si prevede espressamente che il tribunale possa sentire senza formalità i principali creditori. Tale facoltà consente di bilanciare opportunamente , da un lato, l’esigenza di celerità e, dall’altro lato, la dovuta considerazione delle informazioni in possesso dei creditori e del loro atteggiamento rispetto al debitore, anche in relazione ai suoi pregressi comportamenti.

Resta comunque inteso che è evidentemente di esclusiva responsabilità del tribunale decidere se, e in quali termini, autorizzare i finanziamenti in questione nelle circostanze concrete, eventualmente negando l’autorizzazione laddove, sulla base delle informazioni assunte, vi sia ad esempio il sospetto di intenti abusivi o fraudolenti da parte del debitore”.

[14] Al riguardo, non può sottacersi come arduo si presenti il controllo del tribunale su tale autocertificazione e sulla urgente necessità di detti finanziamenti.

[15] Trib. Modena, decr., 27 gennaio 2016

[16] Per completezza, si ricorda che,  ai sensi del quarto  comma dell’art. 182 quinquies L.F., “Il tribunale può autorizzare il debitore a concedere pegno o ipoteca o a cedere crediti a garanzia dei medesimi finanziamenti”.

Sul punto, si rileva come la cessione dei crediti in garanzia costituisca, nella prassi, la modalità più diffusa tra gli istituti di credito.

[17] Per DIP Lenders, si intendono i finanziatori di imprese che hanno presentato un piano di ristrutturazione nell’ambito del Chapter 11, ove il debitore rimane in possesso dei propri beni (DIP, infatti, è l’acronimo di Debtor in Possesionis)

[18] Si pensi, solo per esemplificare, alla questione del pagamento integrale dei creditori privilegiati, ove si registrano orientamenti di alcune Corti dei merito che aderiscono alla soluzione ermeneutica della non dilazionabilità del pagamento dei creditori privilegiati, in contrasto con i decisa della Suprema Corte (cfr,, Cass. n. 2038 del 26 settembre 2014, n. 2038;  Cass., 9 maggio 2014, n. 10112), che per contro, ritengono ammissibile il pagamento dilazionato dei crediti privilegiati nel concordato preventivo.



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