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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 19/06/2017 Scarica PDF

Il giudicato inter alios e l'opposizione del litisconsorte necessario pretermesso

Giuseppe D'Elia, Professore associato di Istituzioni di diritto pubblico nell'Università degli Studi dell'Insubria. Avvocato cassazionista nel Foro di Milano


Sommario: 1. Il caso. - 2. Le possibili soluzioni - 3. Il litisconsorte pretermesso nella giurisprudenza di legittimità: l’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. - 4. Sulla inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione in luogo dell’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. - 5. Sugli effetti dell’accoglimento dell’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c.


     

1. Il caso

Nonostante il codice di rito appresti diversi strumenti volti a scongiurarlo, può darsi il caso che una sentenza sia pronunciata nei confronti di alcuni soltanto dei litisconsorti necessari ex art. 102 c.p.c., perché il difetto non sia allegato dalle parti, il pretermesso non intervenga spontaneamente, e il giudice non rilevi il vizio aliunde, di modo che la decisione giunga comunque ad acquistare il valore di res iudicata.

Ci si interroga, in questo caso, su quali siano gli effetti del giudicato formatosi inter alios per il litisconsorte necessario pretermesso, e quali strumenti abbiano i soggetti interessati per rimediare, benché tardivamente, al vizio.

Infatti, che si tratti di un vizio è declinato dalle conseguenze che vi traggono gli artt. 307, 354, 383 c.p.c. Nel caso in cui il giudice di prime cure, d’ufficio o su sollecitazione di parte, si accorga della pretermissione, dovrà ordinare l’integrazione del contraddittorio, in mancanza della quale il processo si estingue, ex art. 307 c.p.c. Qualora il difetto sia rilevato nei successivi gradi di giudizio, gli artt. 354 e 383 c.p.c. dispongono la rimessione della causa al primo giudice.

   

2. Le possibili soluzioni

Eppure, come si è detto, accade che la sentenza, pronunciata nel contraddittorio di alcuni soltanto dei litisconsorti necessari, passi in giudicato. E, in questa eventualità, nel silenzio del legislatore, si prospettano due principali soluzioni.

Secondo un primo orientamento, il giudicato sarebbe nullo o, addirittura, inesistente e, quindi, senz’altro inefficace nei confronti di chiunque, tanto delle parti quanto del litisconsorte pretermesso. Questo orientamento, recentemente ribadito dal Tribunale di Como[1], muove dalla inviolabilità del contraddittorio, invece, asseritamente conculcato nei confronti del litisconsorte necessario pretermesso, cosicché il giudicato sarebbe non solo nullo, ma addirittura tamquam non esset.

Per un secondo orientamento, invece, il giudicato sarebbe valido ed efficace.

Questo secondo orientamento si regge su più solidi dati normativi: da un lato, considera che gli effetti diretti del giudicato, ex art. 2909 c.c., sono sempre limitati alle parti del processo e, pertanto, non si estendono al litisconsorte necessario pretermesso: «la stessa idea secondo cui, in caso di litisconsorte necessario pretermesso, il vizio della sentenza sia da ricollegare alla violazione del suo diritto di difesa da tempo appare definitivamente superata, alla luce del principio res inter alios acta tertio neque prodest neque nocet»[2]; dall’altro, applica il principio secondo cui le nullità della sentenza possono essere fatte valere nei limiti e secondo le regole dei mezzi di gravame, ex art. 161 c.p.c.; potendo il pretermesso far valere gli eventuali pregiudizi collaterali, discendenti da un giudicato inter alios, nei suoi confronti non direttamente efficace, con l’opposizione di terzo ordinaria ex art. 404 c.p.c.

   

3. Il litisconsorte pretermesso nella giurisprudenza di legittimità: l’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c.

Un contributo decisivo è offerto dal principio di diritto, secondo cui «il difetto di integrità del contraddittorio per omessa citazione di alcuni litisconsorti necessari può essere rilevato d’ufficio per la prima volta anche nel giudizio di cassazione, sempre che gli elementi che rilevano la necessità del contraddittorio emergano dagli atti già ritualmente acquisiti nel giudizio di merito e che sulla questione non si sia formato il giudicato»[3].

Se, infatti, la formazione di un giudicato interno, preclude la rilevabilità del difetto, allora la sentenza, benché formata in assenza del litisconsorte pretermesso, non può dirsi inesistente, per ovvie ragioni di coerenza sistematica, ma al più viziata di nullità sanabile (per quanto “impropria”, discendendo dal contegno delle parti processuali la sanatoria di un vizio consistente nella violazione di un altrui diritto processuale).

Inoltre, la formulazione empirica dell’art. 404 c.p.c., valorizzata dal diritto vivente, proiettando un ampio spettro dei legittimati all’impugnazione[4], terzi in senso formale, benché titolari di una quota del rapporto dedotto nel giudicato inter alios, come appunto il litisconsorte necessario pretermesso[5], comporta che la mera pretermissione non è di per sé stessa sufficiente a incidere sull’efficacia del giudicato inter pauciores, se non «quando pregiudica i suoi diritti», nel senso che cagiona al terzo un danno ingiusto.

Infatti, il terzo opponente ex art. 404 c.p.c. non può limitarsi alla mera denuncia della mancata partecipazione al precedente giudizio, ma deve, ai fini dell’ammissibilità, e in coerenza colla natura impugnatoria del mezzo – espressamente ribadita dall’art. 323 c.p.c. –, individuare il danno ingiusto concretamente arrecato dal giudicato inter alios, esponendo le ragioni di merito che avrebbe potuto far valere ove fosse stato evocato in quel giudizio[6]. La mera qualità di litisconsorte necessario pretermesso non è sufficiente per ottenere la rimozione del giudicato, essendo altresì necessario che il terzo opponente «faccia valere il proprio diritto autonomo incompatibile col rapporto giuridico già accertato in sentenza e quindi ne sia pregiudicato pur non essendo destinatario degli effetti diretti del giudicato», specificando «in che modo la sua mancata partecipazione a quel giudizio abbia inciso sulla definizione nel merito di quella lite secondo quanto avrebbe potuto rappresentare al giudicante se fosse stata convenuta in quel giudizio»[7].

Del resto, non è infrequente l’abuso dell’opposizione di terzo da parte del pretermesso, spesso coniuge o coerede di una parte processuale; il quale, pur avendo conoscenza del giudizio, non interviene, in accordo con il coniuge o il coerede parti del processo, al fine di premunirsi del mezzo idoneo a rimuovere l’eventuale giudicato sfavorevole. Sicché, per contrastare l’abuso, la giurisprudenza più accorta reclama la dimostrazione, in sede di ammissibilità dell’opposizione di terzo, che la pretermissione abbia inciso effettivamente sulla definizione del merito della controversia, onerando il pretermesso di allegare il suo eventuale decisivo contributo.

In questa evenienza, può essere utile ricordare come l’art. 157 del Regolamento di procedura della Corte di giustizia dell’Unione europea stabilisca che «L’atto di opposizione deve inoltre: a) specificare la sentenza o l’ordinanza oggetto di opposizione; b) indicare per quali motivi la decisione oggetto di opposizione lede i diritti del terzo opponente; c) indicare per quali motivi il terzo opponente non ha potuto partecipare alla causa».

 

4. Sulla inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione in luogo dell’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c.

Il riconoscimento al pretermesso della legittimazione all’azione in opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. esclude – anche in ragione della competenza funzionale del giudice della fase rescindente (fermo restando che la fase rescissoria sarà espletata dal giudice davanti al quale si è verificata, per la prima volta, la pretermissione[8]) – la possibilità di rimedi alternativi con cui far valere il pregiudizio derivante dalla pretermissione, quali, in particolare, l’opposizione all’esecuzione[9]. Infatti, qualunque accertamento si voglia instaurare per altra via, esso sarà destinato a realizzare, in contrasto col «principio dell’onere del gravame», un risultato analogo alla affermazione di inefficacia del giudicato inter alios pregiudizievole per il pretermesso; dunque, uno degli effetti propri dell’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c.[10].

Del resto, l’art. 407 c.p.c. consente al giudice dell’opposizione di pronunciare, su istanza del terzo opponente, ordinanza di sospensione dell’esecuzione, o della esecutività, della sentenza impugnata, fornendo dunque al pretermesso ogni strumento idoneo alla cura dei propri interessi.

Infatti, la più recente giurisprudenza di legittimità insiste sulla diversa natura dei rimedi appuntandosi sui motivi evocati dal pretermesso, perché «con l’opposizione ex art. 619 c.p.c. il terzo può lamentare il pregiudizio derivante non già dalla sentenza azionata, bensì dallo svolgimento di un procedimento esecutivo inter alios, idoneo a pregiudicare il proprio diritto, che assume autonomo e prevalente: si tratta, in sostanza, di un rimedio contro gli errori di esecuzione, e non contro quelli contenuti nel titolo». Sicché, mentre l’opposizione ex art. 404 c.p.c. è proponibile quando il terzo si affermi pregiudicato dal titolo giudiziale portato in executivis, l’opposizione ex art. 619 c.p.c. è proponibile «quando il terzo assuma che il pregiudizio gli derivi da un errore compiuto nel processo esecutivo: o per essere stato pignorato un bene non appartenente al debitore, ma ad esso opponente, ovvero (nell’esecuzione diretta) per essere stato appreso un bene dallo stesso opponente legittimamente posseduto o detenuto, e di cui chieda dichiararsi il diritto di continuare a farlo»[11].

Lo stesso criterio discretivo si mostra, altresì, idoneo a discernere le ipotesi di proponibilità da parte del terzo di una autonoma azione di accertamento o condanna volta a far prevalere le sue diverse ragioni; eventualità sulla quale, in effetti, le citate SS.UU. del 2015 (sent. n. 1238) avevano mostrato il fianco alle puntuali critiche della migliore dottrina[12]: un tanto è, infatti, l’azione volta alla eliminazione degli effetti collaterali, in fatto o in diritto, pregiudizievoli, discendenti dal giudicato inter alios, per la quale l’ordinamento concede l’apposito rimedio dell’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c.; ben altro, invece, è agire per il riconoscimento del proprio autonomo diritto, con lo schermo dell’exceptio rei inter alios iudicatae.

   

5. Sugli effetti dell’accoglimento dell’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c.

Si afferma diffusamente che l’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. promossa dal litisconsorte necessario pretermesso, anziché limitarsi alla fase rescindente del giudicato inter alios, debba altresì aprirsi alla successiva fase rescissoria, comportante un riesame della originaria causa nel contraddittorio di tutti i litisconsorti necessari[13]; laddove, però, a ben guardare, l’interesse concreto ed attuale del pretermesso appare pienamente soddisfatto – in linea con la rilevanza costituzionale di questo specifico gravame[14] – dal risultato rescindente, essendo, semmai, interesse dell’originario attore di dar corso eventualmente ad un nuovo giudizio per munirsi di un nuovo titolo; tenuto, altresì, conto della circostanza che l’attore originario potrebbe anche valutare l’opportunità di desistere dalla proposizione di un nuovo giudizio al cospetto della decisività delle allegazioni formulate dal pretermesso nell’atto di opposizione.

Conseguentemente, si ritiene che, quando l’opposizione di terzo è proposta da un litisconsorte necessario pretermesso, «l’efficacia della sentenza opposta viene meno anche tra coloro che erano stati parti nel relativo processo […]; sicché, trattandosi di sentenza opposta pronunciata in grado di appello, il giudice che accerti la fondatezza dell’opposizione deve provvedere a norma degli artt. 406 e 354 c.p.c.»[15].

L’atipicità della fattispecie[16] osta alla sicura riconduzione del fenomeno nell’orbita della nullità processuale. L’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. è un mezzo di impugnazione residuale riferibile ad una pluralità indeterminata e indeterminabile di situazioni non preventivabili, con cui il terzo può far valere tanto un pregiudizio di natura giuridica quanto un pregiudizio di natura pratica, conseguente alla esecuzione del titolo formato inter alios[17]; dunque, esperibile da qualunque terzo che «intenda difendere un bene della vita inciso negativamente, nella sua integrità o nel suo valore, dalla sentenza opposta» [18].

Del resto, si è già osservata l’anomalia della sanatoria di un vizio di nullità che concerne un diritto processuale altrui, in conseguenza del giudicato interno formatosi nonostante la pretermissione del litisconsorte necessario. A ciò, si aggiunga l’ulteriore anomalia del venir meno del giudicato formatosi tra le parti dell’originario rapporto processuale, a causa della successiva iniziativa del pretermesso; benché, quest’ultimo non coltivi – ne potrebbe – alcun interesse giuridicamente rilevante alle vicende di un titolo che non può esprimere effetti diretti nei suoi riguardi[19].

Per quanto la giurisprudenza, sussistendo i requisiti formali e sostanziali dell’opposizione di terzo, spesso si esprima, quanto alla fase rescindente, in termini di «declaratoria di nullità» (anche facendo applicazione analogica dell’art. 354 c.p.c.), sembrerebbe preferibile ragionare di dichiarazione di inefficacia nei confronti del pretermesso[20]; anche perché, diversamente opinando, si dovrebbe accettare che ogni giudicato sia potenzialmente nullo, potendovi essere un pretermesso occulto legittimato – peraltro, sine die[21] (cioè, nei limiti temporali dati dall’estinzione del suo diritto) – ad esperire l’opposizione di terzo ordinaria.

Se il giudicato inter aliosnon producesse alcun effetto “indiretto” nei confronti del pretermesso, non vi sarebbe ragione alcuna di consentirgli un mezzo di impugnazione idoneo a rimuovere il pregiudizio: il terzo potrebbe, cioè, in ogni sede, far notare che egli non è stato parte di quel giudizio; accertamento, questo, che sarebbe uno sproposito demandare alla esclusiva competenza di una specifica autorità giurisdizionale, emergendo ictu oculi dal titolo.

Appare chiaro, allora, come il dato puramente formale non sia sufficiente, che non basti osservare l’estraneità al giudizio inter alios, che occorra altresì dimostrare che quel titolo è ingiusto non solo perché ha pretermesso un litisconsorte necessario, ma altresì perché la pretermissione ha impedito al terzo di far valere ragioni sostanziali e processuali (diverse dalla mera pretermissione) che avrebbero condotto il giudizio verso altra definizione. Ecco allora che la previsione di un apposito mezzo di impugnazione, con specifiche competenze funzionali, acquista una sua ragione d’essere.



[1] Trib. Como 30 maggio 2017, in www.ilcaso.it, a proposito, però, di un giudicato abilitante alla esecuzione diretta

[2] A. Carratta, Litisconsorte pretermesso e rimedi esperibili: un discutibile revirement della Cassazione, in Giur. it., 2015, 1378. Nello stesso senso, G. Costantino, Sui rimedi utilizzabili dal litisconsorte necessario pretermesso. Recensione ad un saggio in veste di sentenza, in Foro it., 2015, I, 2074 ss.: «Se la “forza” della sentenza pronunciata inter pauciores (id est: “per come si è espressa”) si manifesta “fra le sole parti di quel giudizio”, appare legittimo chiedersi perché il litisconsorte necessario pretermesso possa dolersi della lesione del proprio diritto alla difesa e perché possa dedurre un pregiudizio “giuridico” derivante dal provvedimento inefficace nei suoi confronti. Il diritto del litisconsorte necessario pretermesso è protetto dalla disciplina dei limiti soggettivi di efficacia dei provvedimenti giurisdizionali; il pregiudizio che egli può lamentare è un pregiudizio “pratico”» (pag. 31 dell’estratto).

[3] Cass. civ., sez. lav., 03.11.2008, n. 26388. Conf., di recente, Cass. civ., sez. lav., 12.04.2017, n. 9394. Cfr., anche, Cass. civ., II, 06.06.2016, n. 11569, secondo cui quello esposto nel testo è un «pacifico orientamento» della Corte regolatrice.

[4] Cfr. V. Andrioli, Legittimazione all’opposizione ordinaria di terzo, (1979), ora in Id., Scritti giuridici, I, Giuffrè, 2007, 370, e, di recente, S. Vincre, Il litisconsorte pretermesso e l’opposizione all’esecuzione, in Rivista di diritto processuale, 2015, 1578.

[5] G. Della Pietra, Opposizione di terzo: lo stato dell’arte, in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, 2014, 1093 ss, e in www.judicium.it, pag. 3.

[6] Così, Cass. civ., II, 25.03.2013, n. 7477.

[7] Cass. civ., I, 10.04.2012, n. 5656. In senso contrario, Cass. civ., II, 06.11.2015, n. 22694, in un caso in cui il giudicato inter aliosaveva disposto la demolizione della cosa comune, il supremo Collegio, premesso che il pregiudizio che ne deriva per il comproprietario pretermesso è in re ipsa, conclude nel senso che «l’opposizione è ammissibile anche se il litisconsorte necessario pretermesso non formuli richieste sul merito della controversia». In questo senso, anche F. P. Luiso, Diritto processuale civile, vol. II, Giuffrè, 2015, 525, secondo cui l’apertura dell’opposizione di terzo al litisconsorte necessario pretermesso richiede un adattamento, in conseguenza del fatto che il pretermesso fa valere non un diritto sostanziale contrastante con il giudicato inter alios, ma la lesione di un diritto processuale, sicché «non ha bisogno né di allegare l’ingiustizia della pronuncia opposta né di formulare richieste di merito, essendo sufficiente constatare la violazione delle norme sull’integrità del contraddittorio perché ne consegua la dichiarazione di nullità della pronuncia impugnata».

[8] Cass. civ., SS.UU., 03.01.2011, n. 17.

[9] Cass. civ., SS.UU., 23.01.2015, n. 1238, in Giur. it., 2015, 1369 ss., con nota critica di A. Carratta, Op. cit., il quale, tra l’altro, ricorda, con ampia messe di fonti, il diverso e più diffuso orientamento nel senso della concorrenza dei rimedi offerti al pretermesso.

[10] Cfr. A. Carratta, Op. cit., 1379, il quale distingue tra eliminazione del giudicato inter alios, effetto riservato all’opposizione di terzo ex 404 c.p.c., e accertamento dell’inefficacia del titolo giudiziale, nel qual caso il terzo ben potrebbe proporre – in alternativa all’opposizione di terzo ordinaria – un’autonoma azione di accertamento o l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 (o ex art. 619) c.p.c.

[11] Cass. civ., III, 20.03.2017, n. 7041. Alla alternativa enunciata dalla Corte regolatrice, deve però aggiungersi l’ulteriore ipotesi, precisata dal Monteleone, secondo cui «Se l’avente diritto ha notificato titolo e precetto al terzo, possessore o detentore, del bene in ordine al quale si pretenda la consegna o il rilascio o l’attuazione di un obbligo di fare o non fare, costui acquista la qualità di soggetto passivo dell’esecuzione forzata, e quindi ha pieno diritto di proporre l’opposizione prevista dall’art. 615 c.p.c., sia prima che dopo l’inizio dell’esecuzione forzata. Ciò in ogni caso, anche se fosse stato un litisconsorte necessario pretermesso nel processo in cui si è formato il titolo esecutivo, essendo egli il soggetto contro il quale l’avente diritto pretende di procedere esecutivamente in modo diretto ed immediato»: G. Monteleone, Il litisconsorte pretermesso e l’opposizione all’esecuzione specifica contro di lui intrapresa, in Rivista dell’esecuzione forzata, 2015, 272.

[12] Cfr. A. Carratta, Op. cit., 1380.

[13] Eventualità, questa, che per il Consolo, semmai, dipende dalla domanda dell’opponente (fermo restando – aggiungiamo – le allegazioni necessarie all’ammissibilità del mezzo), il quale voglia o meno che si accerti anche il merito del rapporto: C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, II, Giappichelli, 2014, 630.

[14] La Corte costituzionale si è pronunciata in diverse occasioni sulla rilevanza costituzionale dell’opposizione di terzo, tra cui sent. n. 1105 del 1988, con la quale ha ribadito la necessità dell’istituto (o, meglio, della relativa azione), perché si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. una differenza di trattamento tra chi, da un lato, agisce o è chiamato a contraddire rispetto a chi, dall’altro, benché titolare di un diritto pregiudicato da una decisione inter alios iudicata, non avesse come a porvi rimedio; fermo restando, si precisa nella sent. n. 167 del 1984, la sussistenza dei requisiti di legittimazione all’opposizione di terzo ordinaria: «carenza della qualità di parte ed interesse giuridico a sperimentarla».

[15] Cass. civ., II, 29.02.2016, n. 3925.

[16] C. Consolo, Op. cit., 623: «Quella dei legittimati alla opposizione ordinaria è una categoria aperta, ossia tutti i terzi in vario modo “pregiudicati” in un loro diritto», che «soffrono un tipo di “pregiudizio” tutt’altro che omogeneo».

[17] L’alternativa della natura del pregiudizio è espressamente prospettata dalle citate SS.UU. n. 1238/2015: «il pregiudizio per il terzo cui allude l’art. 404, primo comma, c.p.c. è, con riferimento a tutte le situazioni che legittimano a detta opposizione, di natura giuridica prima ancora ed eventualmente che di natura pratica, cioè nascente da attività di esecuzione della statuizione di cui alla sentenza resa inter alios, sia essa passata in cosa giudicata, sia essa ancora impugnabile con i rimedi ordinari».

[18] Cons. Stato, V, sent. 28.11.2011, n. 5391. La nozione empirica di terzo legittimato all’opposizione, emersa nella giustizia amministrativa, è stata, successivamente, confermata dal legislatore (d.lgs. 15.11.2011, n. 195), con l’eliminazione dall’art. 108 c.p.a. dell’inciso «titolare di una posizione autonoma e incompatibile», ritenuto anche dalla dottrina amministrativista (V. Cerulli Irelli e F. Luciani, Opposizione di terzo, in A. Quaranta e V. Lopilato (a cura di), Il processo amministrativo, Giuffrè, 2011, 844) riduttivo e in contrasto con la giurisprudenza del giudice delle leggi (sent. n 177 del 1995), così «ampliando la platea dei soggetti legittimati all’opposizione di terzo ordinaria» (Cons. Stato, IV, sent. 11.11.2012, n. 4829).

[19] L’inefficacia del giudicato inter aliosè stata ribadita, in diverse occasioni, dalla Corte regolatrice con specifico riguardo al litisconsorte necessario pretermesso: Cass. civ., II, 25.10.2013, n. 24165 (Nella specie, la Corte ribadisce che il giudicato di condanna all’arretramento della sopraelevazione e delle vedute, formatosi a carico di un comproprietario, non fa stato nei confronti della comproprietaria, rimasta estranea al relativo giudizio).

[20] Di mezzo volto «a rimuovere gli effetti pregiudizievoli di una sentenza inter alios iudicata» ragiona anche Corte cost., sent. n. 177 del 1995.

[21] Sul tema, S. Turatto, L’opposizione ordinaria di terzo e l’assenza del termine per proporla, in Rivista di diritto processuale, 2011, 342 ss.


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